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Sentenza

Revoca del programma di protezione.
Revoca del programma di protezione.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sentenza nr. 3500/2020

(Sezione Prima Ter)

Pubblicato il 20/03/2020

N. 03500/2020 REG.PROV.COLL.

N. 08713/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8713 del 2017, proposto da-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Giardina, con domicilio eletto presso il suo studio in Lodi, via Marsala n. 29;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione Centrale ex art. 10 L. 15.3.1991 n. 82, Servizio Centrale di Protezione non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

della delibera assunta nella riunione del 14.6.2017 dalla “Commissione Centrale ex art. 10 Legge 15.3.1991, n. 82”, con la quale è stata disposta la revoca del programma speciale di protezione nei confronti dell'odierno ricorrente, collaboratore di giustizia;

e di ogni altro atto, in particolare le note del Servizio Centrale di Protezione del 2.2.2017 e del 10.2.2017, richiamate nella suddetta delibera, od atto antecedente, preparatorio, preordinato, allo stato anche non noto, presupposto, connesso e/o consequenziale ivi compreso, ove occorra, il provvedimento di avvio del procedimento e quello conclusivo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2020 il cons. Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso, notificato l'8 settembre 2017 e depositato il successivo 20 settembre, il sig.-OMISSIS- impugna la delibera datata 14.6.2017 n. 82 con cui la Commissione Centrale ex art. 10 della legge 82/91 ha revocato il programma speciale di protezione del ricorrente.

Premette il ricorrente che alla base del provvedimento di revoca sono state poste le seguenti circostanze di cui contesta la veridicità:

1) la comunicazione con nota del 2 febbraio 2017 del Servizio Centrale di Protezione che il ricorrente “il 12 novembre 2016 si è recato arbitrariamente in località d'origine per sporgere denuncia, presso la locale Stazione dei Carabinieri, di danneggiamento della sua autovettura; in data 4 gennaio 2017, nella stesa località, il collaboratore ha venduto l'auto senza alcuna autorizzazione”;

1) la comunicazione del 10 febbraio 2017 in base alla quale il ricorrente sarebbe “risultato assente presso il domicilio protetto dal 9 al 19 gennaio, aveva contattato telefonicamente N.O.P. competente in data 17 gennaio, per comunicare di trovarsi in un ospedale ubicato in una provincia diversa da quella protetta, asseritamente per sottoporsi ad un intervento chirurgico, ha reso una successiva dichiarazione in data 23 gennaio 2017 dalla quale si evince che il collaboratore non si sarebbe recato presso il nosocomio per sottoporsi ad intervento chirurgico, bensì per incontrare il legale di fiducia e altra persona non meglio identificata”.

Sostiene il ricorrente di non possedere alcuna autovettura, né una patente di guida, di non essere stato a Lodi nel novembre del 2016, di non avere sporto denuncia di danneggiamento recandosi dai Carabinieri, né ha venduto qualsivoglia tipo di autovettura.

Per tali ragioni ha depositato denuncia querela presso la Procura della Repubblica.

Per quanto concerne l'ingresso in ospedale vi si sarebbe recato a seguito di una caduta causata dalla labirintite di cui soffre e sarebbe stato comunque contattato dai NOP che lo hanno riportato a casa la prima volta. Avrebbe fatto poi un accesso al Centro Regionale di Riferimento per la Chirurgia della mano a Pisa dove è stato contattato dai NOP che avrebbero dovuto riportarlo a casa ma, non essendosi presentati, il ricorrente si è sarebbe visto costretto a rientrare per suo conto. Tornato il giorno dopo, non ha potuto effettuare la visita perché a pagamento e lo stesso era privo di disponibilità.

Ciò premesso il ricorrente formula il seguente motivo di doglianza avverso la gravata delibera:

- violazione ed elusione di legge: carenza di motivazione; violazione ed erronea applicazione della legge 15.3.1991, n. 82, così come modificata dalla legge 2001, n. 45, in particolare degli artt. 13 e 13 quater, e del D.M. 23.4.2004, n. 161, in particolare dell'art. 10, eccesso di potere per carenza ed errore di motivazione, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti, illogicità, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta, in quanto delle due circostanze poste a base della revoca la prima non sussiste, mentre la seconda non costituirebbe inadempimento volontario degli obblighi secondari di cui al contratto sottoscritto, né implicherebbe rinuncia alla protezione o volontà di disvelamento della identità o del luogo di residenza.

