Ericino condannato per avere deteriorato due porte ubicate all'interno della canonica della chiesa di San Giovanni Battista di Trapani. Per la Cassazione non integra la esimente dello stato di bisogno attinente all'alimentazione, alle cure mediche e medicinali (eccetto i casi più gravi di indilazionabilità), perché la moderna organizzazione sociale, con vari mezzi ed istituti, appresta agli inabili al lavoro ed ai bisognosi quanto ad essi occorre, eliminando il pericolo di lasciarli privi di cure o di sostentamento quotidiano.
Cassazione Penale Sent. Sez. 2 Num. 31784 Anno 2023
Presidente: BELTRANI SERGIO
Relatore: ARIOLLI GIOVANNI
Data Udienza: 23/06/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C.A. nato a ERICE il .....
avverso la sentenza del 20/09/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI ARIOLLI;
letta la requisitoria del 07/06/2023, del Pubblico ministero, nella persona della
Sostituto procuratore generale Francesca Romana Pirrelli, la quale, sul rilievo della
fondatezza del terzo motivo di ricorso, ha concluso per l'annullamento con rinvio della
sentenza impugnata.
letta la nota di conclusione del 12/06/2023, con cui la difesa dell'imputato ha insistito
per l'accoglimento del ricorso.
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell'art. 23, comma 8, D.L.
n.137/2020 e del successivo art. 8 D.L. 198/2022
RITENUTO IN FATTO
C.A. ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo
del 20/09/2022, con cui è stata confermata la sentenza del Tribunale di Trapani
che ha condannato il ricorrente alla pena di giustizia, in ordine al reato di
danneggiamento, con la recidiva reiterata.
La difesa del ricorrente, con tre motivi, deduce:
1. «Violazione dell'art. 606, lett. b), cod. proc. pen., in relazione alla
condizione di procedibilità del reato in contestazione», poiché in mancanza delle
condizioni per la perseguibilità d'ufficio, diversamente da quanto affermato dal
giudice di merito, non sussiste alcun atto di querela;
2. «Violazione dell'art. 606, lett. e), cod. proc. pen., in relazione all'art. 54
cod. pen.» per avere la Corte d'appello, con motivazione stringata, lacunosa e
manifestamente illogica, disatteso la valutazione delle doglianze mosse nell'atto
d'appello, dalle quali emergevano i presupposti di applicabilità dell'art. 54 cod.
pen. ed in particolare, «la situazione di totale necessità alimentare dell'imputato e
del suo nucleo familiare»;
3. «Violazione dell'art. 606, lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 521,
546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. e agli artt. 41, comma 2 e 131-bis cod.
pen.», per avere la Corte d'appello omesso di motivare dettagliatamente in ordine
alla mancata concessione della causa di non punibilità per particolare tenuità del
fatto, a fronte di elementi che condurrebbero in modo evidente al giudizio di
particolare tenuità: la valutazione globale della vicenda, lo scarso rilievo
economico del danno cagionato, la cessazione del lucro, la vita antecedente al
fatto e il grado di lesione dei beni giuridici protetti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Invero, il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta in modo del tutto
generico il difetto di procedibilità per mancanza di querela è manifestamente
infondato, in quanto l'imputato, in aderenza con l'imputazione, è stato ritenuto
colpevole del delitto di cui all'art. 635, comma 2 n. 1 cod. pen.. «per avere
deteriorato due porte ubicate all'interno della canonica della chiesa di San Giovanni
Battista di Trapani».
Ciò nondimeno, nonostante il reato di cui all'art. 635, comma 2, n. 1 cod. pen.
è procedibile d'ufficio, dalla lettura della sentenza impugnata si ricava che
1'1/06/2018 il parroco della chiesa di San Giovanni Battista «sporgeva querela nei
confronti dell'odierno imputato per il reato asseritamente posto in essere in danno
della Parrocchia, da lui amministrata» e veniva sentito a sommarie informazioni
(acquisite con il consenso delle parti all'udienza del 14/10/2020).
