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Sentenza

Sul punto della sottrazione fraudolenta la Cassazione pare assumere una posizione rigorosa ovvero i giudici affermano che la tesi per cui si dovrebbe sostenere che la nozione di “atto fraudolento” è tale da ricomprendere in sé ogni ipotesi di cessione di beni realizzata da un soggetto che sia debitore del Fisco, dilantando così in termini inaccettabili i confini della rilevanza penale (in sostanza allargare la nozione significa creare una situazione indeterminata in cui appena si riceve un accertamento tutto si blocca per il timore che si possa incorrere nella fattispecie).
Sul punto della sottrazione fraudolenta la Cassazione pare assumere una posizione rigorosa ovvero i giudici affermano che la tesi per cui si dovrebbe sostenere che la nozione di “atto fraudolento” è tale da ricomprendere in sé ogni ipotesi di cessione di beni realizzata da un soggetto che sia debitore del Fisco, dilantando così in termini inaccettabili i confini della rilevanza penale (in sostanza allargare la nozione significa creare una situazione indeterminata in cui appena si riceve un accertamento tutto si blocca per il timore che si possa incorrere nella fattispecie).
Corte di Cass. Sezione 3 Penale Sent. 28 febbraio 2024 n. 8643

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ANDREAZZA Gastone - Presidente

Dott. GALTERIO Donatella - Consigliere

Dott. GENTILI Andrea - Consigliere rel.

Dott. SCARCELLA Alessio - Consigliere

Dott. CORBO Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Ca.An., nato a M il omissis;

avverso la sentenza n. 21/23 della Corte di appello di Milano del 9 gennaio 2023;

letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea Gentili;

letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Luigi Orsi, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;

letta, altresì, la memoria di replica della difesa dell'imputato del 8 novembre 2023.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza emessa in data 9 gennaio 2023, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza, datata 21 febbraio 2022, con la quale il Tribunale di Milano aveva condannato, alla pena ritenuta di giustizia, per il reato di cui all'art. 11 del D.Lgs. n. 74 del 2000 Ca.An., in qualità di legale rappresentante e socio della (...) Srl.

In particolare, all'imputato veniva contestato di avere venduto, nella predetta qualità, in favore proprio e della di lui consorte un capannone ed un lastrico sciare di proprietà della detta Società, atto questo ritenuto, in forza della sua natura fraudolenta, dai giudici del merito idoneo a rendere in tutto od in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva delle imposte dirette o sul valore aggiunto da parte dell'Amministrazione finanziaria.

Avverso la sentenza di secondo grado ha interposto ricorso per cassazione il Ca.An., a mezzo del proprio difensore, formulando tre motivi di impugnazione.

Con i primi due ha dedotto la violazione dell'art. 11 del D.Lgs. n. 74 del 2000, rispettivamente con riferimento alla sussistenza dell'elemento oggettivo e di quello soggettivo del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Sotto il primo profilo il ricorrente ha evidenziato come la Corte territoriale avrebbe desunto il carattere fraudolento dell'atto negoziale di cui alla contestazione dalla idoneità dello stesso a rendere inefficace la procedura dui riscossione coattiva delle imposte da parte della amministrazione finanziaria ritenuta tale sulla base di un illegittimo ragionamento meramente presuntivo.

Per contro la difesa del ricorrente ha sostenuto il carattere non simulatorio della compravendita in quanto gli acquirenti avevano effettivamente pagato il corrispettivo dell'avvenuto acquisto alla Società alienante e tale somma corrispondeva al valore di mercato dell'immobile; inoltre, ha ritenuto il ricorrente, il carattere fraudolento dell'atto negoziale doveva essere escluso anche sulla base della circostanza che i soci della (...) Srl non si erano appropriati del danaro proveniente dalla compravendita.

Quanto all'elemento soggettivo del reato, la difesa ne ha sostenuto la insussistenza in capo all'imputato poiché il dolo specifico di cui all'art. 11 del D.Lgs. n. 74 del 2000 non sarebbe riscontrabile quando l'agente abbia impiegato il ricavato dell'alienazione per estinguere i debiti tributari.

