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Sentenza

Si applica la causa di non punibilità (649 cp) al figlio che estorce denaro ai familiari?
Si applica la causa di non punibilità (649 cp) al figlio che estorce denaro ai familiari?
Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22/10/2021) 03-12-2021, n. 44916
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D'AGOSTINI M. Piero - Presidente -

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi - Consigliere -

Dott. CIANFROCCA Pierluigi - rel. Consigliere -

Dott. TUTINELLI Vincenzo - Consigliere -

Dott. RECCHIONE Sandra - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto nell'interesse di:

F.A., nato a (OMISSIS);

contro la sentenza della Corte di Appello di Catania del 7.7.2020;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Pierluigi Cianfrocca;

udito il PG, in persona del sost. proc. gen. Dott. TOCCI Stefano, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;

udito l'Avv. Giorgio Assenza, in difesa di A.F., che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso ed insistendo per il suo accoglimento.
Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Catania ha confermato la sentenza con cui il GUP del Tribunale etneo, in data 9.7.2019, aveva riconosciuto A.F. responsabile dei delitti di estorsione continuata e maltrattamenti in famiglia aggravati in danno dei genitori e della sorella conviventi e, con le ritenute circostanze attenuanti generiche stimate equivalenti alla recidiva, considerata altresì la continuazione tra le diverse violazioni di legge, lo aveva condannato alla pena finale di anni 4 di reclusione ed Euro 1.000 di multa, così ridotta per la scelta del rito abbreviato, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare in carcere;

2. ricorre per cassazione il difensore del F. lamentando:

2.1 violazione di legge conseguente alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 649 c.p., comma 3: rileva che la Corte di Appello, cui era stato devoluto il motivo di gravame sulla questione non affrontata dal primo giudice, ha richiamato il disposto normativo di cui all'art. 649 c.p., non tenendo conto della circostanza, pure ben rappresentata nell'atto di appello, secondo cui nel caso di specie gli atti di violenza erano stati rivolti sempre contro cose e non contro persone; sottolinea che la Corte di Appello ha giudicato inconferenti le decisioni richiamate dalla difesa in quanto relative a fattispecie tentate che, per le loro autonomia, si sottrarrebbero al regime speciale di cui al art. 629 c.p., comma 3; richiama la motivazione della Corte di Appello sull'ambito di operatività della norma e, in particolare, sulla esclusione dei reati, consumati, di rapina, estorsione e sequestro di persona, dalla operatività della clausola ivi dettata; rileva l'erroneità della lettura proposta dai giudici del gravame di merito a favore di una interpretazione che, facendo leva sull'esplicito riferimento alla "violenza alle persone", esclude espressamente dalla clausola di riserva quelli commessi con minaccia o violenza sulle cose; segnala la vetustà dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui il riferimento alla violenza alle persone contemplerebbe anche la violenza "morale" avendo il legislatore ben distinto tra violenza (vera e propria) e minaccia;

2.2 omessa ovvero carente motivazione sulla lamentata insussistenza dell'elemento soggettivo del reato di estorsione: rileva come la Corte abbia omesso di motivare su un aspetto dirimente, ovvero sulla consapevolezza, in capo all'imputato, di agire con l'intento di usare violenza o minaccia per costringere i genitori a consegnargli somme di denaro che non gli sarebbero in alcun modo spettate; richiama le dichiarazioni di F.F., padre dell'imputato, in merito alle richieste del figlio di cui gestiva direttamente il conto corrente; segnala il silenzio che, sul punto, ha serbato la Corte di Appello che si è invece limitata a ribadire il carattere doloso della condotta del ricorrente nella a suo avviso evidente consapevolezza di procurarsi un ingiusto profitto; ciò, senza in alcun modo giustificare la sua affermazione e senza rispondere alla precisa censura difensiva il che integra un vizio senz'altro suscettibile di essere denunziato in questa sede.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato quanto al secondo motivo, manifestamente infondato invece sul primo.

1. A.F. rispondeva, al capo a), del delitto "... di cui agli artt. 81 c.p., e art. 629 c.p., comma 2, perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi, mediante violenza sulle cose - - e minaccia consistita nel reiterare l'avvertimento che avrebbe ucciso il padre, danneggiato vari oggetti di casa nonchè l'autovettura di famiglia (...) costringendo i genitori ad erogargli quasi quotidianamente somme di denaro, si procurava un ingiusto profitto, arrecando un corrispettivo danno ai genitori".

Al capo b) "... del reato di cui agli artt. 61 c.p., n. 11 quinquies, art. 81 c.p., c. 1 e art. 572 c. p…".

2. La sentenza di primo grado, all'esito del giudizio abbreviato, aveva richiamato sinteticamente il contenuto della denuncia di G.R. del giorno 18.12.2018 e, quindi, della seconda denuncia della R. in data 31.12.2018 in cui era stata rappresentata la situazione in cui versavano costei, il marito e la figlia che venivano fatti quotidianamente oggetto di minacce da parte dell'imputato il quale, anche usando violenza contro suppellettili, oggetti, giocattoli quant'altro conservato in casa, li costringeva ad erogargli somme di denaro.

