DIRITTO PENALE – Condanna per omesso versamento del mantenimento al figlio minore. (articoli 133, 570, 570-bis, articolo 12-sexies della Legge 1° dicembre 1970, n. 898; articolo 6 della Cedu; articolo 111 della Costituzione)
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la condotta del genitore che ometta, anche solo parzialmente e per un periodo non occasionale, di versare l’assegno di mantenimento stabilito in favore del figlio minore integra il reato di cui all’articolo 570, comma 2, n. 2 del cp, assorbendo quello di cui all’articolo 570 bis del cp, essendo sufficiente la prova dell’inadempimento e dello stato di bisogno in re ipsa del minore, senza che rilevi la mera allegazione di difficoltà economiche non assolute e non incolpevoli. A fronte dell’integrazione di entrambi i reati si è al cospetto di un’ipotesi di concorso apparente di norme, non potendo configurarsi un concorso tra il reato di cui all’articolo 570 bis del cp e quello di cui all’articolo 570, comma 2, n. 2) del cp. Nel caso in esame, il padre era accusato di non aver versato (o di aver versato solo parzialmente) l’assegno di mantenimento di 250 euro mensili, oltre al 50% delle spese mediche e scolastiche straordinarie, a favore del figlio minore. Il Tribunale ha ritenuto provato che l’imputato avesse omesso il versamento dell’assegno per oltre un anno (ottobre 2017-dicembre 2018) e avesse effettuato pagamenti solo sporadici negli anni successivi, interrompendo ogni versamento da maggio 2022. L’imputato ha ammesso le difficoltà economiche ma non ha fornito prova di impossibilità assoluta di adempiere
Tribunale Nola, sentenza 30 settembre 2025 n. 1186 – Giudice: Castaldo
TRIBUNALE DI NOLA
Sezione Penale
in composizione monocratica e nella persona della dott.ssa Valeria Castaldo, all'udienza del 2 luglio
2025 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente
SENTENZA
nei confronti di
K.I., nato in U. il (...), elettivamente domiciliato ex art. 161 c.p.p. in N., al vico L. n. 18
Libero, non comparso, già presente
Difeso di fiducia dall'avv. ...
IMPUTATO
del delitto p. e p. dall'art. 570 bis c.p., perché ometteva di versare ovvero versava solo parzialmente
la somma di Euro 250,00 oltre al 50% per le spese mediche non coperte dal servizio sanitario
nazionale e per le spese scolastiche non coperte dalle strutture pubbliche, destinate al mantenimento
del figlio minore K.V., posta a suo carico con provvedimento emesso dal Tribunale di Nola in data
05.10.2017 (R.G. n. 1358/2016), violando le disposizioni patrimoniali del predetto provvedimento
giudiziario.
In Casalnuovo di Napoli da Agosto 2017 con condotta perdurante.
Con la presenza della parte civile costituita: M.T., nata in U. il (...), difesa dall'avv. Rossana Spina
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione, emesso dal P.M. in sede il 23.11.2023, l'imputato K.I. è stato tratto a giudizio
dinanzi a questo Tribunale per rispondere del reato a lui ascritto in rubrica.
All'udienza predibattimentale del 28 giugno 2024, verificata la regolare costituzione delle parti, in
assenza delle condizioni per pronunciare una sentenza di non luogo a procedere ex art. 554 c.p.p., è
stata disposta la prosecuzione del giudizio.
All'udienza del 20.11.2024 il Giudice ha dichiarato aperto il dibattimento ed ammesso le prove orali
e documentali richieste dalle parti. Si è proceduto, poi, all'escussione della persona offesa, M.T.,
costituitasi parte civile e, con il consenso delle parti, sono stati acquisiti al fascicolo del dibattimento
le denunce-querele sporte dalla persona offesa, ai soli fini della prova del dato storico del deposito
delle stesse, nonché il decreto emesso dal Tribunale di Nola il 27.9.2017, impositivo dell'obbligo, in
capo all'imputato, di corresponsione della somma mensile di Euro 250,00, quale contributo al
mantenimento del figlio minore (oltre al 50% delle spese straordinarie); infine, la difesa dell'imputato
ha prodotto diverse ricevute di pagamento di bonifici.
