Foggia. Dipendente del Comune, tenta di trarre in inganno l'amministrazione di appartenenza, presentando una richiesta di congedo straordinario per usufruire di un periodo di cure termali e poi allega un falso attestato di frequenza delle cure termali, al fine di procurarsi un ingiusto profitto.
Cass. pen., Sez. II, Sent., (data ud. 29/09/2023) 31/10/2023, n. 43841
TRUFFA
Intestazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BELTRANI Sergio - Presidente -
Dott. MESSINI D'A. Piero - Consigliere -
Dott. BORSELLINO Maria D. - rel. Consigliere -
Dott. PARDO Ignazio - Consigliere -
Dott. AIELLI Lucia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A., nato a (Omissis);
avverso la sentenza resa l'11 febbraio 2022 dalla Corte di Appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa BORSELLINO MARIA DANIELA;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
TOCCI Stefano che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;
Sentite le conclusioni dell'avv. FERRAGONIO Francesco Paolo che ha insistito nel ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza resa dal Tribunale di
Foggia il 24 settembre 2019 che aveva condannato A.A. in ordine al delitto di tentata truffa aggravata in
danno del Comune di Foggia. Si addebita all'imputato, nella qualità di dipendente del Comune di Foggia,
di avere tentato di trarre in inganno l'amministrazione di appartenenza, presentando una richiesta di
congedo straordinario per usufruire di un periodo di cure termali e di avere poi allegato un falso
attestato di frequenza delle cure termali, al fine di procurarsi un ingiusto profitto.
2. Avverso detta sentenza propone ricorso l' imputato con atto sottoscritto dal difensore di fiducia
deducendo:
2.1 Violazione dell'art. 640 c.p. e art. 546 c.p.p. e vizio di motivazione poichè la falsa attestazione è stata
presentata da A.A. alla sua amministrazione - in epoca successiva alla fruizione del permesso e al
conseguimento della retribuzione, sicchè non si può vertere in tema di delitto di truffa, ma la condotta
integra altro titolo di reato.
Dinanzi a questa specifica censura la corte di appello ha affermato che l' imputato aveva il precipuo
interesse di giustificare la propria assenza per evitare un procedimento disciplinare e il rischio del
licenziamento. In sostanza il falso attestato serviva a giustificare un'assenza dal lavoro e non la
richiesta di potersi assentare, il che incide sulla qualificazione giuridica della condotta.
A sostegno di tale assunto il ricorrente osserva che la sentenza della Corte dei conti ha qualificato la
condotta quale violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quinquies, senza mai parlare di truffa.
2.2 Violazione di legge e vizio di motivazione poichè la Corte di appello ha negato l'applicabilità del
D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quinquies affermando che l'attestazione delle Terme di Porretta non è
equiparabile ad una certificazione medica.
Osserva di contro il ricorrente che ciò che distingue il delitto di truffa da quello di cui all'art. 55
quinquies citato è il momento in cui viene prodotta la certificazione alterata: se la falsa attestazione
precede l'assenza si tratta di truffa aggravata, ma se il documento falso segue l'assenza si versa
nell' ipotesi della fattispecie incriminatrice speciale e, nel caso in esame, poteva essere contestato
soltanto l'addebito di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quinquies, proprio perchè norma speciale.
2.3 Violazione dell'art. 603 c.p.p. e vizio di motivazione poichè la Corte ha negato l'acquisizione al
processo della documentazione sanitaria allegata ai motivi aggiunti, ritenendola non utile a dimostrare
l'assunto difensivo dell' impossibilità di recarsi alle terme per ragioni di salute impreviste e
l'effettuazione di visita medica nel periodo del permesso, ricompreso tra il 18 settembre e il 17
novembre 2014. La richiesta di rinnovazione era già contenuta nei motivi di appello e con i motivi
aggiunti era stata avanzata l'ulteriore richiesta di acquisizione documentale, che la Corte ha respinto
con motivazione insufficiente. Altrettanto insufficiente la motivazione con cui la Corte ha respinto la
richiesta di prova diretta a dimostrare l'astio provato dal teste B.B. nei confronti dell' imputato e le
condizioni di salute precarie dello stesso A.A. nel periodo in cui avrebbe usufruito indebitamente del
permesso.
