L'indebita compensazione nei reati tributari,
Cass. pen., sez. III, ud. 9 marzo 2021 (dep. 24 novembre 2021), n. 43089
Presidente Sarno – Relatore Socci
Ritenuto in fatto
1. La Corte d'Appello di Milano con sentenza del 21 gennaio 2020 in parziale riforma della decisione del Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Milano del 28 febbraio 2019 disponeva la confisca di Euro 2.934.423, 34 nei confronti di P.A. e confermava la sua condanna ad anni 1 e mesi 8 di reclusione per i reati di cui all'art. 81 c.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 quater, comma 2, perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi, nella sua qualità di amministratore unico e legale rappresentante della società Zeta s.r.l. (...) non versava le somme dovute utilizzando in compensazione ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17, crediti non spettanti o inesistenti per un importo superiore ai 50.000,00 Euro, in particolare per l'anno d'imposta 2015 importi pari ad Euro 1.345.472,09 e per l'anno d'imposta 2016 importi pari ad Euro 1.588 951,25; in epoca anteriore e prossima al 15 dicembre 2016, data dell'ultima compensazione effettuata.
2. L'imputato propone ricorso in cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
2.1. Violazione di legge (art. 8 c.p.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 18) relativamente alla competenza territoriale.
La competenza territoriale si determina in relazione al luogo del commesso reato, ex art. 8 c.p.p.. Il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 18, prevede il criterio residuale della competenza del luogo dell'accertamento tributario solo nel caso di impossibile determinazione del luogo del commesso reato. I modelli F24 erano stati presentati presso sportelli bancari di […]. Nonostante tali prospettazioni la competenza è stata determinata D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 18.
2.2. Violazione di legge (art. 157 c.p.p., comma 8 bis); nullità della notifica della citazione per il giudizio d'appello. L'imputato aveva eletto domicilio ma la citazione in appello è stata notificata al difensore, nonostante il rifiuto delle notifiche (Cass. S.U. 58120/2017). La notifica al difensore può avvenire ex art. 161 c.p.p., comma 4, solo nell'ipotesi di impossibilità di notifica nel domicilio eletto o dichiarato. Le notifiche del primo grado, infatti sono state effettuate presso la residenza dell'imputato.
In data 21 gennaio 2020 (data di udienza) il decreto di citazione veniva notificato anche all'imputato, presso la propria residenza, ma senza il rispetto dei termini di legge.
2.3. Violazione di legge (D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 quater). La cassazione con la sentenza n. 38042 del 2019 ha ritenuto non configurato il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 quater, nell'ipotesi di omesso versamento di contributi previdenziali. Il caso oggi in giudizio è analogo a quello deciso dalla sentenza n. 38042/2019.
2.4. Violazione di legge (artt. 62 bis e 133 c.p.); contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sul trattamento sanzionatorio e mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorrente risulta incensurato, tanto da beneficiare della sospensione condizionale della pena; invece, contraddittoriamente le circostanze attenuanti generiche non sono state riconosciute. La motivazione risulta illogica e contraddittoria.
Ha chiesto quindi l'annullamento della sentenza impugnata.
Considerato in diritto
3. Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, genericità e perché, valutato nel suo complesso, chiede alla Corte di Cassazione una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimità.
La sentenza impugnata richiama la completa motivazione del giudice di primo grado e rileva dalla documentazione si evince che i crediti dedotti in compensazione erano inesistenti, in quanto non risultava presentata dalla società legalmente rappresentata dall'imputato la dichiarazione relativa all'esercizio nel quale i crediti inesistenti sarebbero maturati (anni 2014 e 2015). Per il D.Lgs. n. 74 del 1997, art. 17, la compensazione è possibile solo per i crediti risultanti dalla dichiarazione, e conseguentemente non risulta possibile compensare crediti non risultanti da nessuna dichiarazione; non risulta contestata l'assenza della dichiarazione per gli anni di imposta 2014 e 2015. Si discute poi di crediti IVA e IRES e non di contributi previdenziali come asserito nel ricorso in cassazione in modo alquanto generico. Premesso al riguardo che le limitazioni indicate nella sentenza citata dal ricorrente sono state confutate da questa Sezione con la sentenza N. 383 del 2021, Rv. 280776, si deve rilevare che, comunque, il relativo motivo non risulta, neanche, proposto con i motivi di appello: "Non possono essere dedotte con il ricorso per Cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perché non devolute alla sua cognizione. Fattispecie relativa ad omessa motivazione da parte della Corte di appello sulla recidiva ritenuta dal giudice di primo grado, non contestata con i motivi di appello" (Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017 - dep. 21/03/2017, Bolognese, Rv. 26974501).
