Molestie via whattsapp alla sorella del fidanzato
(Cp, articoli 131-bis, 133 e 660)
Tribunale Torre Annunziata, sentenza 3 marzo 2025 n. 385 – Giudice De Simone
TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA
Sezione Penale
in composizione monocratica e nella persona della dott.ssa Carmela De Simone, all'udienza del
3.3.2025 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente
SENTENZA
nei confronti di
D.M.M., nata a N. il (...) ed elett. Domiciliata ex art. 161 c.p.p. in S. alla via L. M. cv. 5
Libero - assente
Difeso di fiducia dall'Avv. …
IMPUTATA
del reato p. e p. dall'art. 660 c.p., perché, a mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole
motivo, inviando numerosi messaggi vocali WhatsApp (nr. 71) al numero in uso alla persona offesa,
S.F., le recava molestia e disturbo.
In …il 30 settembre 2021
Individuata la persona offesa in:
S.F. nata a S. il (...) e res. a S. alla via P. cv. 18
Svolgimento del processo
6.06.2022 Decreto di citazione diretta a giudizio.
29.11.2022 Dichiarazione di assenza dell'imputato.
Apertura del dibattimento e ammissione delle prove richieste dalle parti.
Rinvio per esigenze di ruolo.
5.5.2023 Escussione p.o. S.F..
Con il consenso delle parti, il Tribunale dispone l'acquisizione della denuncia-querela, verbali di
s.i.t., e del CD-rom.
16.10.2023 Con il consenso delle parti, il Tribunale dispone l'acquisizione dell'esito dell'attività di
indagine delegata del 20.2.2022 e dell'annotazione di p.g.
Rinvio per assenza testi.
12.01.2024 Rinvio per assenza teste S..
27.5.2024 Escussione del teste S.D.. Con il consenso delle parti era acquisito il verbale di s.i.t. rese dal
teste escusso.
29.10.2024 Rinvio per assenza dei testi della difesa
3.3.2024 Chiusura dell'istruttoria dibattimentale; conclusione delle parti; lettura in pubblica udienza
dell'allegato dispositivo di sentenza con contestuali motivi della decisione.
Motivi della decisione
Le emergenze istruttorie acquisite in atti consentono di pervenire all'affermazione della penale
responsabilità della D.M. per il reato a lei ascritto in rubrica
Dalle risultanze dell'Istruttoria dibattimentale, consistite nella documentazione acquisita con il
consenso delle parti (denuncia-querela, verbali di s.i.t, cd-rom, annotazione di p.g.) e nelle
dichiarazioni testimoniali rese dalla p.o. in dibattimento, è emerso quanto segue.
S.F., persona offesa dai fatti di causa, presentava in data 30.11.2021, atto di denuncia-querela alla
Procura del Tribunale di Torre Annunziata nei confronti dell'odierna imputata (compagna del
fratello della dichiarante), per denunciarne la condotta molesta e persecutoria tenuta nei suoi
confronti. La causa scatenante del conflitto nasceva dall'utilizzo comune dell'immobile, sito in P. P.,
che il padre della p.o. S.D. concedeva ai suoi figli, a turno, nel periodo estivo. Nell'agosto 2021,
trasgredendo agli accordi tra fratelli relativi alla turnazione nell'occupazione del predetto immobile,
S.G. (fratello della p.o. e compagno della D.M.) vi si recava nel periodo spettante alla sorella. Invero,
secondo quanto denunciato in sede di querela, la S. constatava che, nell'ultima settimana del mese,
presso l'immobile erano ancora presenti tutti gli effetti personali del fratello (abbigliamento,
vettovaglie e altro). Pertanto, la dichiarante avvisava il padre S.D. affinché intervenisse per sistemare
la faccenda con il fratello, con il quale ella non intratteneva buoni rapporti. Tra padre e figlio nasceva
un litigio, al quale la p.o. assisteva, durante il quale S.G. inveiva contro il genitore e contro la sorella
in quanto non intendeva lasciare l'abitazione di P.. Dopo circa un'ora dall'accaduto, la S. iniziava a
ricevere sulla propria utenza cellulare (n.(...)) diversi messaggi vocali WhatsApp (per un totale di
circa 70 messaggi dalle ore 21.28 alle 22.03), dal contenuto minatorio e offensivo, da D.M.M.,
compagna del fratello. Quest'ultima, utilizzando il cellulare del figlio M. (avente n. (...)), rivolgeva
alla p.o. espressioni offensive e minacce rivendicando per conto del compagno i diritti di proprietà
sull'immobile oggetto di controversia.
