Reati contro la famiglia - Delitti contro l’assistenza familiare - Violazione degli obblighi di assistenza familiare - Condotta Tipica - Elementi
Corte di Cassazione Sezione 2 Penale Sentenza 12 dicembre 2024 n. 45595
Data udienza 29 ottobre 2024
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta da:
Dott. VERGA Giovanna - Presidente
Dott. AGOSTINACCHIO Luigi - Consigliere
Dott. ALMA Marco Maria - Relatore
Dott. COSCIONI Giuseppe - Consigliere
Dott. CALVISI Michele - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Di.Do., nato a S il giorno (Omissis);
rappresentato ed assistito dall avv. Al.La. e dall avv. An.Pi. - fiducia;
avverso la sentenza in data 22/5/2024 della Corte di Appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale del procedimento;
udita la relazione svolta dal consigliere Marco Maria Alma;
letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, Giuseppe Sassone, ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni scritte in data 22/10/2024 della parte civile Co.Ro. a firma dell'avv. Fr.Ma. con le quali si sono chiesti il rigetto del ricorso (impropriamente definito appello) nonché la condanna dell'imputato al rimborso delle spese sostenute nel grado da liquidarsi a favore del procuratore costituito per dichiarato anticipo e da liquidarsi come da nota allegata;
letta la memoria difensiva datata 21/10/2024 di replica alle conclusioni della Procura generale a firma dell'avv. Al.La..
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 22 maggio 2024 la Corte di Appello di Napoli giudicando a seguito di annullamento con rinvio (disposto con sentenza in data 11 maggio 2023 dalla Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione) della sentenza emessa dalla Corte di appello di Salerno in data 11 ottobre 2022 che a sua volta aveva confermato la decisione del Tribunale di Vallo della Lucania in data 26 febbraio 2021 ed in parziale riforma di quest'ultima sentenza ha:
- dichiarato il reato di cui all'art. 570, comma 2, cod. pen. ascritto all'imputato Di.Do. in relazione alle condotte dal 23 febbraio 2012 al 23 settembre 2013, estinto per intervenuta prescrizione;
- riqualificato le condotte dal settembre 2013 al 19 ottobre 2016 come violazione dell'art. 570-bis cod. pen. con condanna del predetto imputato, ritenute le già concesse attenuanti generiche, alla pena di giorni venti di reclusione, pena sospesa e non menzione;
- condannato l'imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile Co.Ro.
In estrema sintesi si contesta all'imputato di aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla moglie legalmente separata ed ai figli minori omettendo di corrispondere integralmente l'assegno di mantenimento di Euro 3.500,00 fissato dal Tribunale di Vallo della Lucania in sede di separazione personale dei coniugi e non provvedendo al pagamento delle spese di vitto, alloggio, educazione e mediche.
2. Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell'imputato, deducendo con motivo unico, limitatamente al secondo e terzo capo della sentenza:
2.1. Violazione e/o falsa applicazione di legge penale in relazione agli articoli 570-bis cod. pen., 25, comma 2, della Costituzione e 11 delle disposizioni sulla legge in generale ai sensi dell'art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen.
Osserva parte ricorrente che nella sentenza impugnata è dato leggere che la condanna è intervenuta per il reato di cui all'art. 570-bis cod. pen. commesso fino al 19 ottobre 2016 ma che è sfuggito alla Corte di appello che detto articolo di legge è stato introdotto nel nostro codice penale con il D.Lgs. n. 21 del 1 marzo 2018 ed è entrato in vigore a far tempo dal 6 aprile 2018.
A ciò si aggiunge, prosegue parte ricorrente, che la Corte di appello di Napoli ha riconosciuto che le condotte tenute dal Di.Do. dal settembre 2013 all'ottobre 2016 erano "da ritenersi sufficienti a scongiurare uno stato di bisogno" ciò avrebbe dovuto necessariamente indurre la Corte territoriale a pronunciare una sentenza di assoluzione.
2.2. Violazione di legge penale, vizio di motivazione ed omesso esame di una circostanza di fatto rilevante in relazione all'art. 570, comma 2, cod. pen. ed agli artt. 192 e 546, lett. e) cod. proc. pen.
Rileva parte ricorrente che la Corte di appello ha affermato l'esistenza di un inadempimento da parte dell'imputato consistente nell'obbligo di cedere alla Co.Ro. la casa di C omettendo di considerare il contenuto dell'ordinanza del Tribunale di Vallo della Lucania del 15 gennaio 2013 (allegata al ricorso) con la quale venne revocata l'assegnazione alla Co.Ro. del predetto immobile non essendovi mai stata una stabile convivenza della famiglia in quell'immobile.
Inoltre, la Corte di appello avrebbe omesso di considerare una ulteriore circostanza rilevabile dall'ordinanza pronunciata il 27 febbraio 2017 nel giudizio di separazione dei coniugi laddove il Giudice ha messo in dubbio l'attendibilità delle dichiarazioni rese dalla Co.Ro. in relazione al reddito dalla stessa goduto nel 2015 dando atto del significativo patrimonio immobiliare in capo alla stessa potenzialmente produttivo di reddito situazione anche questa incidente sulla valutazione dello "stato di bisogno".
2.3. In data 21 ottobre 2024 il difensore dell'imputato ha fatto pervenire alla Corte una tempestiva memoria di replica alle conclusioni del Procuratore Generale nella quale, dopo aver richiamato giurisprudenza in materia, ha ribadito argomentazioni sostanzialmente già esposte nel ricorso richiamando il contenuto di atti del Giudizio civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Se, infatti, è ben vero che l'art. 570-bis cod. pen. è entrato in vigore il 6 aprile 2018 e, quindi, in epoca successiva all'ultima delle condotte addebitate all'imputato è però altrettanto vero che il reato di omesso versamento dell'assegno di mantenimento era originariamente contemplato dall'art. 3 della L. 8 febbraio 2006, n. 54, in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli che stabiliva che, in caso di violazione degli obblighi di natura economica, si applicava la disposizione penale prevista per il mancato versamento dell'assegno di divorzio (art. 12-sexies, L. 1 dicembre 1970, n. 898) il quale a sua volta stabiliva che "Al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione dell'assegno dovuto a norma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall'art. 570 del codice penale".