L'appello, infatti, è un giudizio di impugnazione e lo stesso si svolge esclusivamente sui motivi dedotti - Sez. U., n. 8825 del 27/10/2016 - dep. 22/02/2017, Galtelli, Rv. 26882201.
4. Deve, inoltre, rilevarsi che l'assenza della dichiarazione del 2015 e del 2016 non incide sulla configurabilità del reato in giudizio: "In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-quater, si consuma al momento della presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l'utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell'indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale. - In motivazione, la Corte ha precisato che il delitto di indebita compensazione non presuppone la presentazione da parte del contribuente di una dichiarazione annuale a differenza di quello di dichiarazione infedele di cui al medesimo D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 4, in cui il mendacio del contribuente si esprime proprio nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o all'Iva - (Sez. 3, n. 4958 del 11/10/2018 - dep. 01/02/2019, CAPPELLO PASQUALE, Rv. 27485401).
È l'indicazione del credito inesistente portato in compensazione nel modello F24 che ha rilevanza, non l'omessa presentazione della dichiarazione: "In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-quater, richiede, sotto il profilo oggettivo, che il mancato versamento di imposta risulti formalmente giustificato da una illegittima compensazione, D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, ex art. 17, operata tra le somme spettanti all'erario e i crediti vantati dal contribuente, in realtà non spettanti o inesistenti. - Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del reato in quanto l'imputato non aveva compilato alcun mod. F24 in cui avrebbe dovuto indicare il credito, inesistente o non spettante, da portare in compensazione -. (Sez. 3, n. 15236 del 16/01/2015 - dep. 14/04/2015, Chiarolla, Rv. 26305101). La presentazione di mod. F24 non risulta minimamente contestata dall'imputato.
Può conseguentemente evidenziarsi il seguente principio di diritto: In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 quater, non presuppone la presentazione da parte del contribuente di una dichiarazione annuale a differenza di quello di dichiarazione infedele di cui del medesimo D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 4, in cui il mendacio del contribuente si esprime proprio nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o all'Iva; il reato, infatti, si consuma al momento della presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l'utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell'indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale.
5. Manifestamente infondati i motivi processuali relativi all'incompetenza e alla notifica del decreto di citazione in appello.
Per l'incompetenza territoriale la sentenza rileva come l'eccezione di incompetenza è stata proposta tardivamente ("il giudizio abbreviato è stato preceduto dall'udienza preliminare e dal verbale del 19.12.2018 si evince che il difensore dell'imputato non ha sollevato nessuna eccezione di incompetenza territoriale").
Infatti, "L'eccezione di incompetenza territoriale è proponibile in limine al giudizio abbreviato non preceduto dall'udienza preliminare, mentre, qualora il rito alternativo venga instaurato nella stessa udienza, l'incidente di competenza può essere sollevato, sempre "in limine" a tale giudizio, solo se già proposto e rigettato in sede di udienza preliminare" (Sez. 1, Sentenza n. 12293 del 08/10/2019 Ud., dep. 16/04/2020, Rv. 279323 - 01; vedi anche Sez. 4, Sentenza n. 45395 del 16/10/2013 Ud., dep. 11/11/2013, Rv. 257561).
Nel ricorso in cassazione non ci si confronta con questa motivazione, ma si reitera acriticamente il motivo dell'appello.
4.1. Manifestamente infondato anche il motivo relativo alla notifica della citazione in appello.
In tema di giudizio di appello, la violazione del termine a comparire di venti giorni stabilita dall'art. 601 c.p.p., comma 3, integra una nullità di ordine generale relativa all'intervento dell'imputato che deve essere rilevata o dedotta entro i termini previsti dall'art. 180 c.p.p. e cioè prima della deliberazione della sentenza d'appello. (Sez. 4, Sentenza n. 5959 del 23/01/2020 Ud. - dep. 17/02/2020 - Rv. 278447 - 01).
Nessuna eccezione risulta formulata prima della deliberazione della sentenza.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 3.000,00, e delle spese del procedimento, ex art. 616 c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
25-11-2021 20:16
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