Il reato di prostituzione minorile di cui all'art. 600-bis, comma secondo, cod. pen., che punisce i rapporti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni in cambio di corrispettivo in denaro o di altra utilità, anche solo promessi, presenta come elemento costitutivo il consenso del minore.
Cassazione Penale
Sez. III, Sent. n. 40446 del 12 settembre 2018
Svolgimento del processo
1. Il sig. F.F. ricorre per l'annullamento della sentenza del 29/03/2017 della Corte di appello di Roma che, in riforma di quella del 17/09/2015 del G.u.p. del Tribunale di Roma, da lui impugnata:
- lo ha assolto dal reato di cui al capo 4) della rubrica (art. 81 c.p., art. 600-ter c.p., comma 1, art. 602-ter c.p., comma 5), limitatamente ai fatti contestati come commessi ai danni di R.M., L.R.S., M.G., C.F. e Mo.Be., perchè il fatto non sussiste;
- lo ha assolto dal reato di cui al capo 7) (art. 81 c.p., art. 600-ter c.p., comma 1, n. 1, art. 609-bis c.p., comma 1, art. 602-ter c.p., comma 5), limitatamente alla violazione dell'art. 609-bis cod. pen., perchè il fatto non sussiste;
- lo ha assolto dal reato di cui al capo 9) (artt. 81, 600-ter c.p., art. 602-ter c.p., commi 5 e 6) perchè il fatto non sussiste;
- ritenuto l'assorbimento del reato di cui al capo 11) (art. 81 c.p., art. 600-ter c.p., comma 1, art. 602-ter c.p., comma 5) in quello di cui al capo 4), applicate le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alle circostanze aggravanti, ha rideterminato la pena nella misura di cinque anni e otto mesi di reclusione e 26.000 Euro di multa;
- ha revocato le statuizioni civili a favore di L.R.S.;
- ha confermato, nel resto, la sentenza impugnata quanto alla affermazione della sua penale responsabilità per i residui reati di cui ai capi 1 (art. 110 c.p., art. 600-bis c.p., comma 1, art. 61 c.p., n. 2, commesso ai danni della minorenne G.S.), 2 (art. 110 c.p., art. 600-ter c.p., comma 1, n. 1, commesso ai danni della minorenne G.S.), 4 (art. 81 c.p., art. 600-ter c.p., comma 1, art. 602-ter c.p., comma 5, limitatamente ai fatti commessi ai danni delle minorenni G.S., An.Fr., A.G., P.S., S.A.), 6 (artt. 81, 609-bis cod. pen., commesso ai danni della minorenne C.F.), 7 (art. 600-ter c.p., comma 1, n. 1, art. 602-ter c.p., commi 5 e 6, commesso ai danni della minorenne Ra.Gl.), 11 (artt. 56, 600-bis c.p., art. 61 c.p., n. 1, 11 e 11-quinquies, in esso assorbito quello di cui all'art. 81 c.p., art. 600-ter c.p., comma 1, art. 602-ter c.p., comma 5, contestato al capo 3 come commesso in danno della minorenne P.S.);
- ha confermato le statuizioni civili di condanna a favore delle parti civili P.S., A.G. e Ra.Gl.. 1.1. Con il primo motivo eccepisce l'erronea applicazione della legge penale, la mancanza di motivazione e il manifesto travisamento del fatto con riferimento al capo 1 della rubrica relativo al rapporto sessuale (oggetto di numerose riprese fotografiche) tra la Se. (nei cui confronti si è proceduto separatamente - n.d.r.) e la G., condotta inquadrata dalla Corte di appello nella fattispecie di reato di cui all'art. 600-bis cod. pen., in considerazione della gratuità del book fotografico promesso alla G. quale corrispettivo del rapporto. Richiamato (e trascritto) il motivo di appello con il quale aveva contestato la sussistenza dell'ipotizzato rapporto sinallagmatico tra il compimento degli atti sessuali e la realizzazione del book fotografico, eccepisce che la sentenza impugnata ha disatteso la deduzione difensiva sul punto eludendo il contenuto delle dichiarazioni della persona offesa e travisando completamente il fatto, avendo collegato il compimento gli atti sessuali alla promessa della realizzazione del book fotografico.
1.2. Con il secondo motivo, deducendo di essersi limitato ad una stretta al seno e ad un maldestro tentativo di depilazione del pube senza alcun contatto con le parti intime della vittima, eccepisce la manifesta illogicità e apparenza della motivazione nella parte in cui ha escluso la minore gravità del fatto contestato al capo 6 della rubrica.
