Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Penalista Trapani

Sentenza

Tentata rapina impropria e resistenza a pubblico ufficiale.
Tentata rapina impropria e resistenza a pubblico ufficiale.
Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 01-07-2021) 06-07-2021, n. 25733
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domenico - Presidente -

Dott. DE SANTIS Anna Maria - Consigliere -

Dott. COSCIONI Giuseppe - Consigliere -

Dott. ARIOLLI Giovanni - rel. Consigliere -

Dott. SARACO Antonio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

B.M., nato il (OMISSIS);

J.M., nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 16/04/2019 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ARIOLLI GIOVANNI;

Rito scritto D.L. n. 137 del 2020, ex art. 23, comma 8.
Svolgimento del processo

1. J.M. e B.A.M. ricorrono per cassazione per l'annullamento della sentenza della Corte di appello di Bologna del 16/4/2019 che ha confermato la decisione del GUP del Tribunale di Forlì che ha condannato i ricorrenti in ordine ai reati di cui agli artt. 81 e 110 c.p., art. 61 c.p., n. 2, art. 576 c.p., n. 1, artt. 582 e 585 c.p., art. 337 c.p. e art. 628 c.p., commi 2 e 3, n. 1.

1.1. Ricorso Avv. Cristofori (per entrambi i ricorrenti).

1.1.1. Con unico motivo deduce la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c), e), in relazione agli artt. 56, 628, 337, 110 e 116 c.p..

La Corte territoriale era incorsa nei vizi di illogicità e contraddittorietà della motivazione, nonchè di erronea applicazione di legge sostanziale, in quanto aveva ritenuto configurato in capo ai ricorrenti i delitti di tentata rapina impropria e di resistenza ad un pubblico ufficiale. Non poteva ritenersi che la condotta solitaria del B.A. "di selezione dei materiali di interesse" costituisse il tentativo di reato. Piuttosto, trattavasi di condotta antecedente al tentativo, non avendo gli atti ancora raggiunto la soglia di idoneità ed univocità, posto che il ricorrente B.A. si era mantenuto all'interno della stazione ecologica, luogo dal quale i beni non erano mai fuoriusciti seppur selezionati. Con la conseguenza, quindi, che doveva ritenersi del tutto svincolata ed autonoma rispetto a siffatto antefatto la successiva reazione del B.A. nei confronti del c.c. D.S.. Nè tale condotta poteva essere qualificata resistenza, per difetto di offensività, non avendo lo scalciare e il dimenarsi del B.A. provocato effetti nei confronti dell'operante di P.G. che aveva posto in sicurezza il suindicato ricorrente in un momento in cui l'ostilità del B.A. non si era ancora manifestata, ma risultava semplicemente ipotizzabile. Altresì, il giudice di secondo grado aveva errato nell'attribuire al B.A.M. l'ulteriore condotta di resistenza nei confronti del c.c.. Quercioli, che invero era stata posta in essere dal solo J.M. quando il B.A. era stato immobilizzato dai CC. Diversamente, doveva ritenersi risolta "qualsiasi coesione spirituale ed esecutiva tra i ricorrenti", avendo B.A.M. anche collaborato con la P.G. al fine di far pervenire in loco J.M.. Peraltro, la sola circostanza che quest'ultimo avesse aderito al progetto di prelevare oggetti dalla stazione ecologica Millepiedi non consentiva la riqualificazione del fatto nei suoi confronti nei termini del tentativo di rapina impropria. E ciò anche in ragione della circostanza secondo cui J.M. si era avvicinato all'area ecologica su richiesta del B.A., in un momento in cui era stata interrotta la realizzazione del supposto reato a seguito dell'intervento dei CC. Sicchè, la Corte aveva erroneamente ritenuto concorsuali, pur in assenza del nesso di relazione ed in difetto di indici sull'adesione "spirituale" dell'uno agli indipendenti comportamenti dell'altro, condotte in realtà poste in essere singolarmente dai ricorrenti, incorrendo dunque nella violazione dell'art. 116 c.p..

1.2. Ricorso Avv. Cogo (per entrambi i ricorrenti). 1.2.1. Con unico motivo deduce la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c), e), l'errata qualificazione giuridica del fatto e della circostanza ex art. 62 c.p., n. 4, con violazione dell'art. 125 c.p.p., per motivazione carente e/o illogica.

