Giunge al pronto soccorso con diverse ferite al'addome ed ai polsi autoinferte. I medici omettono la profilassi antitetanica e antibiotica e la dimettono dopo i punti di sutura. Ne segue il decesso per infezione da tetano.
In tema di consenso informato, peraltro, in linea con il principio da tempo autorevolmente espresso dalle Sezioni Unite
(Sez. U, sent. n. 2437 del 18/12/2008 Ud. (dep. 21/01/2009), Giulini, Rv. 241752), non
integra il reato di lesioni personali, né quello di violenza privata la condotta del medico che
sottoponga il paziente ad un trattamento terapeutico in relazione al quale non sia stato
prestato il consenso informato, nel caso in cui questo, eseguito nel rispetto dei protocolli e
delle leges artis, si sia concluso con esito fausto, essendo da esso derivato un apprezzabile
miglioramento delle condizioni di salute del paziente, in riferimento anche alle eventuali
alternative ipotizzabili e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte dello stesso.
Né, al riguardo, va trascurata la circostanza che, nel caso di specie, si trattava di una
situazione di emergenza in cui la paziente, per la patologia psichiatrica e per la contingenza
emotiva del momento, non era condizione di esprimere alcun consenso. Di fronte ad una
situazione di pericolo per l'integrità fisica dei paziente, il medico, titolare di una posizione di
garanzia rispetto allo stesso, ha l'obbligo di procedere alle cure necessarie, predisponendo i
presidi e i trattamenti atti a prevenire conseguenze pregiudizievoli o, addirittura, letali.
3. L'ambito dell'obbligo di garanzia gravante sul medico di pronto soccorso può in
generale ritenersi definito dalle specifiche competenze che sono proprie di quella branca della
medicina che si definisce medicina d'emergenza o d'urgenza. In tale ambito rientrano
l'esecuzione di taluni accertamenti clinici, la decisione circa le cure da prestare e
l'individuazione delle prestazioni specialistiche eventualmente necessarie.
Delineata entro tale ambito la posizione di garanzia del medico di pronto soccorso, la
mancata prestazione di presidi terapeutici fondamentali per la vita del paziente si configura
come la negligenza, l'imperizia e l'imprudenza che integrano la colpa grave, non ponendosi,
pertanto, un problema di successione di leggi nel tempo.
4. L'anzidetta profilassi, che avrebbe dovuto essere praticata all'atto del ricovero dal
sanitario preposto - a nulla rilevando la circostanza sull'autenticità o meno della prescrizione di
un trattamento antitetanico nel referto - una volta accertata la condizione di pessima igiene
delle ferite, avrebbe con elevata probabilità logica evitato l'infezione e il conseguente decesso.
Entrambi i medici, invece, omisero di valutare la possibilità dell'infezione tetanica la quale,
tuttavia, data la condizione delle ferite, poteva dirsi assolutamente prevedibile secondo scienza
ed esperienza.
21-07-2018 15:41
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