È, poi il caso di ricordare che il D.Lgs. 1 marzo 2018 n. 21 che ha abrogato l'art. 12-sexies, della L. 1 dicembre 1970, n. 898, ha stabilito all'art. 8, comma 1, che "i richiami alle disposizioni del presente articolo, ovunque presenti, si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del codice penale come indicato nella tabella A allegata al presente decreto" e quindi all'art. 570-bis del codice penale.
Il riferimento all'art. 570-bis cod. pen. contenuto nella sentenza impugnata non è quindi errato essendo questa la norma che, senza soluzione di continuità rispetto alle precedenti disposizioni di legge vigenti all'epoca dei fatti, contempla la condotta addebitata all'odierno ricorrente.
2. Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Fermo restando, infatti, che l'art. 570-bis cod. pen. è certamente norma più favorevole all'imputato rispetto all'applicazione dell'art. 570, comma 2, n. 2 cod. pen. originariamente contestato (il che rispetta i principi di cui all'art. 2, comma 4, cod. pen.) ed in relazione al quale ultimo è stata dichiarata l'estinzione per prescrizione - senza che vi sia contestazione sul punto - in relazione alle condotte dal 23 febbraio 2012 al settembre 2013, va ricordato che:
a) "In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la condotta incriminata dall'art. 570-bis cod. pen. non è integrata da qualsiasi forma di inadempimento civilistico, ma necessita di inadempimento serio e sufficientemente protratto, o destinato a protrarsi, per un tempo tale da incidere apprezzabilmente sulla entità dei mezzi economici che il soggetto obbligato deve fornire" (Fattispecie relativa al ritardo nel pagamento di due soli assegni mensili di mantenimento) (Sez. 6, n. 47158 del 20/10/2022, M., Rv. 284023) e che b) questa Corte ha anche avuto modo di chiarire (v. Sez. 5, n. 12190 del 04/02/2022, P., Rv. 282990) che l'art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (trasfuso nell'art. 570-bis cod. pen.) "fornisce tutela penale all'inadempimento dell'obbligo di natura economica imposto dal giudice civile, mentre l'art. 570, comma secondo, n. 2 cod. pen. preserva l'interesse a garantire al minore i mezzi di sussistenza, ove la loro mancanza determini lo stato di bisogno";
con la conseguenza che è di tutta evidenza che nel momento in cui è configurata la violazione dell'art. 570-bis viene meno la rilevanza dello "stato di bisogno" che la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto presupposto necessario solo per la configurabilità del reato di cui all'art. 570, comma 2, n. 2, cod. pen.
Le considerazioni effettuate dalla Corte di appello allorquando ha riconosciuto che le condotte tenute dal Di.Do. dal settembre 2013 all'ottobre 2016 erano "da ritenersi sufficienti a scongiurare uno stato di bisogno" appaiono quindi corrette nel momento in cui i Giudici territoriali hanno ritenuto di riqualificare la condotta originariamente contestata all'imputato come violazione dell'art. 570 cod. pen. in quella di cui all'art. 570-bis cod. pen.
Nel momento in cui la Corte di appello ha escluso la configurabilità dello "stato di bisogno" e per l'effetto la configurabilità della violazione dell'art. 570. Comma 2, n. 2 cod. pen. in relazione alle condotte tenute dall'imputato dal settembre 2013 al 19 ottobre 2016 perdono ogni rilevanza le osservazioni contenute nel ricorso relative all'esistenza di un inadempimento da parte dell'imputato consistente nell'obbligo di cedere alla Co.Ro. la casa di C, nonché il fatto che la Corte non ha tenuto conto che il Giudice del processo di separazione tra i coniugi ha messo in dubbio l'attendibilità delle dichiarazioni rese dalla Co.Ro. in relazione al reddito dalla stessa goduto nel 2015.
3. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
4. Rileva, infine, la Corte che non può accogliersi la richiesta di rifusione delle spese formulata nell'interesse della parte civile Co.Ro.
Come da ultimo riaffermato nella sentenza delle Sezioni Unite "Sacchettino" di questa Corte (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, Rv. 283886 in motivazione) già nella sentenza delle Sezioni Unite "Gallo" (Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, Rv. 226716-01) si era chiarito che nel procedimento che si svolge dinanzi alla Corte di cassazione in camera di consiglio nelle forme previste dagli artt. 610 e 611 cod. proc. pen., ovvero con rito camerale c.d. "non partecipato", quando il ricorso dell'imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, va disposta la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, purché, in sede di legittimità, la stessa parte civile abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un'attività diretta a contrastare la pretesa dell'imputato per la tutela dei propri interessi.
Nel caso in esame, in applicazione di tale condiviso principio di diritto, costantemente enunciato in riferimento a tutte le forme di giudizio camerale non partecipato, la liquidazione delle spese processali riferibili alla fase di legittimità in favore della parte civile non è dovuta, perché essa non ha fornito alcun contributo, essendosi limitata a richiedere il rigetto del ricorso, con vittoria di spese, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti.
5. Ricorrono le condizioni per disporre che in caso di diffusione del presente provvedimento vengano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle parti interessate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Nulla per le spese di parte civile.
Così deciso il 29 ottobre 2024.
Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2024.
16-01-2025 03:40
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