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Sentenza

Pubblico Ufficiale - Resistenza - Violenza - Minaccia - Configurabilità.

In tema di resistenza a pubblico ufficiale, ex art. 337 c.p.c., non è necessaria, ai fini dell’integrazione del delitto, una minaccia diretta o personale, essendo sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto dell’ufficio o del servizio, indipendentemente dall’esito, positivo o negativo, di tale azione e dall’effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento degli atti indicati. È, dunque, richiesto che la coartazione sia in qualche modo percepibile dal destinatario della stessa e che contribuisca a turbare, anche solo parzialmente e temporaneamente, la regolarità dell’atto di ufficio, quand’anche si verifichi il suo complessivo espletamento, come avvenuto nel caso di specie.
Pubblico Ufficiale - Resistenza - Violenza - Minaccia - Configurabilità. In tema di resistenza a pubblico ufficiale, ex art. 337 c.p.c., non è necessaria, ai fini dell’integrazione del delitto, una minaccia diretta o personale, essendo sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto dell’ufficio o del servizio, indipendentemente dall’esito, positivo o negativo, di tale azione e dall’effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento degli atti indicati. È, dunque, richiesto che la coartazione sia in qualche modo percepibile dal destinatario della stessa e che contribuisca a turbare, anche solo parzialmente e temporaneamente, la regolarità dell’atto di ufficio, quand’anche si verifichi il suo complessivo espletamento, come avvenuto nel caso di specie.
Tribunale di Torino, Penale, Sentenza del 22-02-2024, n. 341



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI TORINO

Sezione dei Giudici per le indagini preliminari

Il Giudice, Stefano Sala, all'udienza del 22 febbraio 2024, ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo e della contestuale motivazione la seguente

SENTENZA

nei confronti di:

Ab.Ya., nato in Ag. il (...) CUI (...), attualmente sottoposto p.q.c. alla misura cautelare della custodia in carcere presso la Casa Circondariale Lo. e Cu. di Torino;

DETENUTO, PRESENTE

difeso di fiducia dall'avv. Lu.Sc. del Foro di Torino, non presente, sostituito dall'avv. Da.Ba. del foro di Torino, presente

Yo.Ha., nato in M. il (...) CUI (...), attualmente sottoposto p.q.c. alla misura cautelare della custodia in carcere presso la Casa Circondariale Lo Russo e Cutugno di Torino;

DETENUTO, PRESENTE

difeso di fiducia dall'avv. Lu.Sc. del Foro di Torino, non presente, sostituito dall'avv. Da.Ba. del foro di Torino, presente

IMPUTATI

Entrambi

1) del reato di cui agli artt. 110 e 628, comma 2 e 3 c.p., perché, in concorso tra loro, dapprima si avvicinavano a un tavolo di un locale pubblico in T., piazza (...) e tentavano di impossessarsi di oggetti personali (un telefono e un portafoglio) poggiati sullo stesso e di proprietà di Ca.Ri. e Fi.Sa., strattonando e graffiando la mano di Fi. che opponeva resistenza; quindi con atteggiamento chiaramente violento, tornavano di asportare delle borse, incontrando la resistenza delle persone offese, sino a che Ag. riusciva a impossessarsi dello zaino di Fi.Sa. dandosi alla fuga; il medesimo veniva inseguito e raggiunto da Ca. ma si girava rivolgendosi a questi con fare minaccioso tanto che Ca., per timore, desisteva dall'inseguirlo, mentre Yo. continuava a minacciare Fi. sino a che non intervenivano altre persone che lo facevano allontanare.

In Torino il 09.11.2023

2) del reato di cui agli artt. 61 n. 2 e 337 c.p. perché, per opporsi agli operanti della Polizia di Stato Nu.Gi., Gi.Fi., Ca.Ca., Al.Si., Fa.Ro. e Ag.Ca. che procedevano dapprima al loro controllo e quindi al loro arresto in relazione al reato di cui al capo 1, esercitavano violenza e minaccia e in particolare:

Yo. scalciava e sputava verso gli operanti, colpiva con un violento calcio alla sacca scrotale l'agente Ag.Ca. e in generale sferrava calci e pugni agli operanti;

Ag. minacciava gestì autolesionistici tentando di soffocarsi con la propria lingua, scalciava contro gli operanti e batteva la testa contro il muro, tentando di mordere l'agente Ca..