2.4 Violazione degli artt. 544 e 546 c.p.p. in relazione all'art. 131 bis c.p. poichè la Corte ha valorizzato la
gravità del danno che in effetti non è stato mai cagionato.
2.5 Violazione degli artt. 544 e 546 c.p.p. in relazione all'art. 62 bis c.p. poichè la richiesta di concessione
delle attenuanti generiche è stata respinta senza considerare il comportamento processuale tenuto
dall'odierno ricorrente e il reato non è stato consumato ma soltanto tentato.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1 Il primo motivo è manifestamente infondato.
Nei contratti che danno luogo ad una prestazione continuativa come il rapporto di lavoro il mancato
rispetto da parte di uno dei contraenti delle modalità di esecuzione del contratto, rispetto a quelle
inizialmente concordate con l'altra parte, unito a condotte artificiose idonee a generare un danno con
correlativo ingiusto profitto, integra l'elemento degli artifici e raggiri richiesti per la sussistenza del
reato di cui all'art. 640 c.p..
E' stato precisato che ai fini della configurabilità del delitto di truffa, l'atto di disposizione patrimoniale,
quale elemento costitutivo implicito della fattispecie incriminatrice, consiste in un atto volontario,
causativo di un ingiusto profitto altrui a proprio danno e determinato dall'errore indotto da una
condotta artificiosa. Ne consegue che lo stesso non deve necessariamente qualificarsi in termini di atto
negoziale, ovvero di atto giuridico in senso stretto, ma può essere integrato anche da un permesso o
assenso, dalla mera tolleranza o da una "traditio", da un atto materiale o da un fatto omissivo,
dovendosi ritenere sufficiente la sua idoneità a produrre un danno. (Sez. U, Sentenza n. 155 del
29/09/2011 Ud. (dep. 10/01/2012) Rv. 251499 - 01) In tema di truffa contrattuale, l' induzione in errore,
mediante raggiro o artifizio, sussiste non solo quando il contraente pone in essere, originariamente,
l'attività fraudolenta, ma anche quando il comportamento, diretto a ingenerare errore, si manifesti
successivamente, nel corso cioè dell'esecuzione contrattuale, in rapporto di causalità con il verificarsi
del danno e dell'ingiusto profitto. (Conf. Sez. 2 n. 4849 del 1974, Rv. 127456).
Nel caso di specie l' imputato ha usufruito di un permesso per cure termali e non si è recato alle terme
allegando su richiesta della P.A. un certificato di presenza falsificato; il fatto che il documento falso sia
stato allegato successivamente non incide sulla natura della condotta che viene qualificata come frode
in ragione del dolo dell'agente di ingannare la controparte. L'elemento che imprime al fatto
dell' inadempienza il carattere di reato è costituito dal dolo iniziale di usufruire indebitamente del
permesso avvalendosi di una documentazione falsa.
1.2 Il secondo motivo è inammissibile per carenza di interesse poichè il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55
quinquies introduce un reato del pubblico dipendente statuendo che "Fermo quanto previsto dal
codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la
propria presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza con altre
modalità fraudolente, ovvero giustifica l'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o
falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la
multa da Euro 400 ad Euro 1.600." Il ricorrente non ha interesse ad invocare una riqualificazione della
condotta in un reato punito con pena edittale più - grave rispetto alla tentata truffa contestatagli -.
Il rilievo è comunque infondato in quanto secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di
legittimità, il delitto di false attestazioni o certificazioni D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ex art. 55-quinquies
può concorrere con la truffa aggravata ex art. 640 c.p., comma 2, n. 1, quando la condotta determina un
danno patrimoniale per l'amministrazione, in conformità alla clausola di riserva di cui al predetto art.
55-quinquies, comma 1, che mantiene "fermo quanto previsto dal codice penale" (Sez. 3, n. 45696 del
27/10/2015, Chianese, Rv. 265400; conf., ex plurimis, Sez. 3, n. 47043 del 27/10/2015, Mozzillo, Rv.
265223).
Il concorso apparente con la norma codicistica deve essere escluso in quanto la fattispecie di cui all'art.
