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Sentenza

Millanta conoscenze negli ambienti dell'alta finanza, della politica, dei servizi segreti e del Vaticano e proponendo investimenti nell'ambito di fantasiose iniziative imprenditoriali, induce due anziani, in stato di infermità e deficienza psichica, a consegnargli cospicue somme di denaro trattenendole poi definitivamente quale proprio profitto.
Millanta conoscenze negli ambienti dell'alta finanza, della politica, dei servizi segreti e del Vaticano e proponendo investimenti nell'ambito di fantasiose iniziative imprenditoriali, induce due anziani, in stato di infermità e deficienza psichica, a consegnargli cospicue somme di denaro trattenendole poi definitivamente quale proprio profitto.
Cassazione penale, sez. II, 15/09/2016, (ud. 15/09/2016, dep.22/09/2016),  n. 39344 

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                       SEZIONE SECONDA PENALE                        
              Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:              
Dott. DAVIGO        Piercamill -  Presidente   -                     
Dott. DE CRESCIENZO Ugo        -  Consigliere  -                     
Dott. VERGA         Giovanna   -  Consigliere  -                     
Dott. AGOSTINACCHIO Luigi      -  Consigliere  -                     
Dott. D'ARRIGO      Cosim -  rel. Consigliere  -                     
ha pronunciato la seguente:                                          
                     SENTENZA                                        
sul ricorso proposto da: 
            B.R., nato a (OMISSIS); 
avverso la sentenza del 28/05/2015 della Corte di Appello di Firenze; 
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso; 
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Luigi Agostinacchio; 
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore 
Generale, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della 
sentenza impugnata; 
sentito il difensore della parte civile, avv. Francesco Virgone, che 
ha concluso per la dichiarazione d'inammissibilità del ricorso o 
comunque per l'infondatezza del ricorso; 
sentiti i difensori del ricorrente, avv. Vincenzo Nico D'Ascola del 
foro di Reggio Calabria e avv. Mario De Giorgio del foro di Pisa, 
che hanno concluso riportandosi ai motivi di ricorso. 
                 


Fatto
RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 28/05/2015 la Corte di Appello di Firenze, in riforma della sentenza assolutoria del Tribunale di Pisa del 26/11/2013, appellata dal Procuratore della Repubblica e nell'interesse della parte civile, dichiarava non doversi procedere nei confronti di B.R. in ordine al reato continuato di circonvenzione di persone incapaci, in danno dei coniugi Ba.Al. e M.M.A., limitatamente alle condotte realizzate fino al (OMISSIS), perchè estinto per sopravvenuta prescrizione; dichiarava altresì il B. responsabile dello stesso reato, con riferimento alle condotte successive e, esclusa la recidiva contestata, lo condannava alla pena di due anni, tre mesi di reclusione ed Euro 1.500,00 di multa nonchè al risarcimento del danno in favore della parte civile, da liquidarsi in separata sede.

2. Secondo il ragionamento della corte territoriale le acquisizioni istruttorie consentivano di riscontrare l'assunto accusatorio, secondo cui il B., millantando competenze e conoscenze negli ambienti dell'alta finanza, della politica, dei servizi segreti e del Vaticano, e proponendo investimenti nell'ambito di fantasiose iniziative imprenditoriali, aveva indotto le persone offese, in stato di infermità e deficienza psichica, a consegnargli cospicue somme di denaro - sia a titolo d'investimento sia a titolo di prestito personale - trattenendole poi definitivamente quale proprio profitto.

In particolare, le precarie condizioni psichiche delle vittime erano state descritte nella relazione del consulente tecnico del PM nell'irrilevanza delle diverse conclusioni del consulente dell'imputato e dei certificati medici prodotti dalla difesa; il versamento di somme di denaro, per un totale di 300.000 Euro, da parte dei coniugi Ba. - M. su un conto corrente intestato al B. era altresì provato dalla documentazione contabile in atti, dalla quale non si evinceva che gli importi in questione fossero stati poi reinvestiti nell'interesse delle parti offese. Le intercettazioni ambientali disposte nel corso delle indagini preliminare confermavano inoltre la condotta induttiva e l'abuso dello stato di deficienza psichica commessi dall'imputato.