Con 1'aggravante di aver commesso il fatto per assicurarsi l'impunità per il reato di cui al capo 1 e quanto ad Ag. anche per quello di cui al capo 3.

In Torino il 09.11.2023

Il solo Ag.

3) del reato di cui all'art. 624 bis c.p. perché subito dopo aver commesso il fatto di cui al capo 1, mentre fuggiva correndo con lo zaino appena sottratto con gesto improvviso strappava dalle mani di Ca.Va., il telefono cellulare marca SAMSUNG che la stessa stava usando per inviare una mail per poi proseguire la sua fuga.

In Torino il 09.11.2023

Il solo Ag.

4) del reato di cui agli artt. 56-629 c.p. perché subito dopo aver commesso il fatto di cui al capo 3, e dopo aver ricevuto la telefonata di Sa.Li. (marito della proprietaria del telefono sottratto), compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere il Sa.Li. a consegnargli la somma di Euro 200. In particolare gli chiedeva la predetta somma di denaro in cambio della restituzione del telefono sottratto, dietro l'ovvia minaccia di trattenere il telefono sottratto ove non fosse stata corrisposta la somma di denaro; non riusciva nel proprio intento perché poco dopo veniva tratto in arresto.

In Torino il 09.11.2023

Persone offese:

Ca.Ri. nato ad Ag. il (...) e residente a M. d'Ag., via V. 14; Fi.Sa. nata ad Ag. l'(...) ed ivi residente in via R. 13;

Ca.Va. nata in P. il (...) e residente a T., corso (...) 36 scala A;

Sa.Li. nato in P. il (...) e residente a T., corso (...) 36 scala A;

Ag.Ca., operante di Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato San Secondo, presente;

Nu.Gi., operante di Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato San Secondo, non presente;

Gi.Fi., operante di Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato San Secondo, non presente;

Ca.Gi., operante di Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato San Secondo, non presente;

Al.Si., operante di Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato San Secondo, non presente;

Fa.Ro., operante di Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato San Secondo, non presente;

MOTIVAZIONE CONTESTUALE

L'imputato Ab.Ya. personalmente comparso in udienza ha richiesto ex artt. 444 c.p.p. la definizione del procedimento mediante applicazione della pena proponendo il patteggiamento nei seguenti termini: ritenuta la continuazione tra i reati contestati sub (...),(...), (...) e (...), ritenuto più grave il delitto di cui al capo 1, pena base anni 5 di reclusone ed Euro 927 di multa, ridotta per la concessione delle attenuanti generiche in giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate ad anni 3 mesi 4 di reclusione ed Euro 650 di multa, aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo 2 di giorni 15 di reclusione ed Euro 100 di multa, aumento comprensivo del concorso formale interno per la pluralità di persone offese; aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo 3 di mesi 1 giorni 15 di reclusione ed Euro 250 di multa, aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo 4 di mesi 2 di reclusione ed Euro 250 di multa, pena finale di anni 3 mesi 8 di reclusione ed Euro 1250 di multa, ridotta per la scelta di rito alternativo alla pena finale di anni 2 mesi 5 giorni 20 di reclusione ed Euro 900 di multa.

L'imputato Yo.Ha. personalmente comparso in udienza ha richiesto ex artt. 444 c.p.p. la definizione del procedimento mediante applicazione della pena proponendo il patteggiamento nei seguenti termini: ritenuta la continuazione tra i reati contestati sub (...) e (...), ritenuto più grave il delitto di cui al capo 1, pena base anni 5 di reelusone ed Euro 927 di multa, ridotta per la concessione delle attenuanti generiche in giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate ad anni 3 mesi 4 di reclusione ed Euro 650 di multa, aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo 2 di giorni 15 di reclusione ed Euro 100 di multa, aumento comprensivo del concorso formale interno per la pluralità di persone offese, pena finale di anni 3 mesi 4 giorni 15 di reclusione ed Euro 750 eli multa, ridotta per la scelta di rito alternativo alla pena finale di anni 2 mesi 3 di reclusione ed Euro 750 di multa.

