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Sentenza

Contrabbando doganale di una serie di orologi di pregio,
Contrabbando doganale di una serie di orologi di pregio,
Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 6309 Anno 2025
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: GENTILI ANDREA
Data Udienza: 09/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S.M.R. , nata a S.G.a C. (..) il .....;
avverso la ordinanza n. 11/2024 MCR del Tribunale di Varese del 18 aprile 2024;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Valentina
MANUALI, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del
ricorso;
sentito, altresì, per la ricorrente l'avv. Ercole RAGOZZINI, del foro di Napoli, il quale
ha insistito per l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Varese, operando in qualità di giudice del riesame delle
misure cautelari reali, ha, con ordinanza del 18 aprile 2024, i cui motivi sono
stati pubblicati, tramite deposito in cancelleria il successivo 9 maggio 2024,
rigettato la richiesta dì riesame presentata dalla difesa di S.M.R.
avverso il provvedimento di sequestro preventivo per equivalente, emesso per
un importo pari alla somma di euri 988.958,23, disposto a suo carico in
relazione ad una indagine in corso di svolgimento che la vede
provvisoriamente indagata per una ipotesi di contrabbando doganale di una
serie di orologi di pregio, introdotti, secondo l'accusa, provenendo essi ad
Hong Kong, nel territorio dello Stato, sebbene diretti, in regime di esenzione
doganale, verso una base militare della N.A.T.0 in Italia, ma ivi mai pervenuti
in quanto, in realtà, destinati ad essere recapitati presso esercizi commerciali
ubicati nella città di Napoli.
La S. ha presentato ricorso per cassazione avverso la predetta
ordinanza, affidando le sue lagnanze a due motivi di impugnazione.
Il primo di essi concerne la inapplicabilità ratione temporis della
normativa che ha introdotto anche per il reato di contrabbando doganale la
possibilità di disporre la confisca per equivalente: essa, infatti, sarebbe il
frutto della novella apportata all'art. 301 del d.P.R. n. 43 del 1973 per effetto
della entrata in vigore del dlgs n. 156 del 2022, mentre il reato oggetto di
provvisoria contestazione sarebbe stato commesso nel giugno del 2021,
quindi prima della operatività della disposizione sopravvenuta.
Il secondo motivo di doglianza attiene al ritenuto travisamento della
prova; si duole la ricorrente del fatto che il Tribunale del riesame avrebbe
posto alla base della propria decisione elementi dimostrativi non indicati dal
Gip che aveva emesso la miura nella ordinanza generica di essa.
L'organo giudicante avrebbe, altresì, travisato il contenuto di alcune
dichiarazioni acquisite agli atti ed avrebbe, infine, posto alla base della
ordinanza confermativa del sequestro dati di fatto non caratterizzati dalla
certezza, senza, peraltro, averne fornito le fonti da cui aveva attinto la
avvenuta conoscenza degli stessi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è in parte infondato ed in parte inammissibile ed esso,
pertanto, deve essere rigettato.
Andando ad esaminare il primo dei motivi di impugnazione osserva il
Collegio che effettivamente la possibilità di procedere alla confisca per
equivalente in relazione ai reati in materia di contrabbando doganale è stata
introdotta nel nostro ordinamento penale per effetto della modifica apportata
all'art. 301, comma primo, del dPR n. 43 del 1973, cioè il Testo unico delle
leggi in materia doganale, quale conseguenza della entrata in vigore dell'art.
2, comma 1, del dlgs n. 156 del 2022, con il quale il testo del citato art. 301,
comma primo, del dPR n. 43 del 1973 è stato interpolato con l'inserimento
del seguente periodo: "Quando non è possibile procedere alla confisca delle
cose di cui al periodo precedente, è ordinata la confisca di somme di danaro,
beni e altre utilità per un valore equivalente, di cui il condannato ha la
disponibilità, anche per interposta persona".
Per l'effetto della intervenuta modifica normativa il testo del ricordato
comma primo dell'art. 301 del dPR n. 43 del 1973 è nel senso di prevedere
non solo che nei casi di contrabbando è sempre ordinata la confisca, fra
l'altro, delle cose che ne sono l'oggetto, ma anche che, quando non è possibile
procedere alla confisca di esse, è ordinata la confisca di somme di danaro,
beni e altre utilità per un valore equivalente di cui l'agente, anche per
interposta persona abbia la disponibilità.
Una siffatta previsione comporta, quale suo ineludibile corollario che,
oltre alla confisca per equivalente sia possibile disporre, in quanto misura
strumentale alla realizzazione della precedente, anche il sequestro preventivo
di beni aventi valore equivalente a quelli che hanno, in ipotesi, costituito
l'oggetto del contrabbando, sebbene essi non abbiano un immediato vincolo
pertinenziale con il reato in questione essendo sufficiente che gli stessi siano
nella disponibilità dell'agente.
Essendo la confisca per equivalente una misura avente un sostanziale
carattere sanzionatorio (in tale senso, fra le molte, si veda: Corte di
cassazione, Sezione VI penale, 10 giugno 2024, n. 23203, rv 286645) essa
non è soggetta, ostando a ciò il principio generale della inefficacia retroattiva
delle disposizioni sanzionatorie più afflittive, ad essere applicata rispetto a
ipotesi di reato realizzatesi in epoca anteriore alla disposizione normativa che
ne abbia previsto, come nel caso che interessa, la estensione anche a reati
che anteriormente non la prevedevano.
Sempre con riferimento all'aspetto diacronico della applicazione delle
disposizioni penali a contenuto sanzionatorio è appena il caso di precisare
come sia, quanto alla presente fattispecie, irrilevante la circostanza che, per
effetto della entrata in vigore del recentissimo dlgs n. 141 del 2024, recante
"Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell'Unione e
revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e altre imposte
indirette sulla produzione e sui consumi" il più volte citato art. 301 del dlgs n.
43 del 1973 sia stato abrogato, unitamente alla restante parte del citato testo
legislativo, a decorrere dalla scorso 4 ottobre 2024, dall'art. 8, comma 1,
lettera t), del dlgs n. 141 del 2024, atteso che la disposizione afferente alla
doverosa confiscabilità, fra l'altro, del corpo del reato nei reati di
contrabbando è stata sostituita, con piene continuità testuale e pertanto
anche normativa, dall'art. 94 dell'allegato 1 al citato dlgs n. 141 del 2024.
Svolta questa ampia premesse ricostruttiva, si rileva che, tuttavia, non
per questo la censura formulata dalla ricorrente difesa a carico della ordinanza
emessa in sede di giudizio di riesame dal Tribunale di Varese è fondata.
E', infatti, ben vero, come chiarito, che la ipotesi di confisca per
equivalente nei reati di contrabbando non è applicabile alle ipotesi delittuose
anteriori alla data di entrata in vigore della versione dell'art. 301 del dPR n.
43 del 1973 che sino a pochi giorni or sono era vigente, anteriori, cioè, al 6
novembre 2022, ma è altrettanto vero che, essendo il reato oggetto di
provvisoria contestazione a carico della ricorrente un reato "permanente" (in
tale senso, infatti, fra le altre: Corte di cassazione, Sezione III penale, 8
ottobre 2019, n. 41139, rv 277981; Corte di cassazione, Sezione III penale, 7
maggio 2019, n. 19233, rv 275792) la cui flagranza, pertanto, perdura sino al
momento in cui non siano stati versati i diritti di confine connessi con la
importazione delle merci recate all'interno del territorio nazionale ovvero con
la cessazione dell'attività volta a consentire la circolazione sul territorio
nazionale dei beni sottratti al pagamento dei diritti doganali (Corte di
cassazione, Sezione III penale, 20 febbraio 1986, n. 1564, rv 171943), poco
incide, ai fini della individuazione della legge applicabile al caso concreto
determinare, come invece si sforza di dimostrare la ricorrente, quale fosse la
legge vigente al momento in cui è iniziata la flagranza del reato, essendo ius
receptum il principio secondo il quale, in caso di successione di leggi penali nel
tempo, deve essere applicata, laddove si tratti di reato permanente, quella
vigente al momento della cessazione della permanenza anche nel caso in cui
questa preveda un trattamento sanzionatorio deteriore rispetto a quello
stabilito dalla normativa vigente al momento dell'inizio della condotta
criminosa (in tale senso, sì veda, ad exemplum, inter aliis: Corte di
cassazione, Sezione VI penale, 12 dicembre 2016, n. 52546, rv 268684;

Corte di cassazione, Sezione III penale, 29 ottobre 2015, n. 43597, rv
265261).
Pertanto, l'argomento svolto dalla ricorrente in ordine alla inapplicabilità
quanto al caso di specie della normativa inerente al sequestro preventivo
finalizzato alla confisca per equivalente, non avendo la stessa (né dimostrato
ma) neppure prospettato la cessazione della permanenza del reato in
provvisoria contestazione in un memento anteriore alla data, dianzi indicata,
di sopravvenuta vigenza della normativa legittimante la confisca per
equivalente anche in relazione alla detta tipologia di reato, è privo di pregio e,
di conseguenza, il motivo di ricorso articolato in relazione ad esso non è
meritevole di accoglimento.
Passando al successivo motivo di doglianza se deve rilevare, essendo
questo rivolto a contestare la mancanza del fumus delicti, la assoluta natura
fattuale e, pertanto, la inammissibilità.
Infatti, la ricorrente, lungi dal contestare la sussistenza dell'illecita
introduzione nel territorio dello Stato, in assenza di versamento dei tributi
dovuti all'atto della importazione, degli orologi di cui alla provvisoria
imputazione si limita a contestare la ricostruzione fattuale relativa elle
modalità operative che hanno portato all'emersione della notitia criminis
lamentando - oltre alla non meglio chiarita utilizzazione di elementi istruttori
non valutati dal Gip al momento della adozione della misura, ma che
comunque erano stati tempestivamente trasmessi, onde rispettare il principio
del legittimo contraddittorio, al Tribunale dei riesame (ci si riferisce alle
dichiarazioni rese da tale R. G. su cui si veda infra) - la mancanza
di coerenza logica delle valutazioni operate in sede di giudizio di riesame in
ordine alla risultante sussistenza dell'apparenza del reato in provvisoria
contestazione.
Si tratta, come è evidente, di doglianze ora manifestamente infondate -
come nel caso della illegittimità della ordinanza in quanto fondata su elementi
non presi in considerazione dal Gip in occasione della adozione della misura,
potendo il Tribunale del riesame, sulla base del materiale istruttorio a sua
disposizione in quanto trasmessogli dal Pm, modulare, attesa la natura
interamente devolutiva della istanza di riesame, la motivazione del proprio
provvedimento anche in base ad elementi non necessariamente valorizzati dal
Gip in occasione della adozione della misura - ora non solo aventi un
carattere esulante rispetto alla mera legittimità del provvedimento assunto dal
Tribunale di Varese, ma altresì tanto più inammissibili di fronte a questo
giudice in quanto involgenti (peraltro anche in termini non esaurienti, non
essendo stata assolutamente presa in considerazione, se non per vanamente
contestarne la utilizzabilità, la fonte informativa richiamata nella ordinanza
impugnata costituita dalle dichiarazioni rese da tale R. G.
attraverso le quali sarebbe emersa l'esistenza di una collaudata prassi
delittuosa, riferibile anche alla odierna ricorrente, volta alla introduzione sul
territorio nazionale di beni, costituiti da orologi di elevato valore, in assenza
del versamento dei diritti doganali) profili attinenti alla motivazione del
provvedimento censurato, come tali non suscettibili, stante il limite in tale
senso dettato dall'art. 325, comma 1, cod. proc. pen., di formare oggetto di
ricorso per cassazione avverso i provvedimenti emessi in materia di misure
cautelari reali.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato e la ricorrente va condannata,
visto l'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2024
Il Consigliere estensore Il Presidente
Avv. Antonino Sugamele

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