L’ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con sentenza di condanna non è soggetto a prescrizione.
L'ordine di demolizione ha carattere “reale”, in quanto produce effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l’autore dell’abuso, non può dunque ricondursi alla nozione convenzionale di “pena” nel senso elaborato dalla giurisprudenza della Corte EDU.
Si tratta, prosegue la Corte, di una impostazione di recente confermata dalla Cedu (Sezione I, 12 settembre 2024 Longo c/ Italia Application n. 35780/18) che ha precisato che sebbene l’ordine di demolizione sia stato emesso in ambito penale, il suo scopo deve ritenersi ripristinatorio - riportare il sito al suo stato precedente - e non punitivo. Per cui non essendovi alcuna “pena”, ai sensi dell’articolo 7 della Convenzione, l’ordine di demolizione “non poteva e non può essere soggetto a prescrizione”.
In tal senso, prosegue la decisione, va richiamato anche quanto osservato dalla Corte costituzionale (sentenza dell’8 luglio 2021 n. 146) con riferimento alla confisca lottizzatoria, dove si è statuito, secondo un principio estensibile anche al caso in esame atteso che si tratta di rimedio ispirato anche esso, come la demolizione, a finalità ripristinatorie, che la natura amministrativa della sanzione “non è di per sé incompatibile con il fatto che essa debba essere irrogata nel rispetto di quanto prevede l’art. 7 CEDU per le sanzioni di natura punitiva, considerato che ciò corrisponde alla necessità di salvaguardare l’effettività delle garanzie convenzionali e i connessi profili sostanziali di tutela”.
In altri termini, e nell’ambito di un inevitabile discorso di sistema, argomenta la Cassazione, l’ordine di demolizione si inserisce in un complesso articolato normativo di ripristino del territorio comprensivo della confisca, “sviluppato con varietà di iniziative tutte comunque dirette alla funzione di riassetto del territorio e della legalità urbanistica violata, rispetto al quale la stretta correlazione, sul piano funzionale, dei due predetti rimedi, non può che portare a riconoscere ad entrambi il carattere di misure amministrative ripristinatorie e non di pena”.
La Terza sezione penale ribadisce poi che il diritto all’abitazione, riconducibile agli artt. 2 e 3 Cost. e all’art. 8 CEDU, non è tutelato in termini assoluti, “ma è contemperato con altri valori di pari rango costituzionale, come l’ordinato sviluppo del territorio e la salvaguardia dell’ambiente, che giustificano, secondo i criteri della necessità, sufficienza e proporzionalità, l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo, sempre che tale provvedimento si riveli proporzionato rispetto allo scopo che la normativa edilizia intende perseguire, rappresentato dal ripristino dello status preesistente del territorio”.
E l’Autorità giudiziaria, nel dare esecuzione all’ordine di demolizione di un immobile abusivo costituente l’unica abitazione familiare, è tenuta a rispettare il principio di proporzionalità enunciato dalla giurisprudenza della Corte EDU (21/04/2016, Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria, e della Corte EDU, 04/08/2020, Kaminskas c. Lituania), a condizione che chi intenda avvalersene si faccia carico di allegare, in modo puntuale, i fatti addotti a sostegno del suo rispetto. “Tali fatti - conclude la Corte - non possono dipendere dalla inerzia del ricorrente ovvero dalla volontà sua o del destinatario dell’ordine, non potendo il condannato lucrare sul tempo inutilmente trascorso dalla data di irrevocabilità della sentenza, posto che l’ingiunzione a demolire trova causa proprio dalla sua inerzia”.
11-12-2024 22:34
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