La corte esaminava infine un episodio - la vicenda Eurocat dal nome della società che avrebbe dovuto commercializzare carbone dalla Turchia, le cui quote erano state offerte, quale investimento finanziario, dal B. al Ba. - ritenuto dal tribunale poco rilevante ai fini della configurabilità del delitto di circonvenzione di incapace sulla base anche di una testimonianza, quella dell'ing. Bi., che doveva considerarsi invece inattendibile.

3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il B. tramite il difensore di fiducia sulla base di tre motivi:

- erronea applicazione della regola di giudizio di cui all'art. 192 c.p.p., comma 2 per la contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione degli elementi di prova nonchè per l'inosservanza dei vincolanti principi di diritto e dei criteri motivazionali in tema di riforma della sentenza assolutoria in grado di appello, in assenza di una circostanziata confutazione dei punti fondamentali del ragionamento del primo giudice e della diretta assunzione testimoniale del teste Bi. ai fini del giudizio d'inattendibilità, così come prescritto dall'art. 6 della Convenzione dei diritti dell'uomo;

- insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa gli elementi costitutivi del delitto di cui all'art. 643 c.p. a ragione esclusi dal tribunale con considerazioni spesso non smentite dalla corte di appello;

ingiustificata esclusione del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche sulla base di un immotivato riferimento al carattere non occasionale delle condotte in contestazione.

Con memoria depositata l'01/09/2016 la difesa del ricorrente ha insistito nei motivi prospettati, con particolare riferimento alla dedotta violazione dell'art. 6 Cedu in relazione alla valutazione delle dichiarazioni del teste Bi..
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

Va preliminarmente rilevato che i motivi si caratterizzano per il generico richiamo a principi di diritto, attraverso citazioni di massime giurisprudenziali, con vaghi e tutt'altro che circostanziati riferimenti alle argomentazioni del giudice di appello che, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, ha condannato il B. per il reato di circonvenzione d'incapace. Il ricorrente ha altresì riportato ampi stralici della pronuncia del tribunale di Pisa, condividendone la tenuta logica, trascurando anche in questo caso la diversa prospettazione della corte territoriale.

2. Il primo motivo si riferisce ai doveri motivazionali del giudice di appello, sintetizzati nel principio, ribadito dalle sezioni unite (Cass. sez. un. del 12/07/2005 - dep. 20/09/2005 n. 33748 - rv. 231679), secondo cui in tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato.

La corte fiorentina - individuati gli elementi costitutivi del delitto previsto dall'art. 643 c.p. - ha incentrato l'iter logico della motivazione sulla relazione del consulente del P.M. della quale ha riportato le conclusioni, tese a mettere in luce in termini chiari una condizione di deficienza fisica di Ba.Al. e della moglie M.A., sottolineando l'incapacità del primo di resistere alle lusinghe di chi gli prospettava la possibilità di effettuare investimenti mediante l'impiego di ingenti somme di danaro.

La corte, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, ha confutato gli argomenti del primo giudice tesi a dubitare della sicura attendibilità del consulente, evidenziando che:

le diverse conclusioni del consulente per l'imputato non apparivano convincenti per la mancanza di un contatto diretto con i pazienti (lo stesso tribunale aveva precisato che tale consulente aveva assistito solo all'ultimo colloquio con i due soggetti con una limitata partecipazione quindi all'attività di consulenza);

i certificati medici del Ba. che la difesa aveva prodotto non si basavano su test diagnostici riferibili alla condizioni psicopatologiche della persona offesa;

- alla M., dichiarata interdetta, era stato diagnosticato il morbo di Altzheimer (la stessa era risultata incapace di opporsi alle richieste ed iniziative del marito).

