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Sentenza

Violazione degli obblighi di assistenza familiare .
Violazione degli obblighi di assistenza familiare .
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                    
                        SEZIONE SESTA PENALE                          
              Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:               
Dott. PAOLONI     Giacomo      -  Presidente   -                      
Dott. GIANESINI   Maurizio     -  Consigliere  -                      
Dott. COSTANZO    Angelo  -  rel. Consigliere  -                      
Dott. COSTANTINI  Antonio      -  Consigliere  -                      
Dott. D'ARCANGELO Fabrizio     -  Consigliere  -                      
ha pronunciato la seguente:                                           
SENTENZA 
sul ricorso proposto da:  
C.F.S., nato il (OMISSIS);  
avverso la sentenza del 15/10/2015 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA;  
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;  
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANGELO COSTANZO;  
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr.  
ANGELILLIS CIRO che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.  
L'avvocato AZZOLINA FRANCESCO del foro di ENNA difensore di fiducia  
di              C.F.S. si riporta ai motivi di ricorso.  
RITENUTO IN FATTO 
1.  Con  sentenza  n.  780  del  15/10/2015,  la  Corte  di  appello  di  Caltanissetta  ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Enna a C.F. ex art. 570 c.p., comma 2,  n.  2,  (capo  A)  e L.  1  dicembre  1970, n.  898,  art.  12  sexies (capo  B)  per  avere  fatto mancare,   non   versando   l'assegno   mensile   stabilito   dal   Tribunale   i   mezzi   di sussistenza alle figlie minorenni e così  costringendo la loro madre a provvedere da sola alle primarie esigenze delle figlie. 

2. Nel ricorso di C. si chiede annullarsi la sentenza deducendo: a) violazione dell'art.570  c.p.,  comma  2,  n.  2,  e  vizio  di  motivazione,  avendo  affermato  la  responsabilità del  ricorrente,  trascurandone  la  mancanza  di  sufficiente  disponibilità  di  risorse economiche,   e   violazione   della L.   n.   898   del   1970,   art.   12   sexies (sono   così compendiati  i  primi  5  motivi  del  ricorso);  b)  violazione  dell'art.  157  c.p.p. e art.  161 c.p.p.,  comma  2,  per  essere  il  reato ex  art.  570  c.p.  estinto  per  prescrizione  (sesto motivo di ricorso erroneamente indicato come settimo); c) per vizio di motivazione circa la sussistenza di un danno per la parte civile (settimo motivo di ricorso). 
CONSIDERATO IN DIRITTO 
1.  I  motivi  di  ricorso  suindicati  sub  2.a)  sono  manifestamente  infondati,  avendo  la Corte di appello applicato la consolidata giurisprudenza di questa Corte. 
Per quanto riguarda il capo A), la sentenza impugnata correttamente considera che: 
a)  lo  stato  di  bisogno  di  un  figlio  minorenne,  presunto  dalla  legge,  non  è  eliso  dal fatto  che  alla  erogazione  dei  mezzi  di  sussistenza  provveda  l'altro  genitore,  perché persiste  comunque  l'obbligo  di  entrambi  i  genitori  di  provvedere  al  mantenimento dei  figli  minorenni  (Sez.  6,  n.  46060  del  22/10/2014,  Rv.  260823;  Sez.  6,  n.  2736  del 13/11/2008,  dep.  2009,  Rv.  242854;  Sez.  6,  n.  del  14/04/2008,  Rv.  240558):  b)  C.  si  è limitato a  versare  la  evidentemente  insufficiente  somma  di  100  Euro  mensili  (non  i 350 stabiliti) e questa corresponsione parziale dell'assegno di mantenimento stabilito 
in  sede  civile  ha  ridotto  notevolmente  l'entità  dei  mezzi  economici  che  C.  doveva fornire ai beneficiari (Sez. 2, n. 24050 del 10/02/2017, Rv. 270326; Sez. 6, n. 15898 del 04/02/2014, Rv. 259895); c) è l'imputato che ha l'onere di allegare gli elementi da cui desumere  la  sua  impossibilità  di  adempiere  alla  obbligazione  -  senza  che  basti  la dimostrazione  di  una  mera  flessione  degli  introiti  o  la  generica  allegazione  di difficoltà (Sez. 6, n. 8063 del 8/02/2012, Rv. 25242) perchè l'impossibilità deve essere 
assoluta   e   integrare   una   situazione   di   persistente,   oggettiva   e   incolpevole indisponibilità  di  introiti  (Sez.  6,  n.  33997  del  24/06/2015,  Rv.  264667)  -  invece  il ricorso in esame (pagg. 4-7) richiama dichiarazioni rese da testimoni in dibattim
ento (allegate al ricorso) e documenti (non allegati) per dimostrare che dal 2008, dopo il suo   licenziamento,   C.   non   è   riuscito   a   trovare   lavoro   seppure   inserito   nelle graduatorie e per provare la  sua indigenza, ma tale documentazione rimane "priva 
di qualsiasi contenuto attestativo dell'asserita incapacità reddituale dell'imputato in relazione al periodo dedotto in contestazione" (pag. 3 della sentenza). Per quanto riguarda il capo B, va rilevato che comunque il reato è integrato dal mero inadempimento  dell'obbligo  di  corresponsione  dell'assegno,  prescindendo  dalla prova  dello  stato  di  bisogno  dell'avente  diritto  (Sez.  6,  n.  44086  del  14/10/2014,  Rv. 260717; Sez. 6, n. 3426 del 05/11/2008, dep. 2009, Rv. 242680). 
2. Manifestamente infondati, sono anche i residui motivi di ricorso. 
La sentenza della Corte di appello è stata emessa il 15/10/2015 e il tempus commissi delicti  del  reato  decritto  nel  capo  a)  è  "da  dicembre  2008  sino  a  febbraio  2010. 
Pertanto  non  si  è  prescritto  prima  dell'agosto  2017  e,  quindi  dopo  la  sentenza  di primo grado. Il dedotto vizio di motivazione circa la sussistenza di un danno per la parte  civile  non  risulta  oggetto  di  appello;  in  ogni  caso,  il  Tribunale  si  è  limitato a condannare  al  risarcimento  del  danno  -  che  sta  nello  stesso  inadempimento  delle obbligazioni  civilistiche  da  parte  dell'imputato  rimettendone  la  quantificazione  al giudice civile. 
3.  Dalla  inammissibilità  del  ricorso  deriva, ex  art.  616  c.p.p.,  la  condanna  del ricorrente   al   pagamento   delle  spese   processuali  e   in  favore   della   cassa   delle ammende della somma che è congruo determinare in Euro duemila. 
P.Q.M. 
Dichiara  inammissibile  il  ricorso e  condanna  il  ricorrente  al  pagamento  delle  spese 
processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende. 
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2018. 
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2018
Avv. Antonino Sugamele

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