Nonostante l'invito della p.o. a cessare la condotta molesta, l'imputata protraeva la condotta,
inviando messaggi del tipo: "...noi napoletani veniamo a sfondare perfino dentro casa! Perciò
toglietevi il nome mio da bocca, altrimenti ti faccio venire la famiglia mia da Napoli! Ti ho avvisato
M...!" e, inoltre (rivolgendosi al compagno della p.o.) "digli questo femminiello che hai al fianco che
si mettesse da parte altrimenti mando io la gente di Napoli a sfondarlo".
Come dichiarato in sede di s.i.t. dinanzi ai Carabinieri di Striano, l'episodio narrato in sede di
denuncia si verificava in presenza del padre della p.o. S.D.. Inoltre, la dichiarante riferiva che, dal
giorno dei fatti, non si erano più verificati simili litigi con l'odierna imputata, avendo interrotto con
lei e con il fratello ogni rapporto. In tale sede, la p.o., confermando quanto riferito in sede di querela,
dichiarava che l'imputata aveva realizzato la condotta molesta in suo danno servendosi dell'utenza
telefonica del figlio minore M., di anni sei.
Come emerso dall'Informativa di reato acquisita agli atti del dibattimento, in data 11.01.2022 veniva
escusso S.D., il quale confermava l'evento denunciato dalla p.o. contestualmente asserendo di essere
in possesso di una copia del file audio oggetto di querela.
All'esito di tale attività, la p.g. apprendeva presso il gestore telefonico i dati dell'utenza cellulare
utilizzata per la commissione del reato (n.(...)) intestata a S.G. (fratello della denunciante), ed
estrapolava dal CD-rom prodotto dalla p.o. n.71 file audio il cui contenuto veniva compiutamente
trascritto nell'annotazione di p.g. acquisita agli atti del dibattimento, (cfr. annotazione del
19.02.2022). Dall'esame della trascrizione dei files audio emerge che l'utenza riconducibile
all'odierna imputata aveva inviato alla p.o. esplicite offese verbali e minacce, in uno spazio
temporale ristretto, il giorno 30.09.2021. (per citarne alcuni: "e' capit tu si na granda puttana e na granda
troia, e fati semp a puttana marit pcciò t'ha lasciai....a quann e trasut chillu femmnell n'da curtin nun se capisc
nient cchiù". ..vergognato invece e sta a part e fratta t semp a part e stu zucculon n'copp".... "m'anna riti ca
tu hai semb arrubbat n'de cas ra ggent! Tu ir a maglia mariola").
Non si ha ragione di dubitare dell'attendibilità della S., che ha reso una dichiarazione coerente, logica
e lineare (riscontrata dalle acquisizioni documentali in atti).
Il teste della pubblica accusa S.D., padre della denunciante, ha sostanzialmente confermato quanto
dichiarato dalla S. sia in sede di denuncia che in sede di sit.
L'imputata poi, assentandosi dal processo, non ha prospettato alcuna ricostruzione alternativa del
fatto storico.
Così ricostruite le emergenze istruttorie, appare univocamente dimostrata la prospettazione
accusatoria nei confronti della prevenuta.
Il reato contemplato dall'art. 660 c.p., di natura plurioffensiva, tende a tutelare l'interesse generale
alla pubblica tranquillità tramite la protezione, in via mediata, della sfera privata dei consociati da
ingiuste turbative provenienti dall'esterno e si perfezionata tramite la realizzazione di qualsiasi
condotta idonea a molestare e disturbare terze persone, interferendo nell'altrui vita privata e di
relazione, da valutarsi con riferimento alla psicologia normale media. La condotta necessaria alla
integrazione della fattispecie contravvenzionale deve realizzarsi con il mezzo del telefono, o con altri
mezzi a questo equiparabili, ovvero in luogo pubblico o aperto al pubblico.
