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Sentenza


Perquisizioni - Riforma Cartabia - D.Lgs. n. 150/2022 - Esame del giudice - Atto ispettivo - Decisione di convalida del Pm - Esclusione
Perquisizioni - Riforma Cartabia - D.Lgs. n. 150/2022 - Esame del giudice - Atto ispettivo - Decisione di convalida del Pm - Esclusione
Corte di Cassazione|Sezione 1 Penale Sentenza 21 giugno 2024  n. 24786

Data udienza 12 marzo 2024

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

Dott. BONI Monica - Presidente

Dott. FIORDALISI Domenico - Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco - Consigliere - Relatore

Dott. ALIFFI Francesco - Consigliere

Dott. GALATI Vincenzo - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da

Ak.Sa. , nato in Tunisia il (Omissis)

avverso l'ordinanza del 20/10/2023 del G.i.p. del Tribunale di Fermo

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Francesco Centofanti;

lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Olga Mignolo, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza in epigrafe il G.i.p. del Tribunale di Fermo, decidendo ai sensi dell'art. 352, comma 4 - bis, cod. proc. pen. , rigettava l'opposizione avverso la convalida, decisa dal locale pubblico ministero, della perquisizione eseguita (con esito negativo) dalla polizia giudiziaria, il 18 agosto 2023, ai sensi dell'art. 41 T.U.L.P.S. , a carico di Ak.Sa. .

2. L'interessato ricorre per cassazione, con il ministero del suo difensore di fiducia.

Il ricorso è articolato in due motivi, che si espongono nei limiti previsti dall'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. .

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge processuale e difetto di motivazione. Il ricorrente ricorda che la difesa aveva sollecitato, in sede di udienza dinanzi al G.i.p. , l'acquisizione degli atti di indagine, sfociata nella perquisizione. Il G.i.p. aveva replicato che tale acquisizione non era prevista, affermando che si dovesse decidere sulla sola base del verbale di perquisizione redatto dalla polizia giudiziaria e del successivo decreto di convalida. Tali assunti non sarebbero corretti, non potendo l'operato degli investigatori essere apprezzato se non nella cornice della notizia di reato e dell'attività di indagine consequenziale, da cui sarebbe insorta la necessità di perquisire. Dovrebbe trovare applicazione analogica l'art. 263, comma 5, cod. proc. pen. , dettato in tema di opposizione al giudice avverso la decisione del pubblico ministero concernente la restituzione delle cose sequestrate; in tale procedimento sarebbe prevista l'ostensibilità dell'intero fascicolo delle indagini preliminari. Il ricorrente segnala, infine, che il verbale di perquisizione e il decreto di convalida evocherebbero, a presupposto della perquisizione, dati fattuali non coincidenti.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge, vizio di motivazione e travisamento della prova. Il G.i.p. avrebbe erroneamente deciso basandosi sul verbale di perquisizione, anziché sul contenuto, difforme, del decreto di convalida. Lo stesso giudice avrebbe, in ogni caso, frainteso il contenuto di quel verbale, in cui sarebbero contenuti elementi privi di rilevanza indiziaria rispetto al ricorrente, nonché tratti da fonte confidenziale inidonea a fondare il potere di perquisire.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

2. Il controllo giurisdizionale nei confronti degli atti di perquisizione, non seguiti da corrispondente sequestro, come tale autonomamente impugnabile, è stato introdotto nell'ordinamento processuale dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, al dichiarato fine di colmare un vuoto di tutela dell'ordinamento stesso, già oggetto di censura da parte della Corte EDU (sez. I, 27 settembre 2018, Brazzi c. Italia, che aveva ritenuto il nostro Paese responsabile di aver violato, con l'omissione del rimedio, l'art. 8, par. 2, della Convenzione).

Il nuovo istituto, previsto dagli artt. 252-bis, e 352, comma 4 - bis, cod. proc. pen. , legittima la persona sottoposta a indagini, ovvero, se diversa, quella nei cui confronti la perquisizione sia stata eseguita, a presentare al giudice, entro dieci giorni, opposizione avverso il decreto emesso dal pubblico ministero che l'abbia ordinata o (se d'iniziativa della polizia giudiziaria) convalidata.