Nel caso di specie, dall'istruttoria dibattimentale sarebbe emersa l'avvenuta destinazione del ricavato della vendita all'estinzione del mutuo bancario, garantito da un'ipoteca riguardante lo stesso immobile, con utilizzo della somma residua da un lato per il parziale pagamento del debito tributario, dall'altro per il pagamento dei dipendenti e di altri debiti della Società, tra i quali un canone di locazione immobiliare.

Con l'ultimo motivo di ricorso, la difesa ha dedotto la mancanza della motivazione in ordine al motivo di gravame relativo alla omessa valutazione della concreta offensività della condotta posta in essere dall'imputato.

Questi ha, infatti, evidenziato di avere richiesto al giudice di secondo grado una specifica valutazione sul punto poiché nel corso del giudizio sarebbe emerso che, in una prospettiva che esamini ex ante rispetto al momento della condotta dell'imputato i fatti di causa, la condotta in questione non avrebbe potuto determinare la messa in pericolo del bene giuridico presidiato dall'art. 11 del D.Lgs. n. 74 del 2000; ciò in quanto l'immobile oggetto dell'alienazione era gravato, come dianzi segnalato, da ipoteca bancaria per un debito di oltre 85.000,00 Euro e, qualora l'Amministrazione finanziaria avesse ottenuto la vendita all'asta dello stesso, il corrispettivo del trasferimento sarebbe verosimilmente risultato inferiore a quello della compravendita effettivamente realizzata dal ricorrente.

Nello stesso senso deporrebbero anche le dichiarazioni del teste Fa., relative ai motivi per i quali l'Amministrazione finanziaria non aveva esperito l'azione revocatoria per la dichiarazione di inefficacia nei propri confronti della compravendita di cui all'imputazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato e, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.

Prima di ogni altro rilevo, è bene ribadire quanto già considerato da parte della Corte territoriale in ordine all'avvenuta rinunzia da parte del ricorrente della prescrizione.

Siffatta circostanza, secondo l'avviso di questa Corte - stante la natura irretrattabile di tale formale dichiarazione una volta che la stessa sia stata portata a conoscenza della autorità giudiziaria ed abbia, pertanto, spiegato i suoi effetti - è tale da rendere ancora (e per sempre) attuale l'interesse ad una pronunzia di merito sulla regiudicanda (si veda, infatti, in tale senso: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 6 maggio 2021, n. 17598; Corte di cassazione, Sezione V penale, 11 agosto 2008, n. 33344; si precisa che tale orientamento non è, peraltro, privo di contrasti, essendosi, in senso opposto, schiarata, ad esempio, Corte di cassazione, Sezione III penale, 26 febbraio 2019, n. 8350, secondo la quale la irrevocabilità consegue solo all'avvenuta valorizzazione di essa in un provvedimento giurisdizionale; in tale senso anche Corte di cassazione, Sezione V penale, 16 marzo 2015, n. 11071; Corte di cassazione, Sezione VI penale, 23 luglio 2012, n. 30104; soluzione questa che, tuttavia ha il difetto di rimettere sostanzialmente alla volontà dell'imputato, la scelta, sino alla conclusione della fase di discussione del processo, se revocare o meno la precedente dichiarazione, con conseguente rischio di dispersione di risorse, inutilmente impegnate nella trattazione di un processo il cui esito potrebbe, in funzione della convenienza o meno della parte privata, non essere di merito).

Sicché, in definitiva essa prescrizione non è più idonea a maturare ed a determinare l'effetto tipico della estinzione del reato in contestazione.

