Nel processo penale l'impugnazione tramite pec è ammissibile?
SENTENZA sul ricorso proposto da P.C., nato a Roma il ......, avverso l'ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma in data 18/7/2018; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi; letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Assunta Cocornello, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del Magistrato di sorveglianza in data 13/11/2017 era stato parzialmente accolto il reclamo ex art. 35-ter Ord. pen. proposto nell'interesse di C.P. relativamente ai periodi di detenzione compresi tra il 3/12/2010 e il 1/7/2013 e tra il 19/12/2015 e il 31/5/2017, relativi alla detenzione presso la Casa circondariale di Roma Rebibbia N.C., nonché dal 1/7/2013 al 19/12/2015, presso la Casa reclusione di Roma Rebibbia; periodi in relazione ai quali era stata riscontrata una rilevante compromissione dello "spazio vitale" al di sotto dei 3 metri quadri per complessivi 862 giorni, così da non potersi ammettere, a causa della lunghezza del periodo in cui la lesione si era protratta, che le complessive condizioni di detenzione potessero compensare il danno patito.
2. Avverso tale provvedimento il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria propose reclamo davanti al Tribunale di sorveglianza di Roma, il quale lo accolse con ordinanza in data 18/7/2018. Respinta, preliminarmente, l'eccezione di inammissibilità del reclamo formulata dalla difesa di P. per avere l'Amministrazione penitenziaria proposto impugnazione tramite posta elettronica certificata (cd. PEC), il Tribunale romano ritenne di non dover computare, ai fini della determinazione dello spazio detentivo minimo, la "superficie calpestabile", calcolata al netto di muri perimetrali o di eventuali muri divisori ma non della mobilia fissa e mobile, ivi inclusi i letti a castello. E sulla base di tale criterio il Collegio capitolino ritenne accertato che durante la detenzione sia nella Casa circondariale di Roma Rebibbia N.C., sia nella Casa di reclusione di Roma, Piombo non aveva mai avuto a sua disposizione meno di 3 metri quadri di spazio c.d. "vivibile"; limite superato, scorporando l'ingombro costituito•da "ipotetici letti a castello", soltanto nei periodi in cui Piombo era stato ristretto con non meno di 6 detenuti, all'interno della Casa circondariale di Roma Rebibbia N.C.. In ogni caso, valorizzando adeguatamente l'ampia offerta trattamentale e i lunghi periodi giornalieri nei quali Piombo era autorizzato a uscire dalla stanza di pernottamento, il Tribunale ritenne che le eventuali violazioni del criterio dello spazio minimo pro capite fossero state ampiamente compensate dall'attenta valutazione del complesso delle condizioni detentive. 3. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione lo stesso P. per mezzo del difensore di fiducia, avv. Giancarlo Di Giulio, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.. 2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 582 e 583 cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al mancato accoglimento dell'eccezione di inammissibilità del reclamo, concernente l'irritualità delle modalità di presentazione dell'atto di impugnazione a mezzo PEC, che secondo il Tribunale di sorveglianza sarebbe consentita all'Amministrazione penitenziaria, verso la quale non varrebbero i relativi limiti. In realtà, secondo la difesa di C.P., ai sensi degli artt. 582 e 583 cod. pen., l'atto di impugnazione non potrebbe essere presentato a mezzo PEC, tanto da parte dei difensori quanto ad opera delle altre parti processuali. Inoltre, nel caso di specie, vi sarebbe assoluta incertezza in ordine alla riferibilità dell'atto di impugnazione all'Amministrazione penitenziaria. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all'annullamento dell'ordinanza del Magistrato di sorveglianza sulla base di un criterio di determinazione della superficie detentiva minima fondato sul computo dei letti a castello, che la Corte di cassazione non avrebbe condiviso. Inoltre, l'ordinanza del Tribunale di sorveglianza avrebbe errato nel ritenere che eventuali violazioni dello spazio minimo pro capite potessero essere compensate dall'offerta trattamentale, laddove la compressione dello spazio minimo vitale sarebbe di tale incidenza da non poter essere compensate con attività trattamentali e con la fruizione di periodi di tempo fuori dalle camere di pernottamento. Ciò in quanto la restrizione in celle inidonee sotto il profilo spaziale costituirebbe, di per sé, un grave pregiudizio per il detenuto e condizione sufficiente a ottenere il rimedio risarcitorio, integrando i presupposti indicati dalla legge. Inoltre, sul punto, la motivazione sarebbe del tutto generica, in quanto il Tribunale di sorveglianza si limiterebbe a indicare, in modo del tutto apodittico, le attività valutate come compensative, senza verificare nel concreto se C.P. ne avesse realmente usufruito e con quali tempi e modalità. 