Sull'opposizione il giudice decide in camera di consiglio, a norma dell'art. 127 cod. proc. pen. , accogliendola ove "accert(i) che la perquisizione è stata disposta fuori dei casi previsti dalla legge". I vizi deducibili con l'opposizione sono, dunque, esclusivamente quelli che attengono ai presupposti sostanziali previsti dalla legge per l'effettuazione della perquisizione, gli unici in assenza dei quali l'ingerenza nelle libertà del singolo può definirsi arbitraria. E' infatti illegittima l'attività di perquisizione, prevista in via generale dal codice di rito penale, che non trovi giustificazione in una notizia di reato legittimamente acquisita, o sia stata operata in assenza di elementi idonei a configurare una specifica ipotesi di reato (Sez. 3, 20 marzo 2013, n. 28151, Chifor, Rv. 255458).

3. Nell'esercizio del controllo, il giudice deve valutare se la perquisizione fosse o meno legittima, e quindi, ove si tratti di perquisizione ad iniziativa della polizia giudiziaria, è corretto che egli abbia riguardo ai presupposti dell'attività consacrati nel verbale di perquisizione, piuttosto che al tenore, in sé e per sé, del decreto del pubblico ministero che l'abbia convalidata (che è atto ex post, avente preliminare funzione di verifica e garanzia, inidoneo tuttavia a svolgere una funzione vicaria di presupposti ab origine mancanti, e a sanare l'eventuale relativa patologia processuale).

Per questa ragione, ancor prima che per difetto di autosufficienza e specificità delle deduzioni, devono essere disattese la censure del ricorrente, dirette ad evidenziare pretese discrasie tra il verbale di perquisizione e le motivazioni della convalida.

4. Ai fini della valutazione sulla legittimità della perquisizione, il giudice deve basarsi sulle sue risultanze e sull'atto che le illustra - che, nel caso di perquisizione ad iniziativa della polizia giudiziaria, è appunto il verbale delle operazioni - oltre che sugli eventuali atti a corredo, che il pubblico ministero abbia ritenuto di trasmettere a giustificazione dell'impiego del mezzo di ricerca della prova. La decisione sulla messa a disposizione di atti ulteriori, e la loro selezione, è rimessa alla parte pubblica e dipende dalla strategia d'indagine, nel rispetto del principio di lealtà e correttezza processuale e in vista dell'obiettivo, che la parte pubblica lecitamente persegue, di ottenere una pronuncia giurisdizionale sul punto favorevole (che l'incompletezza del quadro decisorio potrebbe compromettere) senza tuttavia pregiudicare il prosieguo delle investigazioni.

La necessaria acquisizione, in sede di opposizione ex artt. 252 - bis, o 352, comma 4 - bis, cod. proc. pen. , della notizia di reato, o di atti particolari di indagine, non è prevista dal codice di rito e importerebbe una discovery incompatibile con la fase processuale in corso.

Neppure nella fattispecie di cui all'art. 263, comma 5, cod. proc. pen. -evocata dal ricorrente come metro di paragone, e il cui schema procedurale il rimedio odierno in effetti ricalca - è del resto sancita l'ostensibilità di atti diversi dal decreto del pubblico ministero opposto, che abbia pronunciato sulla restituzione delle cose sequestrate, fatti salvi gli atti già noti, o dall'indagato conoscibili, per effetto del disposto sequestro e del procedimento di eventuale riesame (nel quale vige la regola, stabilita dall'art. 324 del codice, comma 3, che l'autorità giudiziaria procedente trasmetta al tribunale, entro il giorno successivo alla richiesta, "gli atti su cui si fonda il provvedimento" impugnato: Sez. 5, n. 8931 del 18/01/2021, Grisolia, Rv. 280642-01; Sez. 3, n. 39071 del 10/10/2001, Bilancini, Rv. 220270 - 01).

5. Le svolte considerazioni, su cui poggia il giudizio d'infondatezza del primo motivo, valgono a maggior ragione a cospetto della perquisizione, d'iniziativa della polizia giudiziaria, prevista dall'art. 41 T.U.L.P.S.

Va, infatti, rammentato che detta attività, diretta alla ricerca delle armi, avendo anche, e principalmente, carattere preventivo, "non presuppone l'esistenza di una notizia di reato (...); non presupponendo la commissione di un reato e, dunque, non essendo funzionale alla ricerca e all'acquisizione della prova di un reato di cui risulti già l'esistenza, può essere eseguita anche solo sulla base di notizie confidenzialmente apprese e senza obbligo di avvertire la persona sottoposta a controllo del diritto all'assistenza di un difensore, giacché procedendosi sulla base di notizia confidenziale, non v'è, né può esservi, alcun indagato" (Sez. 1, n. 15537 del 12/11/2019, dep. 2020, Carafelli).