La Corte territoriale doveva qualificare il fatto nel tentativo di furto seguito da resistenza a pubblico ufficiale, posto che entrambi i ricorrenti, senza ancora avere sottratto nulla, stavano solo cercando di fuggire e che la loro opposizione al carabiniere integrava una mera resistenza avulsa dall'esisto del tentativo di furto. Del tutto apodittica era, poi, l'attribuzione ai ricorrenti del concorso nel tentativo di rapina o comunque di resistenza; immotivata era la conclusione circa il mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 4, posto che la compresenza di altri reati non esclude la valutazione dell'assenza di valore commerciale dei beni in questione, e quindi la mancata diminuzione della pena.

2. Il P.G. presso questa Corte, con requisitoria scritta del 2/6/2021, ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi.
Motivi della decisione

3. I ricorsi sono inammissibili per essere le censure dedotte manifestamente infondate, oltrechè integralmente riproduttive dei relativi motivi avanzati con gli atti di appello.

I ricorrenti, infatti, non si sono confrontati con le ragioni poste a fondamento della motivazione e con la giurisprudenza di questa Corte che, anche di recente, ha ribadito che è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l'atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (Sez. 2, n. 27816 del 22/3/2019, Rv. 276970; Sez. 2, n. 42046 del 17/7/2019, Rv. 277710).

Deve, poi, rilevarsi che ci si trova innanzi ad una c.d. doppia conforme, posto che la sentenza impugnata, nel valutare con motivazione congrua e scevra da vizi di logicità il compendio probatorio, ha condiviso e richiamato le argomentazioni svolte dal primo giudice. Pertanto, le motivazioni delle sentenze di merito costituiscono una sola entità logico-giuridica, potendo cioè essere lette congiuntamente (Sez. 2, n. 37295 del 12/6/2019, Rv. 277218).

3.1. Tanto premesso, con riguardo alla censura avanzata con il ricorso dell'Avv. Cristofori, va evidenziato come il giudice di seconde cure abbia correttamente ritenuto integrato il reato di tentata rapina impropria in capo ad entrambi gli imputati. Infatti, la sentenza impugnata ha precisato come dal verbale di arresto e dalle dichiarazioni rese dagli imputati in sede di convalida fosse emersa tanto la loro comune intenzione di prelevare oggetti dalla stazione ecologica Millepiedi, quanto la condotta idonea e diretta in modo non equivoco a impossessarsi di beni di proprietà altrui. Nello specifico, infatti, il B.A. aveva fatto abusivo ingresso nella stazione ecologica recintata, aveva selezionato i materiali di interesse (batterie e monitor di televisori) raggruppandoli sul carrello collocato presso la recinzione, al fine di consentire al complice J., che lo attendeva all'esterno in auto, un'agevole asportazione. Al riguardo, lungi dal rilievo difensivo secondo cui la condotta posta in essere doveva ritenersi "condotta antecedente al tentativo", è opportuno rammentare il consolidato orientamento di legittimità secondo cui, per la configurabilità del tentativo, rilevano non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l'agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l'azione abbia la significativa probabilità di conseguire l'obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo (Sez. 2, n. 11855 dell'8/2/2017, Rv. 269930, in applicazione, la S.C. ha ritenuto immune da censure la condanna per tentata rapina in danno di un furgone portavalori in quanto gli imputati - studiato il percorso, acquisita la conoscenza dei luoghi di predisposizione degli incassi ed altresì approntata un'autovettura di origine furtiva per garantirsi la fuga - avevano pedinato il mezzo muniti di un'arma e di una maschera, non portando a termine l'azione per l'imprevisto transito di un'auto dei carabinieri).