È stato rilevato che "Integra il reato di molestie un numero elevato di contatti telefonici indesiderati,
effettuati in un circoscritto arco temporale. (Fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto la natura
molesta di 12 contatti telefonici della durata di un secondo ciascuno, spalmati in un arco temporale
di sette giorni)" (cfr.Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20200 del 07/03/2013. Rv. 256158).
L' elemento soggettivo il reato è integrato dalla volontà dell'agente di interferire inopportunamente
nell'altrui sfera privata, senza che possa rilevare in alcun modo la convinzione dello stesso di agire
per un fine non biasimevole.
La molestia è stata definita dalla Suprema Corte, con sentenza del 24.3.2005, come tutto ciò che altera
dolosamente, fastidiosamente e importunamente lo stato psichico di una persona, con azione
durevole o momentanea; né è necessario che tale condotta integri (anche) un serio attentato al bene
della integrità morale della persona offesa. Più in generale, integra il reato di cui all'art. 660 qualsiasi
condotta connotata dall'effetto di importunare e di produrre disturbo nell'altrui sfera privata o
nell'altrui vita di relazione (Cass., Sez. I, 19.1.2006).
La molestia, poi, ai fini dell'integrazione del reato in contestazione, deve essere arrecata per
petulanza o biasimevole motivo.
Sono state univocamente ricostruite in giurisprudenza le nozioni in questione: per petulanza deve
intendersi un modo di agire pressante, indiscreto e impertinente, che sgradevolmente interferisca
nella sfera della libertà e della quiete delle altre persone (cfr. Cass., Sez. I, 26.11.1998;C., Sez. I,
30.4.1998), mentre costituisce biasimevole motivo ogni altro movente che sia riprovevole in sé stesso
o in relazione alla qualità della persona molestata e che abbia su quest'ultima gli stessi effetti della
petulanza (Cfr. Cass., Sez. I, 7.11.2013-28.1.2014, n. 3758).
Tanto premesso in punto di diritto, considerate le dichiarazioni testimoniali di S.F. (la quale ha anche
precisato di avere ricevuto nell'arco di poco più di mezz'ora ben 70 messaggi vocali attraverso
l'applicativo whats app); atteso che lo stesso rilevante numero di messaggi (quale si evince dai files
allegati) da contezza della petulanza per la quale le stesse erano effettate, deve certamente ritenersi
integrato il reato in contestazione e deve altrettanto certamente ritenersi dimostrata la riconducibilità
dello stesso all'odierna imputata, che nutriva ragioni di astio nei confronti della S.. Non si reputa
applicabile nel caso de quo l'art. 131 bis c.p. in ragione della reiterazione della condotta, sebbene
nell'ambito di un ristretto arco temporale, che ha dato luogo ad un contesto offensivo non
riconducibile nell'alveo della lieve entità.
Affermata la penale responsabilità dell'imputata, non sussistono elementi positivamente valutabili
ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Per cui, passando alla determinazione della pena, avuto riguardo a tutti i criteri di cui all'art. 133 c.p.
e, segnatamente, al numero delle telefonate ed all'arco di tempo relativamente lungo nel corso del
quale le stesse erano effettuate, stimasi equo condannare D.M.M. alla pena di mesi uno di arresto.
Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
Può essere concesso alla prevenuta il beneficio della sospensione condizionale della pena, avendone
la stessa beneficiato una sola volta ed in relazione ad una precedente condanna a mesi tre di
reclusione.
P.Q.M.
Letti gliartt. 533-535c.p.p. dichiara D.M.M. colpevole del reato ascritto e la condanna alla pena di
mesi uno di arresto, oltre al pagamento delle spese processuali.
Pena sospesa.
Conclusione
Così deciso in Torre Annunziata, il 3 marzo 2025.
Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2025.
03-05-2025 22:07
Richiedi una Consulenza