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Sentenza

Ex senatore alcamese rimarrà in carcere. Respinto il ricorso per Cassazione.
Ex senatore alcamese rimarrà in carcere. Respinto il ricorso per Cassazione.
Cassazione Penale Sent. Sez. 1 Num. 14010 Anno 2025
Presidente: BONI MONICA
Relatore: CURAMI MICAELA SERENA
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P.A. nato a A. il .....
avverso l'ordinanza del 03/10/2024 del TRIB. LIBERTA' di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere MICAELA SERENA CURAMI;
sentite le conclusioni del PG ROBERTO ANIELLO
Il P.G. conclude chiedendo l'inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
L'avv. L. B. conclude chiedendo l'annullamento della ordinanza
impugnata.
L'avv. D. G. V. conclude associandosi alle conclusioni del codifensore.
RITENUTO IN FATTO
1. 1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale del riesame di Palermo -
adito ai sensi dell'art. 309 cod. proc. pen. - ha confermato l'ordinanza del Giudice
per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo del 4 settembre 2024, di
applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di A.P., in
quanto gravemente indiziato del reato di cui agli artt. 110, 416 ter cod. pen. perché,
quale ex senatore della Repubblica e fondatore del movimento VIA, in concorso con
P. P. (che fungeva da intermediario), accettava la promessa da parte
di G. D. G., appartenente alla famiglia mafiosa di Alcamo, di procurare voti
ad A. R., coordinatore provinciale del predetto movimento politico nonché
candidato alle elezioni regionali siciliane del 25/09/2022, in cambio della somma di
C 2.000, di altre utilità, nonché della disponibilità a soddisfare gli interessi, anche
occupazionali, della predetta associazione mafiosa.
1.1. Con concorde valutazione di entrambi i giudici della fase cautelare è stata
ritenuta la gravità indiziaria dell'indicato delitto sulla base di quanto emerso nel corso
della più ampia attività di indagine avente ad oggetto la famiglia mafiosa di Alcamo,
che consentiva di seguire, in diretta, la stipula di un patto elettorale politico mafioso
tra G.D.G. , esponente di Cosa nostra, e A.P.,  per il tramite
di P.P. .
Il Tribunale evidenziava innanzitutto come dalle conversazioni intercettate
emergesse nitidamente il risalente ruolo di vertice assunto dal D.G. nell'ambito
della famiglia mafiosa di Alcamo, unitamente al coindagato F.C. ; si
sottolineava come, dalla seconda metà di agosto e sino alle elezioni del 25 settembre
2022, fossero stati monitorati numerosi incontri tra D.G. e P.; già il 17
agosto 2022 veniva captata una conversazione nella quale P. si rivolgeva a D.
G. facendo chiaro riferimento alle elezioni regionali ed al comune interesse per
le stesse, ottenendo dall'interlocutore una risposta che alludeva a dinamiche
consolidate nel tempo; il successivo 23 agosto 2022 P. si recava a casa di D.
G., il quale, alla sua presenza, chiamava V.B. , già consigliere
comunale di Salemi, fissando un appuntamento; ed ancora, nel corso di una
conversazione intercettata al 31 agosto 2022, espressamente D.G.  riferiva al
suo interlocutore che il P. gli aveva mandato P. (P. ). Il 4
settembre 2022 veniva documentato un incontro tra D.G. e P., nel
corso del quale i due conversanti non portavano il cellulare per evitare di essere
intercettati; il contenuto del colloquio tuttavia emergeva dalla successiva
conversazione che D.G. intratteneva con il fratello Giovanni, nel corso della
quale il primo spiegava come nel predetto incontro, P. , su mandato del
P. , gli avesse dato l'incarico di sostenere la campagna elettorale del R.,
promettendogli la consegna della somma di denaro di euro 2000; a comprova, le
telecamere di videosorveglianza installate nelle immediate vicinanze dell'abitazione
del D.G. consentivano di acclarare che il 11/09/2022 P. consegnava al
predetto la somma di C 1.500 a titolo di acconto, concordando una successiva
consegna dei volantini, come risultante dalla conversazione progr. 7143; tale
conversazione consentiva anche di accertare che, come controprestazione del
procacciamento di voti in favore del R., oltre alla somma di euro 2.000 pattuita,
D.G. otteneva la disponibilità ad assecondare ogni richiesta in favore dei sodali
garantendo ad esempio posti di lavoro ai soggetti che lui avrebbe indicato.