La Corte territoriale, poi, ha evidenziato come al momento dell'intervento della P.G. la reazione del B.A. ha comportato che il tentativo di furto trasmodasse in rapina impropria. Dal verbale di arresto, infatti, era emerso come il ricorrente, nonostante avesse ricevuto l'intimazione del c.c. D.S. di fermarsi, aveva tentato di darsi alla fuga, di scavalcare la recinzione della stazione ecologica e, raggiunto dall'agente di PG, aveva provato a divincolarsi dimenandosi e scalciando contro il militare, così ponendo un atteggiamento ostile nei suoi confronti. Sicchè, correttamente, la Corte di appello ha ritenuto configurata la condotta di resistenza a un p.u. caratterizzata da violenza fisica, posto che, ai fini dell'integrazione del delitto, l'atto di divincolarsi posto in essere da un soggetto fermato dalla polizia giudiziaria integra il requisito della violenza quando costituisce un vero e proprio impiego di forza diretto a neutralizzarne l'azione ed a sottrarsi alla presa, guadagnando la fuga (Sez. 5, n. 8379 del 27/9/2013, dep. 2014, Rv. 259043). Nè, poi, assume rilevanza il rilievo difensivo secondo cui lo scalciare e il dimenarsi del B.A. (reazione aggressiva peraltro ammessa dallo stesso in sede di convalida) non aveva provocato effetti nei confronti dell'operante di P.G., in quanto questa Corte ha già chiarito come, ai fini dell'integrazione del della resistenza a pubblico ufficiale, è sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto dell'ufficio o del servizio, indipendentemente dall'esito, positivo o negativo, di tale azione e dall'effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento degli atti indicati (cfr. Sez. 6, n. 5459 dell'8/1/2020, Rv. 278207, fattispecie relativa a un imputato che aveva tentato di fuggire durante un controllo dei carabinieri, rivolgendo inoltre ai predetti minacce di morte per indurli a lasciarlo andare e cercando di forzare con la propria auto il posto di blocco).

La sentenza impugnata ha, infine, logicamente ritenuto che la condotta violenta del B.A. fosse concorsualmente estesa al coimputato J., in quanto reazione aggressiva che si è iscritta nello sviluppo logico e prevedibile della concordata condotta furtiva, essendo più che probabile (e dunque prevedibile) che, se si pone in essere una condotta criminosa, vi è la possibilità che vi sia un intervento delle forze dell'ordine che inneschi la fuga, ovvero la resistenza, da parte del coimputato sorpreso in flagranza. Diversamente da quanto dedotto, infatti, non si rileva violazione alcuna dell'art. 116 c.p., posto che questa Corte, nel delineare le differenze tra il concorso ordinario ed il concorso anomalo, ha già chiarito che, in tema di concorso di persone nel reato, la responsabilità del compartecipe ex art. 116 c.p., può essere configurata solo quando l'evento diverso non sia stato voluto neppure sotto il profilo del dolo indiretto (indeterminato, alternativo od eventuale) e, dunque, a condizione che non sia stato considerato come possibile conseguenza ulteriore o diversa della condotta criminosa concordata (cfr. Sez. 2, n. 49486 del 14/11/2014, Rv. 261003, laddove in applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto configurabile a carico dell'imputato, autore materiale di una rapina impropria, il concorso ex art. 110 c.p. in relazione alle lesioni, che i correi durante la fuga provocavano alla vittima).

Va, infine, precisato, per una maggiore chiarezza, che l'unica condotta ex art. 337 c.p. ritenuta in capo al ricorrente B.A. è quella posta in essere nei confronti dell'agente di P.G. D.S., come già sopra chiarito, e non anche quella di resistenza posta in essere nei confronti del c.c. Quercioli - come invece dedotto nel ricorso in esame - di cui risponde il solo ricorrente I.M..

3.2. Quanto al ricorso dell'Avv. Cogo, per i profili della censura relativi alla qualificazione del tentativo di rapina impropria, nonchè alla responsabilità concorsuale di entrambi i ricorrenti per detto reato, si rinvia a quanto già esposto nel p. 3.1.

In ordine, invece, all'invocato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 4, fondato sul rilievo difensivo secondo cui la compresenza di altri reati non esclude la valutazione dell'assenza di valore commerciale dei beni in questione e quindi la mancata diminuzione della pena, il Collegio condivide il consolidato orientamento di legittimità secondo cui, ai fini della configurabilità dell'attenuante del danno di speciale tenuità con riferimento al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del delitto de quo, il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l'integrità fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto. Ne consegue che, solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all'applicazione dell'attenuante, sulla base di un apprezzamento riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se immune da vizi logico-giuridici (cfr. Sez. 2, n. 50987 del 17/12/2015, Rv. 265685).

Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha evidenziato come in conseguenza della condotta si fosse verificata una lesione ben più ampia di quella riconducibile al mero valore venale della res presa di mira.

4. In conclusione, i ricorsi vanno dichiarati inammissibili. Consegue ex art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei motivi dedotti, si stima equo determinare in Euro 2.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 1 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2021
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza