La fattispecie di usura cd. in concreto differisce da quella "presunta", che si incentra esclusivamente sul superamento di una soglia legalmente stabilita di usurarietà dell'interesse nel prestito pecuniario, in quanto richiede una sproporzione fra la prestazione erogata e la controprestazione promessa e/o pagata, nonché una condizione di difficoltà economica o finanziaria del soggetto che dà o promette il corrispettivo usurario.
Tribunale di Cassino, Penale, Sentenza del 30-04-2024, n. 248
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI CASSINO
SEZIONE PENALE
Nella seguente composizione collegiale
dott.ssa Tania TAVOLIERI - Presidente
dott. Antonio Gavino FALCHI DELITALA - Giudice
dott.ssa Martina MALVAGNI - Giudice - estensore
alla pubblica udienza del 13 febbraio 2024, ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente
SENTENZA
nel procedimento penale in epigrafe indicato, pendente nei confronti di:
Pa.Gi., nato a M. S. G. C. (F.) il (...), ivi residente in Via P.S.P. n. 80 (domicilio dichiarato) - libero, presente
Difeso di fiducia dagli avv.ti Al.Tu. e Ma.Ma., entrambi del foro di Frosinone
IMPUTATO
del delitto di cui agli artt. 81, 644 c.p., perché, anche in tempi diversi ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso, approfittando dello stato di bisogno di Ca.An., titolare di un'attività commerciale in I. del L. (F.) e in condizioni di precarie condizioni economiche dettate dalla crisi del settore, si faceva dare in corrispettivo di una prestazione di denaro, interessi usurai; in particolare a garanzia di un prestito pari ad Euro 30.000,00 sottoscriveva n. 160 effetti cambiari da Euro 600 cadauno con scadenza mensile dal 31.10.2015 al 30.11.2027, per la somma complessiva di Euro 96.400,00, facendosi così consegnare dalla P.O. in restituzione del prestito, interessi usurari in quanto calcolati ad un tasso d'interesse superiore al tasso globale medio rilevato trimestralmente dal Ministero del Tesoro.
Reato commesso in Isola del Liri dal 2014 con condotta perdurante*
- così integrato all'udienza del 4.12.2018
Parte civile: Ca.An., nato a I. del L. il (...)
difeso di fiducia dall'avv. Lu.Ma.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto che dispone il giudizio, emesso in data 12.06.2018, l'imputato, Pa.Gi., veniva rinviato a giudizio per rispondere, all'udienza del giorno 04.12.2018, del reato a lui ascritto ed indicato nell'epigrafe dei presente provvedimento.
In tale udienza, dopo l'attestazione di assenza dell'imputato regolarmente citato, il P.M. integrava il capo di imputazione, aggiungendo, dopo le parole "reato commesso in I.D.L." la locuzione "dal 2014 con condotta perdurante".
La trattazione del procedimento subiva una serie di rinvii.
L'udienza del 12.03.2019 veniva rinviata stante l'assenza del teste Ca.An.; anche l'udienza del 18.06.2019 subiva un mero rinvio stante la mutata composizione dell'organo giudicante.
L'udienza del 17.12.2019 veniva rinviata in ragione del legittimo impedimento del difensore dell'imputato, con sospensione dei termini di prescrizione per giorni sessantuno.
Anche l'udienza del 7.04.2020 subiva un rinvio in ossequio alle disposizioni legislative e regolamentari sul contenimento della diffusione della pandemia da Covid 19.
L'udienza del 6.10.2020 veniva rinviata stante il legittimo impedimento del difensore dell'imputato, con sospensione dei termini di prescrizione per giorni sessantuno.
All'udienza del 22.12.2020 il Tribunale, dopo la rinnovazione degli adempimenti preliminari in ragione della mutata composizione del collegio giudicante, in assenza di eccezioni o richieste preliminari, dichiarava aperto il dibattimento e invitava le parti a formulare le loro richieste istruttorie, ammesse con apposita ordinanza in quanto legittime, non manifestamente superflue o irrilevanti. Si procedeva, pertanto, alla escussione dei testi Ce.El., Luogotenente in servizio presso i Carabinieri di M.S.G.C., e Ca.An., odierna persona offesa. All'esito, il P.M. produceva documentazione ed il Tribunale ne disponeva l'acquisizione.
L'udienza del 30.03.2021 veniva rinviata stante l'adesione della difesa alla astensione dalla attività giudiziaria proclamata dalla Giunta dell'Unione Camere Penali Italiane con Delib. del 12 marzo 2021.
All'udienza del 19.12.2021, dopo la rinnovazione degli adempimenti preliminari in ragione della mutata composizione dell'organo giudicante, la difesa di parte civile rinunciava al teste B. e, nulla opponendo le altre parti, il Tribunale ne revocava l'ammissione. Si procedeva, quindi, all'escussione dei testi Te.Le. e Ca.Gi..