1.3. Con il terzo motivo eccepisce l'erronea interpretazione della norma penale per violazione della Convenzione di Lanzarote, con riferimento al reato di cui al capo 4 della rubrica, e l'illegittimità costituzionale dell'art. 600-ter cod. pen., contestato ai capi 2, 4 e 7. Richiamato (e trascritto) l'omologo motivo di appello, censura la decisione della Corte territoriale che non ha colto il vero oggetto della questione devoluta costituita dall'indagine sulla libertà e assenza di condizionamenti del consenso espresso dalle ragazze, quasi tutte prossime alla maggiore età.
1.4. Con il quarto motivo eccepisce la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione con riferimento al diniego di applicazione della circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6), erroneamente motivata dalla Corte di appello sul rilievo che la detta circostanza non si applica al risarcimento del danno non patrimoniale.
2. La parte civile, P.S., ha depositato una memoria con cui ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Motivi della decisione
3. Il ricorso è infondato.
4. L'imputato era legale rappresentante della società "Furiofusco S.r.l." che svolgeva attività di agenzia di moda. Secondo quanto risulta dalla lettura della sentenza impugnata, "convinceva minorenni ad effettuare servizi fotografici coinvolgendoli in scene di nudo integrale ed in pose sessualmente provocanti, anche con "sex toys" che deteneva presso il proprio studio, mostrando, per convincerle a fronte delle loro comprensibili resistenze, foto di tale tenore già fatte da coetanei, sostenendo che erano necessarie affinchè le ragazze si "sciogliessero" e posassero poi con più disinvoltura nei servizi "ordinari"; - proponeva con insistenza alle minori la loro partecipazione ad attività diverse ed estranee al casting, chiaramente finalizzate ad ottenere prestazioni di natura sessuale (come massaggi con palpeggiamenti in zone intime), facendo anche riferimento ad altre minorenni che avevano tenuto analoghe condotte; - richiedeva espressamente a giovani adolescenti di potersi personalmente occupare della depilazione delle loro zone genitali subito prima di iniziare i servizi fotografici; - sosteneva di non volere la divulgazione su internet di fotografie sessualmente provocanti delle minorenni, al fine di non attirare l'attenzione sulle giovani modelle; - convinceva le adolescenti a non coinvolgere e a non informare i genitori sulle attività proposte (addirittura prospettando loro che altre agenzie chiedevano la presenza dei genitori solo per far sottoscrivere contratti per corsi a pagamento ovvero che la scarsa disponibilità delle ragazze per impedimenti lavorativi dei genitori - costituiva un motivo per scartarle dai casting e quindi per lui di non inserire nella sua agenzia); - suggeriva alle minori espedienti per documentare falsamente la propria maggiore età e si offriva di ritoccare le scansioni dei loro documenti (...) al fine di convincere le ragazze, l'imputato si avvaleva dell'autorevolezza che gli derivava dalla fama acquisita e dalla abilità quale fotografo ed inoltre rappresentava alle minori di essere in grado di far sostenere alle stesse dei provini per note case di moda o produzioni televisive o cinematografiche e si offriva di predisporre per loro gratuitamente dei book, diversamente da altre agenzie e da altri fotografi che avevano costi anche significativi, e di inserirne le fotografie nel proprio sito da cui attingevano registi e produttori (...) il F. accanto all'attività lecita di fotografo agente di moda, produceva materiale pornografico e pedopornografico in rilevante quantità con le modalità anzidette, anche inducendo le minori a compiere atti sessuali con la promessa che in quel modo sarebbero state preferite dai clienti, avrebbero posato con più disinvoltura ed avrebbero avuto maggiore successo (...) durante i servizi fotografici compiva atti sessuali nei confronti delle minori, contro la loro volontà, sorprendendole con gesti repentini o approfittando del loro disagio e della incapacità di ribellarsi nel contesto che egli stesso aveva creato".
4.1. In questo contesto, provato, secondo i Giudici di merito, dalle convergenti dichiarazioni delle minori, dal rinvenimento di numeroso materiale pedopornografico, di rasoi e "sex toys" custoditi dall'imputato nel suo studio, sarebbero maturate le condotte specificamente descritte nei (residui) capi di imputazione poste in essere ai danni delle persone minorenni indicate in ciascuno di essi.
5. Tanto premesso, il primo motivo, che ha ad oggetto i fatti descritti al capo 1 della rubrica, è generico, manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimità.
