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Sentenza

Falso ideologico nei fogli di servizio.
Falso ideologico nei fogli di servizio.
Cassazione Penale Sent. Sez. 5 Num. 13304 Anno 2025
Presidente: SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO
Relatore: PISTORELLI LUCA
Data Udienza: 27/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.L. nato a A. il ....
avverso la sentenza del 01/07/2024 della Corte d'appello di Firenze
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott. Luca Pistorelli;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore ljenerale
Dott. Perla Lori, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Firenze ha confermato la condanna di
A.L., finanziere scelto in servizio presso il Gruppo della Guardia di Finanza di
Prato, per il reato di falso ideologico in atto pubblico di cui ai capi c) e d) d'imputazione,
nonché per il reato di abbandono di posto di servizio di cui all'art. 120 del C. D.m.p.,
perpetrato nelle medesime circostanze di tempo e di luogo descritte nei citati api. In
parziale riforma della pronuncia di primo grado, la Corte territoriale ha invece assolto
l'imputato dal reato di falso ideologico in certificato amministrativo perché il laito non
sussiste e conseguentemente ha provveduto a rideterminare la pena.
All'imputato è contestato di avere, in due distinte occasioni, falsamente attestato nei fogli
di servizio di aver svolto continuamente l'attività di ascolto di intercettazioni presso la
Procura della Repubblica di Prato, omettendo di annotare di avere invece interrotto il
servizio per un lasso di tempo tale da consentirgli, con riferimento alla giornata del 28
febbraio 2017, di recarsi presso gli uffici del proprio Comando ed ottenere dall'anagrafe
tributaria una visura relativa al codice fiscale del proprio cugino, mentre, con riguardo alla
giornata del 5 aprile 2017, di recarsi presso l'esercizio commerciale formalmente intestato
al cugino ma di cui l'imputato era di fatto il gestore, a seguito di un controllo ispettivo
effettuato dall'AUSL presso la suddetta attività.
2. Avverso la sentenza propone ricorso l'imputato articolando quattro motivi.
2.1 Con il primo motivo il ricorrente deduce erronea applicazione della legge penale e vizi
di motivazione in merito alla qualificazione di atti pubblici fidefacienti dei docimenti
redatti dall'imputato, lamentando l'omessa valutazione delle doglianze formulalie dalla
difesa con i motivi d'appello con i quali si era contestato che gli atti in questio -le siano
effettivamente dei "fogli di servizio" piuttosto che dei meri "fogli di presenza". Al riquardo
il ricorrente osserva come i suddetti documenti siano sprovvisti di un contenuto
dichiarativo idoneo a certificare in maniera dettagliata le attività svolte dal 'pubblico
ufficiale, in quanto privi dell'indicazione degli elementi circostanziati degli atti di servizio
compiuti, come invece richiesto dalla circolare n. 47/1998 della Guardia di Finanzia, e
necessari al fine di qualificare un foglio di servizio come atto pubblico fidefacente,
limitandosi, al contrario, ad attestare unicamente la circostanza materiale delle ore di
servizio prestate.
2.2 Con il secondo motivo, il ricorrente deduce erronea applicazione della legge penale e
vizi di motivazione in merito all'omessa valutazione della ricostruzione fornita dal a difesa
delle ragioni di servizio che avevano costretto l'imputato ad allontanarsi il 28 febbraio
2017 e che sarebbero idonee ad escludere la sussistenza del reato.
In particolare, la difesa, dopo aver evidenziato come dall'analisi dell'asserito fcglio di
servizio relativo alla data menzionata emergerebbe che l'A. avesse prolungato il
turno di servizio di un'ora senza annotarla come lavoro straordinario, aveva sot:olineato
che, pur volendo ammettere l'allontanamento dell'imputato - circostanza, peraltro, non
confortata da alcuna prova documentale e ricostruita solo in via induttiva dai giudici del
merito — lo stesso sarebbe da collocare nel periodo eccedente l'orario di servizio.
In aggiunta, si denuncia il travisamento del fatto in cui sarebbe incorso il 'giudice
d'appello, il quale, nel valutare la motivazione fornita dall'imputato in merito alle ragioni di
servizio che avevano giustificato il suo allontanamento, avrebbe erroneamente ritenuto
che lo stesso abbia dichiarato di aver abbandonato la sua postazione per la nece!sità di
testare la nuova password di accesso alle banche dati assegnatagli. La difesa rilev,: come
l'A. abbia in realtà chiarito in maniera del tutto verosimile che il reset della credenziali 
sarebbe avvenuto per esigenze del sistema SDI dopo che egli aveva richiesto
l'accesso alla banca dati per ragioni di servizio conosciute dal suo superiore e che a visura
del cugino omonimo sia stata richiesta in maniera non intenzionale dall'imputato
allorquando, al fine di verificare, come da prassi, la funzionalità del sistema, era ii:.parso,
una volta inseriti i propri dati, un elenco di soggetti omonimi.