La corte ha inoltre valorizzato il contenuto delle intercettazioni ambientali - sottovalutate dal primo giudice - per evidenziare la condotta induttiva e l'abuso dello stato di deficienza psichica riconducibili all'imputato (le millanterie di quest'ultimo e la fiducia incondizionata del Ba. - pagg. 12 e 13 della sentenza impugnata); ha infine riportato un dato incontrovertibile nell'indagine istruttoria - non confutato neanche nel ricorso in esame - ossia il versamento di somme di denaro compiuta dai coniugi Ba. - M. in favore del B. sul conto corrente a lui intestato ed il mancato reinvestimento di tali importi nell'interesse delle parti offese, così come emerso dall'esame degli estratti conto.

Indubbiamente nella sentenza di appello vi è una diversa valutazione circa l'attendibilità del teste Bi., ritenuta dubbia, pur in mancanza di un nuovo esame del testimone. E' tuttavia acquisito in giurisprudenza che in caso di riforma in peius da parte del giudice d'appello della sentenza di assoluzione in primo grado solo qualora l'affermazione di penale responsabilità scaturisca da un diverso apprezzamento dell'attendibilità di prove orali considerate decisive, sussiste l'obbligo, in forza dell'art. 6 par. 1 CEDU, così come interpretato dalla Corte EDU, di procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale sentendo nuovamente, nel contraddittorio delle parti, i testimoni (ex multis Cass. sez. 2, sent. n. 45971 del 15/10/2013 - dep. 15/11/2013 - Rv. 257502).

Nel caso di specie la testimonianza è stata ritenuta priva del carattere della decisività perchè riferita ad un'operazione finanziaria (l'acquisto di quote di una società che commercializzava carbone con la Turchia) comunque "eclatante" e "spregiudicata" - secondo la stessa definizione del primo giudice (pag. 20) - rischiosa ed inadeguata per una persona compromessa da onnipotenza maniacale; operazione peraltro priva di riscontro contabile e riferita ad un soggetto giuridico dall'incerta struttura societaria.

3. Il secondo motivo è riferito alla tenuta logica della motivazione impugnata e costituisce una sostanziale riproposizione di quello in precedenza articolato: se è vero infatti che il giudice di appello è tenuto a delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio ed a confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato, è conseguenziale che - accertato l'adempimento di tale onere argomentativo "rafforzato" - la motivazione si presenta nel suo complesso immune da censure, specie nella parte relativa alla valutazione del compendio probatorio.

La censura attiene in definitiva al merito della decisione impugnata, congruamente giustificata, non ravvisandosi - come evidenziato nel paragrafo che precede - alcuna manifesta illogicità della motivazione che la renda sindacabile in questa sede.

Nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve infatti stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente.

4. Anche il terzo motivo, relativo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, è del tutto privo di fondamento.

La corte ha rilevato a riguardo la mancanza di elementi di segno positivo ed il carattere non occasionale della condotta, reiterata nel tempo, in tal modo adempiendo all'obbligo motivazionale (ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame quello, tra gli elementi indicati dall'art. 133 c.p., che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio ed anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti medesime - Cass. Sez. 2^ sent. n. 4790 del 16.1.1996 dep. 10.5.1996 rv 204768).

5. Alla dichiarazione d'inammissibilità, segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di Euro 1.500,00 a titolo di sanzione pecuniaria.

Il ricorrente è altresì condannato al pagamento delle spese processuali per questo grado di giudizio in favore della costituita parte civile, nella misura liquidata in dispositivo.
PQM
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

Condanna altresì il ricorrente alla rifusione a favore della parte civile M.M.A., rappresentata dal tutore F.A.M., delle spese per questo grado di giudizio, liquidate in Euro 3.100,00 oltre rimborso forfettario delle spese al 15%, CPA ed IVA.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2016
Avv. Antonino Sugamele

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