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Sentenza

Alcamese, gestore di un istituto di vigilanza, condannato per bancarotta fraudolenta documentale. La Cassazione ha respinto il ricorso.
Alcamese, gestore di un istituto di vigilanza, condannato per bancarotta fraudolenta documentale. La Cassazione ha respinto il ricorso.
Cassazione Penale Sent. Sez. 5 Num. 47137 Anno 2022
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: BELMONTE MARIA TERESA
Data Udienza: 09/11/2022
sul ricorso proposto da
SENTENZA
T.S.  nato a A. il ………….
avverso la sentenza del 30/03/2021 della CORTE di APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Maria Teresa BELMONTE
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale, Andrea
VENEGONI, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, emessa in data 30 marzo 2021, la Corte di appello di Palermo ha
confermato la decisione del giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Trapani, che,
nel giudizio abbreviato, aveva dichiarato S.T. colpevole del reato a lui ascritto di
bancarotta fraudolenta documentale perché, quale titolare della ditta individuale E.,
dichiarato fallito il 28 febbraio 2017, allo scopo di procurare a sé un ingiusto profitto e di arrecare
pregiudizio ai creditori, ometteva di tenere regolarmente i libri e le altre scritture contabili della
società, così rendendone impossibile le ricostruzione del patrimonio e degli affari, e per avere
sottratto il libro degli inventari con riferimento a tutte le annualità, salvo il 2002, i registri i.va.
acquisti e vendita 2016.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, per il tramite del difensore di ufficio, avvocato
R.C. , che svolge due motivi.
2.1. Violazione di norma processuale e nullità della sentenza per omessa acquisizione di una
prova decisiva, costituita dall'impegno di affitto dell'immobile, in cui aveva sede la ditta
individuale del ricorrente, a sua firma, in quanto unico conduttore, e rilasciato alla neocostituita
Europol s.r.I., nonché degli estratti dei verbali delle udienze dinanzi al Giudice fallimentare, tutti
già presenti nel fascicolo delle indagini preliminari. Tale acquisizione era finalizzata alla prova
della buona fede del ricorrente che aveva informato la Prefettura e la Questura di Trapani delle
attività di vendita di beni effettuata dalla fallita.
2.2. Vizi della motivazione della sentenza impugnata in violazione dell'art. 192 co. 3 cod. proc.
pen.. avendo la Corte di appello confermato l'affermazione di responsabilità per il delitto
contestato, pur in mancanza della prova dell'elemento oggettivo e di quello psicologico dei reato,
altresì omettendo una compiuta disamina dei motivi con cui si invocava la riqualificazione del
fatto ai sensi dell'art. 217 L.F. Contesta il ricorrente punto per punto la motivazione della
sentenza con riguardo alle singole voci imputate, osservando come il debito nei confronti dei
dipendenti dichiarato dal T. corrisponda a quello dichiarato nello stato passivo dalla
curatela; lo stesso vale per il pagamento dei debiti verso i dipendenti, onorati mediante
pagamenti per cassa; quanto alle perdite sui crediti della società verso i clienti, viene invocato
l'elaborato del consulente di parte, sostenendosi la corretta rappresentazione in bilancio dei
crediti vantati, appostando a conto economico quelli ritenuti inesigibili, e, per quanto attiene a
oneri straordinari e minusvalenze ex art. 109 co.3, viene ancora una volta invocato l'elaborato
di consulenza da cui emerge che trattasi di costi per affitti, bollette, spese quotidiane del
ricorrente, imprenditore individuale. Si contesta la sussistenza del dolo e si invoca la
riqualificazione in bancarotta semplice, non potendo desumersi l'elemento soggettivo dallo stato
delle scritture contabili ( sez. 5 n. 15811/2020)
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Secondo la ricostruzione proveniente dai giudizi di merito, il ricorrente - titolare della
ditta individuale 'Europol', per cui è stato dichiarato fallito - aveva creato una società di capitali,
omonima della prima - denominata 'Europol s.r.l.', aveva ceduto a quest'ultima società tutti i
beni della ditta individuate che, tuttavia, continuava a operare per circa 10 mesi, anche in
assenza di beni aziendali. Al momento del fallimento - richiesto su iniziativa dei dipendenti -
erano esistenti debiti nei confronti dell'erario e dei dipendenti, una parte consistente dei quali
non risultanti dalle scritture contabili, solo parzialmente tenute, mentre altre risultano occultate.