5.1. Il capo 1 imputa al ricorrente il delitto di cui all'art. 110 c.p., art. 600-bis c.p., comma 2, art. 61 c.p., n. 2, perchè, agendo in concorso con Se.Il. (nei cui confronti si è proceduto separatamente), " anche al fine di consumare il delitto di produzione di materiale pedopornografico, compivano con la minore G.S. atti sessuali, in cambio del corrispettivo costituito dalla realizzazione ad opera del F. di immagini fotografiche per alcuni castings nonchè dalla promessa di realizzare le fotografie necessarie a predisporre dei composit che avrebbero consentito alla minore di fare delle pubblicità di creme depilatorie e dei castings - foto per la cui realizzazione il F. si era anche offerto di depilarla nelle parti intime (...) Con l'aggravante del fatto commesso anche al fine di consumare il delitto di produzione di materiale pornografico (di cui al capo 2). In (OMISSIS)".
5.2. L'imputato non contesta la materiale sussistenza del rapporto sessuale descritto nella rubrica bensì la sua natura di corrispettivo della promessa realizzazione gratuita del book fotografico e imputa alla Corte di appello, investita della medesima questione, di averla elusa travisando il contenuto delle dichiarazioni della persona offesa. La ragazza, insomma, avrebbe aderito spontaneamente e convintamente alla richiesta, del F. senza la prospettiva di ottenere in cambio alcunchè.
5.3. Osserva il Collegio che il ricorrente non allega, nè trascrive il contenuto di tali dichiarazioni, sottraendo alla Corte di cassazione la cognizione della prova a suo dire travisata e la possibilità stessa di valutare la fondatezza dell'eccezione, tanto più che la Corte di appello afferma con chiarezza che la G. aveva "spiegato di aver acconsentito alle richieste del F. in quanto lo stesso, famoso fotografo di moda, le aveva offerto di scattarle delle fotografie gratuitamente per un book che la giovane avrebbe dovuto solo far stampare e che avrebbe potuto utilizzare per i casting e per le sue attività di modella: sulla base di tali chiari elementi non v'è dubbio circa la configurabilità nella condotta sin qui descritta del reato contestato di prostituzione minorile".
5.4. Ne consegue, stando al testo della motivazione, che l'eccepita elusione della questione devoluta con i motivi di appello è totalmente infondata, anche sotto il profilo dell'omessa considerazione della dedotta accondiscendenza al compimento degli atti sessuali. Il consenso del minore, nel reato di prostituzione minorile di cui all'art. 600-bis c.p., comma 2, è elemento costitutivo della fattispecie (Sez. 3, n. 26216, del 19/05/2010, Rv. 247697). Nel caso di specie, è certo che la ragazza ha accondisceso alla richiesta del compimento degli atti sessuali nella prospettiva di ricavarne l'utilità promessa dall'imputato. Ove questi intenda attribuire al termine "accondiscendenza" il significato di un'adesione spontanea e libera da condizionamenti di sorta al compimento dell'atto sessuale, è evidente lo "scontro frontale" tra la deduzione difensiva e quel che risulta dal testo della motivazione.
5.5. Occorre allora ribadire l'insegnamento costante della Corte secondo il quale: a) l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794); b) la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicchè dedurre tale vizio in sede di legittimità significa dimostrare che il testo del provvedimento è manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non già opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205621), sicchè una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicità (Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, Mannino, Rv. 202903); c) il travisamento della prova è configurabile solo quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; il relativo vizio ha natura decisiva solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio (Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499).
5.6. Il travisamento della prova, è necessario ribadirlo, consiste in un errore percettivo (e non valutativo) della prova stessa tale da minare alle fondamenta il ragionamento del giudice ed il sillogismo che ad esso presiede. In particolare, consiste nell'affermare come esistenti fatti certamente non esistenti ovvero come inesistenti fatti certamente esistenti. Il travisamento della prova rende la motivazione insanabilmente contraddittoria con le premesse fattuali del ragionamento così come illustrate nel provvedimento impugnato, una diversità tale da non reggere all'urto del contro-giudizio logico sulla tenuta del sillogismo. Il travisamento è perciò decisivo quando la frattura logica tra la premessa fattuale del ragionamento e la conclusione che ne viene tratta è irreparabile. Come recentemente ribadito da Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, n.m. sul punto, il travisamento delle prova sussiste quando emerge che la sua lettura sia affetta da errore "revocatorio", per omissione, invenzione o falsificazione. In questo caso, difatti, la difformità cade sul significante (sul documento) e non sul significato (sul documentato).
