Trapani: tentato furto al Lido Paradiso. Il caso in Cassazione. Conferma condanna.
Cassazione Penale Sent. Sez. 5 Num. 42326 Anno 2022
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 04/10/2022
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S.F. nato a E. il .....
avverso la sentenza del 20/10/2021 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere EGLE PILLA;
Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale presso la Corte di
Cassazione, LUCIA ODELLO, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 20 ottobre 2021 la Corte di appello di Palermo ha
confermato la sentenza pronunciata in data 15 maggio 2018 dal Tribunale di
Trapani in composizione monocratica nei confronti di S.F. con la
quale l'imputato era stato condannato, all'esito del giudizio abbreviato per il reato
di cui agli artt. 56,624, 625 comma 1 n.2 cod. pen., con recidiva reiterata,
specifica ed infraquinquennale, alla pena di mesi sei di reclusione e trecento euro
di multa. Il Tribunale concedeva allo S.il beneficio della sospensione
condizionale della pena subordinandolo ex art.165 cod. pen. alla prestazione di
attività lavorativa non retribuita per mesi tre.
La contestazione ha quale oggetto un tentativo di furto di quanto custodito
all'interno di una struttura ricettiva balneare denominata "Lido Paradiso",
attraverso l'effrazione delle porte di accesso, evento non verificatosi per
l'intervento del custode che aveva subito richiesto l'ausilio dei carabinieri.
In Trapani il 19 marzo 2018.
2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso l'imputato, attraverso il
difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art.
173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1 Con il primo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione alla configurabilità del delitto nella sua forma tentata.
In particolare, secondo il ricorrente, il giudice di primo grado e poi la Corte
di appello hanno erroneamente e presuntivamente ricavato la penale
responsabilità dello S. unicamente dalla circostanza che lo stesso è stato
trovato all'interno della struttura balneare, non potendosi in realtà ravvisare la
idoneità e univocità degli atti dallo stesso posti in essere.
Al riguardo occorre evidenziare che il ricorrente non solo era individuato
all'interno del lido in orario diurno, ma era anche privo di qualsivoglia mezzo che
gli avrebbe consentito di trasportare gli eventuali arredi presenti nella struttura
balneare, essendo lo stesso giunto in bicicletta.
2.2.Con il secondo e il terzo motivo sono stati dedotti violazione di legge e
vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio per omessa
concessione della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 4 cod. pen. e delle
circostanze attenuanti generiche.
Lamenta il ricorrente che la sentenza impugnata fonda la mancata
concessione della circostanza di cui all'art. 62 n.4 cod. pen. sulla non irrisorietà
del danno avendo il ricorrente reso necessario un intervento ripristinatorio della
integrità delle due cabine di cui aveva forzato le porte, non considerando invece
che la mera forzatura della porta di accesso al lido balneare consente la
concessione dell'invocata attenuante.
Quanto alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, le
stesse sono state negate in ragione della sussistenza di plurimi, recenti e gravi
precedenti penali e dell'assenza di segni di resipiscenza come ricavato
dall'atteggiamento minaccioso e violento tenuto dinanzi al custode anche con i
carabinieri e per le mendaci dichiarazioni rese nel corso del procedimento.
Contrariamente a quanto dunque ritenuto dalla Corte territoriale, la difesa ha
evidenziato che il ricorrente ha comunque ammesso di avere forzato le porte del
lido balneare e siffatto comportamento processuale lo avrebbe reso senz'altro
meritevole delle invocate circostanze attenuanti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Il primo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato.
La Corte territoriale, con motivazione esaustiva e non manifestamente
illogica, ha fatto buon governo del principio ribadito da questa Corte in base al
quale "Per la configurabilità del tentativo rilevano non solo gli atti esecutivi veri e
propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano
fondatamente ritenere che l'agente, avendo definitivamente approntato il piano
criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l'azione abbia la
significativa probabilità di conseguire l'obiettivo programmato e che il delitto sarà
commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà
del reo( Sez.2, n.24302 del 04/05/2017, Rv.269963)".
Con specifico riguardo al tentato furto aggravato con violenza sulle cose e
all'ipotizzato danneggiamento contenuto nel ricorso questa Corte ha altresì
ribadito che "Ai fini della qualificazione del reato come tentativo di furto aggravato
dalla violenza sulle cose o come tentativo di danneggiamento, poiché i due reati
si distinguono non per la materialità del fatto, che può essere identica, ma per la
finalità della condotta, occorre valutare le modalità dell'azione, i mezzi impiegati
per realizzarla nonché le caratteristiche strutturali della cosa mobile, per stabilire
se l'intenzione dell'agente fosse diretta all'impossessamento della cosa mobile o,
invece, al mero deterioramento della stessa"(Sez.5, n.7559 del 13/12/2018
(2019), Rv.275491).
1.1.Nel caso in esame la Corte territoriale ha motivato in modo analitico,
logico e non contraddittorio (p.4) sulle ragioni per cui la condotta realizzata dal
ricorrente integrasse gli estremi del tentativo, avendo lo S. forzato le porte
di ingresso delle baracche utilizzate come magazzino e bar dello stabilimento
balneare, ed essendo in possesso di tutti gli attrezzi per lo scasso.
Le giustificazioni rese dal ricorrente (forzatura dell'accesso per poter riposare
all'interno dello stabilimento), a fronte dei dati fattuali di univoco spessore, cui si
aggiunge il fatto che il ricorrente davanti ai militari minacciava di morte il custode
e provava ad aggredirlo, sono state valutate quale non credibili.
2. Manifestamente infondati risultano anche il secondo e il terzo motivo di
ricorso che non si confrontano con i contenuti della sentenza e con la
giurisprudenza di questa Corte.
Il ricorrente ha forzato la porta di due cabine, e gli oggetti ivi custoditi hanno
un valore non certo irrisorio. Il ricorso non si confronta con la motivazione, che
resiste alle generiche doglianze difensive.
Peraltro, secondo la giurisprudenza di questa Corte "Ai fini della configurabilità
della circostanza attenuante dell'avere agito per conseguire o dell'avere comunque
conseguito un lucro di speciale tenuità prevista dall'art. 62, comma primo, n. 4,
cod. pen., non si deve avere riguardo soltanto al valore venale del corpo del reato,
ma anche al pregiudizio complessivo e al disvalore sociale recati con la condotta
dell'imputato, in termini effettivi o potenziali. (Sez. 3, n. 18013 del 05/02/2019,
Rv. 275950, sia pure con riferimento alla diversa fattispecie di cessione di
stupefacenti).
Analoghe considerazioni vanno svolte con riferimento al terzo motivo,
ampiamente argomentato essendo il diniego delle attenuanti generiche, frutto di
legittimo esercizio di potere discrezionale non sindacabile nella presente sede.
Del resto: "In tema di circostanze, ai fini del diniego della concessione delle
attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti
gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è
sufficiente il riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, purché la
valutazione di tale rilevanza tenga conto, a pena di illegittimità della motivazione,
delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall'interessato. (Sez. 3, n. 2233
del 17/06/2021 (2022) Rv. 282693).
Sul punto la Corte ha congruamente motivato in relazione alle specifiche
dichiarazioni rese dal ricorrente in sede di interrogatorio invocate dalla difesa al
fine della concessione delle circostanze attenuanti generiche.
3.Alla inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali. Consegue altresì, a norma dell'art. 616 cod.
proc. pen. l'onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle
Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del
ricorso stesso, nella misura di euro tremila.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma in data 4 ottobre 2022
Il Consiglire estensore Il Presidente
11-11-2022 05:25
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