All'udienza del 3.05.2022 il Tribunale procedeva all'esame dell'imputato, Pa.Gi., e, quindi, all'escussione del teste Na.Do.; all'esito il processo veniva rinviato per il prosieguo istruttorio.
L'udienza del 24.01.2023 veniva rinviata stante l'assenza dei testimoni regolarmente citati come dalla documentazione prodotta dalla difesa.
All'udienza del 12.09.2023 la difesa rinunciava al teste Pa. ed il Tribunale ne revocava l'ammissione, rinviando all'udienza del 13.02.2024. In questa udienza, dopo la rinnovazione degli adempimenti preliminari in ragione della mutata composizione dell'organo giudicante, il Collegio dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale, utilizzabili gli atti confluiti nel fascicolo processuale, ed invitava le parti a concludere come in epigrafe.
Il Tribunale si riservava all'esito dell'udienza e, al termine della camera di consiglio, dava lettura del dispositivo della presente sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'espletata istruttoria dibattimentale nonché le prove e gli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento, a parere di questo Collegio, hanno pienamente confermato l'ipotesi accusatoria con la conseguenza che Pa.Gi. va dichiarato colpevole del reato contestatogli in rubrica.
Il compendio probatorio portato al vaglio di questo Collegio è costituito dalle dichiarazioni rese dai numerosi testi escussi, e segnatamente dalla persona offesa Ca.An., dal luogotenente Ce.El., dai testi Te.Le., Ca.Gi. e Na.Do. nonché dall'imputato in sede di esame, dalle prove documentali in atti rappresentati dalla copia dei titoli cambiari oggetto di sequestro penale e da una scrittura privata a firma della persona offesa risalente al 2.5.2014.
Ebbene, sulla base delle fonti di prova legittimamente acquisite nel corso dell'istruttoria dibattimentale il fatto può essere così ricostruito.
La persona offesa, Ca.An., nel corso di un lungo esame dibattimentale, raccontava delle relazioni intrattenute con Pa.Gi., odierno imputato.
Il teste riferiva di essere un commerciante di auto e che ebbe modo di conoscere l'odierno imputato per ragioni lavorative, intorno al 2002-2003, essendo l'imputato un dipendente della PubbliArte che vendeva materiale e accessoristica per auto.
Al fine di contestualizzare la vicenda oggetto del capo di imputazione, il teste ripercorreva i rapporti intrattenuti con il Pa. riferendo di episodi avvenuti precedentemente rispetto alla vicenda oggetto del capo di imputazione. In particolare, dichiarava che i rapporti con il Pa. risalivano al 2005-2006, allorquando l'imputato, venuto a conoscenza delle difficili situazioni economiche che il dichiarante stava attraversando, si offriva di concedergli in prestito la somma di Euro 30.000 poi effettivamente consegnata in una unica soluzione mediante la dazione di 15.000 Euro in contanti e 15.000 Euro in assegni. Quanto agli accordi di restituzione di tale prestito, la persona offesa precisava di aver sottoscritto 83 cambiali per 1.600,00 Euro cadauna datate dal 2007 al 2011.
Nel 2011, a fronte di un ulteriore prestito di Euro 10.000 consegnati in contanti, Ca.An. corrispondeva a titolo di restituzione la somma di Euro 37.150 mediante cambiali ed assegni.
Ebbene, venendo alla vicenda oggetto del campo di imputazione, nel 2014 la persona offesa, che versava sempre in situazioni economiche difficili date dalla necessità di investire nell'acquisto di macchine da rivendere, riceveva dall'imputato un ulteriore prestito di Euro 30.000 a fronte del quale il C. avrebbe dovuto restituire al Pa., come da accordi, la somma di Euro 96.000 mediante la sottoscrizione di 160 titoli cambiari con scadenza dal 31.05.2014 al 30.11.2027, alcuni per un importo di Euro 600,00, altri per Euro 700,00 - acquisiti al fascicolo del dibattimento che il dichiarante precisava di aver pagato dalla data del 31.05.2014 alla data del 31.10.2015 per un importo complessivo pari a circa Euro 10.000,00.
Tali cambiali sottoscritte dalla persona offesa ed intestate a Pa.Gi. erano nella disponibilità dell'imputato il quale, a fronte del pagamento in contanti da parte del C. dell'importo indicato in ciascun titolo, provvedeva poi alla distruzione del medesimo. Tuttavia, a domanda della difesa, il teste chiariva che non tutti i titoli cambiari venivano distrutti a fronte dei pagamenti eseguiti.