All'udienza del 2.4.2025 si è proceduto all'escussione del teste di parte civile, P.A., e all'esame
dell'imputato, all'esito del quale il Tribunale ha rinviato il processo all'udienza del 2.7.2025 per la
discussione.
All'udienza del 2.7.2025, non residuando ulteriori adempimenti istruttori, questo Giudice ha
dichiarato chiusa l'istruttoria dibattimentale, utilizzabili gli atti legittimamente acquisiti al fascicolo
ed ha invitato le parti a rassegnare le conclusioni le rispettive conclusioni, riassunte in epigrafe.
Al termine della discussione il Giudice si è ritirato in camera di consiglio per la decisione,
pubblicando il dispositivo allegato al verbale d'udienza e riservando il deposito dei motivi nel
termine di legge.
Motivi della decisione
L'istruttoria dibattimentale ha pienamente confermato l'assunto accusatorio e, pertanto, l'imputato
K.I. deve essere dichiarato colpevole del reato di cui all'art. 570 co. 2 n. 2 c.p., in esso da ritenersi
assorbito il reato di cui all'art. 570 bis c.p.
Giova nel merito rilevare che gli elementi di prova acquisiti nel dibattimento sono essenzialmente
rappresentati dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa M.T. in sede di escussione dibattimentale,
nonché dalle prove documentali prodotte dalle parti, segnatamente, il decreto di regolamentazione
dei rapporti tra l'imputato e il figlio minore, K.V. nato il (...) dalla convivenza more uxorio con la
persona offesa, emesso dal Tribunale civile di Nola il 27.9.2017, e le ricevute di pagamento prodotte
dall'imputato a sostegno del parziale adempimento dell'obbligo di contribuzione al mantenimento
del proprio figlio, stabilito con il suindicato provvedimento.
Da tale materiale probatorio la dinamica degli eventi può essere così ricostruita.
All'udienza del 20 novembre 2024 è stata escussa M.T., la quale ha riferito di avere intrattenuto una
convivenza more uxorio con l'odierno imputato e che dalla loro unione era nato un figlio, il (...). Nel
2009, dopo sette anni, la convivenza era cessata, a seguito dell'allontanamento dell'imputato dalla
casa familiare e che nel 2017 era intervenuto il provvedimento del Tribunale civile di Nola che aveva
posto a carico del K., quale genitore non collocatario, l'obbligo di corrispondere alla donna, quale
contributo al mantenimento del figlio minore, la somma mensile di Euro 250,00 (cfr. provvedimento
versato in atti).
Cionondimeno, ha riferito sempre la testimone, che dal mese di agosto 2017 sino al 4 giugno 2022,
epoca della prima denuncia sporta, l'ex compagno aveva adempiuto solo parzialmente all'obbligo
impostigli dal tribunale, sicché la stessa aveva maturato, limitatamente a tale arco temporale, un
credito complessivo di circa 3.000 euro.
A domanda del PM, ancora, la donna ha precisato che dal 2022 alla seconda denuncia del 1.3.2023 il
K. non aveva corrisposto nulla e che tale inadempimento persisteva, anche con riguardo alla
contribuzione alle spese scolastiche e sanitarie straordinarie.
In sede di esame della difesa della parte civile, il teste ha confermato che dal raggiungimento della
maggiore età del figlio (20.4.2022) l'imputato aveva interrotto definitivamente i pagamenti e che negli
anni precedenti aveva ottemperato all'obbligo in maniera sporadica.
In sede di controesame, la M. ha dichiarato che il figlio ha vent'anni e non frequenta l'università.
Infine, a domanda del giudice, la dichiarante ha riferito che durante la convivenza l'ex compagno ha
sempre lavorato, come badante o nel settore della ristorazione, e che tuttora lavora, pur non essendo
in grado di precisare il tipo di attività svolta.