Nell'avvicinarsi delle elezioni, si accertava come il 16 settembre 2022, P.
avesse inviato presso il Bis Bar di Alcamo, vero e proprio quartier generale di
F.C.  e luogo ove gli esponenti alcamesi di Cosa nostra, tra cui D.
G. erano soliti incontrarsi, il suo autista D.B. P. , il quale
in quel luogo incontrò D.G. per discutere di una cena ove avrebbe partecipato
il candidato alle elezioni. Tale cena, come accertato dagli inquirenti, si svolse
effettivamente il 21 settembre 22 presso il ristorante la Pergola di Trapani, alla
presenza di una ventina di persone tra cui P. ed il candidato A.R. .
Quest'ultimo non fu poi eletto; tuttavia, anche le conversazioni intercettate in
epoca successiva alle elezioni, confermano l'accordo concluso nella fase pre-elettorale
tra P. e D.G., per il tramite di P..
In particolare, D.G. il 12 ottobre 2022 si raccomandava con
l'interlocutore di non dire a P. che non si era recato da lui per chiedere i voti
per il R.; nel corso di una conversazione captata il 24 novembre 2022, D.G. 
parlando con G.P. , confermava di aver ricevuto dei soldi come
controprestazione al suo impegno di procacciamento di voti per il R., precisando
come quest'ultimo lo avesse anche ringraziato; ed ancora nel corso di un'ulteriore
conversazione con P., P. si lamentava dell'operato del P., che gli
aveva fatto spendere C 2.000 per reperire al più 30 voti, dicendo espressamente di
aver elargito un mare di soldi a G.D.G. .
Secondo la valutazione dei Giudici della cautela, la consapevolezza della
caratura mafiosa del D.G. in capo al P. emergeva dal contenuto di
numerose conversazioni, riportate in seno all'ordinanza; ad esempio nella
conversazione intercettata il 4 dicembre 2022 il P. , sempre parlando con
P., non solo rimpiangeva le persone serie che in altri tempi caratterizzavano
quello che egli definiva il "mondo collaterale", ma si mostrava ancora deluso e,
riferendosi a C., precisava di non aver voluto avere rapporti con quest'ultimo;
nella conversazione intercettata il 8 dicembre 2022 con P., P. 
commentava come il Bis Bar di Alcamo fosse il quartiere generale di C. e fosse
il luogo ove si incontrava abitualmente G.D.G, commentando
conclusivamente come fosse meglio evitare di recarsi in quel bar per il rischio di poter
essere segnalati da giovani agenti in servizio al commissariato di polizia di Alcamo.
La caratura mafiosa di D. G. era certamente nota anche al P., il quale,
durante la campagna elettorale, si era rivolto al primo proprio perché, nella sua veste
di esponente della famiglia mafiosa di Alcamo, risolvesse, avvalendosi della forza di
intimidazione tipica del sodalizio mafioso, una questione insorta con G. S.
nella gestione di un'azienda di Alcamo: si tratta del capo di imputazione n. 7, in
relazione al quale, il Riesame ha annullato l'ordinanza cautelare emessa dal GIP;
sottolinea tuttavia il Tribunale come, a prescindere della correttezza della
qualificazione giuridica del fatto, fosse comunque emerso che P. aveva chiesto
l'intervento del Di G., soggetto del tutto estraneo ai fatti, in quanto ben
consapevole della fama criminale dello stesso e confidando sul suo potere di controllo
del territorio e sulla capacità di avvalersi della forza di intimidazione tipica del
sodalizio mafioso. D'altronde, argomentavano i Giudici della cautela, proprio la
consapevolezza della caratura mafiosa del Di G. era alla base della decisione
di P. di avvalersi della intermediazione del P. al fine di evitare contatti
diretti con l'esponente mafioso.