55-quinquies cit. è un reato di mera condotta, mentre la truffa aggravata è reato di evento a dolo
specifico; in altri termini, la fattispecie di false attestazioni o certificazioni ex art. 55-quinquies cit.
richiede, quale elemento costitutivo, la mera giustificazione dell'assenza dal servizio attraverso la
certificazione sanitaria falsa, mentre nella struttura del reato di cui all'art. 640 c.p. gli artifici e raggiri
della truffa, introducono "una serie causale che porta agli eventi di ingiusto profitto con altrui danno
passando attraverso l' induzione in errore" (Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, dep. 2012, Rossi, Rv. 251499)
eventi, l' induzione in errore e un atto di disposizione patrimoniale da parte della persona offesa, cui si
sommano l' ingiusto profitto e il danno. Le due fattispecie non si pongono tra loro in termini di
specialità; il reato di false attestazioni o certificazioni ex art. 55 quinquies cit. richiede, quale elemento
costitutivo, la mera giustificazione dell'assenza dal servizio attraverso la certificazione sanitaria falsa,
mentre nella struttura del reato di cui all'art. 640 c.p. gli artifici e raggiri della truffa, introducono "una
serie causale che porta agli eventi di ingiusto profitto con altrui danno passando attraverso l' induzione
in errore" (Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, dep. 2012, Rossi, Rv. 251499).
Il delitto di false attestazioni o certificazioni di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 55-quinquies, è in
rapporto di specialità con quello di falsità (anche per induzione) di cui all'art. 480 c.p., che, pertanto,
resta assorbito nel primo, non concorrendo con esso. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che,
sebbene vi sia identità della condotta e del documento falsificato, ricorrono nel delitto di cui al D.Lgs. n.
165 del 2001, art. 55-quinquies elementi specializzanti, costituiti dall'oggetto dell'attestazione,
riguardante la sussistenza di una condizione giustificativa dell'assenza lavorativa, e dalla speciale figura
del pubblico ufficiale, indicata in un medico). (Sez. 5 -, Sentenza n. 22281 del 11/05/2022 Ud. (dep.
08/06/2022) Rv. 283524 - 01).
Nel caso in esame è stato contestato dalla Procura della Repubblica solo il reato di cui agli artt. 56 e
640 c.p., mentre era configurabile il concorso materiale con quello di false attestazioni o certificazioni
previsto dall'art. 55-quinquies.
1.3 Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato poichè la Corte ha reso in ordine alla richiesta
di rinnovazione dell' istruttoria - dibattimentale sufficiente motivazione spiegando che la
documentazione medica di cui si chiedeva l'acquisizione non risultava utile o necessaria ai fini della
affermazione di responsabilità in ordine alla frode realizzata dall'imputato.
1.4 Anche la censura in ordine al diniego dell'art. 131 bis c.p. è manifestamente infondata poichè la
Corte ha reso esaustiva motivazione rilevando l'entità del danno, economico e non, cagionato
dall' imputato con la sua condotta, in relazione al lungo periodo di permesso indebitamente fruito, e
all'entità apprezzabile dell' importo del compenso indebitamente ricevuto dalla P.A., come si desume
anche dalla pronunzia della Corte dei Conti in atti, a nulla rilevando che la Amministrazione abbia poi
recuperato le somme, che aveva indebitamente versato al dipendente.
Secondo l'assunto difensivo, ogni delitto tentato in quanto improduttivo di effettivo danno dovrebbe
ritenersi di particolare tenuità e rientrare nell'ambito applicativo della causa di non punibilità ex art.
131 bis c.p., mentre, nell' ipotesi di tentativo, occorre considerare l'entità del pregiudizio che la condotta
risultava idonea a cagionare, secondo un giudizio ex ante.
1.5 La quinta censura è reiterativa e manifestamente infondata poichè l' imputato non ha assunto un
comportamento processuale meritevole di particolare indulgenza e la qualificazione bonaria della sua
condotta come tentativo ha già comportato una riduzione prevista per legge.
2. Per queste ragioni si impone la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con le conseguenti
statuizioni.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di Euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2023
01-01-2024 18:20
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