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Sentenza

Notifica decreto di condanna a mezzo posta. La notifica si considera avvenuta dopo 10 giorni che decorrono dall'invio della raccomandata e non dalla ricezione.
Notifica decreto di condanna a mezzo posta. La notifica si considera avvenuta dopo 10 giorni che decorrono dall'invio della raccomandata e non dalla ricezione.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 marzo – 5 aprile 2016, n. 13519
Presidente Rosi – Relatore Scarcella

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza emessa in data 30/01/2015, depositata in pari data, il GIP del tribunale di LECCO dichiarava inammissibile l'opposizione avverso il d.p. di condanna emesso in data 9/09/2014 e depositata in data 28/01/2015.
2. Ha proposto ricorso D.V. a mezzo dei difensore fiduciario cassazionista, impugnando la ordinanza predetta con cui un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Deduce con tale motivo, il vizio di cui all'art. 606, lett. b) ed c), cod. proc. pen., sotto il profilo della violazione di legge in relazione agli artt. 157, 170, 178, lett. c), c.p.p.
In sintesi, la censura investe l'impugnata ordinanza in quanto, sostiene il ricorrente, l'opposizione sarebbe stata dichiara l'inammissibile in quanto tardivamente proposta atteso che l'atto risulterebbe notificato in data 25/11/2014 al difensore d'ufficio ed in data 2/01/2015 all'imputato; premessa l'irrilevanza ai fini della tempestività dell'opposizione della notifica al difensore d'ufficio, quanto alla notifica all'imputato, sostiene il ricorrente che il vigente codice di rito avrebbe privilegiato la notifica a mani proprie dell'imputato o interessato, in quanto garantisce la reale conoscenza dell'atto e la concreta esplicazione della difesa; non è quindi un caso che il c.p.p. ha previsto che la prima notifica all'imputato e gli effetti della notificazione decorrono dal ricevimento della raccomandata di avviso di deposito dell'atto anziché deal deposito medesimo.
3. Con requisitoria scritta depositata presso la cancelleria di questa Corte in data 9/04/2015, il P.G. presso la S.C. ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, condividendo il percorso argomentativo dei tribunale nel senso che: a) la notifica del decreto, eseguita a mezzo del servizio postale e non ai sensi dell'art. 157 c.p.p., è rituale e dunque legittima è la declaratoria di inammissibilità per tardività; b) la notifica eseguita ex art. 170 c.p.p. da atto del tentativo di notifica del piego al destinatario a cura dell'agente postale preposto alla consegna mediante avviso in busta chiusa spedito a mezzo racc.ta a/r, sicchè la notifica si ha per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data del deposito del piego; c) che, l'intervento della Corte cost. con la sentenza n. 346 del 1998 non avrebbe inciso sulla ritualità della notificazione a mezzo servizio postale, non essendosi verificata alcuna riduzione delle garanzie del destinatario in ragione di una scelta operata dall'ufficiale giudiziario.