Ad ulteriore dimostrazione della vicinanza al contesto mafioso di Alcamo del
P., il Tribunale richiamava le risultanze dell'attività di indagine da cui emergeva
un progetto di ritorsione ai danni di V.B. in occasione delle elezioni
comunali di Castellammare del Golfo tenutesi il 28 e 29 maggio 2023, acclarate alla
luce di una conversazione captata il 6 aprile 2023, nel corso della quale P.,
parlando con il suo autista P., dopo aver stigmatizzato il comportamento tenuto
da B., manifestava l'intendimento di rivolgersi personalmente a P.,
noto pregiudicato mafioso alcamese, per un'azione violenta i danni del B..
1.2. In punto di esigenze cautelari, il Riesame evocava la duplice presunzione
di cui all'art. 275, comma 3, cod. proc., osservando come non fossero emerse in atti
circostanze rappresentative dell'insussistenza del pericolo di reiterazione; anzi
evidenziava il Tribunale come il rapporto di reciproco scambio di favori tra P. e
l'esponente di rilievo della famiglia mafiosa di Alcamo, nonché la vicinanza ad altri
esponenti del sodalizio, rendessero concreto ed attuale il pericolo di occasioni
prossime favorevoli alla commissione di reati della stessa specie di quello in esame,
a prescindere dalle imminenza di nuove consultazioni elettorali.
Il Tribunale ha infine osservato come, stante la pervicacia manifestata
dall'indagato nel coltivare nel tempo ad uso indebito le proprie relazioni, del tutto
inadeguata si rilevasse essere la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari anche
con l'ausilio di dispositivi di controllo elettronici.
2. Ricorre A. P., a mezzo dei difensori avv. V.D.G. . e
B.L., che chiede l'annullamento dell'ordinanza impugnata, articolando
tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione ed errata applicazione degli art.
606 lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione all'art. 416 ter cod. pen., per
motivazione apparente, alla stregua di quella inesistente, circa la ritenuta sussistenza
dell'elemento materiale del patto corruttivo politico mafioso con D. G. G.,
quale appartenente all'associazione di cui all'art. 416 bis cod. pen.
Il Tribunale del riesame ha eluso l'onere di motivazione circa la specificità del
metodo descritto dal terzo comma dell'art. 416 bis cod. pen., dal momento che non
ha spiegato i segni esteriori della supposta intraneità del Di G., tali da poter
essere percepiti dal P.: osserva in particolare la Difesa come non fossero mai
emersi rapporti diretti tra P. e Di G., sicché la verifica dei requisiti
oggettivi e soggettivi del contestato scambio politico mafioso andava compiuto alla
stregua del rapporto mediato dal P.; quest'ultimo tuttavia, nel suo
interrogatorio di garanzia, riferiva di aver informato P. e R. della
disponibilità del Di G., del quale tuttavia ignorava la contiguità con gli ambienti
mafiosi, e della sua pretesa di un fondo spese per l'organizzazione degli eventi
elettorali, di talchè l'accertata consegna di denaro a quest'ultimo non si poneva in un
rapporto sinallagmatico per il suo impegno di procacciare il consenso in favore del
R., ma come rimborso del suo onere economico; ciò trova riscontro nell'effettiva
organizzazione della cena elettorale svoltasi presso il ristorante La Pergola e
videoregistrata dagli inquirenti: lo stesso svolgimento di tale evento elettorale si pone
in termini antitetici rispetto al paradigma del metodo mafioso tendenzialmente di tipo
impositivo e non di tipo persuasivo.