5.7. Sul punto si rendono necessarie le seguenti ulteriori precisazioni.
5.8. Il "travisamento del fatto" (eccepito dal ricorrente) era tradizionalmente inteso quale vizio logico che aveva ad oggetto la ricostruzione dei fatti insanabilmente in contrasto con la realtà indiscussa od almeno manifesta nel processo (Sez. 2, n. 1195 del 01/07/1965, dep. 1967, Wobbe), quando cioè la pronuncia fosse emanata sul presupposto dell'esistenza o inesistenza di fatti, che invece dagli atti risultino, di certo, inesistenti o esistenti, con esclusione del momento valutativo della prova (Sez. 1, n. 86 del 25/01/1966, Spucches). Il nuovo codice di rito ha voluto mantenere "il sindacato sul piano della legittimità, evitando gli eccessi (...) che hanno talvolta dato luogo a invasioni da parte del giudice di legittimità dell'area in giudizio riservata al giudice di merito" (Relazione al progetto del codice di procedura penale). L'iniziale formulazione dell'art. 606 c.p.p., lett. e), era perciò chiaramente finalizzata a evitare che il giudizio di legittimità si trasformasse, di fatto, in un'ulteriore grado di giudizio di merito, vietando qualsiasi incursione nel materiale raccolto nelle precedenti fasi di merito ed imponendo come oggetto di valutazione della logicità, congruità e coerenza della sentenza esclusivamente il testo della motivazione. Coerentemente, la giurisprudenza di legittimità aveva affermato il principio per il quale il travisamento del fatto intanto poteva essere oggetto di valutazione e di sindacato in sede di legittimità, in quanto risultasse inquadrabile nelle ipotesi tassativamente previste dall'art. 606 c.p.p., lett. e); l'accertamento di esso richiedeva, pertanto, la dimostrazione, da parte del ricorrente, dell'avvenuta rappresentazione, al giudice della precedente fase di impugnazione, degli elementi dai quali quest'ultimo avrebbe dovuto rilevare il detto travisamento, sicchè la Corte di cassazione potesse, a sua volta, desumere dal testo del provvedimento impugnato se e come quegli elementi fossero stati valutati (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimo; nello stesso senso, Sez. 4, n. 31064 del 02/07/2002). La L. n. 46 del 2006, art. 8, comma 1, ha esteso l'ambito della deducibilità del vizio di motivazione anche ad "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame". Il legislatore ha così introdotto il "travisamento della prova" (e non del fatto) quale ulteriore criterio di giudizio della contraddittorietà estrinseca della motivazione ma ciò non muta, alla luce delle considerazioni che precedono, la natura dell'indagine di legittimità il cui oggetto resta la motivazione del provvedimento impugnato, l'esame della cui illogicità non può mai trasmodare in un inammissibile e rinnovato esame dell'intero compendio probatorio già utilizzato dal giudice di merito per giungere alle sue conclusioni. Il travisamento, insomma, deve riguardate uno o più specifici atti del processo, non il fatto nella sua interezza.
5.9. Ne consegue che: a) il vizio di motivazione non può essere utilizzato per spingere l'indagine di legittimità oltre il testo del provvedimento impugnato, nemmeno quando ciò sia strumentale a una diversa ricomposizione del quadro probatorio che, secondo gli auspici del ricorrente, possa condurre il fatto fuori dalla fattispecie incriminatrice applicata; b) l'esame può avere ad oggetto direttamente la prova solo quando se ne denunci il travisamento, purchè l'atto processuale che la incorpora sia allegato al ricorso (o ne sia integralmente trascritto il contenuto) e possa scardinare la logica del provvedimento creando una insanabile frattura tra il giudizio e le sue basi fattuali.
5.10. In assenza di tali presupposti (nessuno dei quali ricorrenti nel caso di specie) non è consentito, in sede di legittimità, proporre un'interlocuzione diretta con la Suprema Corte in ordine al contenuto delle prove già ampiamente scrutinate in sede di merito sollecitandone l'esame e proponendole quale criterio di valutazione della illogicità manifesta della motivazione; in questo modo si sollecita la Corte di cassazione a sovrapporre la propria valutazione a quella dei Giudici di merito laddove, come detto, ciò non è consentito, nemmeno quando venga eccepito il travisamento della prova. Il travisamento non costituisce il mezzo per valutare nel merito la prova, bensì lo strumento - come detto - per saggiare la tenuta della motivazione alla luce della sua coerenza logica con i fatti sulla base dei quali si fonda il ragionamento.
5.11. Nel caso di specie, peraltro, l'imputato - come già detto - non allega, nè trascrive il contenuto delle dichiarazioni a suo dire travisate, sicchè le sue eccezioni, oltre ad essere manifestamente infondate, sono oltremodo generiche e inammissibilmente fattuali.
5.12. Resta perciò il fatto che la persona offesa ha prestato il consenso all'atto sessuale nella prospettiva di ricavarne l'utilità promessa dall'imputato.
