Reati tributari - Occultamento delle scritture contabili - Consumazione - Individuazione. (Dlgs 74/2000, articolo 5).
Corte d’Appello di Lecce, Penale, Sentenza del 13-02-2024, n. 58
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI LECCE
Sezione Unica Penale
Composta dai signori:
Dr. Domenico TONI - Presidente
Dr. Antonia MARTALO' - Consigliere
Dr. Silvia MINERVA - Consigliere rel.
all'udienza del 15 Gennaio 2024
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
(in c.c. ex art. 23 bis 137/2020 conv. con L. n. 176 del 18 dicembre 2020 e ss.mm.ii)
Nel procedimento penale a carico di:
Gu.An., nato il (...) a L. residente in M. di L. alla Via M. S. 62.
Presofferto: negativo
-LIBERO NON COMPARSO-
IMPUTATO
1) per omessa dichiarazione, delitto previsto e punito dall'art. 5 D.Lgs. n. 74 del 2000, per non aver presentato, essendovi obbligato in qualità di amministratore unico e rappresentante legale della società An. s.r.l., al fine di evadere le imposte sui redditi e l'IVA, la dichiarazione relativa all'anno di imposta 2010, in cosi evadendo l'IRES per Euro 194.393,00 e UVA per Euro 239.171,00.
Acceretato in Taviano (LE) il 1 marzo 2016.
2) per. occultamento e/o distruzione di scritture contabili, delitto previsto e punito dall'art. 81 cpv. codice penale, 10 D.Lgs. n. 74 del 2000, per aver occultato e/o distrutto, nella qualità di amministratore unico e rappresentante legale della società An. s.r.l., al fine di evadere le imposte sui redditi e/o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, le scritture contabili obbligatorie ed i documenti fiscali (come da avviso di accertamento n. (...) dell'Agenzia delle Entrate del 25.05.2016 e da processo verbale di costatazione della Guardia di Finanza - Tenenza di Tricase del 01.03.2016, qui integralmente richiamati), non consentendo cosi la ricostruzione dei redditi e/o del volume degli affari per gli anni d'imposta 2010, 2011, 2012, 2013, 2014.
Accertato in Taviano (LE) il 1 marzo 2016
Con recidiva specifica e reiterata, prevista e punita dall'art. 99, co.l, co. 2 n. 1), co. 4, codice penale
APPELLANTE
avverso la sentenza del G.U.P. presso il Tribunale di Lecce emessa in data 04.12.2020 appellata che così provvedeva:
Dichiara A.G. colpevole dei reati contestatigli ed unificati gli stessi sotto il vincolo della continuazione della continuazione lo condanna alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali;
dichiara l'imputato interdetto dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per mesi 6 ed incapace di contrattare con la pubblica amministrazione per anni 1, nonché interdetto dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per anni 1 ed interdetto in perpetuo dall'ufficio di componente di commissione tributaria; dispone altresì la pubblicazione di estratto della sentenza sul sito online del Ministero della Giustizia;
ordina la confisca, sino alla concorrenza della somma di Euro 433.564,00, oltre interessi e sanzioni, dei beni nella disponibilità della An. s.r.l.
MOTIVAZIONE
In data 4.12.2020 il Gup presso il Tribunale di Lecce dichiarava Gu.An. colpevole del reato di cui all'art. 5 D.Lgs. n. 74 del 2000 e del reato di cui all'art. 10 D.Lgs. n. 74 del 2000, e lo ha condannato, unificati gli stessi sotto il vincolo della continuazione alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Visto l'art. 12 D.Lgs. n. 74 del 2000 dichiarava l'imputato interdetto dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per mesi sei, incapace di contrattare con la pubblica amministrazione per anni uno, interdetto dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per anni uno e interdetto in perpetuo dall'ufficio di componente della Commissione tributaria. Ha disposto la pubblicazione della sentenza sul sito on line del Ministero della Giustizia e, visto l'art. 12 bis D.Lgs. n. 74 del 2000 ha ordinato la confisca sino alla concorrenza della somma di Euro 433564,00, oltre interessi e sanzioni, dei beni nella disponibilità della An. srl.
