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Sentenza

Non è incompatibile il giudice che ha emesso l'ordinanza cautelare annullata dalla Corte di cassazione a comporre il collegio in sede di rinvio, in quanto la funzione asseritannente pregiudicata non riguarda la delibazione dell'innocenza o della colpevolezza dell'imputato, bensì i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari.
Non è incompatibile il giudice che ha emesso l'ordinanza cautelare annullata dalla Corte di cassazione a comporre il collegio in sede di rinvio, in quanto la funzione asseritannente pregiudicata non riguarda la delibazione dell'innocenza o della colpevolezza dell'imputato, bensì i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari.
Cassazione Penale Sent. Sez. 6 Num. 33033 Anno 2024
Presidente: GIORDANO EMILIA ANNA
Relatore: DI NICOLA TRAVAGLINI PAOLA
Data Udienza: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
M.G. , nato a V. il .....
avverso l'ordinanza del 27/03/2024 del Tribunale di Palermo
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dalla Consigliera Paola Di Nicola Travaglini;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Cristina
Marzagalli, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
sentito l'avvocato S.A., nell'interesse di G.M.  che ha
insistito per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento di cui in epigrafe, il Tribunale di Palermo, decidendo
in sede di rinvio a seguito di annullamento della Seconda Sezione della Corte di
cassazione, disposto con la sentenza n. 1723 del 09 febbraio 2024, ha confermato
l'ordinanza emessa in data 17 ottobre 2023 dal Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Palermo con cui veniva applicata a G.M. la misura
della custodia cautelare in carcere quale partecipe dell'associazione mafiosa di
Cosa nostra e, specificamente, della famiglia di Valderice, nella forma aggravata
(capo 1).
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso G.M. , tramite
il proprio difensore, articolando tre motivi, di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. coord.
cod. proc. pen.
2.1. Con il primo deduce violazione di legge e vizi di motivazione in relazione
agli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1 lett. a), cod. proc. pen. e 111 Cost. in
quanto il Presidente che aveva deciso a seguito di annullamento della Corte di
cassazione era lo stesso di quello che aveva emesso la precedente ordinanza nel
merito, tale da ritenersi incompatibile.
2.2. Con il secondo deduce violazione di legge e vizi di motivazione in
relazione agli artt. 416-bis.1 cod. pen. e 192, 273, 274 e 275 cod. proc. pen. in
quanto il Tribunale, anche attraverso il travisamento del fatto, ha ritenuto
sussistente la condotta partecipativa di G.M. nell'associazione
mafiosa equivocando il contenuto delle conversazioni intercettate dalle quali,
innanzitutto, non risultava che egli fornisse informazioni ad esponenti di "Cosa
nostra" per consentire il controllo del territorio, ma al contrario era costretto a
subirne la presenza, vivendo nello stesso territorio, e, in secondo luogo, era amico
di G.B. senza avere interessi in comune.
In ordine alla valorizzata vicenda dell'abbattimento degli alberi di noce di
proprietà di M. , le conversazioni del 3 maggio 2021 (tra G.B.
e il ricorrente) e del 20 febbraio 2022 dimostravano che fosse lui vittima della
consorteria e, in particolare, di F. T. (come da intercettazione del I
luglio 2022) in quanto il danneggiamento era avvenuto affinché chiedesse, tramite
B., la punizione dell'autore al clan mafioso così diventandone debitore,
diversamente da quanto argomentato dal Tribunale.
La conversazione dell'8 novembre 2021, tra il ricorrente e B., non
richiamata dall'ordinanza impugnata, dimostrava che fosse quest'ultimo a
sollecitargli informazioni che M. non gli forniva oppure gliene desse lui
direttamente sugli assetti organizzativi dell'associazione mafiosa senza ricevere
alcun commento.
L'intromissione di M. in affari economici o controversie tra terzi è
stata erroneamente motivata con l'intraneità alla consorteria, anzichè con lo
stretto rapporto con i soggetti coinvolti (V.A.  compare di anello e G.
