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Sentenza

Pantesco, per essere votato per il rinnovo del consiglio comunale di Alcamo, consegna a numerosi elettori più pacchi alimentari.
Pantesco, per essere votato per il rinnovo del consiglio comunale di Alcamo, consegna a numerosi elettori più pacchi alimentari.
Cassazione Penale Sent. Sez. 5 Num. 6929 Anno 2023
Presidente: CATENA ROSSELLA
Relatore: CAPUTO ANGELO
Data Udienza: 23/01/2023

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
N.A. nato a P. il ../../.....
avverso la sentenza del 26/02/2021 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO CAPUTO
Rilevato che le parti non hanno formulato richiesta di discussione orale ex art.
23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con
modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, da ultimo, in
forza dell'art. 5-duodecies del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito,
con modificazioni, nella legge 30 dicembre 2022, n. 199.
Lette: la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale della Repubblica
presso questa Corte di cassazione Kate Tassone, che ha concluso per
l'annullamento senza rinvio per prescrizione; la comparsa conclusionale e le
conclusioni, con allegata nota spese, dell'Avv. Giuseppina Barone, per conto delle
parti civili rappresentate, nel senso dell'inammissibilità del ricorso; le
conclusioni, con allegata nota spese, dell'Avv. Angelo Pizzo, per conto delle parti
civili rappresentate, nel senso della conferma della sentenza impugnata; le
conclusioni del difensore del ricorrente Avv. Vito Di Graziano, che ha insistito per
l'accoglimento del ricorso. 
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza deliberata il 26/02/2021, la Corte di appello di Palermo, per
quanto è qui di interesse, ha confermato la sentenza del 06/04/2018, con la
quale il Tribunale di Trapani, sempre per quanto è qui di interesse, aveva
dichiarato A.N., responsabile, in concorso con altre persone (alcune
giudicate separatamente), del reato continuato ex art. 86, d.P.R. 16 maggio
1960, n. 570, in quanto, per ottenere a proprio vantaggio il voto a suo
vantaggio, in particolare, dava a numerosi elettori più pacchi alimentari per
ottenerne il voto per il rinnovo del consiglio comunale di Alcamo tenutosi il 6/7
maggio 2012 (tra novembre 2011 e maggio 2012), condannandolo alla pena di
giustizia e al risarcimento dei danni a favore di varie parti civili.
2. Avverso l'indicata sentenza della Corte di appello di Palermo ha proposto
ricorso per cassazione A.N. , attraverso il difensore Avv. Vito Di
Graziano, articolando sei motivi di seguito enunciate nei limiti di cui all'art. 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia inosservanza degli artt. 208, 209, e 503 cod.
proc. pen. Il giudice di primo grado aveva rigettato la richiesta di citare i testi e
imposto la citazione solo di dieci testi della lista dell'imputato, argomentando
erroneamente che in caso di corruzione elettorale non è necessario citare testi
per ogni accusa, identificandoli addirittura come imputati di reato connesso,
senza porsi il problema che doveva essere il giudicante a stabilirne l'attendibilità
e che la testimonianza poteva accertare l'esistenza del fatto anche con le stesse
parte civili, senza liquidare il danno.
2.2. Il secondo motivo denuncia erronea applicazione dell'art. 544 cod. proc.
pen. Erroneamente N. è stato condannato anche per un reato in
continuazione, perché il G.U.P. aveva disposto non luogo a procedere per il reato
associativo e per il reato di corruzione elettorale relativo alle promesse di posti di
lavoro, sicché i diversi episodi per i quali vi è stato il rinvio a giudizio sono
sempre puniti dall'art. 86 del d.P.R. n. 570 del 1960, il che esclude l'aumento per
la continuazione e la correlazione tra dispositivo e reato contestato.
2.3. Il terzo motivo denuncia violazione dell'art. 68 Cost. e utilizzazione di
una prova illecita, ossia il video relativo non già a una pubblica manifestazione,
ma a una riunione privata all'interno di un locale chiuso, laddove conversazione e
immagini riprese riguardavano un parlamentare.
2.4. Il quarto motivo denuncia inosservanza dell'art. 86 del d.P.R. n. 570 del
1960 e vizi di motivazione. La giurisprudenza di legittimità richiede, ai fini della
sussistenza del reato, l'esistenza di un patto tra elettore e candidato, laddove nel
caso di specie gli elementi acquisiti consentono di ritenere dimostrato
l'interessamento nei confronti di C. per l'accreditamento delle onlus in favore
di G. e altri e, in generale, all'attività di reperimento delle derrate alimentari,
ma di gran lunga nel periodo anteriore al giugno/dicembre 2012, mentre
l'interessamento di N. si manifestava in una ristretto periodo di tempo di
gran lunga antecedente alla tornata elettorale, in un momento in cui le condotte
tipiche del reato di voto di scambio non potevano nemmeno avere inizio, posto
che al mero approvvigionamento delle derrate alimentare non seguiva alcun
pactum sceleris con i presunti elettori, peraltro mai individuati.
Non risulta provato il dolo del concorso nel reato da parte di N., mentre
la generica motivazione sul fatto che alcune onlus si sono costituite per
distribuire derrate alimentari per prendere alcuni voti è illogica, posto che ad
Alcamo le onlus sono oltre 50 e la legge esclude che possano distribuire derrate
un mese prima e un mese dopo le elezioni, con riscontrato nel caso di specie dal
teste C.. Le indagini svolte con le videocamere installate al 23/01/2012
evidenziavano che le operazioni hanno dato esito negativo al prosieguo delle
indagini, mentre la sentenza cita le dichiarazioni dei verbalizzanti che hanno
visto diverse persone uscire dal patronato con buste piene di generi alimentari di
cui indicavano anche la marca, mentre il teste C. e altri hanno riferito che i
pacchi erano sigillati e recavano la stampigliatura "Aiuto CEE", mentre la
conversazione intercettata del 08/11/2011 evidenzia la regolarità della
campagna elettorale.
La Corte di appello non ha tenuto conto del fatto, riportato da una nota dei
Carabinieri, che nel corso del sesto periodo di intercettazioni N. veniva a
conoscenza di essere intercettato e, a quella data distante più di tre mesi dalle
elezioni, non stato fatto alcun atto di rilevanza penale o al massimo sussisteva
l'ipotesi del tentativo.
2.5. Il quinto motivo denuncia inutilizzabilità delle intercettazioni dato che la
comminatoria edittale del reato non rientra nei limiti di ammissibilità previsti
dalla legge.
2.6. Il sesto motivo denuncia erronea applicazione della legge penale e vizi
di motivazione in riferimento al risarcimento del danno alle parti civili e la
subordinazione della pena sospesa a tale risarcimento.
3. Con requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre
2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n.
176 e succ. modif., il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso
questa Corte di cassazione Kate Tassone ha concluso per l'annullamento senza
rinvio per prescrizione; l'Avv. Giuseppina Barone, per conto delle parti civili
rappresentate, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso, depositando
comparsa conclusionale e le conclusioni, con allegata nota spese; l'Avv. Maurizio
Ferrantelli, per conto delle parti civili rappresentate ha depositato conclusioni,
con allegata nota spese, chiedendo la conferma della sentenza impugnata;
nell'interesse del ricorrente, l'Avv. Vito Di Graziano ha insistito per l'accoglimento
del ricorso e, in via subordinata, si è associato alle conclusioni del P.G.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è inammissibile, in quanto aspecifico e, comunque,
manifestamente infondato.
Quanto alla citazione di «tutti gli elettori di Alcamo» (così come evidenziato
dalla sentenza di impugnata), la Corte distrettuale ne ha rilevato la superfluità,
non dovendosi accertare la regolarità delle elezioni: sul punto, il ricorso si sottrae
alla specifica ed efficace disamina critica delle valutazioni del giudice di appello,
valutazione, peraltro, all'evidenza ineccepibile.
