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Sentenza

Una donna pur sapendo che il marito aveva inviato dei vaglia postali per il mantenimento non provvede al ritiro dei titoli, riferendo invece falsamente di un inadempimento: non è calunnia.
Una donna pur sapendo che il marito aveva inviato dei vaglia postali per il mantenimento non provvede al ritiro dei titoli, riferendo invece falsamente di un inadempimento: non è calunnia.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 17 marzo – 1 aprile 2015, n. 13846
Presidente Conti – Relatore Petruzzellis

Ritenuto in fatto

1. II Gip del Tribunale di Rimini, con sentenza del 09/10/2013, ha disposto non doversi procedere nei confronti di T.S. in ordine al delitto di calunnia ascrittole, perché il fatto non costituisce reato.
2. II difensore di P., parte offesa dei reato, costituita parte civile, ha proposto ricorso con il quale si deduce vizio di motivazione con riferimento alla valutazione di insussistenza dell'elemento soggettivo, individuabile nella contezza dell'innocenza dell'incolpato nutrita dalla denunciante, che si ritiene invece di poter desumere dalla condotta tenuta dalla donna che, pur consapevole della formazione ed invio di vaglia postali da parte dei marito per adempiere agli obblighi di assistenza sullo stesso gravanti, non aveva provveduto al ritiro dei titoli, ed aveva falsamente riferito di un inadempimento nei fatti riconducibile solo al suo comportamento omissivo.

Considerato in diritto

1. II ricorso è infondato.
2. L'esame del provvedimento impugnato evidenzia che il giudicante ha fatto buon governo dei poteri rimessigli nella fase, valutando, sulla base del testo della denuncia proposta, che la donna non avesse denunciato falsamente un inadempimento insussistente da parte del marito agli obblighi di assistenza familiare, ma la scelta di una modalità di adempimento, non in linea con le precedenti condotte in tal senso, che rendeva estremamente difficile la riscossione di quanto dovutole, e nei fatti aveva prodotto l'impossibilità di entrare in possesso delle somme a lei dovute per due mensilità.
L'oggettività della condizione di fatto richiamata, neppure negata dall'odierno ricorrente, ha condotto il giudicante, con motivazione coerente, ad escludere in capo alla denunciante la consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato, non avendo ella disconosciuto che l'obbligato aveva adempiuto al pagamento, ancorché in forme diverse, ma si era limitata a segnalare la mancata materiale percezione delle somme, conseguente alla nuova modalità di versamento, di cui non è smentita la verificazione.
Su tali elementi di fatto il giudicante ha valutato insussistente la prova della consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato da parte della denunciante, in maniera coerente rispetto alle indiscusse premesse di fatto, ed ha escluso che questa potesse raggiungersi a seguito dell'approfondimento dibattimentale, con motivazione completa e coerente, insuscettibile di censura in questa sede.
3. Al rigetto dei ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, in applicazione dell'art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Avv. Antonino Sugamele

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