6. Il secondo motivo è generico e manifestamente infondato.
6.1. Il capo 6 della rubrica imputa al ricorrente di aver costretto la minorenne C.F. a subire atti sessuali consistiti nel palpeggiamento del seno e nell'infilare la mano negli slip. La Corte di appello limita la condotta al solo toccamento del seno (essendo incerto il toccamento del pube, ancor meno della vagina) e afferma che tale gesto è stato posto in essere in un contesto nel quale la ragazza aveva cominciato a piangere perchè non voleva che le venisse depilato il pube, e che l'imputato le aveva impedito di prendere il cellulare per chiamare qualcuno. L'imputato, afferma la Corte, "ha approfittato della condizione di indubbia inferiorità della ragazza, in relazione sia all'età sia all'interesse della stessa in un inserimento nel mondo della moda e, pur a fronte di manifestato dissenso della minore, non ha desistito dalla sua condotta, costringendola a subire gli atti sessuali descritti nell'imputazione".
6.2. Diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, nell'escludere la minore gravità del fatto la Corte non si è limitata ad una generica evocazione dei principi giurisprudenziali affermati in materia dalla Suprema Corte, ma ne ha fatto buon governo calandoli nell'intero contesto nel quale si è concretamente svolta l'azione, aspetti della vicenda del tutto negletti dall'imputato che, a sostegno dell'eccezione, indica solamente la natura dell'atto (il toccamento del seno) nella sua nuda materialità.
6.3. E' noto l'insegnamento di questa Corte secondo il quale ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del fatto di minore gravità, prevista dall'art. 609-bis c.p., comma 3, deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievi i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le caratteristiche psicologiche valutate in relazione all'età, così da potere ritenere che la libertà sessuale sia stata compressa in maniera non grave, così come il danno arrecato alla vittima anche in termini psichici (Sez. 3, n. 19336 del 27/03/2015, Rv. 263516; Sez. 3, n. 39445 del 01/07/2014, Rv. 260501; Sez. 3, n. 23913 del 14/05/2014, Rv. 259196; Sez. 3, n. 1057 del 19/12/2006, Rv. 236024; Sez. 3, n. 5002 del 07/11/2006, Rv. 235648; Sez. 3, n. 47730 del 28/10/2003).
6.4. Il fatto che la vittima avesse manifestato il suo dissenso con il pianto, che l'imputato le avesse sottratto il telefono cellulare e avesse tenuto la condotta nel contesto sopra indicato (aspetti, come detto, nemmeno presi in considerazione dall'imputato) misurano il non lieve grado di coartazione subito dalla vittima e di compressione grave della sua libertà di autodeterminazione sessuale.
7. Il terzo motivo è infondato.
7.1. La censura coinvolge il reato di cui all'art. 600-ter c.p., comma 1, n. 1), come modificato dalla L. n. 172 del 2012, art. 4, comma 1, lett. h), n. 1, di ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa del 2007 per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale (Convenzione di Lanzarote), contestato ai capi 2, 4 e 7 della rubrica.
7.2. Sulla premessa che, nel caso di specie, persone offese dal reato sono quasi tutte ragazze minorenni ma prossime alla maggiore età, l'imputato sostiene che "la norma di cui all'art. 600 ter c.p. sanzionando la riproduzione di atti sessuali autoerotici od eterosessuali indipendentemente dall'età (minori di anni diciotto) ovvero dall'età di chi partecipa a tali atti finisce per negare la libertà di autodeterminazione del minore indipendentemente dalla sua capacità psichica e dalla sua maturazione (...) l'ordinamento riconosca al minore atti dispositivi della propria libertà particolarmente incisivi per la sua vita, quali procreare, sposarsi e come la convenzione di Lanzarote avesse espressamente previsto che ogni Stato membro potesse individuare ex art. 18 l'età legale per praticare attività sessuali ed ancora previsto ex art. 20, comma 3, seconda parte il diritto di non applicare sanzioni alla produzione di "materiale pornografico in cui sono coinvolti minori che hanno raggiunto l'età stabilita conformemente all'art. 18, paragrafo 2 quando tali immagini sono prodotte con il loro consenso (...) appare distonico che l'ordinamento abbia stabilito la possibilità di compiere liberamente atti sessuali a giovani di 14 anni (salvo che il partner sia ascendente o in posizione di preminenza) con chicchessia e poi non possa esprimere un libero consenso ad essere ritratto, magari, come per (una delle persone offese) essere intenzionato alla produzione di film pornografici (...) la tutela della