O. cugino).
Con specifico riguardo alla compravendita di un gregge tra V.A.  e gli
imprenditori di Marsala il ricorrente si era limitato al contatto con M., come
richiestogli, e l'affare non era andato a buon fine a riprova del non essere organico
al clan.
Con riferimento ai terreni per i quali avevano manifestato interesse V.
G. e G. O. la vendita era avvenuta senza l'intervento del
ricorrente, G. si era affidato alla consulenza di G.C. e la frase
valorizzata dall'ordinanza («qua a Chiesanuova la cosa ha camminato, la cosa qui
ha camminato perché c'è stato un amico mio che ha avuto l'occasione di arrivare
vicino a... al cavaliere qua») esprime al più contiguità e non organicità. Lo stesso
è a dirsi per l'intervento richiesto dal ricorrente a M. per impedire la vendita
di un terreno di proprietà di M. F..
In relazione all'interesse di M. di acquistare dei terreni, affare
sgradito sia al mafioso P.V., della famiglia di Trapani, che a F.
T. per non avere chiesto il "permesso", risulta che B. avesse chiesto di
non fargli del male («io non lo vorrei toccato»), ma questa conversazione era stata
ignorata dall'ordinanza impugnata.
Inoltre, il Tribunale aveva omesso qualsiasi riferimento agli incendi subiti dal
ricorrente negli anni 2022 e 2023; alle conversazioni del 5 giugno e del 15 agosto
del 2021 da cui emergeva il suo ruolo di mero ascoltatore di quanto riferitogli da
B. sulle vicende relative a T. - l'appropriazione di € 50.000 dalla cassa
mafiosa per la quale aveva subito la reazione di G. uomo di fiducia di
M. M. D. - o sull'incontro di V.M.  con M.D.; alle
critiche espresse dal ricorrente rispetto al capo clan T..
In ordine alla donazione dei conigli a G.G., avvenuta per volontà
di B., non risulta prova di affiliazione di M. perché gli animali erano
stati consegnati da C., senza la preventiva approvazione dei vertici della
famiglia di Trapani, e in base al contenuto delle intercettazioni con B. la messa
a disposizione era riferita a F.T..
2.2. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in
relazione agli artt. 416-bis.1 cod. pen. e 192, 273, 274 e 275 cod. proc. pen. in
quanto il Tribunale ha ritenuto la sussistenza delle aggravanti contestate
attraverso mere formule di stile, in assenza dell'effettivo ricorso di M. alla
violenza o alla prevaricazione mafiosa o al riferimento ad esponenti della
consorteria valdericina, oltre che alla sua consapevolezza circa la disponibilità di
armi da parte di soggetti con cui aveva avuto delle relazioni.
3. La memoria redatta dall'Avvocato S. Alagna, ex art. 127, comma 2,
cod. proc. pen., del 4 luglio 2024, con allegati, dopo avere dato atto del
mutamento del difensore di fiducia di M. pochi giorni prima dell'udienza
del riesame, con relative conseguenze circa la disponibilità degli atti per avanzare
richiesta di ricusazione, ha avanzato la richiesta di ammissibilità e non manifesta
infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 623,
comma 1, lett. a) e c), cod. proc. pen. per violazione degli artt. 3, primo comma,
e 111, secondo comma, Cost. con riferimento alla composizione del Tribunale del
riesame, a seguito di giudizio di rinvio, che deve essere diverso da quello che ha
pronunciato l'ordinanza impugnata, anche alla luce delle pronunce della Corte
costituzionale e da ultimo della sentenza n. 91 del 2023. Inoltre, si è insistito ed
ulteriormente argomentato circa i motivi già contenuti nel ricorso in ordine al ruolo
partecipativo di M. e al suo interesse nel sodalizio mafioso, in termini
oggettivi e soggettivi, avendo agito persino contro di esso, senza ottenere alcun
vantaggio e subendone le conseguenze (si vedano le denunce allegate per gli
incendi subìti nel giugno 2024), ed essendosi limitato ad una mera vicinanza a
singoli soggetti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere rigettato.