Avverso la citata sentenza proponeva tempestiva impugnazione il difensore dell'imputato, articolando i seguenti motivi di appello;
Insufficienza della prova dei reati ex art. 5 e 10 D.Lgs. n. 74 del 2000: che la An. srl avesse intrattenuto rapporti con le società F.L. srl e S. e D. srl nell'anno di imposta 2010 è stato desunto unicamente sulla base di alcune fatture rinvenute nel corso dei controlli svolti dalla Giardia di Finanza presso le due citate ditte, ancorché gli stessi ispettori della Guardia di Finanza avessero espresso seri dubbi in merito alla genuinità di tali operazioni commerciali, senza che sia stata svolta alcuna concreta verifica presso la sede della An. srl, all'effettiva operatività di questa ditta, all'effettiva produzione di redditi e all'eventuale quantum di esso. Le fatture di cui trattasi e il verbale di assemble a ordinaria di soci con cui sarebbe stata attribuita al Gu. la qualità di amministratore della An. srl non sono presenti in atti e a carico dell'imputato vi è solo un accertamento presuntivo basato sulle risultanze della contabilità altrui che neppure si rinviene in atti. L'affermazione di responsabilità appare censurabile in quanto il Giudice di primo grado non ha avuto a disposizione alcun elemento concreto per poter ritenere provata una produzione di reddito nell'anno 2010 da parte della società An. srl, né ha potuto verificare autonomamente, in termini di effettività, genuinità, riferibilità soggettiva e quantum la documentazione commerciale da cui dovrebbe derivare l'accusa.
Insufficienza della prova del dolo. Il Gup erroneamente avrebbe respinto le giustificazioni addotte dal Gu. nell'immediatezza di non poter ricordare i motivi per cui risultava amministratore della ditta e di non essersi mai recato presso la sede della stessa, ritenendole inattendibili solo in quanto provenienti dall'indagato, avrebbe desunto il dolo dal semplice fatto dell'omessa dichiarazione dei redditi senza accertare la necessaria consapevolezza che dalla condotta omissiva dei doveri di vigilanza e di controllo possano scaturire gli eventi tipici del reato e trascurando completamente i documenti prodotti dalla difesa da cui emerge che il Gu. ha precedenti solo per reati concernenti gli stupefacenti, oltre che per evasione e resistenza a pubblico ufficiale, era in carico al S. in quanto dipendente da eroina, era detenuto sia al momento della consumazione del reato di omessa dichiarazione che al momento dell'accertamento del 4.2.2016, non ha titoli di studio e le capacità professionali necessarie per amministrare un srl. La responsabilità sarebbe stata attribuita al Gu. sulla base della mera titolarità formale della società commerciale, senza la prova del dolo specifico, necessario per entrambi i reati allo stesso ascritti, e che non può essere presunto sulla base della sola realizzazione dell'elemento oggettivo dei reati.
Mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. L'affermazione dell'assenza di elementi di segno positivo valorizzabili allo scopo è stata resa senza tenere conto della documentazione fornita dalal difesa, valida, quantomeno, ad attribuire minima rilevanza alle condotte dell'imputato; la considerazione "dei plurimi precedenti penali dei quali A.B. risulta gravato non riguarda l'odierno appellante, non si comprende donde vada ravvisata la notevole difficoltà all'attività di accertamento fiscale , trattandosi di accertamento fiscakle di tipo strettamente presuntivo / induttivo.
Con memoria difensiva depositata in data 27.12.2023, il difensore ha chiesto, in via subordinata rispetto alla richiesta di assoluzione formulata con l'atto di appello di dichiarare non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo 1 dell'imputazione- art. 5 D.Lgs. n. 74 del 2000, per intervenuta prescrizione.
Rileva la Corte che con riferimento al reato di cui all'art. 5 D.Lgs. n. 74 del 2000 di cui al capo 1), lo stesso debba ritenersi estinto per intervenuta prescrizione e che non vi siano le condizioni per una sentenza assolutoria nel merito, dovendo quindi pronunciarsi sentenza di non doversi procedere essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione.
Rispetto al reato ex art. 10 D.Lgs. n. 74 del 2000, di cui al capo 2), non si è verificata alcuna causa estintiva e l'appello deve essere rigettato in quanto infondato.
Invero, il reato di omessa dichiarazione di cui al capo 1 si riferisce all'omessa presentazione della dichiarazione relativa all'anno di imposta 2010 ai fini dell'imposta sui redditi e dell'iva. Ancorché accertato in data 1.3.2016, il reato deve ritenersi consumato in data 31.12.2011, atteso che il momento consumativo del reato di cui all'art.5 cit. non può non essere quello, già ripetutamente ricordato nelle pronunce della Corte di legittimità, e tratto dalla previsione dell'art. 5, co. 2, cit., della scadenza del termine di novanta giorni a decorrere dal termine finale previsto per legge per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all'imposta sui redditi od I.V.A. (in tal senso, Sez. 3, n. 48304 del 20/09/2016, Gu., Rv. 268576 e Sez. 3 - , Sentenza n. 19647 del 20/02/2019 Ud. (dep. 08/05/2019 )Rv. 2757 47-01).
Considerata la scadenza del termine di presentazione della dichiarazione al 30 settembre 2011, il 91 giorno successivo è il 31.12.2011
Trova, pertanto, applicazione il termine di prescrizione elevato di un terzo previsto dall'art. 17 co. 1 bis D.Lgs. n. 74 del 2000, aggiunto dall'art. 2 comma 36 vicies semel lett. 1 del D.L.13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni nella L. n. 148 del 2014 settembre del 2011, che si applica ai fatti successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 138 del 2011.