riservatezza della sfera sessuale del minore ha come suo obiettivo la tutela della persona minorenne cosicchè a meno di non voler presumere una incapacità "tout court" di qualsiasi minore (che come si è osservato è invece ritenuto capace di compiere atti incisivi ed imputabile) la norma tutelerebbe la vittima anche contro la volontà della stessa così ritenuta per principio incapace di autodeterminarsi. E' peraltro un fenomeno assai diffuso (...) quello degli adolescenti che interamente producono i cd. selfie nel corso dei loro rapporti sessuali e si scambiano MMS con simili contenuti imitando note attrici e soubrette del mondo dello spettacolo. All'evidenza si tratta di condotte che risultano astrattamente punibili anche se il produttore, detentore del diffusore è il soggetto della produzione stessa e, dunque, ha liberamente disposto del suo diritto non intendendo tutelarlo. E' manifestamente irragionevole e distonico anche ai sensi della Convenzione di Lanzarote ritenere di poter fissare una soglia di maturità sessuale per i minori ultraquattordicenni e poi negare loro il diritto ad esprimere la loro sessualità nei modi e con le forme che ritengano di sviluppare. Si tratta di una manifesta irragionevolezza dal momento che produce una violazione tanto dell'art. 3 Cost. rispetto persino al medesimo soggetto che da un lato può congiungersi carnalmente con un minore, ma dall'altro non può osservarlo mentre costui si masturba ovvero non può fotografare ciò che il minore liberamente intende far riprendere. Ancora irragionevole è escludere l'operatività dell'art. 50 c.p. nella parte in cui - in violazione dell'art. 3 Cost. - l'art. 660 ter c.p. così come interpretato esclude che il minore imputabile o non soggetto a deficienza psichica possa validamente disporre del suo diritto alla riservatezza della sua sessualità".
7.3. L'imputato propone una lettura distorta e sostanzialmente abrogante della Convenzione di Lanzarote e pone a confronto situazioni tra loro del tutto eterogenee.
7.4. In primo luogo egli non considera che l'art. 34 della Convenzione sui diritti del fanciullo conclusa a Nuova York il 20 novembre 1989, espressamente richiamata dal preambolo della Convenzione di Lanzarote, impegna gli Stati parti a proteggere il fanciullo contro ogni forma di sfruttamento sessuale e di violenza sessuale, onde impedire: a) che dei fanciulli siano incitati o costretti a dedicarsi ad una attività sessuale illegale; b) che dei fanciulli siano sfruttati a fini di prostituzione o di altre pratiche sessuali illegali; c) che dei fanciulli siano sfruttati ai fini della produzione di spettacoli o di materiale a carattere pornografico. Ai fini della Convenzione sui diritti del fanciullo, si intende per "fanciullo" ogni essere umano avente un'età inferiore a diciott'anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile (art. 1 della Convenzione).
7.5. La Convenzione di Lanzarote, nel suo preambolo, riconosce che il benessere e l'interesse superiore dei minori costituiscono valori fondamentali condivisi da tutti gli Stati membri che vanno promossi senza discriminazione alcuna e prende atto che lo sfruttamento sessuale dei minori, in particolare la pedopornografia e la prostituzione minorile, nonchè ogni forma di abuso sessuale ai danni di minori, compresi gli atti commessi all'estero, mettono in grave pericolo la salute e lo sviluppo psicosociale del minore.
7.6. L'art. 3 della Convenzione definisce "minore" ogni persona di età inferiore ai diciotto anni e per "sfruttamento e abuso sessuali commessi su minori" le condotte contemplate agli artt. 18-23.
7.7. L'art. 20, comma 3, stabilisce che "le Parti possono riservarsi il diritto di non applicare, in tutto o in parte, il paragrafo 1 lettere a (produzione di materiale pedopornografico) ed e (essere in possesso di materiale pedopornografico) alla produzione e al possesso di materiale pedopornografico (...) raffigurante minori che abbiano raggiunto l'età fissata in applicazione dell'art. 18, paragrafo 2, se tali immagini sono prodotte o possedute da essi stessi, con il loro consenso ed esclusivamente per loro uso privato".
7.8. La lettura dell'articolato rende le osservazioni del ricorrente prive di fondamento nella parte in cui sottolinea il contrasto tra la libertà riconosciuta ai minori di produrre consensualmente materiale pedopornografico a loro esclusivo uso privato e la loro incapacità di fornire un valido consenso a posare per un adulto. E' la stessa Convenzione che lo afferma, l'imputato non scopre nulla di nuovo; è la "ratio" che gli sfugge.
