Reiterata omissione di versamenti stabili mensili al figlio. (Cp, articoli 133 e 570)
Corte d’Appello Cagliari, sezione I, sentenza 28 gennaio 2025 n. 82 – Pres. Poddighe
CORTE D'APPELLO DI CAGLIARI
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta dai Signori
1) Dott. Massimo Poddighe - Presidente
2) dott. Alessandro Castello - Consigliere
3) Dott. Dario De Luca - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento penale nei confronti di:
C.M., nato a C. il (...), elettivamente domiciliato presso il Difensore, difeso di fiducia dall'Avv. …del
Foro di Cagliari;
LIBERO - NON COMPARSO
Parte/i civile/i: F.R., rappresentata e difesa dall'Avv. …del Foro di Cagliari;
Improcedibilità: 16.042027
APPELLANTE
Contro la sentenza del Tribunale di Cagliari in composizione monocratica del 17 gennaio 2024, con
la quale il suddetto imputato è stato giudicato in relazione al seguente reato:
Capo a), OMISSIS
Capo b) del delitto di cui all'articolo 570 bis, Codice Penale, già articolo 3, L. n. 54 del 2006, punito ai
sensi dell'articolo 570, comma 1, Codice Penale perché violava gli obblighi di natura economica in
materia di affidamento condiviso del figlio, disposto con decreto del Tribunale Civile di Cagliari in
data 18 giugno 2015 e segnatamente non versava all'ex compagna F.R. l'assegno mensile pari ad Euro
300 per il mantenimento, del figlio minore C.N..
In Cagliari dal mese di luglio 2015
Svolgimento del processo
All'esito del giudizio di primo grado celebrato con rito ordinario, il suddetto Tribunale, con la
sentenza sopraindicata ha ritenuto l'appellante responsabile del reato di cui al solo capo B), al
contempo pronunciando sentenza di improcedibilità, per intervenuta prescrizione, con riguardo al
precedente capo A.
Specificamente, sulla scorta delle prove raccolte, il Giudice di primo grado ha ritenuto pienamente
attendibile il racconto della parte civile F.R., la quale ha riferito che, successivamente al
provvedimento giurisdizionale che aveva imposto all'ex coniuge l'obbligo di versarle mensilmente
la somma di 300 Euro quale contributo al mantenimento del figlio minore della coppia, C.N., nato
nel 2011, l'odierno appellante sostanzialmente non aveva mai provveduto pagamento del dovuto,
limitandosi a corrispondere occasionalmente modeste somme in contanti; del resto, già nel periodo
precedente, nonostante un accordo intervenuto bonariamente tra i due, imputato si era sempre reso
inadempiente al pagamento di qualunque somma, salvo sporadiche eccezioni; la parte civile ha
altresì specificato che l'ex marito aveva sempre svolto, e continuava a svolgere, lavoro in nero quale
parrucchiere; che, dopo la separazione, lo stesso si era trasferito presso l'abitazione materna, cosicché
non aveva spese per la casa; d'altra parte, tali dichiarazioni a carico, oltre a presentarsi
intrinsecamente coerenti e attendibili, risultano sostanzialmente confermate dalle spontanee
dichiarazioni rese dall'appellante nel corso del dibattimento di primo grado, allorché l'uomo ha
dovuto ammettere di non aver provveduto corrispondere alla ex moglie quanto stabilito dal
provvedimento del giudice, pur cercando di minimizzare la propria responsabilità, sostenendo che
quando il figlio andava a casa sua era lui a mantenerlo e, sotto altro profilo, rifere ndo che aveva
lavorato molto poco dopo la separazione, anche a causa di una cardiopatia della quale egli soffriva
e che, inoltre, aveva dovuto sostenere spese consistenti a causa della demenza senile che affliggeva
l'anziana madre, trovandosi così impossibilitato ad adempiere;
il giudice ritenuta, alla luce di tali emergenze istruttorie, dimostrata la sussistenza piena del delitto
rubricato al capo B, ha condannato l'appellante, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla
recidiva contestata, alla pena di mesi 5 di reclusione. Con le consequenziali pronunce al risarcimento
dei danni e rifusione delle spese in favore della costituita Parte Civile.