Tuttavia, anche tenuto conto di tale termine più lungo di prescrizione ordinaria pari a otto, il termine di prescrizione massima, di dieci anni, è già decorso in data 31.12.2021. Ed il reato è ormai estinto, anche se dovesse considerarsi la sospensione per il rinvio dell'udienza del 22.5.2020 al 18.9.2020.
E' solo il caso di rilevare che non può considerarsi il termine di prescrizione più lungo conseguente alla recidiva ex art. 99 co. 4 c.p., atteso che detta circostanza, che era stata contestata al Gu., non è stata ritenuta dal giudice di primo grado, che non la prende minimamente in considerazione, non motiva in ordine alla sua sussistenza e non opera alcun aumento sanzionatorio conseguente alla recidiva.
Non sussistono elementi per pervenire ad una pronuncia assolutoria nel merito atteso che le convincenti ed argomentate motivazioni poste a base della affermazione di penale responsabilità da parte del primo giudice sono tutte da confermare, apparendo infondati i motivi di appello proposti e non sussistendo assolutamente una prova evidente che il fatto non sussiste, che non costituisce reato, che l'imputato non lo ha commesso.
Invero, nel richiamare integralmente l'apparato motivazionale della sentenza, deve rilevarsi che si è trattato di sentenza emessa all'esito di giudizio abbreviato richiesto dall'imputato e che pertanto non ha pregio e non può essere posta la censura in ordine all'omessa allegazione al processo verbale di constatazione presente negli atti del fascicolo del Pubblico ministero delle fatture, attive e passive, della An. srl, da cui viene desunta lo svolgimento di attività commerciale, la produzione di redditi e l'obbligo di presentazione delle dichiarazioni di imposta per l'anno 2010. Invero, come è noto, in tema di giudizio abbreviato sono utilizzabili tutti gli atti del fascicolo del Pubblico ministero, con la sola eccezione degli atti affetti da nullità assoluta e da inutilizzabilità patologica, non essendo prevista alcuna deroga alla rilevabilità di ufficio ed alla insanabilità di tali vizi. È pertanto pienamente utilizzabile ed ha una piena valenza probatoria il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza comprensivo degli elenchi delle fatture attive emesse dalla An. srl nei confronti della F.L. srl e nei confronti della S. e D. srl e dell'elenco delle fatture passive ricevute dalla An. srl emesse dalla F.L. srl. Tali elenchi, allegati al Processo verbale di constatazione, riportano un'analitica indicazione, per ogni fattura, del numero, della data di emissione, dell'imponibile, dell'iva e del totale della fattura. Tali elenchi fanno parte integrante del processo verbale di constatazione e sono stati anch'essi sottoscritti, oltre che dai verbalizzanti, anche dalla parte Gu.An.. Se la difesa avesse voluto chiedere l'acquisizione delle fatture, ben avrebbe potuto chiedere un giudizio abbreviato subordinato a tale integrazione probatoria, ovvero optare per il giudizio ordinario e in tale ambito produrre o chiedere di acquisire tali fatture, ed eventualmente provare l'inesattezza degli elenchi allegati al processo verbale rispetto a numeri, data e importi delle fatture stesse, ovvero la stessa inesistenza delle fatture. A tali facoltà difensive l'imputato ha rinunciato chiedendo di essere giudicato sulla base degli atti e non può di tanto dolersi in sede di impugnazione.
Infatti, la mancata allegazione al processo verbale di constatazione delle fatture indicate non ha comportato né la nullità dell'accertamento, né l'inutilizzabilità patologica dei relativi risultati conoscitivi. Di certo la mancata allegazione al processo verbale di accertamento trasmesso al Pubblico ministero dei documenti fiscali acquisiti, che non è prevista a pena di nullità da alcuna disposizione di legge, non determina per il relativo atto una invalidità di ordine generale e assoluta: che, come noto, in base al combinato disposto degli artt. 178 e 179 cod. proc. pen., è configurabile esclusivamente alle ipotesi di mancata osservanza di norme che attengono alla iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale, alla omessa citazione dell'imputato o alla assenza del suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza. Va pure escluso che nella situazione innanzi indicata siano riconoscibili gli estremi di una inutilizzabilità patologica ed assoluta ai sensi dell'art. 191 cod. proc, pen., che riguarda i soli casi in cui gli atti probatori siano stati assunti "contra legem" (Sez. U, n. 16 del 21/06/2000, T., Rv. 216246). La denunciata mancata allegazione delle fatture è quindi irrilevante in presenza di una definizione del giudizio nelle forme del rito abbreviato, giusta la previsione dell'art. 438, comma 6-bis, cod. proc, pen., non potendosi contestare genericamente la valenza dimostrativa dell'accertamento compiuto durante le indagini dalla Guardia di Finanza e, in particolare, dell'acquisizione delle fatture di cui agli elenchi e dei dati evincibili da tali fatture, per come riportati negli atti della Guardia di Finanza.