Quanto alla citazione dei testi che il ricorso indica come quelli iscritti alle
associazioni promosse dal ricorrente, il ricorso lamenta che ne siano stati
ammessi solo dieci.
Al riguardo, la sentenza di primo grado (oltre a dare atto delle testimonianze
rese in dibattimento e delle dichiarazioni acquisite nel corso delle indagini da
alcune persone informate sui fatti), rilevava che erano state ammesse «tutte le
prove testimoniali (esclusa la citazione di tutti gli elettori del Comune di
Alcamo)». Al riguardo, l'atto di appello, oltre a censurare la mancata citazione di
tutti gli elettori di Alcamo, deduceva che l'autorizzazione alla citazione di dieci
testi per imputato, non aveva consentito di verificare se gli iscritti alle
associazioni avessero preso derrate alimentari in cambio del voto. La censura era
del tutto aspecifica, in quanto in toto svincolata dalla valutazione della
utilità/superfluità della richiesta alla luce dell'ampio ed eterogeneo compendio
probatorio acquisito e valorizzato dal Tribunale di Alcamo.
Il motivo di ricorso reitera la doglianza, incorrendo nel medesimo nel
medesimo profilo di irritualità, essendo svincolata dalla compiuta specificazione
dei mezzi di prova ammessi, tanto più che, come questa Corte ha avuto modo di
puntualizzare in tema di prova testimoniale, la parte che abbia presentato una
lista testi ritenuta sovrabbondante e che abbia esercitato la facoltà, attribuitale
dal giudice, di scelta dei testimoni da assumere, non è legittimata a dedurre, in
seguito, la nullità dell'esclusione di quelli non espressamente indicati, essendo
stata la sua scelta liberamente esercitata, con conseguente assenza di ogni
lesione del diritto di difesa (Sez. 3, n. 16677 del 02/03/2021, Ballarini, Rv.
281649 - 03): il ricorso non precisa i criteri in base ai quali sono stati individuati
i dieci testi per imputato che lo steso appello indica come citati, il che rende
anche sotto questo profilo generica la doglianza.
3. Proseguendo l'esame dei motivi afferenti alla provvista probatoria, il
quinto motivo, sull'utilizzabilità delle intercettazioni, è inammissibile.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in
tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l'inutilizzabilità
di atti processuali indicare, pena l'inammissibilità del ricorso per genericità del
motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul
complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la
decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del
23/04/2009, Fruci, Rv. 243416). Il ricorso - oltre a un riferimento, del tutto
generico, ad atti (non meglio specificati) privi di univocità e convergenza - si
sottrae in toto all'adempimento di detto onere di allegazione, onere la cui
osservanza si rivela, nel caso di specie, tanto più necessaria per un duplice
ordine di ragioni.
In primo luogo, l'indirizzo stabile della giurisprudenza di legittimità è nel
senso che la sanzione della inutilizzabilità di cui all'art. 191 cod. proc. pen. è
posta a garanzia delle posizioni difensive e colpisce le prove a carico
illegittimamente acquisite contro divieti di legge, sicché tale inutilizzabilità non
può essere ritenuta al fine di ignorare un elemento di giudizio favorevole alla
difesa (Sez. 3, n. 19496 del 24/09/2015, dep. 2016, Carambia, Rv. 266792;
conf., ex plurimis, Sez. 2, n. 17694 del 17/01/2018, Rv. 272894). Ora, lo stesso
ricorso richiama alcune conversazioni intercettate in quanto ritenute favorevoli
alla tesi difensiva, il che, a maggior ragione, imponeva l'indicazione degli atti
specificamente affetti dal vizio.