Anche la richiamata conversazione n. 7143 del 11/09/2022 dimostra come la
consegna del denaro a Di G. da parte di P. fosse destinata non già agli
interessi della consorteria mafiosa ma nell'esclusivo interesse del Di G., che si
trovava in pessime condizioni economiche.
Nel chiedere voti in favore del R., il Di G. millanta i rapporti con
P., col quale non vi è mai stato alcun rapporto diretto.
Il Tribunale ha compiuto una lettura parcellizzata dell'intero compendio
probatorio conseguito alle intercettazioni; ad esempio nella conversazione del 4
dicembre 2022, peraltro successiva alla competizione elettorale, P. precisava di
non aver mai avuto rapporti con F.C. ; tale conversazione non può
quindi essere messa in relazione al rapporto elettorale con Di G., dal momento
che nel precedente dialogo tra i due fratelli Di G. si era chiarito come il denaro
ricevuto da G. fosse destinato a lui personalmente e non al sodalizio, e nel corso
della conversazione P. evoca il suo fermo rifiuto alla sollecitazione per il tramite
del P. di aiutare il figlio di F.C. . Anche la conversazione del 4
dicembre 2022 tra P. e P. evidenzia solo la condivisa necessità di evitare
il bar ove C. ha il suo quartiere generale, a dimostrazione dell'assenza di
rapporti tra P. e C., peraltro non coinvolto nell'impegno elettorale del Di
G..
In definitiva la motivazione del provvedimento impugnato è meramente
apparente ed inesistente, non rinvenendosi in essa alcun elemento dimostrativo
dell'idoneità del metodo di procacciamento del voto utile ad assicurare l'appoggio
elettorale nelle forme, nei modi e con gli scopi previsti dall'art. 416 bis cod. pen..
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione ed errata applicazione degli artt
606 lett. b) ed e) e 273 cod. proc. pen., in relazione all'art. 416 ter cod. pen., per
motivazione manifestamente illogica circa la ritenuta consapevolezza in capo al
ricorrente della contestata appartenenza del Di G. alla consorteria mafiosa,
nonché del metodo di procacciamento del consenso secondo le forme di cui al terzo
comma.
Il Tribunale desume la consapevolezza del P. circa la caratura mafiosa del
Di G. da conversazioni intercettate successivamente alla tornata elettorale in
questione.
La sedicente appartenenza del Di G. al clan mafioso dei G., come da
conversazione intercettata il 1° dicembre 2022 tra Di G. e B., nel corso
della quale i due parlavano della guerra di mafia scatenata ad Alcamo da S.R., 
 non risulta tuttavia oggetto di verifica da parte del Tribunale del riesame, non
rinvenendosi nel corpo della motivazione alcun elemento da cui desumere che essa
non fosse una mera millanteria. A margine di tale aspetto, tuttavia, ciò che è
completamente mancante nella motivazione del Tribunale è la valutazione
dell'apparenza esteriore dell'appartenenza del Di G. al sodalizio criminoso, non
rinvenendosi alcuno degli indicatori sintomatici indicati dalla giurisprudenza quali la
fama criminale del procacciatore, la forza intimidatoria promanante dagli affiliati ad
associazione mafiosa reclutati per la raccolta dei consensi e la valutazione di utilità
del loro apporto nella zona di influenza delle preferenze. Anzi numerosi sono gli
elementi che escludono tale esteriorizzazione: quanto alla fama criminale del Di
G., la difesa ricorda come questi avesse scontato una lunghissima detenzione
per reati concernenti spaccio di stupefacenti, non essendo mai stato invece
condannato per reati di mafia. Quanto poi alla forza di intimidazione promanante dai
collettori del consenso, la difesa del ricorrente richiama la più volte citata
intercettazione 7143 del 11/09/2022 tra i fratelli Di G. e G. laddove
Giosuè Di G. chiede alla cognata G. di verificare la disponibilità al voto
dei suoi genitori se non impegnati; la conversazione del 23/08/2022, nel corso della
quale Di G. riferisce a V.B.  che la richiesta di raccogliere voti per il
R. gli era giunta non da P. ma da P.; infine i anche la conversazione
del 12 ottobre 2022, nel corso della quale Di G. chiede agli interlocutori di non
riferire al P. che non si era recato da loro per chiedere i voti per il R.,
dimostra come l'attività di questi, lungi dall'essere di tipo intimidatorio, era una mera
attività di propaganda elettorale.
