Trapani. Mafia ed elezioni regionali del 2017.
Cassazione Penale Sent. Sez. 5 Num. 47269 Anno 2019Presidente: PEZZULLO ROSARelatore: CALASELICE BARBARA Data Udienza: 15/07/2019
SENTENZA sul ricorso proposto da: A.M. nato a E. il ......... avverso l'ordinanza del Tribunale di Palermo in funzione di riesame emessa in data 25/03/2019 visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa B. Calaselice; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, F. Lignola, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso; udito il difensore, avv. U. Coppola che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Palermo in funzione di riesame, ha confermato il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale in sede ha applicato a M.A. la misura della custodia cautelare in carcere, in quanto gravemente indiziato del reato di cui all'art. 110, 416-ter cod. pen., per avere in concorso con altri soggetti, I.I. quale candidata alle elezioni regionali della Sicilia del 5 novembre 2017 e il coniuge di questa A. D'A. (che agiva nell'interesse del buon esito elettorale della moglie)taccettato la promessa di procurare voti mediante modalità di cui al comma 3 dell'art. 416-bis cod. pen., in cambio della dazione di somme di danaro, nonché della promessa di assunzione di manodopera da parte del predetto D'A.. 2. Avverso l'ordinanza descritta ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, l'indagato, denunciando, nei motivi di seguito riassunti, due vizi. 2.1. Con il primo motivo si deduce violazione dell'art. 416-ter cod. pen. L'ordinanza sarebbe censurabile nella parte in cui ritiene sufficiente ad integrare il concorso nel delitto di cui all'art. 416-ter cod. pen. la mera conoscenza dell'accordo, in assenza di elementi ulteriori integranti la condotta (A.si limita a mantenere contatti sia con la parte politica sia con la parte mafiosa, consapevole dei termini del'accordo). Necessita, invece, un quid pluris costituito dall'intimidazione o dalla prevaricazione mafiosa nella ricerca del voto, Per il ricorrente, quindi, non integra la condotta di cui all'art. 416-ter cod. proc. pen. la mera richiesta di appoggio politico di un candidato, pur nella consapevolezza dell'accordo, senza l'utilizzazione della prevaricazione mafiosa o dell'intimidazione. 2.2. Con il secondo motivo si contesta violazione di legge in relazione all'art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. e correlato vizio di motivazione. La difesa con motivi aggiunti, presentati al Tribunale, aveva evidenziato l'impossibilità assoluta di reiterazione del reato per mancanza di scadenze elettorali nel prossimo futuro. A fronte di tale censura la motivazione dell'ordinanza, sul punto, sarebbe apodittica e limitata all'enunciazione del dettato normativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato e perché, a tratti, devolve censure non consentite in sede di legittimità. 2. Il primo motivo è manifestamente infondato. Quanto alla qualificazione della condotta ascritta, ai sensi dell'art. 416-ter cod. pen., va premesso che la materiale consumazione non è stata oggetto di contestazione, circa l'esistenza del patto elettorale tra l'associazione mafiosa rappresentata dai fratelli V. ed I.I., candidata alle elezioni regionali della Sicilia del 5 novembre 2017, supportata dal coniuge D'A.; né è contestato il ruolo di intermediario dell'A., nonché il concreto impegno di questi per fornire alla candidata il sostegno elettorale promesso. 2.1. Ciò posto si osserva che l'art. 416-ter cod. pen. configura un reato di pericolo, dunque incrimina l'accordo in forza del quale due o più soggetti si scambiano la promessa del procacciamento di voti presso l'elettorato, con modalità tipicamente mafiose in occasione di consultazioni elettorali e l'erogazione di un corrispettivo in denaro o in altre utilità. La novellazione della disposizione incriminatrice, introdotta con la Legge n. 62 del 2014, ha riguardato l'introduzione, nel suo testo, della specifica previsione per cui l'oggetto della pattuizione illecita deve includere le modalità di acquisizione del consenso elettorale, tramite il metodo mafioso, come descritto al terzo comma dell'art. 416-bis cod. pen., non essendo sufficiente, per integrare la fattispecie, il mero accordo sulla promessa di voti in cambio di denaro (Sez. 6, n. 36079 del 10/05/2016, Costa, Rv. 268003). 