Gli imputari personalmente chiedono non convertirsi la pena detentiva in sanzioni sostitutive.

In merito alla suddetta richiesta il Pubblico Ministero ha prestato oralmente il consenso come riportato a verbale.

Ciò premesso, letti gli atti del fascicolo del Pubblico Ministero (cnr, sommarie informazioni, verbale di arresto, verbali di perquisizione e sequestro) ritiene il decidente che non emergano, nel caso di specie, circostanze che impongano l'adozione di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p.

E', altresì, corretta la qualificazione giuridica dei fatti, in quanto Ab.Ya. e Yo.Ha. avevano, dapprima, esercitato violenza e minaccia per sottrarre beni appartenenti a malcapitati avventori intenti a sorseggiare e degustare le proprie consumazioni all'esterno di un esercizio pubblico deputato alla somministrazione di bevande ed alimenti. In ultimo, Ag. era riuscito ad afferrare uno zaino con cui si era dato alla fuga dopo aver esercitato violenza sulla persona offesa, che graffiava in corrispondenza di una mano (art. 628 c.p.). Al contempo, il complice Yo. aveva cercato di intimidire i presenti che aveva minacciato protendendo il proprio corpo e pronunciando in maniera ruvida e soverchiante frasi in lingua straniera che destavano notevole apprensione nella persona offesa, tanto da indurla a desistere dal tentare l'inseguimento del correo. A questo punto si era posto all'inseguimento di Ag. un secondo testimone oculare, che aveva notato quest'ultimo disfarsi della refurtiva, poi recuperata e riconosciuta dalla legittima titolare. Durante la fuga Ag. aveva sottratto un telefono cellulare ad una seconda donna (art. 624 bis c.p.). Il suddetto indagato veniva bloccato dal personale di pg e sottoposto a perquisizione, incombente che aveva consentito di recuperare l'apparecchio telefonico in questione. A seguito di deposizione si era poi appurato che A., nel corso di una breve conversazione telefonica, aveva richiesto la consegna di duecento euro per acconsentire alla restituzione dell'apparecchio telefonico, così integrando il reato di estorsione dopo il reato di furto con strappo (56, 629 c.p.).

Bloccati dalle forze dell'ordine, entrambi gli imputati davano in escandescenze colpendo violentemente e strattonando gli operanti di pg. Yo. aveva persino colpito con un violento calcio la sacca scrotale dell'agente A., mentre Ag. aveva cercato di mordere l'agente Ca. (art. 337 c.p.).

Ricorre il delitto di rapina aggravata (capo 1). Secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, la minaccia oltre che essere palese, esplicita o determinata, può essere manifestata in modi e forme differenti, ovvero in maniera implicita, larvata, indiretta ed indeterminata, essendo solo necessario che sia idonea ad incutere timore e a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell'agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali in cui questa opera (Cass. 44347/2010; Cass. 19724/2010; Cass. 41507/2009). E', infatti, sufficiente che alla vittima l'agente non lasci altra alternativa che scegliere tra il soggiacere alle altrui -indebite- pretese o il patire un pregiudizio diretto ed immediato esercitando una concreta compromissione della libertà di autodeterminazione della persona offesa, che viene a perdere la sua autonomia decisionale in forza dell'indebita pressione altrui. Alla violenza e minaccia deve, dunque, conseguire -quale evento intermedio- quella condizione di coazione psichica che induce la vittima al compimento dell'atto lesivo della sua integrità patrimoniale, altrimenti non voluto, provocando un indebito vantaggio non fondato su di una pretesa riconosciuta dall'ordinamento giuridico.

Ne consegue pertanto che in relazione al delitto commesso per primo può ravvisarsi quel connotato intimidatorio richiesto dalla norma incriminatrice, essendo indubbio che i due correi si sono posti con modalità minatorie e soverchianti nei confronti dei loro interlocutori, protendo il corpo in avanti con atteggiamento sfidante, pronunciando frasi rancorose in lingua straniera in modo tale da far intendere ai presenti che avrebbero potuto credibilmente subire conseguenze pregiudizievoli immediate, se solo si fossero opposti all'azione criminosa innestata, così destando notevole timore alla persona offesa che desisteva da ogni ulteriore resistenza. Il complice Ag. ha poi impiegato violenza fisica per superare l'opposizione della persona offesa, altro contegno che rende integrato il delitto di rapina.