Infine, evidenzia la difesa come il consenso del R. nella città di Trapani si
fosse attestato in appena 271 voti, dato che smentisce l'effettività dell'impegno
profuso.
2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione ed errata applicazione degli arte.
606 lett. b) ed e), 274 e 275 comma 3 cod. proc. pen., per motivazione apparente
alla stregua di quella inesistente in ordine al requisito legale della sussistenza delle
esigenze cautelari.
Contrariamente a quanto scritto dal Tribunale in seno impugnata ordinanza, non
emergono ulteriori rapporti rispetto a quelli con P. e quindi con Di G.
del P. con altri soggetti intranei al sodalizio criminoso mafioso, emergendo al
contrario l'unicità del fatto contestato.
Del tutto eccentrica rispetto all'imputazione risulta la presunta ritorsione che
P. avrebbe pensato di realizzare contro un avversario politico di cui alla
conversazione del 6 aprile 2023, svoltasi diversi mesi dopo lo svolgimento delle
elezioni regionali: si tratta infatti di una questione del tutto estranea alle vicende
elettorali di cui all'imputazione e che attiene ad una presunta offesa personale, che
in ogni caso non ha avuto alcun esito.
Il Tribunale ha quindi omesso di valutare l'episodicità del fatto contestato e
come, nel corso delle conversazioni intercettate, P. avesse più volte manifestato
la volontà di evitare ogni sorta di incontro con C..
In tale contesto, in assenza di imminenti appuntamenti elettorali, la Difesa
evidenzia l'insussistenza del pericolo di reiterazione del medesimo reato;
insussistente è anche il pericolo di inquinamento probatorio, atteso che l'esito delle
conversazioni telefoniche non possono essere alterate; né infine sussiste pericolo di
fuga tenuto conto dell'età avanzata.
Il Tribunale, infine, non spiega perché la diversa misura degli arresti domiciliari
con ausilio del braccialetto elettronico debba considerarsi insufficiente stante
l'impossibilità sotto quel regime di coltivare relazioni attese il divieto di comunicazione
con l'esterno,
3. Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. Roberto
Aniello, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso,
riportandosi alla memoria scritta depositata.
4. La Difesa dell'imputato ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso,
ed ha depositato note scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, che presenta tratti di inammissibilità, è nel complesso infondato.
2. I primi due motivi sono infondati.
2.1. Si ricorda che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per
cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in
ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di
legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso
ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte
dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l'apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che,
pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una
diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2,
Sentenza n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976). Il ricorso è pertanto
inammissibile quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che
si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito.
(Sez. 2, Sentenza n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628).
2.2. L'art. 416-ter cod. pen. configura un reato di pericolo (Sez. 6, n. 37374
del 06/05/2014, Polizzi, Rv. 260167; Sez. 1, n. 19092 del 09/03/2021, Zambetti, Rv.
281410); la norma incriminatrice, già modificata nel 2014, è stata ulteriormente
modificata dalla legge 21 maggio 2019 n. 43 ed ora recita testualmente: «Chiunque
accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte
di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all'art. 416-bis cod. pen. o mediante le
modalità di cui al terzo comma dell'art. 416-bis cod. pen., in cambio dell'erogazione o
della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della
disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa, è punito
con la pena stabilita nel primo comma dell'art. 416-bis cod. pen. La stessa pena si
applica a chi promette, direttamente o a mezzo di intermediari, di procurare voti nei
casi di cui al primo comma (...)». A seguito della novella del 2019, pertanto, il
procacciamento di voti penalmente sanzionato non è soltanto quello ottenuto con
l'impiego del "metodo mafioso", bensì anche quello, effettivo o promesso, che
provenga «da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all'art. 416-bis cod.
pen.».