2.1.2. Tanto premesso deve innanzitutto ricordarsi che questa Corte ha già, di recente, avuto modo di precisare che ai fini della prova del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, l'esistenza dell'intesa per il procacciamento di consensi elettorali, con ricorso a modalità mafiose può desumersi anche in via indiziaria, mediante la valorizzazione di indici fattuali sintomatici della natura dell'accordo, quali la fama criminale del procacciatore, l'assoggettamento alla forza intimidatrice promanante dagli affiliati ad associazione di tipo mafioso e l'utilità del loro apporto per il reclutamento elettorale nella zona d'influenza, risultando irrilevante il post factum costituito dal mancato incremento delle preferenze (Sez. 5 n. 26426 del 07/05/2019, Merola, Rv. 275638; Sez. 6, n. 9442 del 20/02/2019, Zullo, Rv. 275157). 2.1.3. Applicando tali principi di diritto al compendio indiziario descritto nel provvedimento impugnato si deve rilevare, allora, come non sia individuabile o individuata, nell'ordinanza, altra ragione per la quale il coniuge della candidata alle elezioni del consiglio regionale, dal predetto supportata nella campagna elettorale, abbia accettato la promessa di voti dai V., tramite l'intermediario A., se non quella della sua vicinanza al clan mafioso operante nel territorio di Trapani, capeggiato dai V. medesimi. Anzi proprio l'intermediazione di A., secondo il provvedimento impugnato, quale soggetto ritenuto insospettabile, ha consentito che si concludesse l'accordo. Questi, infatti, assieme a R., secondo la ricostruzione del provvedimento di merito cautelare, ha fatto in modo di far giungere ai V.le somme di danaro promesse, con la finalità di sostenere la candidatura dell'I.. La piena consapevolezza, da parte della candidata e del coniuge, del contesto mafioso che aveva consentito la raccolta dei voti (come descritto a pagina 5 dell'ordinanza impugnata) era comprovata, dunque, anche dall'accertata decisiva attività dell'intermediario A. che, per conto dei V., ha accompagnato non soltanto la conclusione dell'accordo, ma anche lo svolgimento della campagna elettorale, assicurando quale soggetto indicato dai giudici della cautela come insospettabile, di veicolare la materiale consegna ai V.delle somme promesse, in uno all'attività successiva prestata all'esito elettorale, quando era stato necessario, nei confronti di D'A., l'illustrazione dell'attività svolta dalla famiglia mafiosa, a fronte di quella promessa, nonostante l'insuccesso elettorale. Del resto l'oggetto dell'accordo concluso, non contestato, era quello di uno scambio di voti, a fronte del pagamento di somme e di assunzioni di persone, indicate dai V., presso i cantieri edili di D'A., patto corruttivo elettorale, dunque, suggellato con la cosca, nel cui interesse ha agito l'A. che proprio grazie alle sue caratteristiche soggettive, ne ha assicurato il buon fine. Sussiste, quindi, tenuto conto della fase e dei limiti dell'oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza (Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, Djorievjc, Rv. 269683; Sez. 5, n. 50996 del 14/10/2014, Scalia, Rv. 264213; Sez. 5, n. 18097 del 13/04/2010, Di Bona, Rv. 247147) il requisito indicato come carente dal ricorrente, non essendosi limitata la condotta dell'A. alla mera richiesta di appoggio politico di un candidato, nella consapevolezza dell'accordo, in assenza del requisito della prevaricazione o intimidazione mafiosa. 2.2. Il secondo motivo è inammissibile in quanto generico, posto che non si confronta con la specifica motivazione, resa in tema di esigenze cautelari nel provvedimento impugnato. Anzi la medesima censura, proposta con il ricorso, era stata introdotta con il riesame ed a questa il Tribunale ha fornito adeguata, esauriente risposta, valorizzando l'accertato legame dell'A. con esponenti di spicco della cosca, rispetto al quale il dato dell'assenza di imminenti consultazioni elettorali, appare del tutto recessivo ai fini del riconosciuto pericolo attuale e concreto di recidiva.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e della somma indicata in dispositivo, determinata equitativamente, in ragione dei motivi devoluti, a favore della cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni di cui alla sentenza della Corte Cost. n. 186 del 13 giugno 2000. 3.1. Non conseguendo dalla presente decisione la liberazione del ricorrente deve disporsi — ai sensi dell'art. 94, comma 1-ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale — che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario in cui l'indagato trovasi ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso, il 15/07/2019 Il Consigliere estensore Barbara Calaselice Il Presidente
25-11-2019 22:35
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