Appello dell’imputato della sentenza di condanna a pena pecuniaria.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 14361/19; depositata il 2 aprile
SENTENZA sul ricorso proposto da: B.S. nato a P. il ...........avverso la sentenza del 23/11/2017 del TRIBUNALE di TRAPANI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere RENATA SESSA; Il Proc. Gen. conclude per l'annullamento senza rinvio E TRASMISSIONE ATTI AL TRIBUNALE DI TRAPANI PER L'ULTERIORE CORSO udito il difensore nessuno è comparso
RITENUTO IN FATTO 1. B.S., col patrocinio del difensore, impugna per Cassazione la sentenza pronunciata dal tribunale di Trapani il 23.11.2017, con la quale il giudice ha dichiarato l'inammissibilità dell'appello con cui l'imputato ha contestato il giudizio di responsabilità, espresso dal giudice di pace nella sentenza emessa nei suoi confronti il 17.5.2016 (di condanna alla pena di Euro 1.500,00 di multa, per il delitto di diffamazione, oltre che al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile). 2. Il ricorrente denuncia violazione di legge in riferimento all'art. 37 del D.LGS. n. 274/2000, per avere il giudice monocratico dichiarato inammissibile l'appello, ritenendo, erroneamente, non impugnato il capo della sentenza afferente il risarcimento del danno.
CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è fondato. 1. Secondo il prevalente orientamento di questa Corte, che il Collegio ritiene senz'altro da preferire, è ammissibile l'appello proposto dall'imputato avverso la sentenza del giudice di pace di condanna a pena pecuniaria, ancorché non specificamente rivolto al capo relativo alla condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, in quanto l'art. 37 D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 deve essere coordinato con la disposizione di cui all'art. 574, comma quarto, cod. proc. pen., secondo cui l'impugnazione proposta avverso i punti della sentenza riguardanti la responsabilità dell'imputato estende i suoi effetti agli altri punti che dipendono dai primi, fra i quali rientra quello concernente il risarcimento del danno, che trova il suo necessario presupposto nell'affermazione della responsabilità penale ( ex multis Sez. 5, n. 17784 del 12/01/2017, Sez. 5, n. 35023 del 17-5-2016, Sez. 5, n. 31619 del 1-4-2016, Sez. 5, n. 5017 del 14-12-2015; Sez.5, n. 31678 del 22-5-2015, Sez. 5, n. 7455 del 16-10- 2013). Infatti, a norma dell'art. 2 d. lg. n. 274 del 2000, nel procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò che non è previsto dal predetto decreto si osservano, in quanto applicabili, le norme dei codice di procedura penale, di talchè l'applicazione dell'art. 574, comma 4, cod. proc. pen., invocata nel caso di specie, trova applicazione, in combinato disposto con l'art. 37 D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. 2: Anche la Corte costituzionale, nella sentenza n. 426 del 2008, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 37 d. Ig. 274 del 2000, in riferimento agli artt. 3 e 76 Cost., ha chiarito che il riferimento alle sentenze che applicano la sola pena pecuniaria è da intendersi relativo alle pronunce che rechino esclusivamente tale condanna, non accompagnata da statuizioni civili. D'altronde è incontrovertibile che, ove l'imputato contesti, con l'atto di impugnazione, la responsabilità, gli effetti della sentenza che verrà pronunciata si estenderanno alle statuizioni civili. Non vi è dunque alcuna necessità che queste ultime vengano espressamente impugnate, poiché è già implicita nell'impugnazione del punto relativo alla responsabilità quella afferente le statuizioni civili, dipendenti dalla condanna. Del resto, la ratio della disposizione di cui all'art. 37 d. Ig. 274 del 2000 è proprio quella di assicurare maggiori garanzie all'imputato qualora quest'ultimo debba affrontare la parte civile (Sez. 5, n. 4967 del 6-12-2006 Rv. 236610) e di evitare che una sentenza di primo grado inappellabile possa pregiudicare