Considerato in diritto

4. L'ordinanza dev'essere annullata non essendo il fatto previsto dalla legge come reato pur a fronte di ricorso manifestamente infondato.
5. Ed invero sono infondate le doglianze del ricorrente.
Anzitutto, nessuna norma dei vigente codice di rito obbliga, a pena di nullità, che la notifica del decreto penale di condanna debba essere eseguita nelle forme dell'art. 157 cod. proc. pen. anziché a mezzo del servizio postale, posto che l'art. 170 cod. proc. pen. prevede, in generale, che "le notificazioni" possono essere eseguite anche col mezzo degli uffici postali, nei modi stabiliti dalle relative norme speciali.
In secondo luogo, poi, non coglie nel segno l'ulteriore doglianza del ricorrente, poiché, per costante giurisprudenza di questa Corte, in caso di notifica a mezzo dei servizio postale, la decorrenza di dieci giorni trascorsi i quali la notifica si ha per avvenuta è fissata non con riguardo alla ricezione della raccomandata con la quale il destinatario viene informato delle attività svolte dall'agente postale, bensì con riferimento alla data dell'invio di detta lettera raccomandata (V., da ultimo: Sez. 5, n. 7276 del 11/11/2014 - dep. 18/02/2015, Buttaccio, Rv. 262619).
6. Tanto premesso, rileva tuttavia il Collegio che nel caso in esame oggetto dell'impugnazione in questa sede è l'ordinanza con cui il giudice ha dichiarato inammissibile l'atto di opposizione in quanto ritenuto tardivo. E' quindi evidente che è devoluta a questa Corte la cognizione del provvedimento dichiarativo dell'inammissibilità dell'opposizione che, pacificamente, costituisce un mezzo di impugnazione (Sez. 3, n. 2029 del 28/05/1999 - dep. 26/08/1999, Prevedoni G ed altro, Rv. 214346), ditalchè è altrettanto evidente che, ove si dichiarasse inammissibile l'impugnazione proposta diverrebbe esecutivo il decreto penale di condanna opposto.
Tuttavia, si osserva, il decreto penale di condanna risulta essere stato emesso per il reato di cui all'art. 2, legge n. 638 del 1983, che prevede l'omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni erogate ai dipendenti; il fatto risulta contestato come commesso in relazione ai ratei da aprile a giugno 2012 e al rateo di settembre 2012, per un importo complessivo di € 529,00. Lo stesso era stato opposto dal ricorrente dolendosi unicamente della rilevanza penale dei fatto, atteso che unico profilo di doglianza mosso nell'atto di opposizione riguardava la concreta offensività della condotta alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 139 del 2014.
7. Premesso che la Corte di cassazione deve rilevare la "abolitio criminis" sopravvenuta alla sentenza impugnata indipendentemente dall'oggetto del gravame ed anche per il caso di ricorso inammissibile (v. da ultimo: Sez. 4, n. 32131 del 06/05/2011 - dep. 17/08/2011, Nolfo, Rv. 251096), deve ora rilevarsi che il D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, attuativo della legge 28 aprile 2014, n. 67, in vigore dal 6 febbraio 2016, all'art. 3, comma 6, (in attuazione dell'art. 2, comma 2, lett. c), della legge n. 67/2014) ha sostituito il testo dell'art. 2, comma 1-bis, dei d.l. n. 463/1983, convertito nella legge n. 638/1983, con riferimento alla rilevanza sanzionatoria degli omessi versamenti dei contributi previdenziali, per la quota corrispondente alle ritenute operate nei riguardi dei lavoratori.
La norma puniva con la reclusione fino a 3 anni e con la multa fino a euro 1.032 qualsiasi condotta illecita dei datore di lavoro che operasse le ritenute previdenziali previste dalla legge sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e dei pensionati che lavorano alle sue dipendenze, senza provvedere al dovuto versamento all'INPS.
L'attuale testo normativo, al contrario, opera un distinguo legato al valore dell'omissione compiuta dal datore di lavoro, confermando la sanzione penale della reclusione fino a 3 anni congiunta alla multa fino a euro 1.032 per i soli omessi versamenti di importo superiore a euro 10.000 annui. Se, invece, l'importo omesso rimane sotto la predetta soglia (vale a dire non supera i 10.000 euro per anno), al datore di lavoro si applicherà la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. In ogni caso il datore di lavoro non è punibile con la sanzione penale per le omissioni più gravi e non è assoggettabile neppure alla sanzione amministrativa per quelle sotto soglia se versa quanto dovuto entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'accertamento della violazione.
Infine, l'art. 9 del citato D. Lgs. n. 8 del 2016, nel dettare la disciplina transitoria, prevede che "1. Nei casi previsti dall'articolo 8, comma 1, l'autorità giudiziaria, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dispone la trasmissione all'autorità amministrativa competente degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi, salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa alla medesima data";
quanto alla formula di annullamento, la stessa è indicata dal comma 3 dell'art. 9 citato, a termini dei quale "Quando e' stata pronunciata sentenza di condanna, il giudice dell'impugnazione, nel dichiarare che il fatto non e' previsto dalla legge come reato, decide sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili".
8. Nel caso di specie, v'è luogo alla trasmissione degli atti all'Autorità amministrativa competente in quanto il reato non si è ancora estinto per prescrizione avuto riguardo alla data delle commesse violazioni.
9. L'ordinanza impugnata dev'essere, conclusivamente, annullata senza rinvio per non essere il fatto previsto dalla legge come reato, disponendo la trasmissione degli atti alla Direzione Provinciale INPS di Lecco.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone trasmettersi copia degli atti alla Direzione Provinciale INPS di Lecco.
Avv. Antonino Sugamele

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