Il teste di parte civile, P.A. - sorella della persona offesa - ha dichiarato che, dopo un periodo di
convivenza, improvvisamente l'imputato ha abbandonato il nucleo familiare, senza fornire alcuna
spiegazione, e che da quel momento la sorella ha dovuto pr ovvedere da sola alla cura e al
mantenimento del figlio. Il teste ha aggiunto di aver ospitato la donna e al bambino presso la sua
abitazione per circa sette mesi e di aver fornito loro un sostegno economico, nei limiti delle proprie
possibilità.
In sede di controesame, poi, il teste ha dichiarato di essere a conoscenza del fatto che l'imputato
aveva effettuato soltanto parziali pagamenti in favore dell'ex compagna, in quanto riferitole da
quest'ultima; quanto ai rapporti padre - figlio, ha chiarito che gli incontri tra i due avvenivano
sporadicamente. Infine, ad espressa domanda del difensore dell'imputato, ha riferito di essere a
conoscenza del fatto che il figlio lavora, allo stato, come fotografo, percependo modestissimi
guadagni.
L'imputato, sottopostosi ad esame, a domanda del P.M., ha sostanzialmente ammesso di non aver
sempre puntualmente corrisposto la somma dovuta, imputando tale parziale inadempienza ad
asseriti problemi economici. Ha poi dichiarato di svolgere attualmente la professione di fabbro e di
avere in passato lavorato come giardiniere.
A domanda del suo difensore, l'imputato ha dichiarato di aver incontrato il proprio figlio nel lungo
periodo decorrente dalla cessazione della convivenza e di aiutare tuttora lo stesso economicamente,
allorquando questi ne faccia richiesta. Infine, ha precisato di avere altre due figlie, nate da relazioni
sentimentali con altre donne, rispettivamente di trentadue e due anni.
In sede di controesame a cura del difensore della parte civile, il K. ha precisato di lavorare da
sette/otto anni come fabbro alle dipendenze di un'impresa e che, sin dal compimento del
diciottesimo anno di età del figlio, ha cominciato a versare i soldi direttamente sulla carta prepagata
intestata al ragazzo. A domanda del difensore, l'imputato ha asserito che la propria ex compagna
durante la convivenza svolgeva l'attività di badante e che, tuttavia, ignorava quanto ella
guadagnasse.
Completa il compendio probatorio la produzione documentale depositata dalla difesa dell'imputato
all'udienza del 20.11.2024: trattasi di ricevute di pagamento attestanti un adempimento soltanto
parziale dell'obbligo giudizialmente imposto nei confronti dell'odierno imputato.
Così riassunti gli elementi di prova acquisiti in giudizio, ritiene il Tribunale che le dichiarazioni rese
dalla persona offesa si siano dimostrate del tutto serene e spontanee, scevre da un intento calunnioso
nei confronti dell'imputato e prive di eccessi accusatori, oltre che intrinsecamente coerenti e mai
oggetto di contestazioni rispetto a quanto riferito in fase d'indagine.
Le stesse, del resto, non smentite dall'imputato né da altri elementi di prova acquisiti in giudizio,
sono state oltretutto riscontrate dalla restante istruttoria e, segnatamente, dal provvedimento
giudiziale in atti, depositato il 5.10.2017, con il quale il Tribunale civile di Nola, recependo l'accordo
raggiunto dagli ex conviventi in punto di regolamentazione dei rapporti tra l'imputato (peraltro
dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale) e il figlio minore, ha posto a carico del primo
l'obbligo di versare mensilmente alla ex compagna la somma di Euro 250 a titolo di contributo al
mantenimento del figlio, oltre al 50% delle spese straordinarie mediche e sanitarie, e dalla
testimonianza resa da P.A..
A fronte di un tale materiale probatorio l'imputato non ha offerto una diversa versione degli eventi,
limitandosi a documentare i pagamenti parziali effettuati in favore della ex compagna e adducendo
a sua discolpa non meglio precisate difficoltà economiche.
In particolare, dalla documentazione depositata dalla difesa si evince innanzitutto che manca del
tutto la prova di qualsivoglia pagamento con riferimento ai mesi di ottobre, novembre e dicembre
2017 (tenuto conto della data di deposito del decreto impositivo dell'obbligo), nonché all'intero anno
2018.