2.11 primo motivo è manifestamente infondato, oltre che carente di interesse, dal momento che
- essendosi svolto il giudizio con il rito abbreviato - lo stesso ricorrente dà atto della presenza
della documentazione che - non è dato comprendere per quale esigenza processuale - la Difesa
aveva chiesto al GUP di acquisire nuovamente. Del resto, a volere ritenere la prospettazione
della mancata valutazione di una prova decisiva, l'infondatezza risiede in ogni caso nella mancata
allegazione della decisività, non risultando chiaramente espresso nel motivo le ragioni della
decisività dei documenti rispetto alle contestazioni che riguardano ipotesi di bancarotta
documentale.
3. Il secondo motivo al di là della formale censura diretta alla motivazione della decisione
impugnata - risulta, in realtà, inammissibilmente finalizzato a una rivalutazione delle risultanze
probatorie, neppure confrontandosi con la motivazione con la quale la Corte di appello ha
spiegato che le innumerevole false attestazioni contabili ( in specie, la mancata annotazione
dell'avvenuto pagamento in favore della fallita delle somme dovute da numerosi debitori della
società, che si erano avvalsi del servizio di vigilanza, laddove l'unico attivo rinvenuto dal curatore
è costituito da euro 27.824,79 presente su un conto corrente della Banca Credem di Trapani, e
euro 4544,73 su un conto corrente di Poste Italiane, nonché da due assegni per complessivi
euro 430,00), che non hanno consentito la ricostruzione della situazione contabile e finanziaria
e l'andamento patrimoniale della ditta del T,, sono in realtà teleologicamente orientate ad
occultare rilevanti distrazioni di somme di danaro da parte del T., tanto che è stata disposta
la trasmissione degli atti al P.M. per il delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva. Per quanto si
legge in sentenza, il ricorrente, da un lato, ha sottratto alcune scritture contabili, indicate in
imputazione, mai consegnate alla curatela né rinvenute dalla p.g.; dall'altro, ha assolto
all'obbligo di tenuta della contabilità solo formalmente ma non sostanzialmente giacché la
documentazione, solo parzialmente presentata, si è rivelata incongruente e inattendibile ( pg.
11 primo grado e pg. 8 sentenza impugnata ).
3.1. Sotto il profilo soggettivo, da tempo, si è evidenziato che, per la ipotesi c.d. "generale",
la legge prevede solo il dolo generico, consistente nell'intenzione dell'agente di rendere
impossibile o estremamente difficile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari,
non essendo, per contro, necessaria la specifica volontà di impedire quella ricostruzione
(Sez. 5, n. 5264 del 17/12/2013 (dep. 2014 ) ,Rv. 258881 -), affermandosi che la formula
legislativa " in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento
degli affari" connota la condotta (e, dunque, l'elemento materiale del reato) e non la volontà
dell'agente, così da escludere che la stessa possa configurare un dolo specifico. In sintesi, si
ritiene che l'ostacolo alla ricostruzione del patrimonio e del volume di affari dell'impresa
costituisca una connotazione modale della condotta oggetto di incriminazione, ritenendo cioè
tipici solo quei comportamenti che si risolvano in una oggettiva compromissione della utile e
immediata fruizione dei dati contabili da parte degli organi fallimentari.
3.1.1. Il dolo specifico, configurato dalla locuzione " con lo scopo di recare a sé o ad altri un
ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori" è richiesto, invece, per le ipotesi di cd.
bancarotta documentale "specifica". L'utilizzo della disgiuntiva tra le ipotesi che integrano il dolo
specifico richiesto per la configurabilità della fattispecie di bancarotta documentale specifica ha
fatto ritenere che, accanto allo scopo di recare pregiudizio ai creditori ( animus nocendi) sia
contemplato, alternativamente, lo scopo di recare a sé o ad altri un ingiusto profitto ( animus
lucrandi), sicchè la prova di uno dei due diversi intenti è sufficiente all'affermazione di
responsabilità ( Sez. 5 n. 43966 del 28/06/2017, Rv. 271611; Sez. 5 n. 18634 del 01/12/2017,
Rv. 269904; Sez. 5 n. 17084 del 09/12/2014 , dep. 2015, rv. 263242): pertanto, per la
configurazione delle ipotesi di reato di sottrazione, distruzione o falsificazione di libri e scritture
contabili previste dall'art. 216, primo comma n. 2 prima parte della legge fallimentare, è
necessario il dolo specifico, consistente nello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto
o di recare pregiudizio ai creditori, mentre il reato si perfeziona indipendentemente
dall'impossibilità di ricostruire la contabilità dell'impresa, non essendo tale evento riconducibile
a detta ipotesi, ma soltanto alla quarta declinata dall'art. 216 co.1 n. 2 L.F., concernente la
irregolare tenuta dei libri contabili (Sez. 5, n. 3951 del 18/02/1992, Rv 189813).