Parimenti, nella disponibilità dell'imputato vi era una scrittura privata del 2.5.2014 con firma di C. confluita in atti - che recitava testualmente: "Io sottoscritto Ca.An. dichiaro che tutti gli effetti cambiali di 600 Euro a partire dal 31/05/2014 fino al 31/07/2027 ciascuno con cadenza mensile ad esclusione di agosto 2015 e agosto 2016 e quelli effetti cambiali di 700 con scadenza agosto, settembre, ottobre, novembre 2027 sono stati da me firmati e consegnati a Pa.Gi. per adempiere ad un vecchio debito contratto con lui, avendomi lo stesso consegnato partite di denaro in contanti negli anni 2003, 2004, 2005, 2006, 2007, 2008, 2009 che utilizzavo per l'acquisto di autovetture. Puntualizzo altresì che mai il Sig. Pa.Gi. ha preteso da me somme a titolo di interesse sul capitale datomi, infatti lo stesso ha da me ottenuto la sola restituzione del capitale ad eccezione dei titoli che ancora devono scadere e per i quali anche qui non sono stati applicati interessi o spese di alcun genere."
A domanda della Pubblica Accusa, il C. dichiarava di riconoscere la sua firma apposta su tale documento ma precisava che si trattava di uno dei tanti fogli in bianco che il Pa. era solito fargli firmare al fine di precostituirsi "una pezza di appoggio" ove mai avesse avuto necessità di riscuotere i titoli cambiari in banca, circostanza, questa, non emersa in sede di denuncia come dichiarato dal teste su sollecitazione della difesa.
Così ricostruita la deposizione della persona offesa, nella valutazione della stessa questo giudice segue l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale e dalla Corte di Cassazione (cfr. Cass. Sez. V del 14 giugno - 18 settembre 2000 n. 9771, e da ultimo Cass. Sez. II 16 giugno - 11 settembre 2003 n. 35443), che, ormai da tempo ed in modo consolidato, hanno fissato i parametri di riferimento che il giudice deve adottare quando la prova sia rappresentata, anche in via esclusiva, dalle dichiarazioni testimoniali della persona offesa dal reato.
Sul punto è necessario premettere che la persona offesa, pur essendo considerata dal legislatore, anche quando si costituisce parte civile, alla stregua di un qualunque testimone, viene collocata, dalla giurisprudenza, in una posizione diversa, e ciò proprio per il ruolo che assume nell'ambito del processo, sia quando si costituisce parte civile nel processo penale, sia quando non eserciti tale facoltà.
Se infatti il testimone è per definizione una persona estranea agli interessi in gioco del processo, che si limita a rendere una deposizione su fatti a cui ha assistito personalmente, senza altre o diverse implicazioni, la persona offesa è per definizione in posizione di antagonismo nei confronti dell'imputato, per la semplice istanza di ottenere giustizia con la condanna di questi, perché portatore di un interesse privato al buon esito del processo e, con la costituzione di parte civile, di un evidente interesse, di natura economica, alle restituzioni ed al risarcimento del danno.
Ne deriva che se in relazione alla deposizione resa dal testimone vanno seguiti i canoni di valutazione unanimemente e costantemente espressi dalla giurisprudenza, di merito e di legittimità, che si esprimono nel principio secondo il quale il giudice può motivare il proprio convincimento con una valutazione centrata sulla personalità del testimone e sulla attendibilità del contenuto intrinseco della dichiarazione, traendo la prova del fatto rappresentatogli dalla semplice dichiarazione del teste, senza la necessità di altri elementi che ne confermino la credibilità, con riferimento, invece, alla deposizione resa dalla persona offesa occorre svolgere un esame più rigido e rigoroso della attendibilità intrinseca della deposizione, e, qualora la piattaforma probatoria lo consenta, occorre valutare anche gli altri elementi probatori, verificando se gli stessi confortino o meno la detta deposizione (cfr., tra le altre, Cass. Sez. II del 19 novembre 1998 n. 12000).
Ebbene, le dichiarazioni del C. sebbene animate da un interesse particolare nella vicenda, trattandosi della persona offesa del reato costituitasi Parte Civile, risultano complessivamente attendibili, in quanto concise e confortate dal restante materiale probatorio, documentale e dichiarativo. Ed invero, ritiene il Collegio che, al di là di alcune imprecisioni dovute al background socio-culturale, alla tensione della deposizione nonché all'impegnativo atto di accusa mosso nei confronti del Pa., ma anche all'ulteriore circostanza, addotta dallo stesso C. per giustificare qualche imprecisione o confusione, che il rapporto con l'imputato si era protratto per anni e numerose erano le relazioni intervenute tra i due ancor prima della vicenda oggetto del capo di imputazione, le dichiarazioni accusatorie del C. sono sufficientemente chiare e dettagliate, ed intrinsecamente coerenti, consentendo di ricostruire la vicenda consentendone l'inquadramento nell'ambito della fattispecie prevista e punita dall'art. 644 c.p.
D'altronde, le dichiarazioni della persona offesa hanno trovato integrale conferma nella restante istruttoria, in primis nella documentazione acquisita al fascicolo del dibattimento.