Motivi della decisione
Ha proposto appello il Difensore di C.M. deducendo quanto segue:
1. sostanzialmente non contestando la materialità dell'addebito - ribadendo tuttavia che l'appellante
aveva provveduto, almeno in parte, al mantenimento del figlio quando quest'ultimo era a casa sua,
fornendogli i pasti all'incirca tre volte alla settimana - sostiene che difetterebbe la prova circa
l'elemento soggettivo del contestato delitto, adducendo che l'appellante si sarebbe trovato
sostanzialmente nell'impossibilità di adempiere, a causa della patologia propria, che gli aveva
impedito di lavorare con regolarità, e di quella della madre, che aveva richiesto esborsi da parte sua;
ha concluso per l'assoluzione con la formula perché il fatto non costituisce reato ovvero con altra
formula, anche in forma dubitativa;
2. che la quantificazione della pena sarebbe eccessivamente penalizzante, essendo ingiustificata la
determinazione compiuta discostandosi dal minimo edittale, tenendo conto della pena pecuniaria,
prevista in via alternativa; ha chiesto la riduzione della pena al minimo edittale;
3. senza neppure formulare una specifica conclusione sul punto, l'appellante ha poi contestato
l'entità, ritenuta eccessiva, della somma di 10.000,00 euro liquidata a titolo di provvisionale sul
maggior danno da liquidarsi in sede civile.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'appello è totalmente infondato.
Richiamandosi e condividendosi - in generale e, specificamente, per le parti non oggetto di censure
- la ricostruzione e le valutazioni operate nella sentenza impugnata, si esaminano separatamente le
prospettazioni della Difesa, osservando quanto segue.
Quanto al primo motivo, l'appello è infondato.
Pacifico, giacché adeguatamente comprovato in atti e neppure contestato dall'appellante, quanto
segue: che, in primo luogo, per effetto del provvedimento del giudice civile menzionato in rubrica,
emesso il 18 giugno 2015, l'appellante medesimo fosse tenuto mensilmente alla corresponsione della
somma stabilita nella misura di 300,00 euro, quale contributo al mantenimento del figlio minore N.,
nato dal rapporto con la persona offesa F.R.; che, in secondo luogo, durante tutto l'arco temporale
cui si riferisce la contestazione l'appellante mai abbia ottemperato a tale obbligo, avendo il C. solo
sporadicamente versato, in un arco temporale di circa sette anni, poche centinaia di euro in tutto.
Il profilo del primo motivo di gravame attiene essenzialmente alla valutazione squisitamente
giuridica della vicenda - come visto, sostanzialmente pacifica nella sua materialità - in ordine alla
circostanza che l'inadempimento reiterato sia dipeso dall'impossibilità di far fronte all'obbligo, da
parte dell'imputato, ovvero dalla volontà elusiva dell'appellante medesimo, venendo dunque in
rilievo la valutazione della concreta ricorrenza, nella specie, dell'elemento soggettivo della contestata
violazione.
Tanto premesso, la condotta oggetto della contestazione - relativamente alla sussistenza, in capo al
C., dell'obbligo di provvedere al pagamento dell'indicata somma mensile e relativamente, altresì,
alla mancata ottemperanza di tale obbligo - è stata compiutamente dimostrata dall'istruttoria
dibattimentale, essenzialmente sulla scorta delle dichiarazioni rese a verbale, nel pieno
contraddittorio tra le Parti, dalla ex partner dell'imputato, sulla cui attendibilità non è lecito nutrire
alcun dubbio: d'altra parte, la stessa difesa dell'imputato, come si è visto, non si è neppure spinta a
contestare tali aspetti della vicenda, limitandosi ad affermare - sulla scorta delle dichiarazioni rese
dal C. nel corso del dibattimento - che l'imputato era totalmente indigente e dunque impossibilitato
a versare un solo euro in più rispetto a quanto speso per fornire il vitto al figlio, nei giorna te in cui
quest'ultimo stava con il padre, circa tre giorni alla settimana;
non vi è dubbio che tale mancato pagamento quasi integrale, in uno con la condizione reddituale
sconfortante della signora F. - la donna ha riferito che, cessata la relazione con l'imputato, aveva
dovuto abbandonare l'abitazione che la coppia conduceva in locazione e fare rientro presso
l'abitazione dei genitori - abbia determinato il venir meno dei mezzi di sussistenza per il figlio
minore della coppia: la persona offesa, al riguardo, ha precisato che solamente con enorme difficoltà
e ricorrendo all'aiuto della famiglia d'origine era riuscita ad assicurare al figlio il necessario per
vivere dignitosamente.