2. Il motivo di ricorso relativo all'incompatibilità del Presidente del collegio
giudicante del Tribunale del riesame che ha emesso il provvedimento impugnato
è infondato.
2.1. A prescindere dal non essere stata formulata alcuna specifica istanza di
ricusazione da parte del ricorrente, senza che rilevi al riguardo la sopraggiunta
nomina di un nuovo difensore, l'orientamento giurisprudenziale costante, che
questo Collegio condivide e ribadisce, è che quando viene annullata con rinvio
un'ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame non sussiste alcuna
incompatibilità dei magistrati che hanno adottato la precedente decisione a
comporre il collegio chiamato a deliberare in sede di rinvio (tra le tante, Sez. 4, n.
16717 del 14/04/2021, Langella, Rv. 281039).
2.2. L'art. 623, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. prevede che la Corte di
cassazione, a seguito di annullamento di un'ordinanza, dispone che gli atti siano
trasmessi "al giudice che l'ha pronunciata" il quale provvede uniformandosi alla
sentenza di annullamento.
Depongono in questi termini ragioni di carattere normativo: da un lato l'art.
623, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. non richiede che in sede di rinvio, a seguito
di annullamento, i giudici a cui gli atti sono trasmessi siano diversi da quelli che
hanno pronunciato o concorso a pronunciare il provvedimento impugnato;
dall'altro lato l'art. 623, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., a contrario, stabilisce
l'incompatibilità soltanto con riferimento al giudice che abbia pronunciato, o
concorso a pronunciare, "sentenza", con ciò escludendo che l'incompatibilità scatti
a fronte dell'avvenuta emissione dei provvedimenti di altro tipo, come appunto le
ordinanze (Sez. 1, n. 2098 del 19/12/2017, Varagnolo, Rv. 238645).
2.3. Alla luce di tale assetto normativo la giurisprudenza di legittimità ha
reiteratamente affermato che, in sede di rinvio, può provvedere lo stesso giudice-
persona fisica che ha pronunciato l'ordinanza annullata, con particolare riguardo
all'annullamento con rinvio di ordinanze in materia di misure cautelari personali,
in quanto la valutazione cui il giudice è chiamato è incidentale, provvisoria e
limitata e non comporta un accertamento sul merito della contestazione (Sez.4,
n. 16717 del 14/04/2021, Langella, cit.; Sez. 2, n. 49113 del 14/11/2019, Niane,
Rv. 278234).
Da ciò consegue che per nessuno dei giudici componenti il collegio che ha
emesso il provvedimento impugnato è configurabile una causa di incompatibilità
ai sensi dell'art. 34 cod. proc. pen., norma posta a presidio dell'imparzialità del
giudice e che, soprattutto in base alle indicazioni stringenti provenienti dalla Corte
costituzionale, non attinge il giudizio cautelare. Questo, infatti, diversamente da
quello a cognizione piena, investe l'apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza
e delle esigenze cautelari senza tuttavia estendersi a quello della penale
responsabilità dell'imputato in ordine al reato ascrittogli. Sono, dunque, la
peculiarità ed i limiti del procedimento cautelare ad escludere che l'imparzialità
possa risultare pregiudicata dalla composizione del collegio giudicante.
2.4. Nei medesimi termini si è da ultimo pronunciata la Corte costituzionale
con la sentenza n. 91 del 2023, richiamata anche nella memoria difensiva, che,
sia pure con riferimento al riesame cautelare reale, ha dichiarato infondata la
questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1,
lett. a), cod. proc. pen. nella parte in cui non prevedono l'incompatibilità a
partecipare al giudizio di rinvio del giudice che ha concorso a pronunciare
l'ordinanza di accoglimento o di rigetto della richiesta di riesame, ai sensi dell'art.