In particolare, come riferito dal teste Ce.El. e riscontrato dal verbale di sequestro in atti, la polizia giudiziaria provvedeva a sequestrare al Pa. n. 142 effetti cambiari che erano nella sua disponibilità; n. 1 effetto cambiario relativo al mese di settembre 2015 veniva acquisito in copia presso la banca, mentre i titoli relativi ai mesi di ottobre e novembre 2015 venivano rinvenuti presso la persona offesa.
Si tratta di n. 138 effetti cambiari dell'importo di Euro 600,00 cadauno con cadenza mensile dalla data del 31 gennaio 2016 alla data del 31 luglio 2027 (con esclusione della data del 31 agosto 2016) tutte riportanti come domiciliazione la banca Ca.An.C. ABI 06175 e CAB 74720 e debitore Ca.An. - L.R. snc - 03036 I. del L. (F.); n. 4 effetti cambiari dell'importo di Euro 700,00 cadauno con scadenza mensile dalla data del 31 agosto 2017 alla data del 30 novembre 2027, tutte riportanti come domiciliazione la banca C. - Agenzia C. ABI 06175 e CAB 74720 e debitore Ca.An. - L.R. snc - 03036 I. del L. (F.); a questi effetti cambiari poi occorre aggiungere il titolo acquisito in copia presso la B., ove era stato già presentato all'incasso, relativo al mese di Settembre 2015 nonché i titoli rinvenuti nella disponibilità del C. relativi alle scadenze di ottobre e novembre 2015 per un totale complessivo di 145 effetti cambiari sequestrati confluiti nel fascicolo del dibattimento di cui in copia solo quello relativo alla scadenza di settembre 2015.
Le dichiarazioni rese dalla persona offesa hanno trovato un ulteriore riscontro nelle dichiarazioni del teste Te.Le., dipendente dal 2011 al 2017 presso l'autosalone "M.I. Srl" di Ca.An..
A domanda del pubblico ministero, il teste dichiarava di aver visto numerose volte il Pa.Gi. presso l'autosalone, essendo un rappresentante di gadget pubblicitari.
Precisava però di non aver mai assistito in via diretta a scambi di denaro tra l'imputato e la persona offesa, essendo venuto a conoscenza dei prestiti che il C. riceveva dall'imputato solo in seguito ad uno sfogo che il primo gli fece intorno a Natale 2016.
A tal proposito, proprio il C. gli confidò che per fronteggiare le condizioni economiche difficili in cui versava l'azienda riceveva del denaro in prestito dal Pa.Gi.; il C. gli disse che non sapeva quantificare gli importi in quanto era "uno scambio continuo" e che era "turbato" dalla situazione in quanto tutti gli incassi dell'azienda che aveva un volume di affari di circa un milione di Euro doveva renderli all'odierno imputato per onorare i prestiti ricevuti.
Il dichiarante aggiungeva inoltre che in alcune occasioni in prossimità degli incontri tra il Pa. e il C. che avvenivano presso gli uffici dell'azienda intorno alla fine del 2016 - gli capitò di vedere le cambiali all'interno di un faldone situato in un armadio nell'ufficio personale del C. e finanche sotto ad una fotocopiatrice, qualcuna di importo pari ad Euro 1.600,00 altre di Euro 600,00; a domanda del pubblico ministero riferiva che il C. dopo gli incontri appariva nervoso e turbato non solo per la situazione economica difficile in cui versava l'azienda - il teste sul punto confermava tale circostanza precisando che negli ultimi anni c'era un forte indebitamento societario - ma anche per la necessità, dalla persona offesa confidatagli, di dover "rincorrere queste situazioni" riferendosi ai rapporti con il P..
Il quadro così ricostruito trova infine una ulteriore conferma nelle dichiarazioni rese da Ca.Gi., padre dell'imputato, il quale confermava la circostanza che il Pa.Gi., venuto a conoscenza delle condizioni economiche difficili in cui versava il figlio, gli concesse un primo prestito nel 2007 di Euro 30.000,00 a fronte del quale il Ca.An. sottoscrisse 83 effetti cambiari di 1600,00 Euro cadauno nonché un ulteriore prestito nel 2017 di circa 30.000,00 Euro, sempre finalizzati all'acquisto di macchine e dunque di beni per l'attività aziendale.
A domanda del pubblico ministero, precisava che il figlio accettava questi prestiti perché era "in lato confusionale", "era sempre agitato e nervoso", al punto che arrivò a chiedere anche a lui un prestito, proprio perché "non usciva più da questo tunnel, perché veniva sempre a pagare tutti quanti questi assegni, quest'altra roba di Pa.Gi.".
Ebbene, a fronte di tali elementi emersi nel corso dell'istruttoria, la versione data dall'imputato sottopostosi ad esame deve ritenersi, a parere di questo Collegio, inverosimile e poco credibile.
