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Sentenza

Tribunale di Trapani. Il reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2 è reato permanente.
Tribunale di Trapani. Il reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2 è reato permanente.
Cassazione penale, sez. VI, 16/02/2016, (ud. 16/02/2016, dep.15/03/2016),  n. 10942 

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                        SEZIONE SESTA PENALE                         
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
Dott. CONTI      Giovanni      -  Presidente   -                     
Dott. GIANESINI  Maurizio -  rel. Consigliere  -                     
Dott. COSTANZO   Angelo        -  Consigliere  -                     
Dott. CRISCUOLO  Anna          -  Consigliere  -                     
Dott. DE AMICIS  Gaetano       -  Consigliere  -                     
ha pronunciato la seguente:                                          
                     sentenza                                        
sul ricorso proposto da: 
            C.G. N. IL (OMISSIS); 
avverso  la  sentenza  n.  2001/2013 CORTE APPELLO  di  PALERMO,  del 
13/11/2014; 
visti gli atti, la sentenza e il ricorso; 
udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 16/02/2016 la  relazione  fatta  dal 
Consigliere Dott. MAURIZIO GIANESINI; 
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Di Leo G., che  ha 
concluso per l'inammissibilità del ricorso; 
udito il difensore avv. Spanò A., che insiste per l'accoglimento del 
ricorso. 
                 


Fatto
RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore di C.G. ha proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza 13 novembre 2014 con la quale la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza 27 marzo 2009 del Tribunale di Trapani pronunciata per il reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2, ha ridotto la pena inflitta quale aumento per continuazione da 15 a 10 giorni di reclusione sostituiti con la corrispondente pena pecuniaria della multa di 2.500,00 Euro secondo l'attuale criterio di ragguaglio di cui all'art. 135 c.p., già in vigore al momento di commissione del fatto.

2. Il difensore ha dedotto due motivi di ricorso.

2.1 Con il primo motivo il difensore ha denunciato mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione posto che l'imputato non era stato posto in condizione di conoscere che la figlia minore F. era stata inserita temporaneamente in comunità.

2.2 Con il secondo motivo, il difensore ha denunciato violazione di legge dato che il criterio di ragguaglio tra pene detentive e pecuniarie di cui all'art. 135 c.p. era stato applicato nella versione attuale anche a condotte antecedenti la sua entrata in vigore.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali oltre alla somma di 1.500,00 Euro, congrua al caso in esame, a favore della cassa delle ammende.

2. Il primo motivo di ricorso trascura completamente di considerare che la motivazione della sentenza impugnata ha adeguatamente trattato della questione osservando che il figlio A. continuava ad abitare dai nonni materni, che le omissioni dei dovuti versamenti datavano già da prima dell'inserimento della moglie e della figlia minore in comunità e che l'imputato ben avrebbe potuto informarsi presso gli organi competenti del luogo dove moglie e figlia si trovavano.

3. Il secondo motivo è palesemente infondato; il reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2 è reato permanente (tra le tante, e da ultimo, Cass. Sez. 5 n. 51499 del 4/12/2013, Rv 258504) e si consuma quindi alla data della cessazione della permanenza, che si colloca, nel caso all'esame della Corte, al novembre del 2009, data alla quale, come del resto osservato nella motivazione della sentenza oggetto di ricorso, era già entrata in vigore la L. 15 luglio 2009, n. 94 che aveva elevato da 38 Euro a 250 Euro il criterio di ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie.
PQM
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 1.500,00 Euro a favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2016
Avv. Antonino Sugamele

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