Presentare una denuncia contro un magistrato non è sufficiente di per sé a integrare l’ipotesi di ricusazione ex art. 37, comma 1, lett. a), in relazione all’art. 36, comma1, lett. d), c.p.p..
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 luglio – 25 settembre 2017, n. 44058
Presidente Vessichelli – Relatore Riccardi
Ritenuto in fatto
1. C.M. ricorre per cassazione avverso l'ordinanza emessa il 22/11/2016 dalla Corte di Appello di Firenze, che aveva dichiarato inammissibile, perché tardiva, oltre che manifestamente infondata, la dichiarazione di ricusazione proposta nei confronti del giudice del Tribunale di Siena, dott. Co.Lu. .
Lamenta l'illegittimità costituzionale dell'art. 38, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede che se la causa di ricusazione emerge in udienza, la parte interessata deve farla valere prima del termine dell'udienza, per violazione del diritto di difesa; deduce che non sia possibile esercitare il diritto avendo la disponibilità di una previa procura, e delle fono-registrazioni e delle copie dei verbali.
Deduce, inoltre, che l'istanza di ricusazione proposta non rappresenti il seguito della precedente, già rigettata, ma sia fondata su un elemento di fatto nuovo, ovvero la denuncia-querela sporta nei confronti del giudice procedente, che la stessa sarebbe tempestiva, in quanto proposta dopo una richiesta di astensione.
Lamenta, infine, il vizio di motivazione, in quanto l'ordinanza confonderebbe le ragioni della ricusazione, non essendoci continuità con la prima istanza, ma solo un nucleo comune; deduce che la denuncia sporta nei confronti del giudice, per espressioni pronunciate in udienza nei confronti dell'imputata, elide la imparzialità e la terzietà dello stesso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo, con il quale si lamenta l'illegittimità costituzionale dell'art. 38, comma 2, cod. proc. pen., è irrilevante, in quanto, nel caso in esame, è stato considerato il termine di tre giorni, e, comunque, la causa asseritamente “pregiudicante” era nota all'odierna ricorrente fin dall'08/07/2016 (data della presentazione della querela nei confronti del giudice ricusato) per comportamento tenuto all'udienza del 15/4/16 e, nondimeno, l'istanza di ricusazione è stata proposta soltanto il 17/09/2016.
Nel rammentare che, in tema di ricusazione, qualora la relativa causa sia sorta in udienza, la parte personalmente, sia essa presente o meno, o il suo procuratore speciale possono usufruire del termine di tre giorni, per la presentazione della dichiarazione di ricusazione, a condizione che formulino, prima della fine dell'udienza, apposita riserva in tal senso (Sez. 3, n. 12983 del 18/12/2014, dep. 2015, Fiesoli, Rv. 262998), va dunque evidenziata la correttezza della declaratoria di inammissibilità per tardività dell'istanza di ricusazione.
Va, peraltro, ribadito che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.38 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, posto che l'apposizione di precisi limiti temporali all'esercizio della facoltà di ricusazione non comporta la lesione del diritto di difesa e del principio di eguaglianza poiché il termine impedisce che la ricusazione possa essere utilizzata per scopi strumentali e diversi rispetto alla "ratio" dell'istituto ed evita che possano permanere sospetti sulla imparzialità del giudice senza limiti di tempo nonché, per altro verso, esclude che vi possa essere un irragionevole prolungamento della definizione del processo (Sez. 1, n. 10136 del 05/12/2000, dep. 2001, Minelli, Rv. 218318).
1.2. Le altre doglianze proposte sono altresì inammissibili, per manifesta infondatezza.
Invero, va ribadito che la presentazione di una denuncia contro un magistrato non è di per sé sufficiente ad integrare l'ipotesi di ricusazione di cui all'art. 37, comma primo, lett. a), in relazione all'art. 36, comma primo, lett. d), cod. proc. pen., poiché il sentimento di grave inimicizia, per risultare pregiudizievole, deve essere reciproco, deve nascere o essere ricambiato dal giudice e deve trarre origine da rapporti di carattere privato, estranei al processo, non potendosi desumere dal mero trattamento riservato in tale sede alla parte, anche se da questa ritenuto frutto di mancanza di serenità (Sez. 6, n. 38176 del 22/09/2011, Braccini, Rv. 250780); non integra una ragione sufficiente dell'incompatibilità dei componenti del collegio giudicante il solo fatto che l'imputato abbia sporto querela nei loro confronti, in quanto il sentimento di inimicizia deve essere reciproco e non può derivare da atti o comportamenti del magistrato nella conduzione del processo (Sez. 6, n. 2273 del 17/12/2002, dep. 2003, Giovannelli I, Rv. 223467); la "grave inimicizia" deve identificarsi nei risentimenti personali formatisi e manifestatisi, in maniera assai rilevante, per ragioni personali, indipendenti dall'esercizio delle funzioni nel procedimento nel quale siano stati dedotti (Sez. 5, n. 4593 del 15/11/1989, dep. 1990, Agricola, Rv. 183490, che ha escluso che sia causa di ricusazione l'avere il giudice istruttore definito "paranoica" l'azione attribuita all'imputata e l'avere presentato quest'ultima denuncia, querele ed esposti nei confronti del medesimo).
Tanto premesso, l'ordinanza impugnata deve ritenersi immune da censure, sia con riferimento all'assorbente declaratoria di tardività dell'istanza di ricusazione, sia con riferimento alla manifesta infondatezza della stessa, in quanto fondata sulla mera presentazione di una denuncia, da parte dell'imputata, nei confronti del giudice procedente.
2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 2.000,00: infatti, l'art. 616 cod. proc. pen. non distingue tra le varie cause di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di inammissibilità dichiarata ex art. 606 cod. proc. pen., comma 3, sia nelle ipotesi di inammissibilità pronunciata ex art. 591 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
26-09-2017 21:46
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