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Sentenza

Proprietario di un bovino ritenuto colpevole del reato di pericolo di disastro ferroviario per aver omesso di vigilare sul pascolo, determinando l'invasione da parte dello stesso animale della sede ferroviaria ed il suo successivo investimento da parte di un treno.
Proprietario di un bovino ritenuto colpevole del reato di pericolo di disastro ferroviario per aver omesso di vigilare sul pascolo, determinando l'invasione da parte dello stesso animale della sede ferroviaria ed il suo successivo investimento da parte di un treno.
Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 17/01/2019) 09-07-2019, n. 29922

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente -

Dott. CIAMPI Francesco M. - rel. Consigliere -

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere -

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere -

Dott. CENCI Daniele - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M.M., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 23/03/2018 della CORTE APPELLO di SALERNO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. ZACCO Franca, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con la gravata sentenza la Corte d'Appello di Salerno ha confermato la sentenza del locale Tribunale in data 14 luglio 2016 ed appellata dall'imputato M.M.. Questi era stato ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 450 c.p.,- pericolo di disastro ferroviario- così diversamente qualificato il fatto ascrittogli nell'originaria imputazione (artt. 432 e 449 c.p.).

Al M. si contestava di aver omesso di vigilare sul pascolo di un bovino di sua proprietà, determinando l'invasione da parte dello stesso animale della sede ferroviaria ed il suo successivo investimento da parte di un treno.

2. Avverso tale decisione ricorre il difensore del M. ritenendo la sussistenza del caso fortuito per essere l'animale custodito in un terreno con recinzione danneggiata da terzi.

3. In data 4 gennaio è stata depositata memoria difensiva nell'interesse del ricorrente in cui si sostiene l'"errata valutazione delle prove da parte dei giudici di merito".
Motivi della decisione

4. Il ricorso è manifestamente infondato.

Il ricorrente infatti non si confronta - sia nel ricorso che nella memoria difensiva da ultimo depositata- con la motivazione dei giudici di merito che hanno ravvisato il nesso di causalità tra l'omessa vigilanza ascrivibile all'imputato e l'evento pericolo per la sicurezza dei treni (la fuga incontrollata del bestiame) nel non aver adeguatamente e costantemente monitorato l'efficienza della recinzione ed il correlato pascolo degli animali sul fondo.

Nè può ritenersi - come sostenuto dal ricorrente- che l'eventuale danneggiamento della recinzione da parte di terzi (circostanza peraltro priva di qualsiasi sostegno probatorio e quindi da ritenersi meramente ipotetica) fosse da ritenersi un caso fortuito.

La giurisprudenza di questa Corte ha infatti da tempo chiarito e descritto il caso fortuito come quell'avvenimento imprevisto e imprevedibile che si inserisce d'improvviso nell'azione del soggetto e non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all'attività psichica dell'agente (Sezione 4, Sentenza n. 1500 del 17/10/2013, Rv. 258482; Sez. 4, Sentenza n. 6982 del 19/12/2012, D'Amico, Rv. 254479).

Come è stato precisato in altra occasione, il caso fortuito si verifica quando sussiste il nesso di causalità materiale tra la condotta e l'evento, ma fa difetto la colpa, in quanto l'agente non ha causato l'evento per sua negligenza o imprudenza; questo, quindi, non è, in alcun modo, riconducibile all'attività psichica del soggetto. Ne consegue che, qualora una pur minima colpa possa essere attribuita all'agente, in relazione all'evento dannoso realizzatosi, automaticamente viene meno l'applicabilità della disposizione di cui all'art. 45 c.p. (Sez. 4, Sentenza n. 19373 del 15/03/2007, Mollicone e altro, Rv. 236613).

La sentenza impugnata - come già ricordato- ha di fatto correttamente applicato tali principi. individuando la regola cautelare cui doveva fare ossequio il M. per impedire la fuga del bestiame. Evento prevedibile in assenza di un costante controllo della recinzione. Tanto meno può farsi utilmente riferimento ad una errata valutazione delle prove. Come è noto, infatti, l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento.

5. Alla declaratoria d'inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019
Avv. Antonino Sugamele

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