3.1.2. Diversamente, nella bancarotta semplice ex art. 217, comma secondo, legge fall., -
che si distingue da quella fraudolenta documentale in relazione al diverso atteggiarsi
dell'elemento soggettivo - l'elemento soggettivo può essere indifferentemente costituito dal
dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l'agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice
negligenza, di tenere le scritture contabili, percependosi la differenza tra i due elementi
psicologici richiamati, nel fatto che soltanto quello che caratterizza la bancarotta fraudolenta,
deve risultare arricchito di componenti soggettive che afferiscano esplicitamente al tema della
messa in pericolo dell'interesse dei creditori ad una ricomposizione completa ed esaustiva delle
scritture sociali attinenti a tutte le iniziative economiche della società: un interesse che, a sua
volta, viene generalmente desunto da indicatori precisi quali la consistenza del materiale
documentale tenuto in violazione di legge oppure la correlazione di tale condotta con attività
distrattiva che il disordine contabile appaia destinata, per l'appunto, a celare ( Sez. 5, n. 40015
del 2014, n.m.). Questo vuol dire che il dolo generico della fattispecie di bancarotta documentale
c.d. "generale" deve essere desunto, con metodo logico-inferenziale, e, quindi, non può essere
tratto dal solo fatto, costituente l'elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia
tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, poichè
è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l'imputato abbia avuto
coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare
semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta,
atteso che, in quest'ultimo caso, si integra l'atteggiamento psicologico del diverso e meno grave
reato di bancarotta semplice di cui all'art. 217, comma secondo, legge fall. (Sez. 5, n. 172 del
07/06/2006 (dep. 2007 ) Rv. 236031; conf. Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014 Rv. 262384 -
01). In tale ottica, si afferma che la formula legislativa " in guisa da non rendere possibile la
ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari" connota la condotta (e, dunque,
l'elemento materiale del reato) e non la volontà dell'agente, così da escludere che la stessa possa
configurare un dolo specifico.
3.2. Ciò posto, nel caso di specie, come emerge dalla imputazione, risultano contestate
entrambe le fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale sopra richiamate.
Per giustificare la decisione otto il profilo dell'elemento psicologico del reato, la Corte di appello
ha chiaramente fatto riferimento alla circostanza della mancata annotazione di una consistente
parte del passivo, alla inattendibilità contenutistica delle scritture, ritenendo che esse fossero
state "scientemente e volontariamente tenute in modo da non consentire la ricostruzione del
patrimonio e del volume di affari della ditta... esulando ogni profilo di mera trascuratezza o di
mancanza di diligenza", annotando come "le omissioni nelle scritture contabili non sono né
circoscritte o marginali" .Ha, quindi, motivato specificamente in ordine all'elemento soggettivo,
indicando il carattere funzionale della omessa tenuta delle scritture, e del parziale occultamento
di esse, in quanto attività finalizzata a non svelare la situazione patrimoniale della società, in
danno dei creditori. Si tratta di una motivazione ampiamente satisfattiva dell'onere
argomentativo riguardante l'elemento soggettivo del delitto contestato, avendo la Corte
territoriale desunto un intento fraudolento ben più pregnante della mera consapevolezza di
rendere difficoltosa la ricostruzione dei movimenti di affari della società fallita.
3.3. Correttamente, quindi, la Corte di appello ha escluso la riqualificazione della condotta
nella meno grave fattispecie di cui all'art. 217 L.F., perché non riconducibile ad un mero
disordine contabile ma ad una cosciente e volontaria condotta, in parte omissiva in parte
commissiva tenuta dall'imputato con riguardo all'onere legale di tenuta delle scritture contabili
e dei libri sociali.
4.Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge ( art. 616 cod.proc.pen ) la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità
determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno
2000), al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e
congruo fissare in euro 3000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
e della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso in Roma, il 09 novembre 2022
,Il Consigliere estensore
Il Presidente
Avv. Antonino Sugamele

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