Non vi è pertanto alcun elemento specifico e concreto che possa inficiare la piena attendibilità degli accertamenti di polizia tributaria posti a base della sentenza a carico del Gu. oggetto della presente impugnazione.
Né vi è in atti alcun elemento che provi l'asserita falsità/non genuinità delle fatture; nel processo verbale di constatazione si riporta in premessa che la verifica fiscale presso la F.L. srl, destinataria ed emittente di fatture relative alla An. srl ha fatto sorgere dei dubbi sulla genuinità delle operazioni commerciali intercorse tra le due aziende, ragion per cui si è avviata la verifica nei riguardi della An. srl al fine di svolgere un controllo incrociato. Tuttavia, proprio il mancato rinvenimento di documenti e scritture contabili non ha reso possibile fare alcuna ulteriore verifica e riscontro in merito. Negli atti, sulla base dei quali l'imputato ha chiesto di essere giudicato, non vi è alcun concreto elemento di dubbio ragionevole rispetto alla inesistenza o falsità delle operazioni sottostanti l'emissione e la ricezione delle fatture de quibus, tantomeno emerge una evidenza della prova di tale inesistenza o falsità.
E il Gu., al quale è imputabile l'occultamento delle scritture contabili e la conseguente impossibilità di svolgere ulteriori verifiche da parte della Guardia di Finanza, non ha fornito alcuna prova in merito.
Considerazioni analoghe a quelle relative all'irrilevanza dell'omessa allegazione delle fatture, stante la scelta processuale compiuta dall'imputato con la richiesta di giudizio abbreviato non condizionata al alcuna integrazione probatoria, valgono anche rispetto alla dedotta omessa allegazione, al processo verbale di constatazione, del verbale di nomina del Gu. quale amministratore unico della società, avvenuta in data 3.8.2009 e di cui si dà atto negli atti della Guardia di Finanza e delle Agenzie delle Entrate, circostanza che, peraltro, lo stesso appellante non contesta se non sotto il profilo della natura meramente formale di tale carica rivestita dal Gu., che sarebbe stato un mero prestanome.
In proposito, deve rilevarsi che la sentenza impugnata ha correttamente richiamato la giurisprudenza di legittimità in materia di bancarotta e di reati tributari, secondo la quale la responsabilità penale dell'amministratore in carica sussiste anche se il fatto illecito viene commesso dall'amministratore di fatto, in quanto permane in capo all'amministratore di diritto l'obbligo giuridico di impedire l'evento oggetto del reato. Ed infatti, l'amministratore di diritto, anche se mero prestanome, è comunque investito degli obblighi inerenti all'amministrazione della società (Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017, Rv. 271754 - 01) e si è precisato che l'amministratore di fatto risponde quale autore principale, in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nelle condizioni di poter compiere l'azione dovuta, mentre l'amministratore di diritto, quale mero prestanome, è responsabile a titolo di concorso per omesso impedimento dell'evento, a condizione che ricorra l'elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice (Sez. 3, n. 38780 del 14/05/2015, Rv. 264971 - 01; Sez. 5, n. 7332 del 07/01/2015, Rv. 262767 - 01). Sussiste, in altri termini, la responsabilità dell'amministratore di diritto, a titolo di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, con l'amministratore di fatto, non già ed esclusivamente in virtù della posizione formale rivestita all'interno della società, ma in ragione della condotta omissiva dallo stesso posta in essere, consistente nel non avere impedito, ex art. 40, comma secondo, cod. pen., l'evento che aveva l'obbligo giuridico di impedire e cioè nel mancato esercizio dei poteri di gestione della società e di controllo sull'operato dell'amministratore di fatto, connaturati alla carica rivestita (Sez. 5, n. 44826 del 28/05/2014, Rv. 261814 - 01). Quanto, più in particolare, ai reati tributari per i quali il legislatore prevede il requisito soggettivo del dolo specifico, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la prova del dolo specifico di evasione può essere desunta da una molteplicità di elementi fattuali, come l'entità del superamento della soglia di punibilità vigente o il complessivo comportamento del soggetto obbligato (Sez. 3, n. 18936 del 19/01/2016, Rv. 267022 - 01), che siano dimostrativi della dolosa preordinazione Sez. 3, n. 37856 del 18/06/2015, Rv. 265087 - 01); né gli obblighi dell'amministratore possono essere delegati a terzi con efficacia liberatoria, siano essi professionisti (Sez. 3, n. 9163 del 29/10/2009, Rv. 246208 - 01) o responsabili di fatto. Infatti, una diversa interpretazione di tali disposizioni sanzionatorie, che trasferisca il contenuto dell'obbligo in capo al delegato, finirebbe per modificare l'obbligo originariamente previsto per il delegante in mera attività di controllo sull'adempimento da parte del soggetto delegato. Inoltre, il dolo specifico dei reati fiscali di cui agli artt. 5, 8, 5 10 del D.Lgs. n. 74 del 2000 in capo all'amministratore di diritto di una società che abbia le caratteristiche di un "prestanome" può essere desunto dal complesso dei rapporti tra questo e l'amministratore di fatto, nell'ambito dei quali assumono decisiva valenza la macroscopica illegalità dell'attività svolta e la consapevolezza di tale illegalità da parte dello stesso amministratore di fatto.