324 cod. proc. pen., annullata dalla Corte di cassazione. Afferma, infatti, la Corte
costituzionale che la sola funzione pregiudicata è quella che implica una decisione
di merito sull'accusa penale, idonea a definire il giudizio principale e, all'esito dei
gradi di giudizio, alla formazione del giudicato penale.
2.5. Alla luce degli argomenti che precedono e in piena condivisione con
quelli della sentenza di questa Corte che si è recentemente pronunciata su identica
eccezione di illegittimità costituzionale (Sez. 1, n. 46935 dell'11/07/2023, Nerini,
Rv. 285409), la stessa si rivela manifestamente infondata con riferimento agli artt.
34, comma 1, e 623, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. per contrasto con gli artt.
3, 24, 111, 117 Cost., nella parte in cui non prevedono l'incompatibilità del giudice
che ha emesso l'ordinanza cautelare annullata dalla Corte di cassazione a
comporre il collegio in sede di rinvio, in quanto la funzione asseritannente
pregiudicata non riguarda la delibazione dell'innocenza o della colpevolezza
dell'imputato, bensì i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari (negli
stessi termini, da ultimo, Sez. 4, n. 15624 del 5/04/2024, Di Palmo; Sez. 1, n.
44194 del 24/06/2021, Pontillo).
3. I motivi di ricorso relativi alla gravità indiziaria, esaminabili
congiuntamente, sono generici e presentati per far valere vizi diversi da quelli
consentiti dalla legge.
3.1. In tema di misure cautelari personali, allorchè sia denunciato, con ricorso
per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del
riesame in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, la Corte è tenuta a verificare, nei
limiti consentiti della peculiare natura del giudizio di legittimità, se il giudice di
merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l'hanno determinato ad
affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, verificando la
congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indiziari
rispetto ai canoni della logica e dei principi di diritto che governano
l'apprezzamento delle risultanze probatorie. Non è, dunque, consentito proporre
censure riguardanti la ricostruzione dei fatti o che si risolvano in una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, come invece
richiesto dal ricorrente, soprattutto attraverso l'interpretazione del contenuto delle
conversazioni intercettate il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di
legittimità se non quando manifestamente illogico ed irragionevole (tra le tante
Sez. 3, n.44938 del 5/10/2021, Gregoli, Rv. 282337).
3.2. La puntuale e coerente argomentazione contenuta nel provvedimento
impugnato ha colmato le lacune della motivazione, evidenziate nella sentenza
rescindente, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, delineando la
gravità del quadro indiziario a carico del ricorrente.
Con richiamo integrale alla ricostruzione dei fatti e alle considerazioni
contenute nell'ordinanza genetica, fondata essenzialmente sul contenuto delle
intercettazioni, G. M., pur non formalmente affiliato, era un
imprenditore a disposizione della famiglia mafiosa di Valderice con cui condivideva,
per il tramite di B., esponente di "Cosa nostra", attività ed informazioni di
particolare rilievo connesse alle dinamiche associative.
La consapevolezza di M. di essere attivo partecipe della compagine è
stata correttamente desunta da numerosissime intercettazioni ambientali con
appartenenti a "Cosa nostra" (B., M. e T.) in relazione ad attività che
costituiscono tipica manifestazione della gestione e del controllo del territorio delle
associazioni mafiose oltre che espressione di intraneità alle stesse: a) la raccolta
e la trasmissione di informazioni per monitorare luoghi e attività in essi svolte
(intercettazione ambientale del 20 febbraio 2022 in cui M. aveva rivelato
a T., al vertice della famiglia mafiosa di Valderice, dell'avvenuto abusivo
abbattimento di alcuni alberi e B. aveva invitato il capo a prendere
provvedimenti nei confronti degli autori per mantenere l'ordine ed il controllo sul
territorio); b) la conoscenza delle dinamiche relative ai vertici delle famiglie
mafiose del trapanese con specifico riferimento alle prospettive di comando e
direzione di F.O.dopo la sua scarcerazione e di P.V. (pag.