l'imputato, impedendogli di promuovere un sindacato di merito sulla sua responsabilità civile, in conformità a quanto stabilito, nel procedimento ordinario, dal primo comma dell'art 574 cod. proc. pen., che consente all'imputato di proporre impugnazione contro i capi della sentenza che riguardano gli interessi civili (Sez. 5, n. 33545 del 21-9- 2006, Rv. 235226). In questa prospettiva, è dunque razionale che, ove si impugni, invece, un punto diverso dalla responsabilità (ad esempio, il trattamento sanzionatovi° o la qualificazione giuridica del fatto o l'insussistenza di un'aggravante o la ravvisabilità di un'attenuante) sia necessaria, ai fini dell'ammissibilità dell'appello, un'esplicita impugnazione delle statuizioni civili; ma ove le censure investano la tematica relativa alla responsabilità, è superflua l'impugnazione delle statuizioni civili. 3. Non si ignora che vi sono sentenze (Sez. 2, Sentenza n. 31190 del 17\04\2015, Rv. D() 264544) che hanno opinato in modo diverso, essenzialmente affermando la natura speciale, derogativa e, dunque, prevalente dell'art. 37, d. Igs. n. 274 del 2000 come sopra illustrata. Tuttavia ritiene questo Collegio che l'indirizzo dominante sia sicuramente da ribadire, osservandosi che l'argomento fondante l'orientamento contrario, e cioè la natura speciale e derogatoria dell'art. 37 d.igs. n. 274 del 2000 rispetto alla norma dell'art. 574 comma 4 cpp, non sia condivisibile, atteso, appunto, il disposto dell'art. 2 sopra citato, che operando un'interrelazione tra le norme procedurali del D. Lgs. n. 74 del 2000 e quelle del codice di procedura penale, fa convivere le due discipline e prevede la integrazione dei due ordini di precetti, quando la materia da ciascuno di essi regolata non sia la stessa. Ciò non significa che la normativa di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 non sia speciale, regolando specificamente il procedimento davanti al giudice di pace, ma solo che, per espressa previsione di una stessa norma del decreto medesimo, trovino applicazione anche le norme del codice di procedura penale laddove non vi sia coincidenza, ma, come nel caso di specie, complementarietà ( indi a rigore sotto certi aspetti si tratta di interpretazione armonica delle norme, dettata dai principi, più che dì applicazione della norma codicistica in virtù del disposto di cui all'art. 2 del decreto legislativo de quo ).
L'art. 574, comma 4, c.p.p., invero, afferma un principio generale, ovvero quello della necessaria estensione dell'impugnazione dell'imputato contro la pronuncia di condanna penale anche alla pronuncia sui capi contenenti le statuizioni civili, alla condizione della dipendenza di questi ultimi dalla prima, che in quanto tale ben può trovare spazio anche nella normativa speciale riguardante le impugnazioni delle sentenze dei giudice di pace, non essendo peraltro affatto in contrasto, come visto, con la ratio di quella disciplina. Infatti, la norma dell'art. 37, laddove subordina l'appellabilità, da parte dell'imputato, delle condanne a pena pecuniaria, al requisito della contestuale impugnazione del capo relativo al risarcimento del danno, di fatto non regola diversamente la stessa materia del precetto codicistico di cui all'articolo 574, comma 4, c.p.p., ma pone un indice limitativo, a ben vedere utilmente interpretabile alla luce del principio generale dal medesimo espresso, dal momento che la sua applicazione non ne contraddice la ratio anzi la esalta. Invero essa, da un lato, lascia integro il principio della appellabilità delle sole sentenze - con condanna a pena pecuniaria- pronunciate anche sui profili civili, dall'altro, consente di garantire il doppio grado di giudizio in tutti i casi in cui vi sia stata tale pronuncia, a prescindere dalla formale impugnazione del capo, in perfetta linea con la scelta legislativa al riguardo confluita nel Decreto legislativo indicato, che ha inteso
03-04-2019 22:13
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