E, nel caso in esame, deve rilevarsi, in primo luogo che non vi è alcun elemento obbiettivo che consenta di ritenere che il Gu. avesse interamente delegato la gestione dell'attività di impresa e le funzioni proprie della carica dallo stesso rivestita e, tantomeno, vi è una evidenza di prova rispetto a tale circostanza e all'assenza di consapevolezza circa il fine di evadere le imposte.
Vi è invero solo la generica dichiarazione resa dal Gu. in data 14.2.2016,in sede di verifica, ai militari che gli facevano richiesta di esibizione della documentazione contabile della società, di non ricordare di essere stato amministratore della società An. e di non essere mai stato presente presso la sede della società. Non è stato indicato chi sarebbe stato l'amministratore di fatto, al fine di poter compiere tutte le conseguenti verifiche e riscontri e non è stata fornita alcuna documentazione, ufficiale o di comodo, idonea a dimostrare una totale delega delle funzioni gestorie in capo ad altro soggetto e i rapporti con lo stesso. La documentazione prodotta dalla difesa è, a tal fine, inconferente, atteso che la certificazione di tossicodipendenza del S. del 16.7.2019 e del 23.9.2019 fa riferimento al periodo successivo al 10.5.2018, data di presa in carico da parte del S., e pertanto ad un periodo che è di nove anni successivo a quello di assunzione della carica di amministratore unico (3.8.2009) e di sette anni successivo a quello di commissione del reato di omessa dichiarazione. Ed in ogni caso l'assunzione anche abituale di sostanze stupefacenti non impedisce lo svolgimento di attività imprenditoriale, in forma individuale o societraria e l'amministrazione di una società. Quanto allo stato detentivo, premesso che dal certificato del casellario giudiziale si evince che il Gu. sia stato arrestato in data 21.10.2011 per cessione di stupefacenti e resistenza a pubblico ufficiale, si osserva che lo stato detentivo è quindi ben successivo sia all'assunzione della carica di amministratore unico, sia al periodo di emissione e rivcezione della fatture rinvenute, sia anche alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione fiscale per l'anno di imposta 2010, cui egli ben avrebbe potuto assolvere. Pertanto l'imputato, se anche eventualmente solo amministratore di diritto, ricopriva un ruolo di garanzia, di vigilanza e di controllo rispetto alle azioni del reale amministratore di fatto, che ben ha potuto esercitare, sia rispetto alla conservazione delle fatture emesse e ricevute, che si riferiscono al periodo tra il 1.4.2010 e il 31.8.2010, sia anche alla presentazione, entro il 30 settembre, della dichiarazione di imposta.
Gli ulteriori elementi addotti dalla difesa dell'assenza di titoli di studio e di specifiche competenze, oltre che meramente affermati senza alcun riscontro in merito, non sono comunque di per sé tali da far ritenere accertato il ruolo di semplice prestanome. Inoltre, che vi sia un obbligo di tenuta delle scritture contabili e della fatture ed un obbligo di presentazione delle dichiarazioni fiscali annuali sono circostanze note a chiunque, anche se privo di particolari titoli di studio.
Al contrario, proprio la circostanza che lo svolgimento di attività commerciale da parte della An. srl sia stata documentata e provata proprio con riferimento all'anno di imposta 2010, nel quale l'imputato era libero, e non anche agli anni successivi, nei quali era detenuto, a far data da ottobre 2011, porta a ritenere ragionevole che egli realmente abbia amministrato la società, la quale sia rimasta poi inattiva negli anni successivi, nei quali egli era detenuto e nei quali, se fosse stata gestita da un amministratore di fatto, ben avrebbe potuto continuare ad operare.