L'imputato, invero, nel corso del suo esame, rendeva dichiarazioni in gran parte prive di riscontro, tese a negare ogni addebito al fine di screditare del tutto l'attendibilità della persona offesa.
A fronte di domande volte ad evidenziare contraddizioni ed incongruenze, il Pa. non forniva alcuna spiegazione ragionevole.
L'imputato, che svolgeva l'attività di rappresentante di gadget pubblicitari per automobili, dichiarava di aver conosciuto il Ca.An. intorno al 2001-2002 in ambito lavorativo, avendo, successivamente a tale incontro, instaurato con lui un rapporto commerciale di fornitura di gadget pubblicitari per circa un migliaio di Euro l'annuo, dietro la sottoscrizione di un contratto; rapporto proseguito fino circa all'anno 2015.
Venendo ai fatti oggetto di causa, a domanda del pubblico ministero, l'imputato precisava che intorno agli anni 2002-2003 entrava di fatto in società con il C., finanziando l'acquisto di autovetture da rivendere mediante la dazione del corrispondente importo a mezzo assegni o in contanti - direttamente al venditore, amico in comune, un tal G.D.. Nel giro di qualche anno il C., finanziato dal Pa., comprò circa 50/60 macchine per un importo complessivo di Euro 200.000,00; tale importo il C. avrebbe poi dovuto renderlo al Pa., detratti il guadagno e le spese. Quindi, a detta dell'imputato, gli effetti cambiari trovati nella sua disponibilità erano stati sottoscritti dal C. per rientrare di questo debito relativo alla vendita delle autovetture ed erano stati a lui consegnati unitamente ad alcuni effetti cambiari di un suo fornitore "M. Srl"; inoltre, per dimostrare il suo credito, il Pa. stipulava con il C. la scrittura privata di cui agli atti.
Ebbene, tali ultime dichiarazioni dell'imputato, oltre a porsi in contrasto con la granitica congerie accusatoria finora esaminata, non possono dirsi adeguatamente riscontrate dalle prove in atti; appare, inoltre, oltremodo inverosimile la circostanza che l'imputato fosse entrato in società di fatto con la persona offesa al fine di acquistare automobili da rivendere e ciò perché negli anni di interesse la società risultava già in progressiva perdita. Alquanto inspiegabile appare inoltre la circostanza riferita dall'imputato secondo cui egli continuava ad investire nella società per un importo pari ad Euro 200.000 versati nel giro di due anni, nonostante non stesse rientrando neanche di "un euro" rispetto all'investimento complessivo, perché "per un certo periodo noi dovevamo soltanto mettere le macchine là sopra"; macchine, per giunta, che dichiarava di non visionare, limitandosi a corrispondere il prezzo di acquisto direttamente al venditore al quale il C. si rivolgeva.
Risulta infatti obiettivamente difficile pensare alla concessione di ulteriori prestiti da parte del Pa. per spirito umanitario in favore di C. che non riusciva ad onorare i rilevanti debiti già maturati nei suoi confronti.
Né, infine, la ricostruzione fornita dal Pa. può trovare riscontro nella scrittura privata confluita in atti stipulata tra le parti a firma della persona offesa nella quale si dà atto che le cambiali venivano sottoscritte a fronte di prestiti eseguiti dal Pa. al C. per l'acquisto di autovetture.
A tal riguardo occorre, invero evidenziare, come appaia ragionevolmente più credibile la versione fornita sul punto dalla persona offesa allorquando riferiva che il Pa. era solito fargli firmare fogli in bianco per precostituirsi le ragioni giustificatrici all'eventuale incasso delle cambiali in caso di suo inadempimento. Ed, infatti, se così non fosse, e se dunque effettivamente la scrittura privata fosse stata firmata consapevolmente dalla persona offesa, quest'ultima, per negarne la veridicità al fine di sostenere la natura usuraria della condotta, avrebbe potuto più ragionevolmente disconoscerne la firma ivi apposta piuttosto che sostenere la rischiosa tesi che si trattasse di una firma apposta su un foglio in bianco; né peraltro si può escludere che la dimostrata estrema condizione di difficoltà economica finanziaria in cui versava il C. fosse tale da renderlo sempre più debole e soggetto alle altrui pretese al punto da indurlo a sottoscrivere la scrittura privata pur attestante circostanze non corrispondenti al vero.
D'altronde, il tenore del contenuto della scrittura privata in esame nella parte in cui puntualizza che "nessun interesse è mai stato pattuito sul capitale corrisposto" depone nel senso di attribuire credibilità alla versione della persona offesa - secondo cui questo si limitava a firmare fogli in bianco solo successivamente completati nel contenuto e ciò perché non si vede il motivo per cui la persona offesa avrebbe dovuto specificare tale profilo se le pattuizioni risultavano pacificamente lecite.
