Falsità in scrittura privata. Che fine fa la parte civile?
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 2 marzo – 3 maggio 2016, n.18478
Presidente Vessichelli – Relatore Amatore
Ritenuto in fatto
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Trento, in parziale riforme della sentenza resa dal primo giudice, aveva rideterminato semplicemente la liquidazione del danno dovuto alla parte civile in euro 180.000 ( comprensiva del danno morale ), confermando per quanto concerneva le statuizioni penali quanto già statuito dal Tribunale di Trento.
2.Avverso la predetta sentenza ricorre il predetto imputato, affidando le sue censure a cinque motivi di impugnazione.
2.1 Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione ovvero l'erronea applicazione dell'art. 168 bis c.p. e dunque la nullità, per la detta violazione, dell'ordinanza di rigetto resa dalla Corte distrettuale, con la quale quest'ultima aveva respinto la richiesta di ammissione ad un programma di messa in prova.
2.2 Con il secondo motivo di ricorso l'impugnante censura il provvedimento ricorso, ai sensi dell'art. 606 comma 1 lett. c c.p.p., per violazione dell'art. 525, comma 3, c.p.p., con conseguente nullità del detto provvedimento. Più in particolare, si duole il ricorrente della circostanza secondo la quale la Corte territoriale, dopo essersi riunita in camera di consiglio per deliberare la decisione, anziché pronunciare la sentenza, è tornata in aula per chiedere chiarimenti alla parte civile per poi ritirarsi nuovamente in camera di consiglio per la pronunzia del provvedimento qui impugnato.
2. 3 Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 606 lett. c c.p.p., la violazione o falsa applicazione della legge processuale in relazione all'art. 192 c.p.p. e, secondo quanto disposto dall'art. 603 c.p.p., in relazione alla mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale mediante l'acquisizione di documentazione in parte sopravvenuta alla sentenza di primo grado. Invero, la parte ricorrente si duole della mancata acquisizione di una serie di documenti provenienti dall'Autorità giudiziaria spagnola che riguardavano sia lui ricorrente che la parte civile e che avrebbero potuto meglio chiarire l'inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa.
2.4 Con il quarto motivo la parte impugnante deduce, ai sensi dell'art. 606, 1 comma, lett. e, c.p.p., la violazione o falsa applicazione della legge penale e processuale, ed in particolare degli artt. 185 c.p. e 535 c.p.p., in relazione alla liquidazione operata in favore della parte civile per il ristoro risarcitorio discendente dalla commissione dei delitto contestato. Si duole il ricorrente in particolar modo dell'erroneità della decisione della Corte distrettuale per non aver quest'ultima accertato e correttamente motivato sulla effettiva proprietà dei fondi contenuti sul conto corrente ed oggetto della contestata distrazione.
2.5 Con il quinto motivo si deduce, ai sensi dell'art. 606 comma 1 lett. e c.p.p., in ordine alla mancata concessione dei richiesto beneficio della non menzione ex art. 175 c.p. ed in particolar modo della mancata motivazione sul diniego del beneficio anche della Corte distrettuale, nonostante la esplicita richiesta avanzata sul punto da parte dell'imputato nei motivi di appello.
3. Con memoria difensiva depistata in data 23.9.2015 la parte civile ha chiesto il rigetto del ricorso presentato da parte dell'imputato con conferma delle statuizioni civili disposte in suo favore.
Considerato in diritto
4. Ante omnia, la Corte deve rilevare l'intervenuta abrogazione della fattispecie di reato prevista dall'art. 485 c.p. ed oggetto del presente giudizio, abrogazione operata dal legislatore attraverso l'art. 1 del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7.
4.1 Ne discende la necessità di pronunciare l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per la ragione ora evidenziata.
5. Vi è tuttavia nel presente giudizio costituzione di parte civile che ha peraltro ottenuto la liquidazione di un risarcimento del danno conseguente alla commissione del reato. 5.1 Sul punto, ritiene questo Collegio che, alla luce del combinato disposto degli artt. 185 c.p. e 74 e 538 c.p.p., nel giudizio di impugnazione, venendo meno la possibilità di una pronuncia definitiva di condanna agli effetti penali perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, venga meno in realtà il primo presupposto dell'obbligazione restitutoria o risarcitoria per cui è concesso I'esercizio,nel processo penale dell'azione civile.