Il 26 settembre 2017 si è costituito il Ministero dell'Interno con memoria formale.

Con ordinanza n. 56 del 2017 del 4 ottobre 2017 il Tribunale ha disposto incombenti istruttori a carico del Ministero.

Il 3 novembre 2017 il Ministero ha depositato memoria e documenti.

Con la suddetta memoria l'Amministrazione insiste nell'affermare che:

-“il Servizio Centrale di Protezione, con nota del 2 febbraio 2017, ha comunicato che -OMISSIS- il 12 novembre 2016 si è recato arbitrariamente in località d'origine per sporgere denuncia, presso la locale Stazione dei Carabinieri, di danneggiamento della sua autovettura; in data 4 gennaio 2017, nella stessa località, il collaboratore ha venduto l'auto senza alcuna autorizzazione”;

-“in data 10 febbraio 2017 (all. 2), il medesimo Servizio Centrale ha comunicato che -OMISSIS- – il quale, risultato assente presso il domicilio protetto dal 9 al 17 gennaio 2017, aveva contattato telefonicamente N.O.P. competente in data 17 gennaio, per comunicare di trovarsi in un ospedale ubicato in una provincia diversa da quella protetta, asseritamente per sottoporsi ad un intervento chirurgico – ha reso una successiva dichiarazione in data 23 gennaio 2017 dalla quale si evince che il collaboratore non si sarebbe recato presso un nosocomio per sottoporsi ad intervento chirurgico, bensì per incontrare il legale di fiducia e altra persona non meglio identificata. Il collaboratore si era altresì reso responsabile di comportamento integrante il reato di truffa (artt. 640 e 644 c.p.), con modalità idonee a disvelare il suo status”;

Nella memoria si legge, altresì, che all'esito della disposta acquisizione di aggiornati pareri da parte della Commissione, con nota del 5 ottobre 2017, la Procura della Repubblica di Catanzaro ha confermato il parere favorevole alle revoca del programma speciale di protezione nei confronti del-OMISSIS-, ritenuto che comunque le ulteriori violazioni commesse dallo stesso erano di per sé idonee a sostenere il provvedimento impugnato e. con nota del 18 ottobre 2017, il Servizio Centrale di Protezione ha trasmesso la dettagliata relazione richiesta dalla Commissione, con la quale vengono ulteriormente dettagliate le altre violazioni commesse dal-OMISSIS-.

Dalla memoria emerge, altresì, che la violazione di cui alla prima circostanza rilevata è risultata essere dovuta ad un caso di omonimia, ma restano confermate le altre circostanze ritenute idonee a sostenere la revoca del programma.

Con ordinanza n. 5772/2017 dell'8 novembre 2017 il Tribunale ha respinto la richiesta misura cautelare.

Alla pubblica udienza del 25 febbraio 2020 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Con il provvedimento impugnato la Commissione Centrale ex art. 10 della legge 82/1991 delibera la revoca del programma speciale di protezione su conforme parere della Procura della Repubblica di Catanzaro, la quale rileva che gli impegni giudiziari del ricorrente risultano ormai esauriti da lungo tempo e salvo diverse esigenze della Procura di Roma – DDA, e della Direzione Nazionale Antimafia.

Dalla documentazione depositata in giudizio si evince che inizialmente le violazioni rilevate dal Nucleo Operativo di Protezione consistono in tre circostanze:

- l'essersi recato autonomamente senza alcuna autorizzazione in località d'origine per sporgere denuncia per danneggiamento della sua autovettura il 12 novembre 2015 ed in data 4 gennaio 2017 per effettuare la vendita dell'automezzo;

- essere stato denunciato il 16 marzo 2016 dalla Sezione della Polizia Postale del sito protetto per truffa;

- avere abbandonato l'abitazione protetta il 9 gennaio e non avere risposto fino al 17 alle chiamate inviate sulla sua utenza telefonica mobile, periodo nel quale si sarebbe recato in un ospedale nella provincia limitrofa.