7.9. Non si nega ai minori il diritto alla loro sessualità, considerata espressione e fisiologico sviluppo della loro personalità; è negato ai maggiorenni sfruttare questo diritto al fine di produrre materiale pedopornografico. Questo è il punto. L'inidoneità del consenso a scriminare la condotta è posta a tutela del minore che viene, ritenuto "ex lege" incapace di esprimere un valido consenso perchè viziato dalla natura non paritaria del rapporto e dalla finalità della condotta (produzione di materiale pornografico), in contrasto con la tutela del diritto del minorenne a sviluppare liberamente la propria sessualità.
7.10. Non a caso, lo nota lo stesso imputato, laddove il minore sia legato al maggiorenne da un rapporto qualificato, l'asticella della tutela si eleva, innalzando l'età nella quale si ritiene che il minore possa esprimere un consenso libero all'atto sessuale. Il legislatore non riconosce al minore di quattordici anni la capacità di esprimere il consenso all'atto sessuale con il maggiorenne (art. 609-quater cod. pen., comma 1, lett. a). Il tredicenne, però, è ritenuto capace di esprimere il consenso al rapporto sessuale purchè con un altro minorenne che non abbia più di tre anni di lui/lei. Una volta compiuti i quattordici anni, il minorenne è ritenuto capace di consentire il rapporto sessuale con il maggiorenne, ma se la libertà sessuale è viziata dalla promessa di una qualche utilità, anche il consenso è "ope legis"viziato e "tanquam non esset". Allo stesso modo, la clausola di salvezza richiamata nell'incipit dell'art. 609-quater cod. pen., impone comunque di valutare, caso per caso, che il consenso del minorenne all'atto sessuale non sia viziato dall'abuso delle sue possibili condizioni di inferiorità psichica (Sez. 3, n. 17383 del 16712/2014, Rv. 263350; Sez. 3, n. 16843 del 16/01/2007, Di Oronzo, Rv. 236806; Sez. 3, n. 32513 del 19/06/2002, Rv. 22310, secondo cui la figura di violenza sessuale delineata all'art. 609-bis c.p., comma 2, n. 1, centrata sull'induzione all'atto sessuale di persona in condizioni di inferiorità fisica o psichica, si distingue sia dalla fattispecie di costrizione mediante abuso di autorità - comma 1 della stessa norma -, che da quella di atti sessuali compiuti con minori degli anni sedici ad opera dell'ascendente o di altri soggetti in rapporto qualificato con la persona offesa - art. 609-quater c.p., comma 1, n. 2 -. L'abuso di autorità rilevante per l'art. 609 bis c.p., comma 1 determina una costrizione al compimento degli atti sessuali, mentre nella figura delineata al comma 2, n. 1 della stessa norma manca una relazione siffatta e sussiste invece, per quanto viziato dalla condizione di inferiorità, un consenso della vittima all'atto sessuale. Detto consenso ricorre anche nell'ipotesi di atti sessuali con minorenni da parte dei soggetti indicati all'art. 609 quater c.p., comma 1, n. 2, ma tale ultima fattispecie prescinde dalla concreta soggezione della persona offesa, assegnando rilevanza al dato formale della relazione di parentela, di affidamento o di convivenza).
7.11. Non c'è, dunque, alcuna irragionevolezza nel ritenere il minore in grado di esprimere il libero ed incondizionato consenso all'atto sessuale con il maggiorenne, ma incapace di esprimere il consenso alla produzione di materiale pedopornografico sollecitata dal maggiorenne stesso. Si tratta di situazioni totalmente diverse che generano valutazioni diverse condivise a livello mondiale, non solo nazionale, che non possono essere sovvertite dal personale convincimento dell'imputato. Come insegnato da questa Corte, ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 600 ter c.p., comma 1, il concetto di "utilizzazione" deve essere inteso come vera e propria degradazione del minore ad oggetto di manipolazioni, onde non assume valore esimente il consenso prestato dal medesimo in merito (Sez. 3, n. 1783 del 17/11/2016, dep. 2017, Rv. 269412). Già prima della sottoscrizione della Convenzione di Lanzarote, questa Corte aveva autorevolmente riconosciuto che con il delitto di pornografia minorile di cui all'art. 600 ter cod. pen., comma 1 l'ordinamento appresta una tutela penale anticipata della libertà sessuale del minore, reprimendo quei comportamenti prodromici che, anche se non necessariamente a fine di lucro, ne mettono a repentaglio il libero sviluppo personale con la mercificazione del suo corpo e l'immissione nel circuito perverso della pedofilia (Sez. U, n. 13 del 31/05/2000). Mercificazione del corpo è un concetto radicalmente diverso dal fisiologico sviluppo della libertà sessuale nei rapporti sessuali non retribuiti, liberi da condizionamenti e consensuali il cui esercizio è garantito dall'art. 609-quater cod. pen..