Peraltro, osserva il Collegio che tali conclusioni non possono essere messe in discussione dalla circostanza che, in caso di estinzione del reato per amnistia o prescrizione ( ipotesi quest'ultime in cui parimenti non si forma il giudicato penale di responsabilità ), al giudice dell'appello e a quello di legittimità sia attribuito il potere di decidere l'impugnazione ai soli fini civili e che al primo sia riconosciuto altresì quello di accogliere il gravame della parte civile avverso la sentenza di proscioglimento pronunziata in primo grado, condannando ai soli effetti civili l'imputato per la prima volta nel giudizio di appello. Ed invero, quelle che costituiscono delle sostanziali deroghe alla regola generale evocata in precedenza trovano il loro titolo di legittimazione nelle espresse previsioni di cui, rispettivamente, agli artt. 578 e 576 c.p.p..
Ne discende che il difetto di una analoga previsione anche per l'ipotesi di abrogatio cum abolitio conferma a contrario la suddetta regola.
5.2 Peraltro, va ricordato che la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha affermato ripetutamente "come l'inserimento dell'azione civile nel processo penale pone in essere una situazione in linea di principio differente rispetto a quella determinata dall'azione civile nel processo civile ... , e ciò in quanto tale azione assume carattere accessorio e subordinato rispetto all'azione penale, sicché è destinata a subire tutte le conseguenze e gli adattamenti derivanti dalla funzione e dalla struttura del processo penale, e cioè dalle esigenze, di interesse pubblico, connesse all'accertamento dei reati e alla rapida definizione dei processi" ( sent. n. 353 del 1994 ; nello stesso senso, sent. n. 217/2009 e n. 443/1990 ).
Di conseguenza, una volta che il danneggiato, "previa valutazione comparativa dei vantaggi e degli svantaggi insiti nella opzione concessagli", scelga di esercitare l'azione civile nel processo penale, anziché nella sede propria, "non è dato sfuggire agli effetti civili che da tale inserimento conseguono", e ciò anche nei termini sopra riferiti ( Corte Cost. sent. n. 94 del 1996 ; ord. n. 424 dei 1998 ).
Inoltre, anche recentemente il giudice delle leggi ha avuto modo di ribadire ( Corte. Cost. n. 12 dei 2016 ) la legittimità della scelta di non mantenere la competenza dei giudice penale a pronunciare sulle pretese civilistiche anche quando l'affermazione della responsabilità non abbia luogo, giacché tale esito è ben noto al danneggiato nel momento in cui sceglie se esercitare l'azione di danno nella sede sua propria, o inserirla nel processo penale. Scelta, peraltro, che il vigente sistema processuale consente senza limitazioni di sorta e, in particolare, senza la remora legata alla sospensione obbligatoria del processo civile in pendenza del processo penale sul medesimo fatto, già stabilita invece dal codice di procedura penale abrogato.
Ne consegue che, secondo la Corte Cost. "l'impossibilità di ottenere una decisione sulla domanda risarcitoria laddove il processo penale si concluda con una sentenza di proscioglimento per qualunque causa ( salvo che nei limitati casi previsti dall'art. 578 c.p.p. ) costituisce, dunque, uno degli elementi dei quali il danneggiato deve tener conto nel quadro della valutazione comparativa dei vantaggi e degli svantaggi delle due alternative che gli sono offerte".
6. In questa cornice, l'eventuale impossibilità, per il danneggiato, di partecipare al processo penale non incide in modo apprezzabile sul suo diritto di difesa e, prima ancora, sul suo diritto di agire in giudizio, poiché resta intatta la possibilità di esercitare l'azione di risarcimento del danno nella sede civile, di modo che ogni separazione dell'azione civile nell'ambito dei processo penale non può essere considerata come una menomazione o una esclusione dei diritto alla tutela giurisdizionale, giacché la configurazione di quest'ultima, in vista delle esigenze proprie dei processo penale, è affidata al legislatore ( Corte Cost. sent. n. 168/2006 ). 7. Deve pertanto ritenersi che, nonostante la condanna nei gradi di merito dell'imputato, l'intervenuta abrogazione dell'art. 485 c.p. ponga nel nulla anche le statuizioni civili, con la conseguenza che il danneggiato dovrà rivolgersi al giudice civile per il conseguente ristoro risarcitorio. Ciò vale anche in relazione alle spese di costituzione in questo giudizio della parte civile per le quali non è possibile alcuna statuizione da parte dei giudice di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato. Nulla è dovuto per le spese della PC.
05-05-2016 15:02
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