Proprietario di un circo condannato per aver detenuto una pluralità di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di sofferenze.
la sentenza impugnata da conto delle risultanze dibattimentali, richiamandosi a precise mancanze (di luce naturale, di acqua, di una temperatura adeguata, di arricchimenti ambientali), accompagnate a comportamenti stereotipi ed ansiosi degli esemplari. Da ciò viene dedotta la sussistenza anche del secondo elemento, lo stato di sofferenza degli animali,reputato probabile e "razionalmente credibile".
In questo senso il Tribunale ha correttamente utilizzato una regola di esperienza che trae il suo fondamento dalla considerazione che lo stato di sofferenza indicato dalla norma va contestualizzato e riferito ad esseri viventi diversi dall'uomo, per i quali uno stato di sofferenza può prescindere dal dolore, fisico o morale, e riguardare la frustrazione di esigenze primarie, come il cibo e l'acqua o la possibilità di muoversi più o meno liberamente in un ambiente tollerabile. E' dunque vano pretendere, come vorrebbe il ricorrente, la prova della sofferenza fisica degli animali, che invece può essere integrata e ritenuta sussistente sulla scorta dalle particolari condizioni ambientali del luogo e dalle reazioni degli stessi esemplari, volta per volta considerati.
La sussistenza dell'elemento soggettivo non può essere esclusa dalla regolarità dei permessi e delle autorizzazioni, che sicuramente non valgono a
scriminare una custodia imperita o negligente.
05-11-2016 23:46
Richiedi una Consulenza