Quanto all'anno 2019, si rinvengono n. 7 versamenti del complessivo importo di Euro 1.500,00 (v.
ricevuta di Euro 300 del 22.7.2019; ricevuto di Euro 150 del 20.8.2019; ricevuta di Euro 100 del
21.8.2019; ricevuta di Euro 150 del 21.8.2019; ricevuta di Euro 250 del 19.9.2019; ricevuta di Euro 250
del 17.10.2019; ricevuta di Euro 300 del 20.12.2019).
Viceversa, risulta documentato il pagamento integrale dell'assegno mensile con riferimento all'anno
2020; ancora, con riguardo all'anno 2021 si rinvengono n. 7 ricevute di pagamento per un importo
complessivo di Euro 1.880, mentre rispetto all'anno 2022 risultano pagate n. 5 mensilità.
Infine, su n. 6 ricevute l'inchiostro appare sbiadito, sì da rendere completamente illeggibile il
contenuto del documento.
Deve dunque ritenersi provato che l'odierno imputato omise totalmente di adempiere all'obbligo
posto a suo carico continuativamente nell'arco temporale compreso tra il mese di ottobre 2017 e il
mese di dicembre 2018, oltre a provvedere in maniera sporadica e parziale negli anni successivi, per
poi interrompere nuovamente ogni pagamento a far data dal mese di maggio 2022 sino all'attualità.
Ritiene il Tribunale che tanto sia sufficiente ad integrare la responsabilità dell'imputato in ordine al
delitto di cui all'art. 570, comma 2, n. 2) c.p., così riqualificato il fatto ascrittogli, in cui deve tuttavia
ritenersi assorbito, per le ragioni che subito si diranno, quello di cui all'art. 570 bis c.p.c.
In primo luogo, tale riqualificazione operata da questo Giudice non si pone in contrasto con i principi
del giusto processo sanciti dall'art. 6 CEDU e riconosciuti dalla Corte di Strasburgo (Corte EDU 11
dicembre 2007, D. c. Italia) non avendo inciso sulle prerogative difensive dell'imputato, messo
pienamente al corrente dei profili fattuali e giuridici dell'accusa, la cui riqualificazione, inoltre, non
ha comportato un significativo peggioramento del trattamento lato sensu sanzionatorio (l'art. 570
bis c.p. richiama per relationem esattamente la pena prevista per l'ipotesi di cui all'art. 570 c.p.).
D'altronde, la Suprema Corte ha espressamente riconosciuto "L'osservanza del diritto al
contraddittorio in ordine alla natura e alla qualificazione giuridica dei fatti di cui l'imputato è
chiamato a rispondere, sancito dall'art. 111, comma terzo, Cost. e dall'art. 6 CEDU, comma primo e
terzo, lett. a) e b), così come interpretato nella sentenza della Corte EDU nel proc. D. c. Italia, è
assicurata anche quando il giudice di primo grado provveda alla riqualificazione dei fatti
direttamente in sentenza, senza preventiva interlocuzione sul punto, in quanto l'imputato può
comunque pienamente esercitare il diritto di difesa proponendo impugnazione." (Cass. Sez. 3, n.
2341 del 07/11/2012 - dep. 17/01/2013, M. e altro, Rv. 25413501).
Il PM contesta all'imputato testualmente la violazione di cui all'art. 570 bis c.p., ovvero
l'inadempimento dell'obbligo stabilito dal Tribunale di Nola con riferimento alla somma da versare
a titolo di mantenimento nei confronti del figlio.
Con riferimento all'autonoma ipotesi di cui all'art. 570 co. 2 n. 2 c.p., la fattispecie punisce la mancata
somministrazione dei mezzi di sussistenza nei confronti degli stretti congiunti (nel caso di specie,
del figlio, minore all'epoca dei fatti).
Nel caso di specie, dall'istruttoria è emerso chiaramente come l'imputato dovesse versare in favore
del figlio la complessiva somma di Euro 250,00 mensili.
Ebbene, ritiene questo giudicante che sussistono tutti gli elementi oggettivi della fattispecie
incriminatrice in questione, essendovi prova, alla luce di tutte le considerazioni sinora esposte,
dell'inadempimento da parte dell'imputato dell'obbligo di mantenimento in favore del figlio minore,
avendo lo stesso provveduto a pagamenti parziali con riferimento alle annualità 2019, 2021, 2022 e
omettendo in maniera continuativa ogni versamento per oltre un anno (2017-2018).