Verrebbe, infine, da chiedersi il motivo per cui - come emerge dalla scrittura solo a far data del 31.05.2014 il Pa.Gi. cominciò a riscuotere - mediante la sottoscrizione delle cambiali oggetto del giudizio - somme di denaro date in prestito al C. a partire dal lontano 2003, essendo maggiormente logico e credibile sostenere che le cambiali in questione siano state sottoscritte all'atto della dazione della somma data in prestito al C. proprio nel 2014 per un complessivo importo di Euro 30.000,00 come emergente dalle acquisizioni probatorie.
Neppure la deposizione del teste a discarico ha fornito adeguato e idoneo supporto alla versione difensiva: per converso, il teste escusso Na.Do., amministratore della "M. Srl" ha fornito una ulteriore conferma all'ipotesi accusatoria.
Ed invero, il dichiarante attestava la circostanza che gli effetti cambiari da lui sottoscritti per un valore di circa Euro 100.000,00 intestati al C. per l'acquisto di un immobile di sua proprietà erano stati poi da questi girati al Pa., sebbene dichiarasse di non ricordare per quale importo e per quale motivo; precisava, inoltre, che in seguito ad alcune difficoltà economiche affrontate, aveva concordato con il Pa., nuovo creditore, la rinnovazione degli importi i cui interessi, precisa, risultavano pattuiti in misura "troppo alta".
In primo luogo, appare riscontrata la circostanza dell'esistenza di continue partite di dare ed avere aperte tra l'imputato e la persona offesa al punto che, come confermato anche dal teste a discarico, al Pa. venivano altresì girate dal C. le cambiali sottoscrittegli da Nardone; risulta, inoltre, provata la circostanza della pattuizione con il Pa., in sede di rinnovazione delle cambiali emesse, dell'importo degli interessi in quanto pattuiti in misura "troppo alta"; pattuizione che dichiarava essere avvenuta peraltro presso gli uffici dell'azienda della persona offesa.
Così ricostruita l'istruttoria dibattimentale, ritiene questo Giudice che Pa.Gi. deve essere condannato per il reato a lui ascritto, non essendovi dubbio alcuno sulla sua sussistenza, rilevanza penale e riconducibilità dello stesso all'imputato.
Ed invero, alla luce delle dichiarazioni dei testi e della documentazione acquisita, questo Collegio ritiene provata senza dubbio alcuno la natura usuraria in concreto del patto oggetto del capo di imputazione, a nulla rilevando l'effettiva dazione o meno degli interessi. Come riconosciuto dalla Suprema Corte, infatti, il reato di usura si configura come reato a schema duplice e, quindi, si perfeziona con la sola accettazione della promessa degli interessi o degli altri vantaggi usurari, ove alla promessa non sia seguita effettiva dazione degli stessi, ovvero, nella diversa ipotesi in cui la dazione sia stata effettuata, con l'integrale adempimento dell'obbligazione usuraria (cfr. ex multis Cass. Pen. II sez. 15.07.2020 n. 23919).
Ebbene, in via preliminare occorre evidenziare che il reato di usura consiste nel farsi dare o promettere - sotto qualsiasi forma per sé o per altri, interessi o altri vantaggi usurari, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altre utilità.
La forma della c.d. usura "in concreto" o "soggettiva" che, a parere di questo Collegio, deve ritenersi configurata nel caso di specie, individua, a differenza della c.d. usura "ex lege" o "presunta" concernente la pattuizione di interessi usurari oltre il limite previsto dalla legge ai sensi dell'art. 644 comma 3 primo periodo c.p., una fattispecie criminosa volta a descrivere la relazione economica usuraria secondo una prospettiva tradizionale, per cui l'integrazione del reato richiede due requisiti, un rilevante squilibrio, valutato in relazione alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, fra la prestazione erogata dall'agente e la controprestazione promessa o pagata quale corrispettivo dal soggetto passivo nonché le condizioni di difficoltà economica o finanziaria del soggetto che dà o promette il corrispettivo usurario.
Quanto al primo requisito, il concetto di sproporzione allude a uno squilibrio di valore fra le prestazioni reciproche, purché di tale intensità da condurre all'alterazione del sinallagma contrattuale stesso.
Il concetto, infatti, deve essere valutato internamente alla relazione contrattuale: l'eventuale allontanamento dell'interesse o del vantaggio dalla misura del corrispettivo mediamente applicata sul mercato rappresenta solo uno dei parametri sia pur normativamente imposto - alla luce del quale motivare l'esistenza di uno squilibrio nel singolo rapporto. La prestazione "sproporzionata", insomma, non è quella "anomala" rispetto a una misura di normalità, bensì è quella priva di titolo giustificativo nella controprestazione. In questa prospettiva si chiarisce il significato del puntuale riferimento alle "concrete modalità del fatto" che, lungi dal costituire una generica clausola di stile, impone la disamina della relazione e del suo contesto in tutti gli aspetti rilevanti al fine di individuare le caratteristiche che appaiano svantaggiose per uno dei contraenti.