Una terza denuncia del 23.1.2019 era stata presentata dalla R. che aveva fatto presente di temere per la propria incolumità e di vivere in un clima di perenne angoscia ed ansia.

Il Tribunale, non senza aver sottolineato lo stato di difficoltà dell'imputato, tossicodipendente, aveva tuttavia concluso per la sua penale responsabilità quanto al delitto di estorsione ed a quello di maltrattamenti in famiglia.

2. Con l'atto di appello la difesa aveva sollecitato la assoluzione del F. dal delitto di cui al capo a) in quanto la circostanza secondo cui egli avrebbe usato violenza esclusivamente sulle cose e non già sulle persone avrebbe imposto di applicare la esimente di cui all'art. 649 c.p.; sotto altro profilo, aveva dedotto l'insussistenza ciel delitto di estorsione per difetto dell'elemento soggettivo quanto alla finalità perseguita; a tal proposito, aveva fatto presente che il padre del giovane gli avesse sottratto il bancomat rilasciato sul conto del figlio su cui confluiva prima lo stipendio e poi la indennità di disoccupazione in modo tale da gestirne personalmente le spese consegnandogli una somma minima per le esigenze giornaliere.

3.1 La Corte di Appello ha esaminato il primo motivo di appello che ha giudicato infondato con argomentazioni che non si prestano ai rilievi sollevati con il ricorso perchè in linea con la univoca giurisprudenza di questa Corte che ha da sempre affermato che i reati consumati di rapina, estorsione e sequestro di persona a scopo di estorsione sono esclusi dall'area di applicabilità della previsione dell'art. 649 c.p., pur se posti in essere senza violenza alle persone, bensì con la sola minaccia (cfr., in tal senso, tra le tante, Sez. 6, Sentenza n. 26619 del 05/04/2018, PG ed altro, Rv. 273557 in cui la Corte ha precisato che la causa di non punibilità per "ogni altro diritto contro il patrimonio" commesso con minaccia alle persone si applica solo alle ipotesi diverse da quelle nominativamente previste, rispetto alle quali non è richiamata la distinzione tra minaccia e violenza; conf., Sez. 2, Sentenza n. 39008 del 24/06/2009, PG in proc. Cilli, Rv. 245250; Sez. 2, Sentenza n. 28141 del 15/06/2010, PG in proc. Stefoni, Rv. 247937, secondo cui la norma dell'art. 649 ultimo comma c.p., nell'escludere dalla applicazione delle disposizioni contenute dai commi precedenti i reati di cui agli artt. 628, 629, 630 c.p., si riferisce anche al caso in cui gli stessi reati siano stati commessi con minaccia poichè solo per gli altri reati contro il patrimonio la punibilità è limitata al caso in cui l'agente abbia usato violenza contro la persona).

3.2 La Corte territoriale ha ritenuto infondato anche il secondo motivo con motivazione che, tuttavia, a fronte della puntuale doglianza articolata con l'atto di appello, risulta in realtà del tutto carente risolvendosi nell'affermazione secondo cui "sussiste invece senza dubbio il dolo del delitto di estorsione in quanto l'imputato minacciava in modo serio e quotidianamente i genitori costringendoli ad erogargli somme di denaro con l'evidente consapevolezza di usare minacce idonee a costringerli ad osservare tale comportamento allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto" (cfr., pag. 4 della sentenza).

In tal modo, quindi, i giudici del gravame hanno completamente eluso la questione che era stata specificamente proposta dalla difesa e fondata sulla lettura delle dichiarazioni del padre del ricorrente come risultanti dal verbale di sit allegato al ricorso per quanto concerne la reale titolarità delle somme che costui era costretto ad elargire al figlio al fine di vagliare la esistenza, a fronte di un ingiusto profitto per costui, di un correlativo danno patrimoniale per la persona offesa.

Più volte questa Corte ha d'altra parte ribadito che integra il vizio di mancanza della motivazione la omessa valutazione nella sentenza impugnata delle allegazioni difensive che siano in astratto idonee ad incidere sulla valutazione di attendibilità della testimonianza della persona offesa ovvero su una censura in grado di disarticolare in maniera decisiva il ragionamento su cui è fondata la decisione impugnata (cfr., Sez. 2, Sentenza n. 10758 del 29/01/2015, Giugliano, Rv. 263129; Sez. 5, Sentenza n. 2916 del 13/12/2013, Dall'Agnola, Rv. 257967; Sez. 6, Sentenza n. 35918 del 17/06/2009, Greco, Rv. 244763; Sez. 5, Sentenza n. 6945 del 09/05/2000, Murante, Rv. 216765, secondo cui non è precluso al giudice di legittimità l'esame dei motivi di appello al fine di valutare la completezza dell'apparato argomentativo della sentenza di secondo grado con riferimento a specifiche doglianze formulate con i motivi di appello e dotate del requisito della decisività).

La sentenza va dunque annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Catania che procederà ad un nuovo giudizio sul punto.
P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata relativamente al reato di estorsione, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Catania.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2021
Avv. Antonino Sugamele

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