Sotto altro profilo, la signora F., nell'ambito di una deposizione caratterizzata da grande onestà e
dalla cui disamina non emerge alcun elemento per ritenere che la stessa abbia voluto calcare la mano
nei confronti dell'ex compagno, ha riferito che il C. aveva sempre svolto attività lavorativa,
essenzialmente in nero, come parrucchiere, attività che aveva continuato ad esercitare anche presso
l'abitazione materna (all'interno di un vano esistente nel cortile dell'abitazione menzionata)
circostanza che anch'essa non risulta smentita dall'appellante;
d'altra parte, va considerato con riferimento alla valutazione comparativa delle disponibilità
economiche delle due Parti, che siffatta valutazione era stata oggetto della oculata e autorevole
valutazione del competente Giudice civile, il quale aveva determinato l'ammontare dell'importo poi
effettivamente stabilito, proprio tenendo conto di tali elementi e operando, appunto, una valutazione
comparativa delle due posizioni soggettive e in funzione della migliore salvaguardia delle
preminenti esigenze del figlio minore; né risulta che l'appellante si sia, eventualmente, attivato in
giudizio per chiedere la modifica di tali statuizioni.
Sotto ulteriore profilo, la circostanza che - contrariamente a quanto ricavabile dalle dichiarazioni rese
dalla parte civile F. e dalla documentazione acquisita agli atti - l'appellante avesse ridotto gli introiti
derivanti dalla propria attività lavorativa in nero e fosse, a sua volta, privo di redditi propri e dunque
fosse impossibilitato ad adempiere all'obbligo di pagamento sullo stesso gravante, costituisce una
scriminante, la prova della cui sussistenza grava sul soggetto che la adduce, dunque sul C.: nella
specie, la presunta incapacità di adempiere da parte dell'appellante risulta una circostanza
meramente affermata dal diretto interessato in occasione delle spontanee dichiarazioni rese nel corso
del primo giudizio, dovendosi anche precisare che l'imputato ha riferito di aver lavorato meno di
prima (adducendo quale causa la patologia di cui egli soffriva, certamente non invalidante sotto il
profilo della capacità lavorativa, come specificato dal primo Giudice) e, sotto altro profilo, di aver
dovuto sostenere maggiori spese (neppure indicate) a causa della demenza senile di cui soffriva sua
madre;
conclusivamente, allora, deve ritenersi comprovata la sussistenza del reato contestato, essendo
integrati sia l'elemento oggettivo, sia l'elemento soggettivo di fattispecie, costituito dalla
consapevolezza dell'appellante - assolutamente indiscutibile alla luce del tenore del provvedimento
giurisdizionale che gli imponeva tale obbligo di versamento - di essere tenuto a far fronte al
pagamento della somma periodica necessaria ad assicurare i mezzi di sussistenza al figlio minore
(in quanto tale, essendo nato nel 2011, necessariamente non in grado di provvedere a se stesso, non
disponendo di cespiti propri fino a prova contraria).
Da ultimo, con riferimento alla circostanza che ai figli minori non sia comunque mancato il
necessario per vivere, questa Corte - pur prendendo doverosamente atto della decisione assunta
dalla Suprema Corte con la sentenza n. 21026 del 28.4.2022 (depositata il 30.5.2022), che costituisce,
per la verità un arresto singolo, caratterizzato da una motivazione apodittica e non particolarmente
persuasiva ritiene di condividere il contrario orientamento della consolidata Giurisprudenza, di
merito e di legittimità, secondo la quale la circostanza che i mezzi di sussistenza vengano prestati
dall'altro genitore ovvero da terzi soggetti non esclude la piena sussistenza della fattispecie in
disamina: opinare il contrario, condurrebbe all'assurda conclusione che la fattispecie non potrebbe
praticamente mai essere integrata, se non nei casi - nella società moderna fortunatamente solo di
scuola (grazie anche alla presenza dei servizi di assistenza sociale radicati sul territorio) - in cui il
minore corra davvero il rischio di morire di fame o di non avere di che vestirsi.
Del resto, l'interpretazione di questa Corte è in linea con la consolidata giurisprudenza, confermata
anche da altre pronunce successive all'arresto della Suprema Corte in precedenza indicato e non
condiviso, nella quali si è ribadito che "L'impossibilità del minorenne di provvedere a sé stesso in
modo autonomo, stante il dovere costituzionale del genitore di mantenerlo rende l'inadempimento
sempre integrativo del reato di cui all'art. 570c.p. a meno che l'imputato non dimostri di essere
nell'impossibilità assoluta di provvedervi (confermata la condanna per il padre che non aveva
versato il mantenimento per le figlie, non risultando sufficiente ad escludere la responsabilità il dato
reddituale dell'uomo, alla luce del fatto che lo stesso svolgeva attività di cuoco ed era dipendente da
alcol e sostanze stupefacenti)"Cassazione penale sez. VI, 03/04/2023, n. 16465, specificando anche che
"Nel reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l'obbligo di fornire i mezzi di
sussistenza ai figli minori nelle modalità e misure stabilite dal Giudice sussiste anche nel caso in cui
al mantenimento in ogni caso provveda, in tutto o in parte, l'altro genitore, senza che questa
circostanza possa costituire un esimente" Tribunale , Udine , 04/03/2024 , n. 227 e che "In tema di
violazione degli obblighi di assistenza familiare, la piena consapevolezza dell'imputato di far
mancare al figlio minorenne i mezzi di sussistenza sapendo perfettamente di non ottemperare, pur
potendolo fare, all'obbligo di corrispondere la somma concordata. Non costituisce esimente per la
responsabilità la circostanza che al mantenimento del minore abbia provveduto anche la madre della
parte civile, dal momento che ciò non fa venir meno lo stato di bisogno, ma anzi, conferma in modo
immediato e diretto la sua sussistenza" Tribunale di Genova, sez. II, 28/11/2023, n. 4427 e, ancora,
che "Il reato di cui all'art. 570 comma 2 c.p., posto che dalla minore età del figlio consegue
automaticamente lo stato di necessità e conseguentemente il venir meno dei mezzi di sussistenza in
caso di omesso versamento da parte del genitore obbligato, sussiste anche nel caso in cui al
mantenimento provveda sussidiariamente l'altro genitore" Corte appello Ancona, 24/01/2023, n.
2132.
Il primo motivo di appello, dunque, è infondato.
Quanto al secondo motivo d'appello, anch'esso è infondato, dovendo ritenersi che la quantificazione
della pena effettuata dal primo Giudice, optando per la pena detentiva e discostandosi dal minimo
edittale risulti pienamente condivisibile in quanto, nel decritto contesto e tenuto altresì conto
dell'assoluto disinteresse manifestato dall'appellante per la sorte del figlio nato dall'unione con la
persona offesa, la quantificazione operata risulta compiuta facendo scrupolosa applicazione del
potere discrezionale in ordine al computo della pena, alla luce dei criteri di cui all'art. 133c.p. e non
si presti, dunque, ad alcuna censura.
Anche il secondo motivo d'appello è, così, infondato.
Le considerazioni svolte, senza tuttavia formulare alcuna specifica conclusione, sull'operata
quantificazione della somma liquidata a titolo di provvisionale, infine, sono anch'esse infondate alla
luce del fatto che la semplice moltiplicazione della somma dovuta ogni mese per il numero dei mesi
per i quali il versamento è stato omesso (circa sette anni sono circa 84 mensilità) conduce a un
risultato ben maggiore.
Per le parti non esplicitamente esaminate sulla base dei motivi di appello si opera in questa sede
richiamo alle valutazioni compiute e illustrate nella sentenza di primo grado, correttamente
esplicitate e corrispondenti alle acquisizioni probatorie.
Alla luce delle esposte considerazioni, la sentenza di primo grado deve essere integralmente
confermata, con conseguente condanna dell'Appellante al pagamento delle spese processuali,
nonché alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado del giudizio dalla costituita parte
civile, che si liquidano come in dispositivo.
La Corte,
P.Q.M.
Visti gli art. 592 e 599 c.p.p. conferma la sentenza impugnata e condanna C.M. al pagamento delle
spese di questo grado del giudizio, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado
dalla parte civile F.R., che liquida, a titolo di compenso per l'attività svolta dal difensore, Avv…., in
complessivi Euro 900,00, oltre 15% per spese forfetarie, IVA e CPA come per legge, anche ai sensi
degli artt. 82 e 84D.P.R. n. 115 del 2002, disponendone il pagamento in favore dell'Erario in forza
dell'art. 110dello stesso D.P.R. n. 115 del 2002.
Conclusione
Così deciso in Cagliari, il 28 gennaio 2025.
Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2025.
24-05-2025 05:08
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