2. Il secondo motivo di ricorso, con il quale si lamenta la mancata applicazione
dell'art. 54 cod. pen., è manifestamente infondato, avendo la Corte di appello fatto
corretta applicazione dell'orientamento di legittimità, secondo cui:
«lo stato di necessità, quale causa di non punibilità di cui all'art 54 cod. pen., deve
consistere in forze estranee alla volontà dell'agente, che lo costringono ad agire in
modo contrario al diritto penale obbiettivo per sottrarre sé stesso od altri al
pericolo di un danno grave alla persona. Il soggetto, in altri termini, si deve trovare
di fronte all'alternativa o di attendere inerte le conseguenze di un danno inevitabile
alla propria o all'altrui persona ovvero di sottrarsi ad esso mediante un'azione o
un'omissione prevista penalmente dalla legge. Non può integrare la esimente
dell'art. 54 cod. pen. citato lo stato di bisogno attinente all'alimentazione, alle
cure mediche e medicinali (eccetto i casi più gravi di indilazionabilità), perché la
moderna organizzazione sociale, con vari mezzi ed istituti, appresta agli inabili al
lavoro ed ai bisognosi quanto ad essi occorre, eliminando il pericolo di lasciarli privi
di cure o di sostentamento quotidiano» (Sez. 6, n. 711 del 18/04/1967,
Rampichini, Rv. 104604-01; in questo senso v. Sez. 4 n. 656 del 08/03/1966, Lo
Coco, Rv. 101577-01; Sez. 6, n. 179 del 30/01/1967, Fenili, Rv. 103819-01; Sez.
4, n. 6635 del 19/01/2017 non mass. in motivazione pag. 3; Sez. 5, n. 21900 del
28/04/2023 non mass. in motivazione pagg. 3-4-).
La sentenza impugnata, con motivazione logica ed esaustiva, ha infatti
evidenziato come la situazione di indigenza prospettata dall'imputato non fosse
per sé idonea ad integrare la scriminante dello stato di necessità, per difetto degli
elementi dell'attualità e dell'inevitabilità del pericolo, atteso che alle esigenze delle
persone che versano in tale condizione è possibile provvedere per mezzo degli
istituti di assistenza sociale (in questo senso Sez. 5, n. 3967 del 13/07/2015, dep.
2016, Petrache, Rv. 265888 in relazione ad una fattispecie in tema di tema di furto
con strappo, di cui all'art. 624-bis cod. pen.).
3. L'ultimo motivo di ricorso, con cui si lamenta la mancata concessione della
causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. è inammissibile, poiché
riproduce pedissequamente profili di censura già proposti con l'atto d'appello e
adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice del
merito.
Tuttavia, siccome «ai fini dell'applicabilità della causa di esclusione della
punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131-bis cod. pen., il
giudizio sulla tenuità dell'offesa dev'essere effettuato con riferimento ai criteri di
cui all'art. 133, comma 1, cod. pen., senza che sia necessaria la disamina di tutti
gli elementi di valutazione ivi previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli
ritenuti rilevanti (ex multis: Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv.
283044-01; Sez. 3, n. 50782 del 26/09/2019, Bardoni, Rv. 277674-01; Sez. 5, n.
660 del 02/12/2019, dep. 2020, P., Rv. 278555-01; Sez. 6, n. 55107 del
08/11/2018, Milone, Rv. 275647-01). La Corte d'appello, con congrua
motivazione, ha negato la concessione della suddetta causa di esclusione della
punibilità in considerazione, da un lato, della gravità del reato, poiché l'imputato
ha danneggiato due porte delle stanze adibite alla distribuzione dei generi
alimentari per le persone bisognose all'interno di un edificio di culto, espressione
di una confessione religiosa e dell'esercizio di culto, in quanto diritti fondamentali
tutelati ai sensi degli artt. 8 e 19 Cost.; e dall'altro lato, del grado di intensità del
dolo, avendo il giudice fatto riferimento alla riprovevolezza della condotta
dell'imputato, per avere in precedenza goduto della beneficienza organizzata
presso il menzionato luogo di culto.
Ciò nondimeno, al riconoscimento della suddetta causa di non punibilità per
particolare tenuità del fatto osta la recidiva reiterata riconosciuta dal giudice del
merito nei confronti dell'imputato, quale ulteriore condizione sintomatica della
accentuata pericolosità sociale dell'imputato.
4. All'inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc.
pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende, così determinata in
ragione dei profili di inammissibilità rilevati (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 23/06/2023
10-09-2023 20:10
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