2); c) la critica rivolta alle modalità di gestione del controllo mafioso del territorio
da parte di T. e il diretto coinvolgimento nell'interesse della famiglia mafiosa
di questi (intercettazione del 26 aprile 2021 in cui peraltro M. si lamentava
con B. per avere «fatto del bene» a T. e, ciononostante, gli erano stati
preferiti altri); d) la risoluzione di controversie (intercettazione n. 8393 del 2021,
riportata a pagina 8, in cui M. era stato intermediario tra V. A. e
V.M., in relazione ad un gregge, e intercettazione del 27 febbraio 2021
sull'acquisto di terreni da parte di V. G. intimidito a favore di
G. O.); e) la messa a parte di informazioni, di assoluta segretezza,
coinvolgenti M.M.D.  nel corso della latitanza (intercettazione del
15 agosto 2021 in cui V. M. gli aveva raccontato, con un certo orgoglio, di
avere incontrato in una grotta il latitante M.M.D. , descritto come
«quello con gli occhiali che loro vanno correndo e vanno cercando sempre di
continuo» in relazione alla sparizione di euro 50.000); f) la presentazione di
M. alla famiglia mafiosa di Trapani, nella persona di A. G.
(intercettazione del 14 novembre 2021, come comprovata dall'accertamento della
polizia giudiziaria secondo il quale il 7 ottobre 2021 B. e M. si erano
recati a Trapani consegnando una busta a G.G. ).
Le menzionate conversazioni sono state valutate secondo una logica globale,
capace di risolvere le asserite ambiguità relative ai singoli elementi indiziari che,
proprio dal loro esame complessivo, hanno dato conto non solo dei rapporti del
ricorrente con esponenti di Cosa nostra, ma anche del suo utile ed effettivo
contributo portato alla compagine criminale che esclude la sua asserita posizione
di vittima della stessa. Alla luce di dette coerenti valutazioni, le censure difensive
si limitano alla mera critica del provvedimento impugnato e dell'interpretazione,
coerente e logica, del compendio probatorio, tanto da risultare inammissibili.
3.3. Né possono valere a disarticolare detto apparato argomentativo le
denunce di incendio allegate con l'ultima memoria difensiva in quanto presentate
dalla moglie del ricorrente nel periodo in cui questi era detenuto per fatti avvenuti
in epoca successiva a quelli oggetto dell'ordinanza impugnata.
4. Il motivo di ricorso riguardante l'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 cod.
pen., nella sua doppia declinazione, è inammissibili per carenza di interesse.
Costituisce orientamento costante di questa Corte quello secondo il quale in
tema di impugnazioni avverso misure cautelari personali vi è carenza di interesse
al ricorso quando l'indagato tende ad ottenere l'esclusione di una circostanza
aggravante salvo che da tale esclusione derivi, per lui, una concreta utilità, ovvero
immediati riflessi sull'an o sul quomodo della misura (Sez. 2, n. 17366 del
21/12/2022, dep. 2023, Renna, Rv. 284489; Sez. 3, n. 20891 del 18/06/2020,
Piccirillo, Rv. 279508; Sez. 6, n. 5213 dell'11/12/2018, Fucito, Rv. 275028).
Nel caso di specie già la mera partecipazione al sodalizio integra il fatto
costitutivo della presunzione cautelare di cui all'art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
e, di conseguenza, l'esclusione dell'aggravante non produrrebbe per il ricorrente
alcuna conseguenza favorevole risultando, peraltro, analogo, il termine di fase
(Sez. 3, n. 31633 del 15/03/2019, Irabor, Rv. 276237).
5. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente va
condannato al pagamento delle spese del procedimento.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 12 luglio 2024
Avv. Antonino Sugamele

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