Il modesto ammontare dell'assegno, pari ad Euro 250,00 euro mensili cumulativi, d'altronde, è di
per sé indice della natura di mezzo di sussistenza della somma in questione, destinata a sopperire
soltanto alle più elementari esigenze di vita dei destinatari.
Inoltre, trattandosi di prole di età minore, lo stato di bisogno del beneficiario deve intendersi in re
ipsa, come dimostrato dalla giurisprudenza consolidata della Suprema Corte: "In materia di
violazione degli obblighi di assistenza familiare, la minore età dei discendenti, destinatari dei mezzi
di sussistenza, rappresenta "in re ipsa" una condizione soggettiva dello stato di bisogno, che obbliga
i genitori a contribuire al loro mantenimento, assicurando i predetti mezzi di sussistenza; ne deriva
che il reato di cui all'art. 570, comma secondo, cod. pen., sussiste anche quando uno dei genitori
ometta la prestazione dei mezzi di sussistenza in favore dei figli minori o inabili, ed al mantenimento
della prole provveda in via sussidiaria l'altro genitore." (Cass. Sez. 6, n. 53607 del 20/11/2014 - dep.
23/12/2014, P.C in proc. S, Rv. 26187101). Né è stata fornita prova puntuale della disponibilità di una
redditività o comunque di autonome e idonee fonti di sostentamento in capo alla destinataria che
potessero vincere tale presunzione di bisogno.
Sempre la Suprema Corte ha statuito che "In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare,
lo stato di bisogno e l'obbligo del genitore di contribuire al mantenimento dei figli minori non
vengono meno quando questi siano assistiti economicamente da altri, anche in relazione alla
percezione di eventuali cespiti reddituali relativi ad elargizioni a carico della pubblica assistenza (in
applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito che
avevano configurato il reato nella arbitraria riduzione da parte del genitore dell'assegno per il
mantenimento del figlio minore handicappato stabilito in sede di separazione dei coniugi, ritenendo
non sufficienti ad elidere lo stato di bisogno la percezione da parte d el minore di una modesta
pensione di invalidità e la circostanza che fosse assistito economicamente dal genitore affidatario,
che svolgeva un'attività lavorativa)." (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 715 del 01/12/2003 Ud. (dep.
15/01/2004) Rv. 228262 - 01).
Peraltro, l'istruttoria dibattimentale ha consentito di appurare che la totale omissione del versamento
dell'assegno periodico da parte dell'imputato in un apprezzabile lasso temporale senza soluzione di
continuità (oltre un anno con riferimento al periodo ottobre 2017-dicembre 2018), con conseguente
assunzione dell'onere di mantenimento in via esclusiva in capo al genitore affidatario, ha
determinato, di fatto, una compromissione delle esigenze primarie del beneficiario. Del resto, la
documentazione prodotta dimostra che per i restanti periodi l'assegno di mantenimento non è stato
versato in maniera costante e tale da garantire un apporto continuativo; questo dato, parimenti,
induce ad escludere in radice l'idoneità in concreto dell'adempimento parziale da parte
dell'imputato a soddisfare le incomprimibili esigenze di vita del figlio minore; di qui il venir meno
dei necessari mezzi di sussistenza, tanto più se si considerino le capacità economiche dell'altro
genitore e, dunque, i guadagni, verosimilmente modesti, conseguiti dall'altro genitore in ragione
dell'attività di badante.
Per quanto concerne l'elemento soggettivo, "Il reato di violazione degli obblighi di assistenza
familiare di cui all'art. 570, secondo comma, n. 2 cod. pen. è a dolo generico, non essendo necessario
per la sua realizzazione che la condotta omissiva venga posta in essere con l'intenzione e la volontà
di far mancare i mezzi di sussistenza alla persona bisognosa." (Sez. 6, Sentenza n. 24644 del
08/05/2014 Ud. (dep. 11/06/2014) Rv. 260067 - 01; Sez. 6, Sentenza n. 5287 del 18/02/1989 Ud. (dep.