Inoltre, anche qualora fossero veritiere le dichiarazioni dell'imputato in merito al suo totale disinteresse nei confronti dell'operato dell'eventuale amministratore di fatto e alla circostanza che egli non si sia neppure mai recato nella sede della società e non avesse conoscenza di tale sede non sarebbero, comunque, elementi che escludono il dolo specifico di evasione, ma rappresentano, al contrario, una conferma della sussistenza dello stesso, denotando una totale dismissione di ogni forma di controllo e dunque una piena condivisione / adesione alla finalità di evasione delle imposte sicuramente sottesa alla decisione di un amministratore di fatto di non far risultare a sé riconducibile la propria attività imprenditoriale, ricorrendo alla nomina di un amministratore di diritto quale mero prestanome che si disinteressi di tutto e non intervenga minimamente non solo nella gestione, ma neppure nel controllo delle sue scelte e azioni imprenditoriali.
Con riferimento al reato di cui all'art. 10 D.Lgs. n. 74 del 2000, l'affermazione di penale responsabilità deve essere confermata, con rigetto di tutti i motivi di appello.
Invero, nel caso di specie, non vi è dubbio che quantomeno con riferimento all'anno di imposta 2010 la società amministrata dal Gu. avesse operato e, quindi, emesso e ricevuto fatture, che correttamente il primo Giudice ha indicato come documenti contabili di cui è obbligatoria la conservazione ed il cui occultamento/distruzione, per costante insegnamento giurisprudenziale, integra il delitto di cui all'art. 10 del D.Lgs. n. 74 del 2000. Deve escludersi che ricorra una ipotesi sussumibile nel novero delle condotte punite con una mera sanzione amministrativa, ovvero quella prevista dall'art. 9 D.Lgs. n. 471 del 1997.
La S.C., in proposito, ha affermato che "in adesione al più recente e prevalente orientamento di questa Corte, la cui forza cogente deriva dalla necessaria conformazione della interpretazione del dettato del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, al principio di tassatività della legge penale, che la condotta sanzionata dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, è solo quella, espressamente contemplata appunto dalla norma, di occultamento o distruzione delle scritture contabili obbligatorie e non anche quella della loro mancata tenuta, espressamente sanzionata in via meramente amministrativa dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 9, comma 1".
Poiché quindi nel caso in esame, le fatture attive e passive di cui agli elenchi allegati al processo verbale di constatazione, rinvenute a seguito di verifiche eseguite presso le ditte F.L. srl e S. e D. srl, erano in possesso della An. srl, che le aveva emesse o ricevute, non può versarsi in una ipotesi di mancata tenuta delle scritture (in quanto mai istituite).
Ecco quindi che il mancato reperimento delle fatture è dimostrativo dell'occultamento delle stesse.
Detto reato non è estinto per prescrizione, dovendosi ritenere consumato alla data dell'accertamento, ovvero in data 1.3.2016.
Invero, l'art. 10, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, nella parte in cui sanziona l'occultamento totale o parziale delle scritture contabili, ha natura permanente, perdurando l'obbligo di esibizione dei documenti finché dura il controllo da parte degli organi verificatori, con la conseguenza che il momento consumativo del reato deve individuarsi nella conclusione e non nell'inizio di detto accertamento (Cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 40317 del 23/09/2021 Ud. (dep. 09/11/2021)).
E vero che la condotta del reato previsto dall'art. 10 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, può consistere sia nella distruzione che nell'occultamento delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari, con conseguenze diverse rispetto al momento consumativo, giacché la distruzione realizza un'ipotesi di reato istantaneo, che si consuma con la soppressione della documentazione, mentre l'occultamento - consistente nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori - costituisce un reato permanente, che si protrae sino al momento dell'accertamento fiscale, dal quale soltanto inizia a decorre il termine di prescrizione. Tuttavia, in presenza di una contestazione che indichi, come nel caso in esame, prioritariamente la condotta di occultamento dei documenti, deve ritenersi che la contestazione concernesse in via principale proprio l'attività di occultamento e solo, in via subordinata, non essendo stati rinvenuti i documenti in questione, ne avrebbe ipotizzato, quasi come prudenziale previsione di chiusura, l'avvenuta distruzione. Sarebbe stato, pertanto, compito dell'imputato, laddove avesse inteso giovarsi di tale ulteriore contestazione, solo subordinatamente ipotizzata dalla pubblica accusa, dimostrare sia la circostanza che la documentazione contabile in questione era stata non semplicemente occultata ma, addirittura, distrutta, sia la collocazione temporale di tale distruzione. (Cass.Sez. 3, Sentenza n. 14461 del 25/05/2016 Ud. dep. 24/03/2017 Rv. 269898-01)
E, nel caso in esame, non vi è alcuna prova che vi sia stata la distruzione delle scritture contabili, ed in particolare delle fatture attive e passive rinvenute in esito ai controlli incrociati svolti ed il mancato rinvenimento delle stesse, da cui discendeva la prova della produzione di redditi e del conseguente obbligo di versamento delle imposte, è sintomatico chiaramente dell'occultamento delle stesse e della volontà di sottrarre alla tassazione i redditi derivanti da tali operazioni.