Secondo il condivisibile principio affermato da Sez. 6, n. 43186 del 11/09/2024,
Sorbello, Rv. 287271 - 02, ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale
politico-mafioso, nel testo successivo alle modifiche introdotte dalla legge 21 maggio
2019, n. 43, non è necessario che il procacciamento dei voti avvenga con metodo
mafioso laddove il procacciatore sia un appartenente ad associazione mafiosa, anche
laddove l'agente . operi "uti singulus"; si esplicita in motivazione che la nuova
disposizione rimodula, quindi, la condotta penalmente rilevante, «spostando il fuoco
dell'attenzione — o, meglio, estendendolo — dalle modalità del condizionamento del
consenso al profilo soggettivo di chi tale operazione compia o s'impegni a compiere
nell'interesse del candidato».
La modifica normativa del 2019, inoltre, è intervenuta anche sull'importante
profilo della utilità oggetto dell'erogazione o della promessa in alternativa al danaro.
Se il vecchio testo dell'art. 416-ter cod. pen., infatti, parlava di «altra utilità», per il
nuovo rileva, invece, «qualunque altra utilità». Tale modifica non può che essere intesa
nel senso che il Legislatore ha voluto ampliare il novero delle condotte penalmente
significative, facendo rientrare nel concetto di "utilità" qualsiasi effetto vantaggioso e
non soltanto, come in passato, i beni traducibili in valori di scambio immediatamente
quantificabili in termini economici.
2.3. Così chiarito il quadro normativo all'interno del quale deve essere
ricondotta la fattispecie contestata al ricorrente, va rilevato che, nel caso in esame,
non si riscontra alcuna violazione di legge né vizio motivazionale rilevante ex art. 606,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen.: l'ordinanza esaminata risulta avere adeguatamente
sviscerato tutti gli elementi indiziari gravanti sul P., averli ricondotti ad unità
concettuale in coerenza con la loro concordanza e - adottando una motivazione del
tutto logica - avere ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del
ricorrente.
I Giudici della cautela, con motivazione logicamente articolata ed
ancorata alle risultanze probatorie, dopo avere ricordato (pag. 4) che «nel caso in cui
l'accordo con la parte politica venga stipulato da un esponente dell'associazione
criminale, l'acquisizione del consenso tramite ì e modalità di cui all'art. 416 bis c.p.
comma 3 è immanente all'illecita pattuizione> , rilevato come l'illecito scambio politico
elettorale mafioso, come contestato, si fosse realizzato in virtù dell'appartenenza del
Di G. alla famiglia mafiosa di Alcamo; le argomentazioni contenute in ricorso
circa l'assenza di alcun elemento dimostrativo dell'idoneità del metodo di
procacciamento del voto utile ad assicurare l'appoggio elettorale nelle forme, nei modi
e con gli scopi previsti dall'art. 416 bis c. 3 cod. pen., si appalesa quindi aspecifico.
