Il bancario che non avvisa l'investitore delle perdite: commette il reato di truffa?
È configurabile il delitto di truffa, quando la condotta omissiva della vittima, determinata dal comportamento ingannevole dell'imputato consulente, porti ad una gestione in perdita dei propri investimenti, sulla scorta del fatto che all'investitore venga data una rappresentazione diversa ed erronea, di incremento degli investimenti stessi, attraverso una artificiosa documentazione contabile appositamente creata.
Il caso
Nel caso di specie, l'imputato, direttore di un'agenzia di Private banking, originariamente accusato per diversi reati di furto e truffa, veniva prosciolto, per prescrizione, con conseguente rideterminazione della pena, in ordine ad un reato di truffa aggravata commessa, nei confronti di facoltosi clienti, predisponendo rendicontazioni fittizie che rappresentavano una situazione dei loro investimenti difforme rispetto a quella reale, con conseguente riconoscimento di premi produttività, invece, inesistenti. Veniva condannato al pagamento del risarcimento del danno delle costituite parti civili e proponeva ricorso per cassazione.
Tra i vari motivi deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'assenza di alcuni elementi tipici della truffa, quale la mancanza dell'atto di disposizione patrimoniale da parte della vittima ingannata, la mancanza del danno-profitto ingiusto, che non può essere identificato con l'andamento negativo dell'investimento, atteso che la falsa rendicontazione ha celato le perdite ma non le ha certamente create.
La Corte, con la sentenza in commento ha dichiarato complessivamente inammissibile il ricorso, pronunciandosi, altresì, su varie questioni, interessanti e variegate, sottoposte dall'imputato, cui si ritiene utile fare cenno.
Accertamento della presenza di querela per taluni reati a seguito della l. n. 150/2022
Tra i reati contestati al ricorrente vi erano alcuni furti aggravati per i quali lo stesso riteneva non essere stata presentata la querela. Ebbene, la Corte ha precisato che, nel caso di specie, le persone offese si sono costituite parti civili, esprimendo sia con gli atti di costituzione, che con successive memorie, la propria volontà di querela.
Successivamente all'entrata in vigore della Riforma Cartabia, che ha previsto un diverso regime di procedibilità per taluni reati, la costituzione di parte civile esprime la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa. Tale volontà non richiede formule particolari, ma può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione.
Furto e appropriazione indebita
La Corte, tra l'altro, si pronuncia sul rapporto tra i reati di furto aggravato e appropriazione indebita, atteso che l'imputato aveva richiesto una riqualificazione del primo nel secondo. Secondo i giudici di legittimità, per giurisprudenza costante, risponde di furto aggravato e non di appropriazione indebita il funzionario di banca che, come nel caso di specie, disponga del denaro depositato sul conto corrente, in assenza di delega del correntista alla gestione delle somme o senza il rispetto dei vincoli derivanti da tali deleghe (Cass. n. 2098/2022).
Truffa e omissione di informazioni alla vittima
La questione riguarda la possibilità di ritenere sussistente il danno patrimoniale e la disposizione patrimoniale, conseguente alla condotta artificiosa, atteso che nel caso di specie sarebbe del tutto mancata una vera e propria attuazione di comportamenti dispositivi idonei a bloccare gli investimenti in perdita. Ebbene, come precisa la Corte, nel delitto di truffa, il danno della vittima non deve necessariamente conseguire a condotte attive del raggirato o della persona offesa (ove non coincidano). Infatti, il danno può realizzarsi non solo per effetto di condotte "attive", ma anche quando la vittima, indotta in errore, ometta di compiere attività finalizzate a fare acquisire al proprio patrimonio una concreta utilità economica, alla quale ha diritto e che rimane invece acquisita al patrimonio altrui (Cass. n. 4349/2008).
Nel caso specifico, il comportamento omissivo della vittima è stato determinato dalla condotta ingannevole dell'imputato. In tal modo, la persona offesa ha cumulato un danno nel proprio patrimonio, costituito dalla gestione in perdita dei propri investimenti, attribuibile alla circostanza di una erronea rappresentazione di una situazione di incremento degli investimenti stessi, indotta dalla rendicontazione falsa presentata allo stesso dal consulente.
Perdita di chance
Se è vero che tale falsa documentazione non ha creato perdite ma le ha solo celate e che il danno ingiusto non può identificarsi nell'esito negativo degli investimenti, la Corte evidenzia come è pur sempre necessario "tenere conto della perdita della base patrimoniale investita dai correntisti" e della "perdita di chance" di disinvestire da un tale investimento negativo.
La perdita della possibilità di essere informato e di orientarsi verso un disinvestimento, nel caso in cui ci sia un reale e notevole abbattimento del valore del proprio stato patrimoniale, configura senza dubbio quella concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un vantaggio, ancorchè di non ulteriore perdita di denaro.
È dunque, in questi casi, si configura il reato di truffa quando il danno nei confronti della vittima sia causato da un suo comportamento omissivo determinato dalla condotta ingannevole dell'imputato che, a sua volta, si concretizzi nella continuata gestione finanziaria in perdita dei propri investimenti, ad insaputa dell'investitore.
16-08-2023 23:32
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