E, d'altra parte, era onere dell'interessato addurre a propria giustificazione una eventuale versione alternativa, produrre una denuncia di furto o smarrimento delle scritture contabili e delle fatture o allegare altre situazioni giustificative in relazione ad eventi a lui non imputabili, ovvero fornire prova dell'avvenuta distruzione, ma nulla ha addotto in proposito, cosicché la ricostruzione del fatto in termini di doloso occultamento delle scritture contabili è l'unica obiettivamente praticabile.
Va inoltre ricordato che la Suprema Corte ha stabilito (Cass. Sez. III, 18 aprile 2002, n. 20786; Cassazione penale sez. III, 03/10/2018, n.51836) che "In tema di reati tributari, l'accertamento del dolo specifico richiesto per la sussistenza del delitto di cui all'art. 10 del d.lg. 10 marzo 2000, n. 74 (occultamento o distruzione di documenti contabili al fine di evasione) presuppone la prova della produzione di reddito e del volume di affari, che può desumersi, in base a norme di comune esperienza, dal fatto che l'agente sia titolare di un'attività commerciale".
Quindi, posta 1'esistenza delle fatture rinvenute presso le ditte F.L. e S. e D. e lo svolgimento di una attività commerciale nell'anno 2010, costituiscono elementi alla luce dei quali può ritenersi dimostrata la produzione di reddito e di volume di affari, in assenza di elementi di segno contrario, tantomeno allegati dall'imputato.
A ciò va aggiunto che il rinvenimento delle fatture presso le altre società non supplisce al deficit ricostruttivo derivante dalla menzionata omissione, atteso che costituisce ius receptum "Integra il delitto di distruzione od occultamento di documenti contabili, ex art. 10 D.Lgs. n. 74 del 2000, anche l'omessa tenuta della documentazione contabile, essendo sufficiente un'impossibilità relativa ovvero una semplice difficoltà di ricostruzione dei volume degli affari e dei redditi (confermata, nella specie, la responsabilità dell'imputato che aveva omessa l'esibizione del registro ai verbalizzanti della Guardia di Finanza che ne avevano fatto richiesta)" (Cassazione penale sez. III, 26/ 02/2015, n.11267).
Non possono quindi condividersi le doglianze svolte in punto di merito dalla difesa dell'imputato, non potendo ricorrere dubbi di sorta in ordine alla piena integrazione del reato contestato, anche dal punto di vista soggettivo, atteso che la materialità dei fatti per cui è processo, non legittima perplessità alcuna circa la consapevolezza da parte del soggetto agente dell'inosservanza dell'obbligo di tenuta e conservazione della documentazione contabile, nonché circa la finalità di evasione perseguita scientemente.
Inoltre, devono essere richiamate le considerazioni sopra svolte con riferimento all'assenza di prova circa il fatto che il Gu. sia stato un mero prestanome e al fatto che, quand'anche lo fosse stato, risponderebbe comunque del reato per la sua posizione di garanzia e per la sussistenza del dolo di evasione, che, in riferimento al reato di cui all'art. 10 D.Lgs. n. 74 del 2000 è ancora più evidente, atteso che è sufficiente il fine di consentire a terzi l'evasione; nel caso in cui il Gu. avesse svolto soltanto la veste di prestanome rispetto ad un reale amministratore di fatto della società, senza minimamente interessarsene, è chiaro ed incontestabile che lo abbia fatto al fine di consentire allo stesso una gestione della società in modo illecito e spregiudicato, sottraendosi a tutti gli obblighi di natura tributaria e, dunque, al fine di consentirgli di evadere le imposte.
Anche il motivo concernente il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche appare infondato, atteso che la motivazione addotta dal primo giudice appare congrua, ancorché per un mero errore materiale si faccia, in apparenza, riferimento ad altro soggetto, diverso da Gu.An.. Invero, il richiamato certificato del casellario giudiziale in atti da cui sono desunti i plurimi precedenti penali è relativo all'imputato Gu.An., che ha riportato condanne per detenzione illecita di sostanze stupefacenti, cessione di sostanze stupefacenti e resistenza a pubblico ufficiale, minaccia a pubblico ufficiale edue condanne per evasione. La circostanza che il Gu., secondo quanto provato dalla difesa, a far data dal mese di maggio 2018 e sino a settembre del 2019 sia stato tossicodipendente e utente del S. non appare valutabile favorevolmente in relazione al reato di occultamento delle scritture contabili anteriormente commesso, né appare indicativo di una evoluzione positiva della personalità dello stesso, quale sarebbe stato un eventuale documentato superamento di tale problematica, che non si evince dalla documentazione prodotta e che non può assolutamente presumersi.
Correttamente il primo Giudice ha ritenuto che non sussistano elementi di segno positivi valorizzabili e comunque che siano tali da elidere e superare il dato negativo rappresentato dai plurimi precedenti penali dell'imputato.