D'altra parte, anche la mancata deduzione dell'incidenza sul complessivo
compendio conoscitivo delle conversazioni intercettate di cui si chiede la
declaratoria di inutilizzabilità si rivela, nel caso di specie, particolarmente
rilevante nel rendere inammissibile la doglianza, alla luce della pluralità e
dell'eterogeneità degli elementi - diversi dalle intercettazioni - valorizzati dalle
(sul punto) dalle conformi sentenze di merito. Anche a prescindere dal rilievo che
alcune intercettazioni sono state utilizzate come spunto di indagine (in linea con
Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo, Rv. 277395, che, ribadendo
un consolidato orientamento, ha sottolineato che «il divieto di utilizzazione dei
risultati delle intercettazioni telefoniche in procedimenti diversi da quelli nei quali
sono state disposte, attiene solo alla valutazione di tali risultati come elementi di
prova, ma non preclude la possibilità di dedurre dagli stessi notizie di nuovi reati,
quale punto di partenza di nuove indagini»), mette conto osservare come le
sentenze di merito (e, in particolare, la più diffusa e, sul punto, conforme
sentenza di primo grado) richiamino molteplici, ulteriori elementi di prova: le
dichiarazioni di C., che, riferendo dell'amarezza di B.per il fatto che la
distribuzione del cibo era utilizzata per scopi elettorali, indicò in N. la
persona che supponeva artefice di tale strumentalizzazione; l'attività di
videosorveglianza; lo stretto rapporto tra B. (condannato in via definitiva
per il reato continuato ascritto anche all'odierno ricorrente) e N. dimostrato
dai tabulati; le dichiarazioni di G.P., la quale ha riferito che nel
periodo antecedente le elezioni le era stato chiesto di occuparsi
dell'accreditamento presso il "Banco delle Opere di Carità" di due enti facenti
capo a N.; le dichiarazioni di S.G., a conoscenza del fatto che,
proprio nel periodo prossimo alle elezioni, N. aveva iniziato a distribuire
pacchi alimentari. Proprio la pluralità degli elementi valorizzati ai fini del giudizio
di colpevolezza rende ragione univocamente dell'aspecificità del motivo che non
ha dedotto l'incidenza delle prove di cui si deduce l'inutilizzabilità sul
complessivo compendio indiziario già valutato, in modo da poterne inferire la
decisività in riferimento al provvedimento impugnato. Il che conferma
l'inammissibilità del motivo.
4. Tale ultimo rilievo rende ragione anche dell'inammissibilità del terzo
motivo, che invoca l'inutilizzabilità del video prospettato come prova illecita,
video del quale non si indica in alcun modo il ruolo rivestito nella ricostruzione
dei fatti e della responsabilità di N. da parte dei giudici di merito.
Il motivo, peraltro, è affetto da un ulteriore motivo di inammissibilità, in
quanto la Corte di appello ha messo in luce che la riunione in cui fu girato il
video era aperta al pubblico e finalizzata alla propaganda elettorale; il ricorso
reitera il riferimento alle garanzie assicurate a un parlamentare presente, ma,
anche a prescindere che tali garanzie comunque non riguardavano N., le
Sezioni unite di questa Corte hanno chiarito che le intercettazioni consistono
nella captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra
due o più soggetti che agiscano con l'intenzione di escludere altri e con modalità
oggettivamente idonee allo scopo, attuata da soggetto estraneo alla stessa
mediante strumenti tecnici di percezione tali da vanificare le cautele
ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato, mentre la
registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante
strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, o
comunque sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile, quantunque eseguita
clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di
memorizzazione fonica di un fatto storico (Sez. U, n. 36747 del 28/05/2003,
Torcasio, Rv. 225465). Ne consegue anche la manifesta infondatezza del motivo.
5. Il quarto motivo è del pari inammissibile. Come si è anticipato, l'univoca
finalizzazione a scopi politico-elettorali della distribuzione delle derrate alimentari
(del tutto trascurata dal ricorso) risulta - anche, ma non solo - dai dati probatori
richiamati, il che priva di consistenza le deduzioni del ricorrente circa la prova
dell'accordo con i soggetti che tali derrate ricevevano, così come quelle relative
all'interessamento nei confronti di C. per l'accreditamento delle onlus.
