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Sentenza

Revisione penale.
Revisione penale.
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AGRO' Antonio - Presidente -

Dott. PAOLONI Giacomo - Consigliere -

Dott. CARCANO Domenico - Consigliere -

Dott. VILLONI Orlando - rel. Consigliere -

Dott. DI SALVO Emanuele - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.E., n. (OMISSIS);

avverso l'ordinanza n. 616/2015 della Corte d'Appello di Roma del 15/10/2015;

esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;

udita in camera di consiglio la relazione del consigliere, Dott. Orlando Villoni;

lette le note scritte del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa FILIPPI Paola, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con l'ordinanza impugnata, la Corte d'Appello di Roma ha dichiarato inammissibile l'istanza di ricusazione proposta dall'imputato G.E. nei confronti della d.ssa C. A., giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Roma, chiamata a celebrare il giudizio abbreviato a suo carico fissato per il giorno 20 ottobre 2015.

Il fondamento dell'istanza di ricusazione riposa nella circostanza che con ordinanza del 05/08/2015, la d.ssa C. in funzione di giudice dell'udienza preliminare aveva respinto la richiesta di sostituzione della misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, secondo l'istante entrando nel merito dell'imputazione e anticipando in maniera indebita l'esito del giudizio successivamente celebrato.

La Corte territoriale ha ritenuto inammissibile l'istanza richiamando a sostegno della decisione il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui l'emissione di provvedimenti de libertate non integra motivo d'incompatibilità nei confronti del giudicante che ne sia autore, attesa l'evidente diversità della valutazione cui egli è chiamato ai fini del mantenimento o della revoca della misura cautelare.

2. Avverso la sentenza ha proposto impugnazione il G., il quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte territoriale dichiarato inammissibile l'istanza di ricusazione sulla base dell'erronea considerazione che la denunziata incompatibilità sia fondata sulla circostanza che il giudicante avesse incidentalmente adottato un provvedimento de libertate nei propri confronti.

In realtà, la dedotta incompatibilità deriva dal fatto che il giudice dell'udienza preliminare, nel rigettare l'istanza difensiva di sostituzione della misura della custodia in carcere, ha speso argomenti che travalicavano i limiti della decisione incidentale cui era chiamato, manifestando indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell'imputazione e integrando così la ipotesi contemplata nell'art. 37, comma 1 lett. b) e non già quella dell'incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento di cui all'art. 34 cod. proc. pen..

Non è stata, infatti, mai dedotta alcuna violazione del citato art. 34 cod. proc. pen., dal momento che la lamentata inidoneità del giudice ricusato ad esercitare correttamente la funzione giurisdizionale per mancanza della precondizione di imparzialità e terzietà derivante dall'indebita manifestazione pregressa del proprio convincimento, attiene al profilo della capacità del giudice tutelato a pena di nullità dal art. 178 c.p.p., comma 1, lett. a) e art. 179 c.p.p., comma 1.

3. Nelle note scritte il Procuratore Generale, richiamando la giurisprudenza costituzionale e di questa Corte di Cassazione sul tema, ha ricordato che una volta affermato il principio secondo cui il giudice chiamato a decidere in merito alla responsabilità penale è competente a decidere anche sulle questioni incidentali di natura cautelare, non può certo ritenersi che l'incompatibilità possa dipendere dal livello di accuratezza della motivazione del provvedimento incidentale nè tanto meno che un'eventuale più approfondita e analitica motivazione si rifletta addirittura sulla sua capacità. Il P.G. ricorda pure che l'incompatibilità di cui all'art. 34 cod. proc. pen. non attiene al profilo della capacità del giudice e non determina, pertanto, la nullità del provvedimento ai sensi degli artt. 178 e 179 cod. proc. pen..
Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato e come tale deve essere dichiarato inammissibile.

2. Il ricorrente pretende di operare una distinzione tra la facoltà, pacificamente riconosciuta, spettante al giudice della cognizione di assumere incidentalmente decisioni di natura cautelare riguardanti l'imputato senza incorrere in incompatibilità di sorta ai sensi dell'art. 34 cod. proc. pen. (Corte Cost. n. 123 del 2004) e contenuto di quelle decisioni, asseritamente suscettibile in determinati casi di anticipare indebitamente l'esito del giudizio di merito in violazione del divieto di cui all'art. 37 c.p.p., comma 1, lett. b).

L'assunto è palesemente infondato perchè, molto semplicemente, le considerazioni svolte e le valutazioni operate dal giudice ai fini della decisione cautelare rimangono tali a prescindere dal loro contenuto e in quanto assunte nell'ambito della medesima fase processuale (v. ancora Corte Cost. n. 123 del 2004 cit.) sono per definizione insuscettibili di condizionare il distinto giudizio di merito o detto altrimenti e come già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema, perchè l'esercizio del potere cautelare in corso di giudizio non determina una situazione d'incompatibilità rilevabile quale motivo di ricusazione, essendo il giudice titolare della competenza accessoria cautelare che si radica in ragione di quella principale del giudizio sul merito (Sez. 2, sent. n. 17401 del 24/03/2009, Russo, Rv. 244345).

Oltre tutto, la proposizione di un'istanza di ricusazione ex art. 37 c.p.p., comma 1 lett. b), in relazione alle funzioni legittimamente esercitate dal giudice nella stessa fase del procedimento comporterebbe la frammentazione dello stesso e consentirebbe alle parti, per mezzo della reiterazione di istanze incidentali, di determinare la rimozione del giudice già investito del processo (Sez. 6, sent. n. 42975 del 22/09/2003, Neziri Bashkim, Rv. 227619;

Sez. 6, sent. n. 16453 del 10/02/2015, Celotto, Rv. 263576).

Costituisce, infatti, preciso dovere del giudice procedente ai sensi dell'art. 279 cod. proc. pen. adeguare il regime cautelare dell'indagato o dell'imputato alla situazione concreta (art. 299 cod. proc. pen.) e quando a procedere è il giudice competente per il merito del giudizio, questi non può demandare a terzi le decisioni che gli spettano, nemmeno per timore di doversi pronunziare, sia pure ai fini richiesti, in tutto o in parte sul tema dell'accusa.

In altri termini, la libertà di scelta delle argomentazioni a sostegno dell'eventuale decisione incidentale cautelare costituisce il logico corollario dell'assenza di profili d'incompatibilità a pronunziarsi incontrati dal giudice che procede e in ciò riposa il richiamo operato nell'ordinanza impugnata all'istituto disciplinato dall'art. 34 cod. proc. pen. che il ricorrente ha volutamente inteso equivocare.

3. Alla dichiarazione d'inammissibilità dell'impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo quantificare in Euro 1.500,00 (millecinquecento).
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 (millecinquecento) in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 29 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2016
Avv. Antonino Sugamele

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