Ciò detto, giova rilevare, quanto al primo motivo di impugnazione, riguardante la ritenuta mancanza dell'elemento oggettivo del reato in attuale contestazione che - diversamente da quanto parrebbe ritenersi da parte della Procura generale presso questa Corte, la quale, nella propria requisitoria parrebbe postulare una nozione di "atto fraudolento" ricavabile (anche in presenza di un atto dispositivo di un diritto da parte del soggetto obbligato nei confronti del Fisco non caratterizzato da intenti simulatori) in funzione della mera sottrazione, conseguente all'avvenuta sua cessione, del bene oggetto del diritto ceduto "alle ragioni del creditore pubblico" - una così ampia nozione di "atto fraudolento", tale in sostanza da ricomprendere in sé ogni ipotesi di cessione di beni realizzata da un soggetto che sia debitore del Fisco, dilaterebbe in termini inaccettabili i confini della rilevanza penale degli atti abdicativi di diritti, ponendo, in sostanza, sotto il potenziale esame dell'organo preposto all'esercizio della azione penale poi del giudice, ogni transazione commerciale che determini la cessione di un diritto da parte di un soggetto che sia anche contribuente, potendo, in via astratta, in ciascuno dei casi indicati realizzarsi la sottrazione del bene ceduto "alle ragioni del creditore pubblico".

D'altra parte, in termini più realisticamente contenuti di quelli ora descritti si è espressa, anche di recente, questa Corte laddove ha, invece, affermato che in tema di sottrazione al pagamento delle imposte hanno natura, appunto, fraudolenta gli atti dispositivi compiuti dall'obbligato che, diversamente da quelli simulati, determinino il trasferimento effettivo del bene solamente nel caso in cui essi risultino connotati da elementi di inganno o di artificio e, quindi, da stratagemmi finalizzati a sottrarre all'esecuzione fiscale le garanzie patrimoniale genericamente assicurate dal contribuente (Corte di cassazione, Sezione III penale, 2 agosto 2023, n. 33988; sostanzialmente nello stesso senso, sia pure senza che sia esplicitata la distinzione, ben chiara nell'altro caso, fra atti fraudolenti già in quanto solo simulati - nei quali, pertanto, l'inganno è consustanziato nella stessa simulazione - ed atti i cui effetti sono voluti e, ciononostante, debbono essere egualmente ritenuti fraudolenti: Corte di cassazione, Sezione III penale, 16 dicembre 2020, n. 35983).

Svolto questo preliminare rilievo, osserva il Collegio che la Corte ambrosiana ha ricavato la natura fraudolenta dell'atto in questione - del quale è indiscussa la effettività e non la connotazione simulatoria - dal fatto che la cessione sia intervenuta fra la Società della quale il Ca.An. era il legale rappresentante e questo stesso soggetto e la di lui moglie; che il prezzo pattuito fosse inferiore a quello oggetto di perizia e che il bene fosse gravato "con iscrizione di un'ipoteca di importo irrisorio rispetto alla ben maggior somma di spettanza erariale".

Tanto considerato la Corte ha da ciò dedotto la natura fraudolenta dell'atto di cessione immobiliare.

Rileva la Corte che tali argomenti non appaiono idonei a costituire una compiuta e razionalmente esauriente risposta all'argomentato motivo di impugnazione con il quale la difesa del Ca.An. aveva censurato sul punto la sentenza di primo grado.

Ed invero, quanto al fatto che il soggetto acquirente fosse lo stesso legale rappresentante della (...) Srl unitamente alla di lui moglie - sebbene ciò sia fattore idoneo ad ingenerare un "sospetto" in relazione alla piena legittimità del contratto in questione, come ricavabile anche dalla disciplina civilistica (art. 1395 cod. civ.) nella quale l'ipotesi in cui il rappresentante di un soggetto concluda il contratto, essendo egli stesso l'altra parte del rapporto in tal modo instauratosi, costituisce un caso di scuola di possibile annullabilità del negozio, suscettibile, peraltro, di essere fatta valere solo dal soggetto rappresentato e non da terzi, per potenziale conflitto di interessi, a meno che o l'atto non sia stato espressamente autorizzato dal rappresentato ovvero siffatta potenziale situazione sia esclusa in ragione del contenuto del medesimo - si osserva che la astratta validità di tale tipo di contratto non consente di ritenere il medesimo, solo per tale ragione, realizzato in frode delie ragioni dei creditori {in questo caso l'Amministrazione tributaria) del cedente.