Con riferimento al secondo elemento costitutivo della fattispecie relativo alle condizioni di difficoltà economica o finanziaria, la "condizione di difficoltà economica" della vittima consiste in una carenza, anche solo momentanea, di liquidità, a fronte di una condizione patrimoniale di base nel complesso sana; la "condizione di difficoltà finanziaria" investe, invece, più in generale l'insieme delle attività patrimoniali del soggetto passivo, ed è caratterizzata da una complessiva carenza di risorse e di beni (Cfr. Cass. Pen., II Sex. 29.03.2017, n. 26214; Cass. Pen., II Sez. 25.03.2014 n. 18778).
Applicando tali principi al caso in esame, occorre in primo luogo evidenziare che l'istruttoria ha consentito di accertare, secondo il narrato della persona offesa da considerarsi attendibile per le ragioni suesposte oltre che riscontrato dalle deposizioni degli altri testi escussi, che quest'ultimo, a fronte del debito contratto per Euro 30.000,00 con il Pa. nell'anno 2014, avesse sottoscritto n. 160 effetti cambiari da Euro 600,00 cadauno - 700,00 per 4 effetti cambiari relativi agli ultimi mesi del 2027 - con scadenza mensile dal 31.05.2014 al 30.11.2027 per un importo complessivo pari ad Euro 96.400,00, di cui onorati dal 31.04.2014 al 31.10.2015 per la somma pari a circa Euro 10.000,00.
Di questi n. 160 titoli cambiali sottoscritti, sono stati acquisiti al fascicolo del dibattimento n. 145 effetti cambiari di cui 143 non onerati relativi al mese di Novembre 2015 nonché relativi ai mesi dal 31.01.2016 al 30.11.2027; e n. 2 già onerati relativi al mese di Settembre 2015 - acquisito in copia presso la banca - e Ottobre 2015. La differenza tra il totale complessivo delle cambiali emesse (n.160) e quelle acquisite al fascicolo del dibattimento (n. 145) è data dalla circostanza che le cambiali già onerate dal 31.05.2014 al 31.07.2015 (n.14) non sono state rinvenute in quanto probabilmente distrutte all'atto del pagamento, come riferito dalla persona offesa, a cui deve aggiungersi quella relativa alla scadenza del mese di Dicembre 2015 che, sebbene non ancora onerata, non veniva rinvenuta all'atto del sequestro eseguito da parte della p.g. operante.
A ben vedere, la circostanza della sottoscrizione delle cambiali per un complessivo importo di Euro 96.400,00 dimostra l'elemento dello squilibrio sussistente tra le reciproche prestazioni: a fronte dell'ammontare del prestito originario pari ad Euro 30.000,00 così come confermato dalla persona offesa e riscontrato dalle deposizioni testimoniali rese dal teste Ca.Gi. e Te.Le. l'imputato si faceva dare o promettere interessi che, a prescindere dal tasso soglia determinato dal legislatore, devono ritenersi senz'altro sproporzionati rispetto al prestito iniziale, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto attestanti una continua soggezione della persona offesa all'imputato tanto da non riuscire ad uscire dal circolo vizioso che si era innescato nel quale finiva per destinarvi tutti i ricavi ottenuti dalla società, poi peraltro fallita.
Parimenti provato deve inoltre ritenersi l'elemento della condizione di difficoltà finanziaria in cui versava la persona offesa: in tal senso, depone invero, non solo quanto dichiarato dal padre della persona offesa nella parte in cui riferisce che il figlio si rivolse anche a lui per ottenere un prestito, stante la difficoltà economica in cui versava l'azienda a causa della crisi del settore ed agli ingenti investimenti a cui doveva far fronte per l'acquisto delle autovetture da rivendere, ma anche da quanto riferito dal dipendente della società, Te.Le., il quale in virtù del ruolo ricoperto nell'amministrazione della compagine societaria ebbe modo di appurare il forte indebitamento societario che l'azienda del C. attraversava nel lasso temporale dei fatti oggetto di causa.
Si tratta, inoltre, di una circostanza confermata proprio dall'imputato allorquando, nel riferire sui primissimi contatti che ebbe con il C. per ragioni lavorative, affermava che i pagamenti delle fatture per la fornitura di gadget pubblicitari non erano sempre regolari; in ogni caso, nel fornire la sua versione dei fatti quanto alla circostanza della sottoscrizione degli effetti cambiari quali corrispettivi di investimenti da lui eseguiti nella società della persona offesa, affermava di non aver guadagnato "un euro" a fronte del denaro che progressivamente investiva nella società del C., confermando, dunque, il dato della difficoltà finanziaria ed economica in cui versava tale la società; difficoltà economica da ritenersi ben radicata se continuava a non produrre utili anche fronte degli asseriti finanziamenti di cui beneficiava grazie al P..