Il Tribunale ha quindi ampiamente argomentato, contrariamente a quanto
dedotto in ricorso, in ordine alla caratura mafiosa del Di G., soggetto sottoposto
alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno (della
quale egli stesso si vantava, affermando essere circostanza nota a tutti («io sono
sorvegliato speciale lo sapete tutti qua», pag. 8), ed al suo risalente inserimento in
ruolo di vertice nella famiglia mafiosa di Alcamo (come si evince dalla conversazione
nella quale parla della guerra di mafia scatenata ad Alcamo da R. (pag. 5). I
Giudici della cautela hanno in particolare evidenziato come, dalle intercettazioni
disposte nel medesimo procedimento (nell'ambito del quale il Di G. è stato
attinto da misura custodiale in relazione al reato di cui all'art. 416 bis cod. pen.) fosse
emerso «l'inserimento strutturale del Di G. in seno alla consorteria criminale, le
plurime relazioni dallo stesse intrattenute con associati mafiosi anche di indiscusso
rango elevato, la peculiarità degli argomenti trattati con i coindagati, la partecipazione
a riunioni tra gli stessi, nonché la pianificazione delle iniziative intimidatorie e di
imposizione attraverso le quali "cosa nostra" consegue il proprio fondamentale
obiettivo di affermazione e consolidamento sul territorio». In tal senso, il Tribunale ha
riportato le conversazioni maggiormente rilevanti (pagg 6 - 9), da cui emerge
l'attivismo del Di G. nei vari settori criminali della consorteria, alla cura dei cui
interessi egli era interessato; basti sul punto richiamare il contenuto della
conversazione intrattenuta il 01/03/2024 dal Di G. con un sodale (pag. 6), nel
corso della quale il primo faceva riferimento alle "entrate" dell'organizzazione mafiosa
(«ogni mese ci dovrebbero entrare ventimila.., trentamila euro al mese»), non
lesinando critiche nei confronti del sovraordinato F. C. che, «per
mantenere la pace», aveva ordinato di non recarsi da alcuni imprenditori per riscuotere
il dovuto; l'intercettazione del 10 agosto 2022 (pag. 7) dalla quale emerge il
coinvolgimento del Di G. in diverse estorsioni realizzate con metodo mafioso,
oltre alla «stabile ed incondizionata disponibilità manifestata dal Di G. per la
risoluzione delle questioni insorte nel territorio di competenza che gli venivano
sottoposte proprio in ragione della sua riconosciuta autorità mafiosa».
L'assenza di rapporti diretti tra P. e Di G., rimarcata dalla difesa
dell'indagato in sede di ricorso, lungi dal costituire elemento tale da inficiare la
piattaforma probatoria a suo carico, colora ulteriormente di illiceità la triangolazione,
evidenziando le cautele che P., ex senatore, adotta nel contattare esponenti
mafiosi; peraltro che P. fosse intermediario tra P. e Di G. non solo
emerge con chiarezza dalle intercettazioni riportate nell'ordinanza, ma è stato
ammesso dallo stesso P. in sede di interrogatorio di garanzia.
Contrariamente a quanto affermato nel ricorso, il Di G. non agiva
esclusivamente nel proprio interesse, ma anche in favore della famiglia mafiosa di
Alcamo, della quale era esponente di vertice, come si evince dalla conversazione
intrattenuta dal Di G. con il fratello G. , il 11/09/2022 (pagg. 10-12), nel
corso della quale emergeva come l'impegno del Di G. fosse finalizzato non solo
in virtù della controprestazione di 2.000 C in contanti, ma anche, al fine di «garantirsi
la disponibilità del P. e del R., laddove eletto, a soddisfare le sue richieste di
assunzione o ad assecondare qualsivoglia istanza da lui rivolta nell'interesse della
famiglia mafiosa di Alcamo».
Con tale argomento, invero, il ricorso non si confronta compiutamente,
parcellizzando l'esame delle conversazioni significative commentate, nel loro insieme,
dal Tribunale del riesame, peraltro proponendo una diversa, alternativa lettura
significato dei colloqui, inibita a questa Corte. Su tale punto, infatti, il Collegio osserva
che, in materia di intercettazioni, costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva
competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle
conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se
non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui
esse sono recepite, non evincibile nella specie (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015,
Sebbar, Rv. 263715 Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea, Rv. 268389; Sez. 2,
n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784). Anche l'interpretazione del linguaggio
dei conversanti, quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa
alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle
massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471
del 26/02/2015, Sebbar, Rv. cit.).
Per quanto attiene all'elemento soggettivo è pacifico che il reato sia punito a
titolo di dolo generico, con la conseguenza che nell'ipotesi - come quella in esame -
in cui il soggetto che si impegna a procurare voti sia un componente di un sodalizio
mafioso e agisca (anche) nell'interesse dello stesso, il dolo è integrato dalla
consapevolezza dell'appartenenza del promittente all'associazione.
