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Sentenza

Nel delitto di violenza domestica le mancate denunce, i ridimensionamenti, i supposti riappacificamenti, le ritrattazioni della persona offesa, così come le remissioni di querela, anziché costituire elementi per escludere il reato e la sua reiterazione, possono essere addirittura sintomatici del contrario ovverosia dell’esposizione della vittima alla prosecuzione o all’aggravamento della relazione maltrattante attraverso minacce, ricatti, intimidazioni, rappresaglie e condizionamenti, a maggior ragione quando si sia al cospetto di una persona offesa che, in assenza di adeguate forme di protezione, rischia di essere vittima certa delle ritorsioni dell’imputato.
Nel delitto di violenza domestica le mancate denunce, i ridimensionamenti, i supposti riappacificamenti, le ritrattazioni della persona offesa, così come le remissioni di querela, anziché costituire elementi per escludere il reato e la sua reiterazione, possono essere addirittura sintomatici del contrario ovverosia dell’esposizione della vittima alla prosecuzione o all’aggravamento della relazione maltrattante attraverso minacce, ricatti, intimidazioni, rappresaglie e condizionamenti, a maggior ragione quando si sia al cospetto di una persona offesa che, in assenza di adeguate forme di protezione, rischia di essere vittima certa delle ritorsioni dell’imputato.
Maltrattamenti - Violenza domestica e inattendibilità della ritrattazione (Cp, articoli 81, 387-bis, 572 e 614; Cpp, articolo 500; Convenzione di Istanbul, articolo 55)

Nel delitto di violenza domestica le mancate denunce, i ridimensionamenti, i supposti riappacificamenti, le ritrattazioni della persona offesa, così come le remissioni di querela, anziché costituire elementi per escludere il reato e la sua reiterazione, possono essere addirittura sintomatici del contrario ovverosia dell’esposizione della vittima alla prosecuzione o all’aggravamento della relazione maltrattante attraverso minacce, ricatti, intimidazioni, rappresaglie e condizionamenti, a maggior ragione quando si sia al cospetto di una persona offesa che, in assenza di adeguate forme di protezione, rischia di essere vittima certa delle ritorsioni dell’imputato.

La sentenza richiama l’articolo 55 della Convenzione di Istanbul.

L’articolo intende garantire l’apertura del procedimento penale e impone che, a livello nazionale, essa non debba “dipendere interamente” da segnalazioni o denunce da parte della vittima. La procedibilità ex officio, infatti, permette che le offese elencate dall’articolo 55 divengano comunque oggetto di accertamento e che - a prescindere dall’apporto dato dalle vittime alle indagini - i responsabili siano assicurati alla giustizia. La ratio sottesa mira a consentire che le investigazioni possano essere avviate, senza che le persone offese siano necessariamente gravate dell’onere di darvi impulso.

Il testo dell’articolo 55 richiede che - in base all’ordinamento interno - l’accertamento giudiziario, una volta avviato su iniziativa della vittima, possa proseguire anche se successivamente, ritiri le proprie accuse. Spesso infatti, le autorità procedenti devono compiere “un passo indietro”, in seguito a ripensamenti dell’offeso che possono derivare da forme di dipendenza dall’accusato, da una “riconciliazione” con lo stesso, o da preoccupazioni dovute a dinamiche e relazioni di varia natura.

    Cass. Pen., Sez. VI, sentenza 19 febbraio 2024 n. 7289 
Avv. Antonino Sugamele

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