8. L'ultimo motivo di ricorso è infondato.
8.1. La Corte di appello ha escluso la applicazione della circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6), sul duplice rilievo: a) della non congruità del risarcimento offerto alle vittime; b) della inapplicabilità della norma ai casi di risarcimento del danno non patrimoniale.
8.2. Quest'ultima osservazione non è condivisa, almeno nei suoi termini assoluti, dal Collegio.
8.3. Sul tema, si registra un consolidato orientamento interpretativo che, facendo leva sul tenore letterale dell'art. 185 c.p., comma 2, riconosce l'applicabilità della circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6, prima parte, anche al danno non patrimoniale (Sez. 6, n. 6405 del 12/11/2015, dep. 2016, Minzolini, Rv. 265831; Sez. 2, n. 9143 del 24/01/2013, Corsini, Rv. 254880; Sez. 1, n. 2837 del 13/12/1995, Musarra, Rv. 204094, secondo cui per l'applicabilità della circostanza attenuante della riparazione del danno contemplata dall'art. 62 c.p., n. 6 è indispensabile che la riparazione stessa, oltre che volontaria ed integrale, sia anche effettiva. Ne consegue che la somma di danaro proposta dall'imputato come risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale - art. 185 c.p., comma 2 - deve essere offerta alla parte lesa in modo da consentire alla medesima di conseguirne la disponibilità concretamente e senza condizioni di sorta. Tale risultato può essere ottenuto - salva la valutazione di congruità rimessa al giudice e fuori del caso di versamento diretto del danaro nelle mani di colui cui spetta - solo con l'osservanza della forma prescritta dalle disposizioni della legge civile dettate proprio per creare, nell'ipotesi di rifiuto del creditore, un equipollente alla dazione diretta, vale a dire nelle forme dell'offerta reale, la quale si perfeziona con effetto liberatorio per il debitore al momento del deposito della somma presso la cassa deposito e prestiti o presso un istituto bancario. Il rispetto di tali prescrizioni integra l'estremo della effettività delle riparazioni ed è altresì rivelatore della reale volontà dell'imputato di eliminare, per quanto possibile, le conseguenze dannose del reato commesso).
8.4. Più recentemente, questa Corte ha affermato che nei reati sessuali, la circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6, non è configurabile con riferimento all'ipotesi di ravvedimento attivo di cui alla seconda parte della disposizione, postulando una reversibilità degli effetti delittuosi non applicabile a reati di natura istantanea, come quelli indicati, nei quali la realizzazione del fatto tipico integra ed esaurisce l'offesa; l'attenuante è invece sempre configurabile con riferimento all'ipotesi di risarcimento del danno di cui alla prima parte della disposizione citata, sempre che il reo provveda alla integrale riparazione di ogni conseguenza pregiudizievole, anche di natura non patrimoniale, derivata dal reato (Sez. 3, n. 18483 del 09/02/2017, Rv. 269633).
8.5. I precedenti di segno contrario citati dalla Corte di appello a sostegno della propria decisione (Sez. 3, n. 24090 del 13/03/2008, Zanoni, Rv. 240540; Sez. 3, n. 14959 del 13/01/2015, Rv. 263049) non sono perfettamente calzanti, sia perchè dalla loro lettura emerge una condotta qualificabile piuttosto ai sensi dell'art. 62 c.p., n. 6), seconda parte, sia perchè nella logica della motivazione ha prevalso la non integralità del risarcimento del danno non patrimoniale.
8.6. Sennonchè, come detto, l'altro motivo per il quale la Corte di appello ha respinto la richiesta difensiva risiede nella natura incongrua delle cifre offerte dall'imputato (pag. 52 della sentenza di primo grado, richiamata a pag. 15 della sentenza impugnata) il quale non ha mai preso posizione su questo argomento che non risulta oggetto di specifica confutazione nemmeno in questa sede. Risulta dalla lettura dell'atto di appello che il F. aveva dedotto di aver profuso il maggior sforzo economico possibile, ma una tale difesa proietta l'eccezione nell'alveo della seconda parte dell'art. 62 c.p., n. 6), non nella prima.
8.7. Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali e di quelle sostenute nel grado dalle parti civili liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione in favore delle parti civili delle spese del grado liquidate in Euro 3.500 oltre spese generali ed accessori come per legge sia per A.G. che per P.S..
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.
Documenti Correlati Riferimenti Normativi Nuova Ricerca
13-02-2019 09:48
Richiedi una Consulenza