Anche su questo punto, il provvedimento impugnato è motivato
adeguatamente, muovendo dalla conoscenza che aveva il P. delle vicende
riguardanti gli esponenti della famiglia mafiosa di Alcamo (conversazione del 16 aprile
2023 con Picciche', p. 16-17), della contrapposta famiglia dei M., del vuoto di
potere creatosi in conseguenza delle condizioni di salute del C., del fatto che i
membri della famiglia di Alcamo si riunissero al "Bis Bar", e tra essi vi fosse proprio il
Di G.. Evidenzia inoltre l'ordinanza che il P. evitò appositamente di
frequentare il "Bis Bar", onde evitare controlli di polizia, nonché di incontrare
personalmente il Di G., avvalendosi pertanto della intermediazione di P.
P.. Inoltre, successivamente alle elezioni, lamentandosi dello scarso risultato
ottenuto, il P. accomunava il Di G. al C. - del cui ruolo mafioso, nel
corso dell'interrogatorio di garanzia, ha ammesso di essere a conoscenza - e
affermava che nessuno dei due aveva il carisma e lo spessore criminale dei mafiosi di
un tempo. D'altronde, osserva conclusivamente l'ordinanza impugnata, il Di G.
svolgeva l'attività di cuoco e, come tale, non avrebbe avuto la capacità di procurare
voti, cosa che invece poteva fare avvalendosi della sua posizione di esponente della
famiglia mafiosa di Alcamo, facendo percepire all'esterno l'indicazione di voto come
proveniente da "Cosa Nostra.
3. Non hanno pregio neppure le doglianze versate nell'ultimo motivo,
afferenti alle esigenze cautelari. L'ordinanza impugnata, contrariamente a quanto
sostenuto nel ricorso, ha fornito ampia e congrua motivazione del proprio decisum,
indicando puntualmente gli elementi di fatto da cui ha tratto l'intensità del pericolo di
reiterazione, (modalità della vicenda in esame e dal complesso dei rapporti col Di
G. e con altri esponenti dell'associazione).
Va innanzitutto chiarito che, per il reato di cui all'art. 416 ter cod. pen., opera
la doppia presunzione relativa - di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza
della custodia cautelare in carcere - prevista dall'art. 275, comma 3, terzo periodo,
cod. proc. pen.. Pur avendo il Tribunale erroneamente ritenuto operante una
presunzione assoluta di adeguatezza della massima misura carceraria, ha poi, di fatto,
correttamente valutato in concreto la sussistenza del pericolo di recidiva.
Sono stati in particolare evidenziati gli indici di concreta pericolosità sociale
rappresentati dalla relazione intrattenuta dall'indagato con soggetto organico al
sodalizio mafioso nonché con altri soggetti del pari intranei, ai quali il P. non ha
esitato a rivolgersi perché esercitassero violenza nei confronti di un avversario politico;
il richiamo è alla vicenda inerente un progetto di ritorsione da parte dell'indagato ai
danni di V.B. che, contrariamente a quanto dedotto in ricorso, pur
collocandosi temporalmente in epoca successiva ai fatti contestati, è stata
correttamente rilevata ai fini della valutazione della personalità dell'indagato,
necessaria per lo scrutinio in tema di pericolo di recidivanza.
Nell'ordinanza impugnata, ha trovato ragionevole scrutinio anche il tema
dell'adeguatezza della misura di massimo rigore applicata, in considerazione
dell'inidoneità di altre soluzioni a tutelari i pericoli cautelari, essendo stato anche
evidenziato come l'applicazione del braccialetto elettronico possa scongiurare
l'allontanamento dal domicilio, ma non garantisce il rispetto di altre prescrizioni, quali
il divieto di comunicare e avere contatti con persone diverse dai conviventi.
5. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente,
segue altresì la disposizione di trasmissione, a cura della Cancelleria, di copia del
provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario di riferimento, ai sensi dell'art.
94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Avv. Antonino Sugamele

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