11/04/1990) Rv. 183987 - 0). Nel caso in esame il narrato della persona offesa, in uno con l'entità
dell'inadempimento da parte dell'imputato, costituisce un elemento incontrovertibile della
sussistenza del dolo di non adempiere.
Né, come richiesto dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 6, n. 7372 del 29/1/2013, S., Rv.
254515; Cass. Sez. 6, n. 8063 del 8/2/2012, G., Rv. 252437), la difesa ha assolto all'onere di allegazione
di elementi dai quali desumere uno stato di incapacità economica dell'imputato, incapacità che deve
essere assoluta ed integrare una situazione di persistente e oggettiva indisponibilità di introiti (Cass.
Sez. 6, n. 41362 del 21/10/2010, M., Rv. 248955), non connessa neppure parzialmente a colpa
dell'imputato (Cass. Sez. 6, n. 11696 del 3/3/2011, F., Rv. 2496551).
Né, d'altro canto, in punto di colpevolezza, è emersa dagli atti la materiale e assoluta impossibilità
di adempiere da parte dell'imputato.
Sul punto appare opportuno osservare che, per costante giurisprudenza, l'impossibilità di
adempiere all'obbligazione di mantenimento e di far fronte agli adempimenti sanzionati dagli artt.
570 e 570 bis c.p., deve essere assoluta e deve altresì integrare una situazione di persistente, oggettiva
ed incolpevole indisponibilità di introiti, che non può ritenersi dimostrata sulla base della mera
documentazione dello stato formale di disoccupazione dell'obbligato (ex plurimis, Sez. 6-, Sentenza
n. 49979 del 09/10/2019 Ud. - dep. 10/12/2019 - Rv. 277626 - 01).
Del resto, nel caso di specie che, ad onta delle asserite e non documentate difficoltà economiche,
l'imputato avesse comunque la materiale e oggettiva possibilità di adempiere, è confortato dalle sue
stesse dichiarazioni rese in sede di esame circa il fatto di lavorare da sette/otto anni, dunque proprio
a partire dall'anno 2017.
Ciò posto, appare del tutto inverosimile che il mancato integrale assolvimento del proprio obbligo
di mantenimento, da parte dell'imputato, sia da ricondursi ad una condizione di incolpevole
impossibilità di adempiere, dovendo ritenersi accertato in termini di ragionevole certezza, viceversa,
che tale condotta omissiva sia da ascriversi ad una scelta libera e consapevole (dunque colpevole)
del K., determinata, verosimilmente, dal deterioramento dei suoi rapporti con la M..
Con riferimento alla fattispecie contestata in rubrica di cui all'art. 570 bis c.p., deve osservarsi quanto
segue.
La giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere che la norma sanzioni il mero
inadempimento civilistico degli obblighi economici nascenti da provvedimenti dell'autorità
giudiziaria, non presupponendo lo stato di bisogno del beneficiario; ne consegue, pertanto, che non
assume a tal fine rilevanza l'accertamento della sufficienza della somma prestata in concreto al
mantenimento dei figli e, di conseguenza, dello stato di bisogno della prole, in ogni caso presunto
in questa sede (Cass. pen., Sez. VI, 5.4.2011, n.16458, v. anche Cass. Pen. Sez. 6, Sentenza n. 15909 del
17/02/2025 Ud. (dep. 24/04/2025): Integra il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare
di cui all'art. 570-bis cod. pen. la mancata corresponsione delle somme stabilite in sede civile, non
essendo necessario verificare se, per tale via, si sia prodotta o meno la mancanza dei mezzi di
sussistenza, in quanto l'inadempimento costituisce, di per sé, oggetto del precetto penalmente
rilevante).
Per quanto concerne l'elemento soggettivo, la previsione normativa di cui all'art. 570 bis c.p. fa
riferimento ad una condotta di volontaria inottemperanza con la quale l'agente intende
specificamente sottrarsi all'assolvimento degli obblighi imposti (Cass. pen., Sez. VI, 4.2.2014, n.
15898).
Alla luce della contestazione siffatta, nel caso di specie, l'istruttoria dibattimentale ha permesso di
accertare come l'imputato abbia violato l'obbligo impostogli a far data dal mese di ottobre 2017,
mostrandosi solo parzialmente adempiente, fino ad interrompere ogni versamento dal mese di
maggio 2022 all'attualità.
Sussiste, inoltre, il dolo generico necessario ai fini dell'integrazione del delitto, consistente nella
rappresentazione e volontà di sottrarsi al pagamento dell'assegno di mantenimento.
Ebbene, ritiene il Tribunale che, a fronte dell'integrazione di entrambi i reati - si sia al cospetto di
un'ipotesi di concorso apparente di norme, non potendo configurarsi un concorso tra il reato di cui
all'art. 570 bis c.p. e quello di cui all'art. 570, comma 2, n. 2) c.p.
Non ignora questo giudice l'orientamento giurisprudenziale, anche di legittimità, secondo cui
sarebbe configurabile un'ipotesi di concorso formale eterogeneo tra le due fattispecie, sulla scorta
del rilievo per cui esse sarebbero espressive di un diverso d isvalore penale, giacché tutelerebbero
diversi beni giuridici (da ultimo cfr. Cass. pen., sez. 6, sentenza n. 18572/2019).
Ritiene, tuttavia, che un simile orientamento non sia condivisibile sia alla luce del criterio di
specialità, sancito dall'art. 15 c.p., ricorrendo nel caso di specie un'evidente ipotesi di c.d. specialità
in concreto, giacché la sottrazione dell'agente all'obbligo di corresponsione dell'assegno di
mantenimento, integrante ex se la meno grave fattispecie di cui all'art. 570 bis c.p., ha in concreto
determinato il venir meno dei mezzi di sostentamento dei figli minori (evento del più grave reato di
cui all'art. 570 comma 2, n. 2) c.p.), sicché essa altro non è stata che una mera modalità di
commissione di tale ultimo delitto; sia, soprattutto, alla luce del criterio della consunzione (o
assorbimento), finalizzato ad evitare ipotesi di plurima qualificazione giuridica di un medesimo
fatto e, dunque, un bis in idem c.d. sostanziale.
D'altro canto, in tali termini si era già espressa una pienamente condivisibile giurisprudenza di
legittimità, maturata intorno alla fattispecie di cui all'art. 12 sexies della L. n. 898 del 1970 (cfr., ex
multis, Cass. pen., Sez. 6, Sentenza n. 57237 del 10/11/2017, secondo cui "La condotta del genitore
separato che fa mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, omettendo di versare l'assegno di
mantenimento, integra esclusivamente il reato di cui all'art. 570, comma 2, n. 2 cod. pen. nel quale è
assorbita la violazione meno grave prevista dall'art. 12-sexies della L. 1 dicembre 1970, n. 898,
richiamato dall'art. 3, L. 8 febbraio 2006, n. 54.").
Anche più di recente la Suprema Corte ha ripreso tale precedente orientamento, affermando che
"Integra il delitto di cui all'art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen., e non anche quello di violazione
degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio, che
rimane assorbito nel primo, la condotta dell'agente che ometta di versare in favore di figli minori
l'assegno liquidato in sede civile, in quanto il reato di cui all'art. 570-bis cod. pen. richiede
esclusivamente la mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento, mentre quello di
violazione degli obblighi di assistenza familiare richiede che da tale inadempimento consegua la
mancata prestazione dei mezzi di sussistenza." (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 32039 del 08/07/2024 Ud.
(dep. 06/08/2024) Rv. 286853 - 01; in senso conforme, v. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 3491 del 18/12/2019
Ud. (dep. 28/01/2020) Rv. 278219).
Tale impostazione si attaglia perfettamente al caso di specie (ovvero all'inadempimento di un
assegno di mantenimento, di modesta entità, nei confronti di prole di età minore).
In definitiva, il delitto di cui all'art. 570 bis c.p. deve ritenersi assorbito in quello di cui all'art. 570,
comma 2, n. 2) c.p.
Ciò premesso in ordine alla sussistenza del fatto ed alla responsabilità dell'imputato, sussistono gli
estremi per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nei confronti del K., autore nel
tempo di adempimenti, ancorché parziali, e soggetto totalmente incensurato.