Ciò premesso quanto alla sussistenza degli elementi costitutivi oggettivi del reato di usura, non c'è dubbio, poi, che per il fatto in contestazione sussiste l'elemento costitutivo soggettivo, essendo evidente, alla luce della rilevante sproporzione rispetto all'ammontare del prestito originario, dell'assenza di qualsivoglia contesto lecito della negoziazione e valide ricostruzioni alternative, del tentativo dell'imputato di precostituirsi mediante la stipula della scrittura privata una valida ragione giustificatrice sottesa all'eventuale incasso delle cambiali, la consapevolezza e volontarietà e dunque la sussistenza del dolo generico in capo all'imputato.
Ebbene, ritenuta la responsabilità dell'imputato in ordine al reato contestatogli, con riferimento al trattamento sanzionatorio, lo stato di incensuratezza e le condizioni di particolare disagio socio-culturale del Pa. in uno con la necessità di proporzionare la pena all'oggettiva gravità del fatto rappresentano elementi positivamente valutabili ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in favore dell'imputato.
Pertanto, alla luce di tutti i criteri individuati dall'art. 133 c.p., tenuto conto della gravità del fatto, desunta dalla natura e tipologia della condotta usuraria, dall'ammontare della pattuizione e dalla personalità dell'imputato, il Collegio ritiene pena finale equa quella di due anni di reclusione così determinata:
- Pena base anni tre di reclusione ed Euro 15.000,00 di multa - apparendo giustificato un discostamento dal limite minimo edittale previsto per legge in ragione delle concrete modalità del fatto e della particolare insidiosità della condotta ripetuta nel tempo;
- R. ad anni due di reclusione ed Euro 10.000,00 di multa per la concessione delle circostanze attenuanti generiche;
Segue per legge il pagamento delle spese processuali.
Non appaiono sussistere elementi ostativi - di ordine formale o sostanziale, anche in ragione della incensuratezza dell'imputato al riconoscimento al Pa. del beneficio della sospensione condizionale della pena di cui all'art. 163 c.p.
In virtù di quanto previsto dall'art. 58 L. n. 689 del 1981, non si ravvisano i presupposti per procedere alla sostituzione della pena detentiva ex art. 545 bis c.p.p., tenuto conto della gravità obiettiva della condotta, del considerevole danno dalla stessa provocato e del conseguente allarme sociale che desta il fatto in giudizio.
Tali elementi portano ad escludere che le pene sostitutive di cui agli artt. 53 ss. L. n. 698 del 1981 possano rivelarsi idonee a soddisfare le esigenze di rieducazione dell'imputato e prevenire, allo stesso tempo, il pericolo di reiterazione di altri reati.
Stante l'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, Pa.Gi. deve essere condannato ai risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede, in favore della costituita parte civile, nonché al pagamento delle spese di giudizio da questa sopportate, che si liquidano, tenuto conto della concreta attività istruttoria e del numero di udienze, in Euro 3.000,00, oltre IVA, CPA e spese forfettarie come per legge nella misura del 15 %..
Non essendo emersa una prova, del quantum di danno patito - essendo risultato che la persona offesa ha onerato le cambiali sino ad ottobre 2015 - deve rigettarsi la richiesta di provvisionale.
Deve infine disporsi la confisca e allegazione agli atti delle cambiali acquisite al fascicolo del dibattimento, trattandosi di cose che ai sensi dell'art. 240 c.p. servirono o furono destinate a commettere il reato, non sussistendo i presupposti per dispone la confisca per equivalente ai sensi dell'art. 644 ult.comma c.p.
Ai sensi dell'art. 544, comma 3, c.p.p., tenuto conto del carico che grava sull'ufficio giudiziario, appare opportuno riservare il termine di giorni novanta per il deposito delle motivazioni della presente sentenza.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara Pa.Gi. responsabile del reato ascrittogli e, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena di due anni di reclusione e diecimila Euro di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visto l'art. 163 c.p., ordina che la pena resti sospesa per il termine di cinque anni.
Visto l'art. 538 c.p.p., condanna Pa.Gi. a risarcire alla parte civile i danni subiti in conseguenza del reato accertato, da determinarsi in sede civile, nonché a rifondere le spese sostenute dalla stessa per la costituzione nel presente giudizio e la partecipazione allo stesso, che si liquidano in complessivi 3.000,00 Euro, oltre spese generali, i.v.a. e Cassa professionale.
Visto l'art. 240 c.p., ordina la confisca e allegazione agli atti delle cambiali acquisite al fascicolo del dibattimento.
Visto l'articolo 544 comma 3 c.p.p., fissa in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Cassino il 13 febbraio 2024.
Depositata in Cancelleria il 30 aprile 2024.
06-12-2024 21:08
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