3. In data 25/2/2019, è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stato chiesto l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo di ricorso è fondato e, pertanto, deve essere accolto, con conseguente assorbimento del restante motivo di doglianza. 2. Il Tribunale di sorveglianza, infatti, ha errato nel ritenere ammissibile l'impugnazione del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria presentata tramite "posta elettronica certificata". L'art. 582 cod. proc. pen. stabilisce, al comma 1, che "salvo che la legge disponga altrimenti, l'atto di impugnazione è presentato personalmente ovvero a mezzo di incaricato nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Il pubblico ufficiale addetto vi appone l'indicazione del giorno in cui riceve l'atto e della persona che lo presenta, lo sottoscrive, lo unisce agli atti del procedimento e rilascia, se richiesto, attestazione della ricezione. Inoltre, a mente del comma 2, "le parti private e i difensori possono presentare l'atto di impugnazione anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti a un agente consolare all'estero. In tali casi, l'atto viene immediatamente trasmesso alla cancelleria del giudice che emise il provvedimento impugnato". Il successivo art. 583, inoltre, prevede che "le parti e i difensori possono proporre l'impugnazione con telegramma ovvero con atto da trasmettersi a mezzo di raccomandata alla cancelleria indicata nell'articolo 582 comma 1. Il pubblico ufficiale addetto allega agli atti la busta contenente l'atto di impugnazione e appone su quest'ultimo l'indicazione del giorno della ricezione e la propria sottoscrizione". Inoltre, "l'impugnazione si considera proposta nella data di spedizione della raccomandata o del telegramma. Se si tratta di parti private, la sottoscrizione dell'atto deve essere autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore" (comma 2). Secondo la giurisprudenza di legittimità, vigendo in materia di impugnazioni il principio di tassatività delle forme per la presentazione del ricorso, la cui osservanza è sanzionata a pena di inammissibilità, la presentazione dell'impugnazione con mezzi diversi da quelli previsti dalla norma è inammissibile (Sez. 1, n. 16356 del 20/3/2015, Piras, Rv. 263321), ivi compreso il caso di invio dell'impugnazione a mezzo di posta certificata (Sez. 3, n. 50932 del 11/7/2017, Giacinti, Rv. 272095; Sez. 4, n. 21056 del 23/1/2018, D'Angelo, Rv. 272740; Sez. 1, n. 320 del 5/11/2018, dep. 2019, Stojanovic, Rv. 274759). Tale principio, inoltre, vale per le parti private e per le parti pubbliche, come ha ricordato la giurisprudenza di legittimità nel caso di impugnazione cautelare proposta dal pubblico ministero, proprio sul presupposto che le modalità di presentazione e di spedizione dell'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 cod. proc. pen. (esplicitamente richiamato dall'art. 309, comma 4, a sua volta richiamato dall'art. 310, comma 2, cod. proc. pen.), sono tassative e non ammettono equipollenti, stabilendo soltanto la possibilità di spedizione dell'atto mediante lettera raccomandata o telegramma, al fine di garantire l'autenticità della provenienza e la ricezione dell'atto, mentre nessuna norma prevede la trasmissione mediante l'uso della posta elettronica certificata (così sez. 5, n. 24332 del 5/3/2015, Alamaru, Rv. 263900). 3. Il provvedimento impugnato risulta, pertanto, essere stato adottato nonostante l'originaria inammissibilità dell'impugnazione, conseguente al ricordato principio di diritto in ordine alle modalità di presentazione della stessa. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, sicché l'ordinanza impugnata deve essere annullata, senza rinvio, con conseguente reviviscenza dell'ordinanza di primo grado, pronunciata dal Magistrato di sorveglianza di Roma in data 13/11/2017. PER QUESTI MOTIVI Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata. Così deciso il 7/3/2019
19-06-2019 22:40
Richiedi una Consulenza