Il fatto risulta aggravato dalla circostanza di essere stato commesso da più persone riunite.

Parimenti integrato è il defitto di furto con strappo, avendo Ag. sottratto l'apparecchio telefonico alla vittima mentre costei lo deteneva fra le mani, come dimostrato dalla perquisizione personale che palesava in capo al prevenuto l'illegittimo possesso del bene (capo 3).

Con riferimento al defitto sub (...)), è doveroso rammentare in punto di diritto che -secondo il condivisibile orientamento adottato dalla giurisprudenza di legittimità- la prospettazione, seppur implicita, di non provvedere alla consegna del bene illecitamente sottratto se non previo pagamento di un corrispettivo in denaro costituisce una lesione alla libertà di determinazione della persona offesa, sì da configurare il delitto di estorsione come delineato dal legislatore.

Integra, infatti, la fattispecie di reato in parola la condotta : di colui che chiede ed ottiene dal derubato il pagamento di una somma di denaro come corrispettivo per la restituzione del bene sottratto, in quanto la vittima subisce gli effetti di una minaccia implicita, e cioè quella della mancata restituzione del bene in carenza del versamento dell'importo preteso. La richiesta di denaro in cambio dell'obbligo giuridico di restituite che, in ogni caso, incombe sull'agente, influisce sulla libertà di determinazione del soggetto passivo ed integra di per sé minaccia rilevante al fini dell'estorsione (cfr., fra le altre, Cass. 25675/2014; Cass. 25213/2019). Né giova asserire che non era intenzione dell'imputato minacciare ovvero intimidire chicchessia, poiché è pacificamente attestato nella giurisprudenza dì legittimità che la minaccia, oltre che essere palese, esplicita o determinata, può essere manifestata in modi e forme differenti, ovvero in maniera implicita, larvata, indiretta ed indeterminata, essendo solo necessario che sia idonea ad incutere timore e a coartare la volontà del soggetto passivo in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell'agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali in cui questa opera (Cass. 2833/2012; Cass. 11922/2012; Cass. 40899/2018).

Doveroso è, infine, ribadire che sussiste il reato di estorsione persino nell'ipotesi in cui sia il derubato ad offrire, di propria iniziativa, una somma all'autore del furto per ottenere la restituzione dell'oggetto rubato, dal momento che tale comportamento è determinato dalla minaccia implicita della perdita definitiva del bene, dal momento che il ladro è tenuto alla restituzione senza poter apporre alcuna condizione (Cass.51949/2018), E', dunque, evidente che subordinare la riconsegna di un bene illecitamente sottratto alla percezione di un contributo monetario ovvero alla consegna di altri beni di valore significa invero coartare la libertà di azione e la volizione del legittimo titolare del bene che vanta, di contro, un diritto incondizionato alla sua restituzione da parte di chiunque ne venga in possesso, essendo il derubato conscio del fatto che l'omesso versamento del compenso preteso si tradurrebbe immediatamente nella perdita definitiva dell'oggetto (cfr. Cass. 13333/1988; Cass. 6818/2013).

Conclusione che mantiene la sua correttezza anche nell'ipotesi in cui il furto sia addebitato alla persona che compie la tentata estorsione, come nel caso di specie, poiché tale condizione non fa venire meno la consapevolezza della natura doverosa della restituzione e della illiceità di qualsiasi condizione arbitrariamente imposta a tale comportamento cogente.