Quanto all'epoca dei fatti, la sentenza di primo grado, che si integra con
quella conforme di secondo grado (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, Annbrosino,
Rv. 209145), evidenzia che due delle tre associazioni furono accreditate presso il
Banco della Carità nel novembre del 2011, mentre la terza fu accreditata nel
febbraio del 2012, a fronte di elezioni comunali tenute nel maggio del 2012:
intervallo che, all'evidenza, non giustifica l'affermazione del ricorrente circa il
periodo di tempo di gran lunga antecedente rispetto alla tornata elettorale
dell'attività del ricorrente.
Le deduzioni relative alla circostanza che a febbraio del 2012 N. venne
a conoscenza delle indagini in atto introducono, al più, questioni di merito, così
come quelle relative alla tipologia e al confezionamento delle cibarie consegnate.
Del tutto aspecifica è la deduzione secondo cui C. avrebbe confermato la
mancata distribuzione di cibo un mese prima e un mese dopo le elezioni,
deduzione peraltro manifestamente inconferente sia rispetto alla ricostruzione in
fatto dei giudici di merito, sia alla sussumibilità della stessa nel paradigma
punitivo di cui all'art. 86 del d.P.R. n. 570 del 1960.
6. Il secondo motivo è anch'esso inammissibile. La Corte di appello ha già
puntualmente replicato all'omologo motivo di gravame rilevando che,
nell'intestazione della sentenza di primo grado era esplicitamente chiarito che in
relazione al reato associativo di cui al capo A) era stata pronunciata sentenza di
non luogo a procedere e che il medesimo capo di imputazione era stato riportato
per rendere meglio comprensibile la contestazione di cui al capo B) relativo
all'art. 86 cit. che rinvia al capo A) per la descrizione del fatto. Il ricorso reitera
censure già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte di merito
(che ha chiarito come l'aumento ex art. 81 cod. pen. riguardi la continuazione
interna, sicché nessun difetto di correlazione tra dispositivo e imputazione è dato
ravvisare), dovendo le stesse essere considerate, pertanto, non specifiche ma
soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere alla tipica funzione di una
critica argomentata alla sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del
17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; conf., ex plurimis, Sez. 6, n. 20377 del
11/03/2009, Arnone, Rv. 243838; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Giagnorio,
Rv. 231708).
7. Il sesto motivo è manifestamente infondato, avendo il giudice di appello
chiarito che la subordinazione della sospensione condizionale della pena al
risarcimento dei danni a favore delle parti civili è imposta, in presenza di una
pregressa condanna con pena sospesa, dalla disciplina di cui all'art. 165, secondo
comma, cod. pen.; argomento, questo, non scalfito dalle deduzioni del
ricorrente.
8. Alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso - che preclude la rilevabilità
della prescrizione del reato che, considerati i complessivi 625 giorni di
sospensione - sarebbe maturata il 18/07/2021, successivamente alla sentenza
impugnata (Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266) - consegue la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di profili idonei
ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento alla Cassa delle ammende della somma, che si stima equa, di Euro
3.000,00, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel giudizio di legittimità
dalla parte civile, che, alla luce delle note spese depositate (dalle quali risulta
che quelle assistite dall'Avv. Angelo Pizzo sono ammesse al patrocinio dello
Stato), si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di
rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che
liquida in complessivi euro cinquemila, quanto alle parti civili assistite dall'Avv.to
Giuseppina Barone, oltre accessori di legge e, quanto alle parti assistite
dall'Avv.to Angelo Pizzo, ammesse al patrocinio a spese dello stato, nella misura
che sara' liquidata dalla Corte di appello di Palermo, con separato decreto di
pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.p.r. 115/2002, disponendo il pagamento
in favore dello Stato.
Così deciso il 23/01/2023.
Avv. Antonino Sugamele

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