La Corte costituzionale, per parte sua, ha giudicato un tale assetto compatibile con la Carta fondamentale, rammentando che la tutela accordata alla libertà di domicilio non è assoluta, ma trova dei limiti stabiliti dalla legge ai fini della tutela di preminenti interessi costituzionalmente protetti; in tale ambito, il giudice delle leggi non ha mancato di sottolineare come la disposizione dettata dall'art. 41 T.U.L.P.S. appaia giustificata dall'esigenza di porre gli organi di polizia giudiziaria in grado di provvedere, con prontezza ed efficacia, in ordine a situazioni (quali la detenzione clandestina o comunque abusiva di armi, munizioni o materie esplodenti) idonee, per loro stessa natura, ad esporre a grave pericolo la sicurezza e l'ordine sociale (Corte cost. , n. 173 del 1974 e n. 110 del 1976).

Nello speciale contesto in cui l'art. 41 cit. si colloca, non è detto neppure, quindi, che vi siano indagini preliminari in corso, o contestualmente avviate, né che si rinvengano autonomi atti anche astrattamente ostensibili. La relativa perquisizione può benissimo prescinderne (e, se l'esito è negativo, il procedimento penale potrebbe anche non essere instaurato: v. , altresì, Sez. 1, n. 38605 del 15/07/2021, Cataldo, Rv. 282070 - 01, in motivazione).

6. Il secondo motivo è parimenti infondato.

7. Per rendersene conto, occorre tornare brevemente sui caratteri salienti dell'istituto di cui all'art. 41 T.U.L.P.S.

Va al riguardo considerato che i poteri concessi alla polizia giudiziaria dalla citata disposizione, espressamente mantenuta in vigore dall'art. 225 disp. att. cod. proc. pen. , sono più ampi di quelli previsti dal codice di rito, essendo ivi attribuita alla polizia stessa la possibilità di compiere perquisizioni senza mandato quando essa abbia comunque notizia, anche se per indizio, della presenza in un determinato luogo di armi, munizioni o esplosivi abusivamente detenuti (Sez. 1, n. 15537 del 2020, cit).

Tale facoltà, derivante da norma di legge con connotazione marcatamente derogatoria, certamente non può essere esercitata sulla base di un mero sospetto, frutto di personali e intuitivi convincimenti; essa presuppone, invece, l'esistenza di dati logico-fattuali idonei, tesi a rappresentare la verosimile presenza dei menzionati oggetti, ma non necessariamente raccolti conformemente ai modelli procedimentali del codice di rito, e quindi raccolti anche tramite fonte confidenziale (Sez. 6, n. 16844 del 01/03/2018, Gangemi, Rv. 272925 -01, in motivazione; Sez. 4, n. 38559 del 06/10/2010, Cirillo, Rv. 248837 - 01; Sez. 4, n. 30313 del 17/05/2005, Cicerone, Rv. 23202 - 01; Sez. 6, Sentenza n. 16844 del 01/03/2018, Gangemi, Rv. 272925 - 01).

8. Nella specie, il G.i.p. ha dato atto dell'esistenza, ricavabile dal verbale di perquisizione, di indizi circa il fatto che il ricorrente potesse essersi reso acquirente di una delle armi rubate poco tempo addietro, in Porto Sant'Elpidio, da altro soggetto. Quest'ultimo aveva infatti dichiarato di averle cedute a due cittadini d' nazionalità tunisina, abitanti in zona. E il ricorrente, cittadino tunisino e dimorante in Porto Sant'Elpidio, era stato visto passare un'intera serata in compagnia dell'autore del fatto il giorno prima dell'eseguita perquisizione.

I travisamenti in ricorso denunciati, che inficerebbero tale ricostruzione, non sono affatto evidenti, e comunque non sono scrutinabili in questa sede perché gli atti di riferimento non sono stati allegati al ricorso, né sono in esso riprodotti.

Esistevano dunque precisi indizi - non necessariamente gravi, ma in sé neppure derivanti da fonte confidenziale (quest'ultima aveva solo confermato di sapere che, presso l'abitazione del ricorrente, vi fosse un'arma) - alla cui stregua l'ordinanza impugnata ha ineccepibilmente ritenuto legittima la perquisizione a sensi dell'art. 41 T.U.L.P.S.

9. Seguono la reiezione del ricorso e la condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen. , al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 12 marzo 2024.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno0 2024.
Avv. Antonino Sugamele

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