2.3 Con il terzo motivo, si deduce l'inutilizzabilità della prova acquisita in reilazione
all'allontanamento verificatosi il 5 aprile 2017 attraverso l'attività di sollecitazione degli
ispettori AUSL, i quali, sostiene la difesa, avrebbero agito come agenti provocatori. In
particolare, si lamenta l'omessa valutazione da parte dei giudici di merito della incidenza
causale della condotta tenuta da questi ultimi rispetto all'induzione alla commissione del
reato da parte dell'A., evidenziando il ricorso come l'allontanamento dal posto di
lavoro per recarsi all'esercizio commerciale, di cui l'imputato è rico n i sci uto
amministratore di fatto, sia stato suscitato della richiesta degli ispettori rivolla alla
dipendente dell'attività di contattare il titolare per raggiungere l'esercizio.
2.4 Con l'ultimo motivo, il ricorrente deduce erronea applicazione della legge per aie in
riferimento al reato di cui all'art. 120 c.p.m.p., osservando come l'accoglimerti: delle
descritte doglianze difensive conducano ad escludere la sussistenza dell'elemento
materiale costitutivo del delitto di abbandono del posto di servizio.
3. Il difensore dell'imputato ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.

2. Privo di qualsivoglia fondamento è il primo motivo, non potendosi condividere l'assunto
difensivo secondo il quale i documenti redatti dal ricorrente non sarebbero qualifici:ibili alla
stregua di fogli di servizio, ma al più come meri fogli di presenza, finalizzati
esclusivamente ad attestare il rapporto di lavoro privato tra l'imputato e il Corpo di
appartenenza.
In particolare, si dà atto di come la Corte territoriale abbia fatto un buon gorno del
quadro di principi che regolano la materia in esame, uniformandosi all'insec:riamento
giurisprudenziale di questa Suprema Corte secondo cui costituiscono agli effetti della
legge penale atti pubblici fidefacienti le relazioni di servizio formate dagli ufficiali ed agenti
di polizia giudiziaria, poiché destinate ad attestare che il pubblico ufficiale ha etpletato
una certa attività, o che determinate circostanze sono cadute nella sua diretta per:ezione
e vengono così rievocate (ex multis Sez. 6, n. 5907 del 22/01/2013, Costai - ;:o, Rv.
254310).
Ne consegue, pertanto, che integra il delitto di falsità ideologica commesso dal pubblico
ufficiale in atto pubblico la falsa attestazione compiuta da un militare sui fogli di servizio
giornaliero con riferimento alla durata e alle modalità dell'attività svolta, qualora, per il
contenuto relativo anche ad una manifestazione esterna della volontà e dell'azicre della
P.A., il documento dispieghi, come per l'appunto è avvenuto nel caso in esame, un
oggettivo rilievo e un interesse eccedente l'area del mero rapporto di impiego tri: l'ente
pubblico ed un suo dipendente (Sez. 6, n. 8934 del 10/12/2014, dep. 2015, Franz( si, Rv.
262649).
Nel caso di specie, i giudici di merito, all'esito di un attenta valutazione del contenuto
concreto dei documenti in discussione, hanno correttamente sostenuto la loro ria:ura di
fogli di servizio, evidenziando, in particolare, come l'imputato non si sia lirritato ad
attestarvi la presenza al lavoro e la durata della sua attività, ma vi abbia certificato
l'espletamento di una continuativa funzione di polizia giudiziaria, consistita, nel dettaglio,
in un'attività di ascolto in diretta di comunicazioni intercettate.
Infatti, si rileva come lo stesso ricorrente, al momento della redazione dei donimenti,
abbia descritto l'attività da lui esercitata avvalendosi della dicitura "attività di inda;ii le o di
servizio prestata presso la sala intercettazioni della Procura di Prato". Orbene, è in dubbio
come l'impiego di una tale espressione sia di per sé idonea a manifestare, ancle nei
confronti di soggetti estranei alla pubblica amministrazione, la funzione e l'attivilà svolta
dal pubblico ufficiale, risultando ultronea e irrilevante la mancata indicazione degli
aggiuntivi elementi precisati nel ricorso.
In virtù dell'evidente riflesso esterno attribuibile ai documenti in esame, non Vi ne in
rilievo, nel caso di specie, l'indirizzo espresso da questa Suprema Corte, secondo c:Ji non
integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico la falsa attestazione della presenza in
ufficio riportata dal pubblico dipendente nei "cartellini marcatempo" o nei Fogli di
presenza, in quanto documenti contenenti la mera attestazione di un dato inerente al
rapporto di lavoro, soggetto a disciplina privatistica (Sez. U, n. 15983 del 11/01/2006,
dep. 10/05/2006, Sepe, Rv. 233423).
3. Anche il secondo motivo di ricorso, incentrato sulle ragioni dell'allontanamento
dell'imputato dal posto di lavoro il 28 febbraio 2017, è privo di fondamento, atteso che la
tesi difensiva non è in grado di confutare la tenuta logica della motivazione impugnata.