Anche il trattamento sanzionatorio riservato al Gu. risulta congruo e proporzionato alla personalità dell'imputato e, in generale, ai criteri di cui all'art. 133 c.p., non risultando incongruo il riferimento alla difficoltà di accertamento correlati all'occultamento delle scritture contabili, difficoltà che è insita nel fatto stesso di avere dovuto ricostruire i rapporti commerciali della An. srl procedendo a verifiche presso altre imprese, nonché alla circostanza che la società amministrata dal Gu. sia stata evasore totale. Tanto più la pena appare proporzionata e congrua in riferimento alla negativa personalità dell'imputato e ai suoi numerosi precedenti penali per reati precedenti e successivi a quello per cui si procede.
E' poi solo il caso di rilevare che il primo giudice ha già implicitamente esclusa la circostanza aggravante della recidiva, per la quel non ha applicato alcun aumento.
Tuttavia, alla pronuncia di estinzione del reato di cui all'art. 5 D.Lgs. n. 74 del 2000 consegue la necessità di eliminare il relativo aumento a titolo di continuazione e, pertanto, di rideterminare la pena in quella finale di anni uno di reclusione (anni uno e mesi sei di reclusione, pena base come correttamente determinata dal giudice di primo grado nella sentenza impugnata, ridotta di un terzo per il rito abbreviato prescelto).
Mentre devono essere confermate, senza alcuna riduzione, le pene accessorie, già irrogate nella misura minima prevista dall'art. 12 del D.Lgs. n. 74 del 2000.
Con riferimento alla statuizione della confisca, disposta ai sensi dell'art. 12 bis D.Lgs. n. 74 del 2000, di beni della An. srl sino alla concorrenza della somma di Euro 433.564,00 oltre interessi e sanzioni, essa è stata rapportata all'imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'iva risultante dalle fatture emesse nell'anno 2010, dal prevenuto non consegnate e reperite presso terzi, ed è stata chiaramente riferita alla condanna per entrambi i reati a lui ascritti e ritenuti in sentenza, come si evince dal fatto che essa è correlata all'affermazione di penale responsabilità e non all'affermazione di responsabilità per uno soltanto dei reati contestati ed è confermato dal richiamo alla sentenza cassazione n. 1666 del 19.10.2019, dep. Il 7.1.2020 che ha affermato che "è confiscabile, in via diretta o per equivalente, a condizione che sia possibile determinare l'importo dell'evasione, il profitto del reato di occultamento o distruzione di documenti contabili previsto dall'art. 10 D.Lgs. n. 74 del 2000, che consiste nell'indebito vantaggio economico commisurato al debito di imposta, maggiorato delle eventuali sanzioni e degli interessi maturati sino al momento della commissione del fatto, e di cui la condotta delittuosa ha ostacolato la scoperta".
Pertanto, la confisca, tanto più in assenza di motivi di appello sul punto, deve essere confermata in relazione al reato di cui all'art. 10 D.Lgs. n. 74 del 2000.
E' solo il caso di rilevare, in proposito, che la revisione del sistema penale tributario operata con il D.Lgs. n. 158 del 2015 (vigente dal 22 ottobre 2015) ha introdotto anche per il reato di occultamento o distruzione la confisca, sia diretta, sia di valore, del profitto o prezzo del reato. Prima del D.Lgs. n. 158 del 2015, infatti, la confisca di cui all'art. 322 ter c.p., grazie al rinvio di cui all'art. 1, co. 143, L. n. 244 del 2007, era applicabile a tutti i reati tributari, ma non al delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili (unica fattispecie esclusa).
Quest'ultimo quindi era l'unico reato per il quale era esclusa l'applicazione della confisca ex art. 322 ter c.p. La confisca per equivalente ha natura eminentemente sanzionatoria e, quindi, non essendo estensibile ad essa la regola dettata per le misure di sicurezza dall'art. 200 c.p., non si applica retroattivamente, ma, nel caso in esame, non vi è alcuna applicazione retroattiva della disposizione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis, essendo stato il reato di occultamento delle scritture contabili commesso successivamente all'entrata in vigore del citato articolo.
Il complessivo carico di lavoro giustifica il termine per il deposito della motivazione indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Visto l'art. 605 c.p.p., in riforma della sentenza emessa dal Gip presso il Tribunale di Lecce in data 4.12.2020, appellata da Gu.An., dichiara non doversi procedere nei suoi confronti in ordine al reato di cui al capo 1) perché estinto per prescrizione ed elimina e ridetermina la pena principale inflitta in anni uno di reclusione.
Conferma, nel resto, la sentenza impugnata.
Fissa termine di giorni 30 per il deposito della motivazione.
Così deciso in Lecce il 15 gennaio 2024.
Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2024.
12-06-2024 00:06
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