La condotta perpetrata dagli imputati in riferimento al delitto sub (...)) può essere inserita fra quelle forme di violenza e minaccia che vengono esercitate al fine di opporsi ad un pubblico ufficiale mentre costui compie un atto del proprio ufficio che sono accuratamente descritte nell'art. 337 c.p. In argomento, il giudice di legittimità ha già avuto modo di chiarire, con ragionamento logico e argomentazioni che questo decadente ritiene assolutamente condivisibili, che "ai fini dell'integrazione del delitto di resistenza a pubblico ufficiale non è necessaria una minaccia diretta o personale, essendo invece sufficiente l'uso di qualsiasi coazione, anche morale, ovvero una minaccia anche indiretta, purché sussista la idoneità a coartare la libertà di azione del pubblico ufficiale" (Cass. 2104/2021). Non è necessario, ai fini dell'integrazione del defitto, che sia concretamente impedita la libertà di azione del pubblico ufficiale, essendo sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto dell'ufficio o del servizio, indipendentemente dall'esito, positivo o negativo, di tale azione e dall'effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento degli atti indicati (in tal senso Cass. 5459/2020; Cass. 464743/2013). È, dunque, richiesto che la coartazione sia in qualche modo percepibile dal destinatario della stessa e che contribuisca turbare, anche solo parzialmente e temporaneamente, la regolarità dell'atto di ufficio, quand'anche si verifichi il suo complessivo espletamento, come avvenuto nel caso di specie.

Il secondo defitto risulta aggravato dal nesso teleologico, avendo i rei inteso procurarsi l'impunità in rapporto al defitto sub (...) e (...), in quest'ultimo caso per quanto riguarda il solo A..

Gli imputati hanno parzialmente risarcito il danno inferto ad alcune (non tutte) fra le persone offese (l'importo monetario di euro cento per soggetto risulta in ogni caso modesto rispetto all'offesa inferta) e, pertanto, trova applicazione nel caso di specie la circostanza attenuante di cui all'art. 62 bis c.p., tenuto conto al contempo della pregressa incensuratezza e del contegno processuale adottato.

Il bilanciamento delle circostanze deve essere operato secondo il parametro di prevalenza delle attenuanti, così da meglio ponderare la pena in rapporto alla vicenda in concreto ricostruita.

I fatti risultano avvinti da un unitario disegno criminoso e, pertanto, deve ritenersi corretta l'invocata applicazione del regime della continuazione, mentre ricorre il concorso formale con riferimento al delitto sub (...) c.p., trattandosi di reato plurioffensivo.

La pena appare congrua e determinata nel rispetto dei criteri e dei limiti di cui al richiamato art. 444, primo comma, c.p.p.

In ragione dell'arresto in flagranza intervenuto, gli imputati devono essere condannati al pagamento delle spese di mantenimento in carcere.

In virtù della pena in concreto inflitta segue il pagamento delle spese del procedimento.

Segue ex lege la non menzione.

Ricorre l'aggravante del terzo comma dell'art. 628 c.p., con la conseguenza che non trova nel caso di specie applicazione il dettato dell'art. 275, comma 2bis, c.p.p., dovendosi, peraltro, considerare che gli imputati non vantano alcuna abitazione ove essere inseriti (sono privi di fissa dimora e nessuno si è offerto di ospitarli).

Gli imputati si sono opposti alla sostituzione della pena detentiva ex L. n. 689 del 1981.

P.Q.M.

Visti gli artt. 444 e ss. c.p.p.,

APPLICA

a Ab.Ya., su richiesta delle parti, riconosciute le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, ritenute le condotte avvinte dalla continuazione, ritenuto il concorso formale interno in relazione al delitto sub (...)), la pena di anni due mesi 5 giorni venti di reclusione Euro 900,00 di multa, già applicata la riduzione per il rito prescelto, con condanna al pagamento delle spese di procedimento e di mantenimento in carcere.

Non menzione ex lege.

Visti gli artt. 444 e ss. c.p.p.,

APPLICA

a Yo.Ha., su richiesta delle parti, riconosciute le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, ritenute le condotte avvinte dalla continuazione, ritenuto il concorso formale interno in relazione al delitto sub (...)), la pena di anni due mesi tre di reclusione Euro 750 di multa, già applicata la riduzione per il rito prescelto, con condanna al pagamento delle spese di procedimento e di mantenimento in carcere.

Non menzione ex lege.

Così deciso in Torino il 22 febbraio 2024.

Depositata in Cancelleria il 22 febbraio 2024.
Avv. Antonino Sugamele

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