In particolare, si osserva come la ricostruzione alternativa della difesa, prcspettata,
peraltro, solo in via meramente ipotetica, non influisce in alcun modo sul giudizio di
penale responsabilità dell'imputato compiuto dai giudici di merito, dal nnornarto che
l'addebito mosso nei suoi confronti non concerne l'abbandono del posto di servizio per
ragioni personali, ma l'aver falsamente attestato nei fogli di servizio lo svolgimento di una
ininterrotta funzione di polizia giudiziaria.
Infatti, come correttamente osservato dai giudici di merito, la disposizione incriminatrice,
nel sanzionare il pubblico ufficiale che attesti falsamente che un fatto è stato , da lui
compiuto o è avvenuto alla sua presenza, punisce anche la condotta del pubblico ufficiale
che, formando una relazione di servizio, espone una parziale rappresentazione di quanto
accaduto, tacendo dati la cui omissione, non ultronea nell'economia dell'atto, produce il
risultato di una documentazione incompleta e comunque contraria, anche se parzialmente,
al vero (Sez. 5, n. 32951 del 21/05/2014, Saraniti, Rv. 261651).
Quindi, l'imputato, per andare esente da ogni profilo di responsabilità, avrebbe dovuto
trascrivere nei fogli di servizio non solo le ragioni d'ufficio che l'avevano costretto ad
interrompere la sua attività, ma anche la fascia oraria in cui si sarebbe verificato 
l'allontanamento, incidendo inevitabilmente tale annotazione sulla stessa affidabilità
dell'attività di ascolto in diretta del flusso di comunicazione sull'utenza intercettata.
Quindi, la circostanza che il suo allontanamento non sia stato registrato nel foglio di
servizio è un elemento sufficiente per valutare come inverosimile e non ci edibile
l'alternativa versione dei fatti esposta.
Peraltro, destituito di fondamento è anche l'argomento secondo cui l'abbandono de posto
di servizio sarebbe dipeso da ragioni d'ufficio conosciute dai suoi superiori gerarchici , non
trovando tale asserzione alcuna conferma nelle loro dichiarazioni o in altra risultanza
processuale comunque non documentata dal ricorrente.
In maniera analoga, si deve ritenere meramente apodittica e non supportata da alcuna
prova la censura relativa al fatto che l'A. avrebbe lasciato la sua postazione di :iscolto
in una fascia oraria eccedente l'ordinario orario lavorativo e non segnata come
straordinario.
4. Inammissibile è anche il terzo motivo di ricorso relativo all'allontanamento verificatosi il
5 aprile 2017, in quanto inedito, avendo ad oggetto una questione che non era stata
devoluta al giudice dell'appello con il gravame di merito.
Infatti, la cognizione del giudice dell'appello è limitata, in ossequio al principio devolutivo,
ai punti della decisione impugnata attinti dai motivi di gravame e a quelli strettamente
connessi e da essi dipendenti (Sez. 5, Sentenza n. 23042 del 04/04/2023, a, Rv.
284544).
Ad ogni modo, la censura difensiva non merita accoglimento, in quanto manifetamente
infondata nel merito e generica.
Al riguardo, è sufficiente evidenziare come la deduzione difensiva si sia li nitata a
prospettare, in via del tutto ipotetica, che gli ispettori AUSL avrebbero agito in qualità di
agenti provocatori al fine di sollecitare l'intervento dell'imputato presso il predetto
esercizio commerciale, omettendo, tuttavia, di indicare gli elementi a sostegno) di tale
asserzione. Infatti, il ricorrente ha trascurato non solo di specificare le ragioni per le quali
gli ispettori avrebbero agito perché innescati dalla polizia giudiziaria, ma anche di indicare
le evidenze in grado di dimostrare che gli ispettori non si fossero recati al negozio per
svolgere un'autonoma attività ispettiva.
Peraltro, a riprova della non fondatezza della ricostruzione alterativa proposta dalla difesa
milita anche la circostanza, valorizzata dai giudici di merito, che l'intervento dell'imputato
presso l'esercizio commerciale non è stato specificamente richiesto dagli ispettori, ma è
stato il frutto di un'autonoma iniziativa della dipendente presente nel locale, la quale, di
fronte alla sollecitazione degli ispettori di contattare il suo titolare allo scopo di procedere
in sua presenza al controllo ispettivo, ha provveduto a contattare telefonicamente
l'A., formalmente privo di un ruolo nell'azienda.
Infine, carente di rilevanza è l'ulteriore circostanza apprezzata dalla difesa circa I fatto
che in contemporanea al controllo ispettivo era in corso di svolgimento anche un'att vità di
intercettazione svolta dalla P.G. sull'utenza dell'imputato, in quanto qualificabile ollne una
mera coincidenza.
5. Le argomentazioni fin qui spese conducono ad escludere la rilevanza e a giudicare
manifestamente infondato anche l'ultimo motivo di ricorso relativo al delitto di cui all'art.
120 c.p.m.p., dal momento che l'esame della doglianza dipendeva dall'accoglimento dei
precedenti motivi di gravame.

Così deciso il 27/2/2025
6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell'art. 616 c.p.p. la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versament) della
somma, ritenuta congrua, di euro tremila alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe5;e processuali
e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende
Così deciso il 27/ 2/2025
Avv. Antonino Sugamele

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