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Sentenza

Patteggiamento: Le parti possono modificare o sostituire l'accordo. Ecco le condizioni.
Patteggiamento: Le parti possono modificare o sostituire l'accordo. Ecco le condizioni.
Cass. pen., sez. IV, ud. 6 ottobre 2021 (dep. 22 ottobre 2021), n. 37968
Presidente Ciampi – Relatore Picardi

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale di Milano, con sentenza ex art. 444 c.p.p., previa dichiarazione della inammissibilità della nuova richiesta, formulata dalle parti in data 16 dicembre 2019, all'esito dell'analisi della sostanza stupefacente, ed in accoglimento della prima richiesta, formulata in data 11 settembre 2019, ha applicato la pena di mesi 10 di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa nei confronti di C.K. per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, (detenzione, a fini di spaccio, di un involucro di marijuana del peso di grammi 14,5, in data 2 agosto 2019). 2. Avverso tale sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, l'imputato che ha dedotto la violazione di legge in ordine alla dichiarata inammissibilità del nuovo accordo concluso tra le parti, che sostituisce il precedente, con conseguente nullità della sentenza, non rispondente alla volontà delle parti. 3. La Procura Generale ha concluso per l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio degli atti al Tribunale di Milano.

Considerato in diritto

1.Il ricorso è fondato. 2.In via preliminare occorre premettere che il ricorso è soggetto ratione temporis alla disciplina dell'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, nella formulazione introdotta dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, ai sensi del quale sono oggi consentite al p.m. e all'imputato solo le censure attinenti all'espressione della volontà dell'imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e all'illegalità della pena e delle misure di sicurezza. La doglianza formulata, avente ad oggetto la prevalenza del secondo accordo raggiunto dall'imputato e dalla pubblica accusa rispetto al primo e la conseguente non corrispondenza della sentenza impugnata all'accordo definitivamente raggiunto, è ammissibile, in quanto inquadrabile nella categoria delle censure attinenti al difetto di correlazione tra la richiesta (ultima ed attuale) e la sentenza. 2. Il ricorso è fondato. 2.1.Secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, l'accordo tra l'imputato e il pubblico ministero costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, quando entrambe le parti abbiano manifestato il proprio consenso con le dichiarazioni congiunte di volontà, diviene irrevocabile e non può essere modificato per iniziativa unilaterale di una parte, determinando effetti non reversibili nel procedimento (Sez. 5, n. 12195 del 19/02/2019, Scarlini, Rv. 276038). Va ricordato che si è superata l'originaria impostazione, secondo cui, in tema di patteggiamento, ciascuna parte è libera di revocare il consenso già prestato all'applicazione della pena fino a quando il giudice non ratifichi l'accordo (Sez. 3, n. 3580 del 09/01/2009, Aluku, Rv. 242673) e si è consolidato il principio secondo cui la richiesta di applicazione della pena non è più revocabile una volta intervenuto il consenso del pubblico ministero e nelle more della ratifica giudiziale dell'accordo così perfezionatosi (Sez. 5, n. 44456 del 27/06/2012, Bernardini, Rv. 254058). 2.2.La non modificabilità unilaterale e la non revocabilità, una volta raggiunta l'intesa, del consenso già espresso non implicano, tuttavia, l'immodificabilità dell'accordo, che resta, comunque, nella disponibilità delle parti sino alla ratifica da parte del giudice ed alla pronuncia della sentenza. Tale regola risponde ai principi generali in materia negoziale, la cui applicazione risulta, peraltro, imposta dall'art. 27 Cost., comma 3, atteso che eventuali modifiche congiunte potrebbero rendersi necessarie proprio al fine di adattare il trattamento sanzionatorio concordato alla gravità del fatto ed alla finalità rieducativa della pena. Del resto, non va dimenticato che si era affermata la revocabilità del consenso già espresso proprio in occasione del raggiungimento di un nuovo accordo, all'esito della riqualificazione del reato (così nella già citata Sez. 3, n. 3580 del 09/01/2009, Aluku, Rv. 242673). 2.3.In definitiva, va affermato il seguente principio: in caso di patteggiamento, la richiesta di applicazione della pena non è più revocabile una volta intervenuto il consenso del pubblico ministero e nelle more della ratifica giudiziale dell'accordo così perfezionatosi, ma prima della ratifica del giudice e della pronuncia sentenza le parti possono congiuntamente modificare l'originario accordo o sostituirlo con un nuovo accordo, per cui la sentenza che recepisca il primo accordo, venuto meno, non corrisponde alla richiesta effettiva ed attuale di applicazione della pena. Da tale principio consegue che la seconda richiesta concorde, formulata dalle parti all'udienza del 16 dicembre 2019, era ammissibile e sostituiva la prima. Pertanto, la presente sentenza, recependo un accordo venuto meno, manca di correlazione rispetto alla richiesta effettiva ed attuale delle parti. 3. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata con trasmissione degli atti al Tribunale di Milano per il giudizio sulla seconda richiesta delle parti.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Milano.
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Avv. Antonino Sugamele

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