Riguardo al tema concernente la determinazione del prezzo in misura minore rispetto al valore indicato in perizia, si osserva che, avendo il ricorrente in sede di impugnazione fatto presente, come è riportato nella stessa sentenza impugnata, il fatto che il valore del bene in tale modo determinato doveva essere abbattuto in ragione della esistenza di un diritto di superficie gravante su parte del bene in questione, sarebbe stato onere della Corte territoriale, onde rispondere in termini esaustivi alle censure mosse alla sentenza resa in esito al primo grado di giudizio, chiarire se l'abbattimento del 30% del valore, operato secondo quanto riportato nel motivo di gravame in occasione della conclusione del contratto di compravendita a cagione del peso gravante sul bene compravenduto, doveva intendersi eccessivo rispetto all'effettivo deprezzamento del valore del bene che l'esistenza del diritto reale in questione aveva potuto determinare.

Infine, avrebbe dovuto la Corte di Milano chiarire in quali termini poteva desumersi la natura fraudolenta dell'atto in funzione del fatto che una parte del prezzo dovuto per l'acquisto del bene di cui al capo di imputazione era stato versato dagli acquirenti direttamente ad un istituto di credito per estinguere un mutuo a suo tempo da questo concesso alla (...), assistito da ipoteca gravante sull'immobile oggetto della compravendita.

Va, ancora segnalato, come la Corte distrettuale non abbia preso assolutamente in considerazione il tema - che invece sarebbe stato rilevante (non foss'altro perché sollevato in sede di impugnazione dalla difesa dell'attuale ricorrente) in ordine della qualificazione di "fraudolento" da essa attribuita all'atto dismissivo compiuto, nella ricordata qualità, dal Ca.An. - connesso alla destinazione che la (...) Srl ha impresso ai proventi finanziari derivanti dall'avvenuta cessione del capannone, posto che solo in caso di dispersione per indebita utilizzazione degli stessi - data in questo caso per acquisita la natura reale e non simulata della compravendita (la quale, pertanto, lascia presumere l'avvenuto pagamento di un prezzo) - anche laddove tali proventi fossero stati congrui rispetto al valore del bene ceduto, sarebbe stato lecito dedurre la natura fraudolenta dell'avvenuta vendita del capannone, stante la maggiore facilita di volatilizzazione delle somme di danaro rispetto a quella di altri beni materiali.

In definitiva la motivazione con la quale la Corte ambrosiana, confermando la sentenza del giudice di primo grado, ha ritenuto la natura fraudolenta del negozio di vendita posto in essere dal Ca.An. nella qualità di legale rappresentante della (...) Srl non solo non risponde compiutamente alle censure che erano state mosse dal ricorrente avverso la sentenza di primo grado, ma pare essere anche fondata su elementi sintomatici della natura fraudolenta dell'atto privi di un'adeguata valenza dimostrativa, trattandosi di fattori o irrilevanti per come considerati (la qualifica dell'imputato di soggetto venditore e di soggetto acquirente, di per sé non espressiva di alcun artificio, inganno o menzogna) ovvero non adeguatamente illustrati quanto alla loro rilevanza (la determinazione del prezzo non rispondente all'effettivo valore del bene) o, infine, del tutto trascurati (la destinazione attribuita al provento monetario conseguito dalla Società cedente per effetto della vendita),

La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata, risultando assorbiti i restanti motivi di impugnazione, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano che, applicando i principi dianzi illustrati, verificherà nuovamente la fondatezza o meno dell'appello a suo tempo proposto dalla difesa dell'odierno ricorrente.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2024.
Avv. Antonino Sugamele

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