Dalla nota del Servizio di Protezione del 10 febbraio 2017 si legge che il ricorrente, dopo avere dichiarato di essersi recato al nosocomio per un intervento, rettifica affermando al personale del NOP referente di essersi recato il 17 gennaio al nosocomio per incontrare proprio difensore di fiducia ed un docente di Diritto Internazionale non meglio indicato.

Con nota del 12 settembre 2017 il Servizio Centrale informa la Commissione che la prima delle violazioni riscontrate è stata accertata essere frutto di omonimia.

Ne consegue che alla riunione del 20 settembre 2017 la Commissione sospende l'efficacia del provvedimento impugnato e dispone di acquisire dal Servizio Centrale di Protezione una dettagliata relazione - con diretto inoltro anche alla Procura della Repubblica di Catanzaro e alla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo per la formulazione di aggiornati pareri - sui fatti contestati al collaboratore con la nota del 10 febbraio 2017, alla luce delle censure contenute nel ricorso dinanzi al T.A.R. Lazio depositato dallo stesso.

Su sollecitazione della Commissione la Procura di Catanzaro, con nota del 5 ottobre 2017, conferma il parere favorevole alla revoca, affermando che, alla luce della circostanze da ultimo rappresentate, si ravvisano i presupposti, ai sensi degli artt. 13 quater e 14 del d.l. 81/1991 e ss. mm., per la revoca delle misure di protezione in atto.

Con nota del 9 ottobre 2017 il SCP rappresenta che il procedimento penale iscritto a carico del nominato in oggetto per i reati di cui agli artt. 640 e 646 C.P., in fase di indagini preliminari, è in attesa di riassegnazione per il collocamento a quiescenza del P.M. titolare e che “gli accertamenti esperiti (dalla) polizia giudiziaria hanno permesso di appurare che il -OMISSIS- è titolare di una carta di credito Postepay dove sono confluiti i pagamenti oggetto della truffa e che lo stesso è l'intestatario dell'utenza telefonica mobile utilizzata per i contatti con la parte offesa, attualmente ancora in uso al collaboratore” e che “l'attivazione della Postepay è stata effettuata dal predetto in data 11.11.2012, presso un Ufficio Postale della località protetta ove era domiciliato in quel periodo, senza alcuna preventiva autorizzazione da parte di questo Servizio Centrale, contravvenendo quindi sia alle norme comportamentali sia alle vigenti direttive in materia previste dalla prassi della normativa primaria e regolamentare in tema di protezione e assistenza dei collaboratori di giustizia e dei testimoni di giustizia”.

Il NOP produce quindi una relazione nella quale riassume i fatti, confermando la seconda delle contestate violazioni, consistita nell'essersi il ricorrente reso irreperibile per otto giorni e per avere ingannato il personale operante tentando di giustificare le sue assenze con delle problematiche di carattere sanitario, per poi ammettere di essersi recato in quella città in realtà per incontrare il proprio legale di fiducia, l'avvocato -OMISSIS-, unitamente ad un non meglio precisato professore di Diritto Internazionale, per discutere di problematiche inerenti la protezione.

Osserva il Collegio che la revoca delle speciali misure di protezione previste per i collaboratori di giustizia e i testimoni è disciplinata all' art. 13 quater del d.l. n. 8/1991, convertito in legge n. 82/1991, il quale, al primo comma, dispone che “Le speciali misure di protezione sono a termine e, anche se di tipo urgente o provvisorio a norma dell'articolo 13, comma 1, possono essere revocate o modificate in relazione all'attualità del pericolo, alla sua gravità e alla idoneità delle misure adottate, nonché in relazione alla condotta delle persone interessate e alla osservanza degli impegni assunti a norma di legge”.

Il primo comma della disposizione suddetta, quindi, delinea il principio generale che presiede all'applicazione di dette misure protettive (criterio della temporaneità e della periodica rinnovazione del giudizio) ed individua i parametri valutativi del giudizio di eventuale permanenza/revoca delle medesime (pericolo per l'incolumità, condotta del destinatario della misura).