Il lasso temporale durante il quale è perdurato l'inadempimento parziale, tuttavia, nonché l'entità
delle somme dovute, impediscono il riconoscimento della particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis
c.p. ("La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod.
pen. è applicabile al reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, a condizione che
l'omessa corresponsione del contributo al mantenimento abbia avuto carattere di mera occasionalità.
(Fattispecie relativa al mancato pagamento di tre mensilità dell'assegno divorzile stabilito dal
giudice civile in favore dei figli minori)". (Sez. 6, Sentenza n. 16847 del 09/01/2019 Ud. (dep.
17/04/2019) Rv. 275547 - 01).
Quanto alla commisurazione della pena, tenuto conto dei criteri di cui all'art. 133 c.p., si stima
congrua e proporzionata quella di un mese e giorni dieci di reclusione ed Euro 200,00 di multa così
determinata: pena base mesi due di reclusione ed Euro 300 di multa, ridotta alla pena in concreto
inflitta per effetto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Segue per legge la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.
In considerazione della natura del delitto, dei pagamenti effettuati e della complessiva personalità
dell'imputato (soggetto incensurato), si può presumere che l'imputato si asterrà dal commettere
ulteriori reati, potendosi perciò ordinare la sospensione condizionale della pena e la non menzione
della condanna nel casellario giudiziale.
Con riguardo, infine, alle statuizioni civili, va osservato che la pretesa civilistica azionata da risulta
senz'altro fondata alla stregua di quanto sinora esposto, sicché l'imputato va condannato al
risarcimento dei danni - patrimoniali e non patrimoniali - cagionati alla parte civile, nella misura che
concretamente verrà accertata in apposito separato giudizio civile.
Può imporsi, tuttavia, all'imputato il pagamento della somma di 800,00 euro in favore della costituita
parte civile, a titolo di provvisionale sull'ammontare del danno che sarà verosimilmente riconosciuto
alla stessa in sede civile (inferiore a quella complessiva non versata dall'imputato in favore del figlio
a titolo di mantenimento, impregiudicata in quanto non provata nel quantum la debenza delle
ulteriori somme a titolo di spese straordinarie).
Essendo fondata l'azione civile, l'imputato va inoltre condannato ai sensi dell'art. 541 c.p.p. alla
rifusione in favore della parte civile delle spese da questa sostenute per la costituzione, assistenza e
rappresentanza nel presente procedimento, da liquidarsi - tenuto conto della non particolare
complessità delle questioni trattate - in complessivi Euro 1.500,00, oltre al rimborso delle spese
generali nella misura del 15%, IVA e CPA, se dovuti e come per legge, da versarsi in favore dello
Stato antistatario, in quanto la parte civile è ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
Tenuto conto del carico di lavoro che grava sul ruolo di questo giudice, si ritiene opportuno fissare
in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara K.I. colpevole del reato di cui all'art. 570 co. 2 n. 2 c.p., in esso
assorbito il reato di cui all'art. 570 bis c.p., e, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo
condanna alla pena di mesi uno e giorni 10 di reclusione ed Euro 200 di multa, oltre al pagamento
delle spese processuali.
Letti gli artt. 538 e 541 c.p.p., condanna l'imputato al risarcimento dei danni cagionati alla costituita
parte civile M.T., da liquidarsi in separato giudizio civile, e al pagamento delle spese processuali in
favore della stessa, che liquida in Euro 1.500,00, oltre al rimborso delle spese generali nella misura
del 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge, da versarsi in favore dello Stato.
Letto l'art. 539, co. 2, c.p.p., condanna l'imputato al pagamento di una provvisionale di 800,00 euro
in favore della costituita parte civile.
Concede il beneficio della sospensione condizionale della pena nei confronti dell'imputato e della
non menzione nel casellario giudiziale.
Visto l'art. 544 comma 3 c.p.p. fissa in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione della
sentenza.
Conclusione
Così deciso in Nola, il 2 luglio 2025.
Depositata in Cancelleria il 30 settembre 2025. 14-11-2025 20:08
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