Il secondo comma distingue, più in particolare:

a) le fattispecie di revoca obbligatoria (inosservanza degli impegni assunti a norma dell'articolo 12, comma 2, lettere b) ed e), nonché commissione di delitti indicativi del reinserimento del soggetto nel circuito criminale);

b) le fattispecie di revoca facoltativa (inosservanza degli altri impegni assunti a norma dell'articolo 12, commissione di reati indicativi del mutamento o della cessazione del pericolo conseguente alla collaborazione, rinuncia espressa alle misure, rifiuto di accettare l'offerta di adeguate opportunità di lavoro o di impresa, ritorno non autorizzato nei luoghi dai quali si è stati trasferiti, nonché ogni azione che comporti la rivelazione o la divulgazione dell'identità assunta, del luogo di residenza e delle altre misure applicate), tali da richiedere una particolare valutazione da parte dell'amministrazione in considerazione del tempo trascorso dall'inizio della collaborazione oltre che della fase e del grado in cui si trovano i procedimenti penali nei quali le dichiarazioni sono state rese e delle situazioni di pericolo di cui al comma 6 dell'articolo 9.

Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, va altresì premesso che, alla luce della giurisprudenza e della natura straordinaria e particolare del programma di protezione, la valutazione della condotta del soggetto sottoposto alle misure protettive ed il giudizio sull'eventuale incompatibilità del comportamento da questi tenuto con il permanere del sistema di tutela rientrano nella sfera discrezionale dell'Amministrazione, spettando al giudice la verifica se l'esercizio di tale potere valutativo sia aderente ai presupposti normativi, ai dati di fatto ed ai criteri di logica e razionalità (ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. III, 10 febbraio 2014, n. 628; Sez. III, 30 ottobre 2013, n. 5229; Sez. III, 08 agosto 2012, n. 4533; Sez. VI, 24 aprile 2009, n. 2541).

Nel rinvio alla inosservanza degli impegni assunti a norma dell'art. 12 quale presupposto per la revoca rientra il comportamento imputato al ricorrente.

Il ricorrente, infatti, sottoposto a programma di protezione, ha tenuto una condotta gravemente in contrasto con gli obblighi di collaborazione assunti, rendendosi irreperibile per otto giorni nel corso dei quali ha prima dichiarato di essersi recato in nosocomio per problematiche cliniche per poi ammettere di avere incontrato il suo avvocato e un non meglio specificato professore universitario.

A ciò si aggiunga la denuncia per truffa con carta di credito nella quale risultano conferiti i pagamenti oggetto della truffa.

Atteso che gli impegni ai quali si obbligano i soggetti sottoposti alle misure tutorie, ai sensi dell'art.12, comma 2, lett. a) della legge 82/1991, comprendono anche “la collaborazione attiva all'esecuzione delle misure” e che, prescindendo anche dall'esito del procedimento penale, le condotte tenute si pongono in grave contrasto con detti obblighi, non vi sono ragioni per ritenere il provvedimento affetto dalle dedotte censure.

L'Amministrazione, anche al netto della rettifica sulla circostanza contestata relativa alla denuncia per il danneggiamento della sua autovettura, ha acquisito dalla Procura della Repubblica, competente per il parere, una aggiornata conferma di quest'ultimo.

Si nota, infatti, che se la prima circostanza è venuta meno, essa è stata sostituita da circostanze ben più gravi, rappresentate dalla pendenza del procedimento per il reato di truffa, in ordine al quale il Servizio ha esposto la sussistenza di gravi indizi di responsabilità, rilevanti in ordine alla contestata propensione a trasgredire agli obblighi assunti ed alla compromissione della efficacia delle misure di mimetizzazione.

Alla luce delle vicende sopra rappresentate e delle osservazioni fatte, il provvedimento risulta scevro dalle dedotte censure ed adeguatamente motivato ed istruito, risultando accertata la sussistenza dei presupposti per la revoca facoltativa del programma di protezione, con conseguente reiezione del ricorso.

Sussistono, tuttavia, adeguati motivi per la compensazione delle spese alla luce della natura della vicenda trattata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2020 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Arzillo, Presidente

Vincenzo Blanda, Consigliere

Anna Maria Verlengia, Consigliere, Estensore

 		
 		
L'ESTENSORE		IL PRESIDENTE
Anna Maria Verlengia		Francesco Arzillo
 		
 		
 		
 		
 		

IL SEGRETARIO


In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Avv. Antonino Sugamele

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