Tribunale di Marsala. Lesioni gravi. Colpisce con pugni e calci il suo interlocutore a seguito di una banale discussione.
Cassazione penale sez. V
Data:
13/11/2014 ( ud. 13/11/2014 , dep.16/01/2015 )
Numero:
2290
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAVANI Piero - Presidente -
Dott. FUMO Maurizio - Consigliere -
Dott. PEZZULLO Rosa - Consigliere -
Dott. SETTEMBRE Antonio - rel. Consigliere -
Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
B.G. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 3431/2013 CORTE APPELLO di PALERMO, del
28/02/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SETTEMBRE ANTONIO;
Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di
Cassazione, Dott. CEDRANGOLO Oscar, che ha concluso per
l'inammissibilità del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Marsala, sezione distaccata di Castelvetrano, con sentenza confermata dalla Corte di appello di Palermo in data 28/2/2014, ha condannato B.G. per lesioni gravi in danno di D.B.P., colpito con pugni e calci a seguito di una banale discussione.
Alla base della decisione vi sono le dichiarazioni della persona offesa e dei testi M.M., C.L., S. M.C., oltre alla certificazione medica prodotta.
2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell'interesse dell'imputato, l'avv. FICILI Roberto, il quale si duole, con unico motivo, della violazione degli artt. 495 e 603 c.p.p., per essere stata rigettata la richiesta, formulata dinanzi al giudice d'appello, di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale mediante l'esame di tre soggetti asseritamente in grado di corroborare la tesi della legittima difesa.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile. L'istituto della rinnovazione del dibattimento in appello costituisce - per univoca giurisprudenza - istituto eccezionale che deroga al principio di completezza dell'istruzione dibattimentale di primo grado, per cui ad esso può e deve farsi ricorso soltanto quando il giudice lo ritenga assolutamente indispensabile ai fini del decidere (nel senso che non sia altrimenti in grado di farlo allo stato degli atti).
La determinazione del giudice, in proposito, è incensurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivata (v. ex pluribus Cass., 10 giugno 2003, Vassallo). E la Corte di merito ha spiegato perchè si sia convinta della superfluità della assunzione delle prove richieste dalla difesa (la testimonianza di tre soggetti con cui D.B. aveva avuto, prima dell'aggressione, un diverbio), evidenziando la ricchezza dei dati dimostrativi della responsabilità dell'imputato, secondo un itinerario logico che non presenta smagliature o contraddizioni interne e che, in quanto tale, non può essere messo in discussione in questa sede.
Ha infatti evidenziato che la vicenda ebbe due fasi: la prima, caratterizzata da un diverbio di D.B. con un gruppo di ragazzi, a cui non partecipò l'imputato; la seconda, caratterizzata dalla inopinata e violenta aggressione del B. nei confronti di D. B., per dare una prova muscolare agli amici della fase precedente.
Pertanto, non solo le nuove testimonianze non sarebbero state in grado di mutare il quadro probatorio già delineatosi con chiarezza, ma erano anche superflue, posto che l'aggressione avvenne - stando alle prove acquisite - in assenza dei testi proposti e posto che altri testi, tra cui un amico dell'imputato, avevano già illuminato sufficientemente "la scena".
A ciò si aggiunga che il motivo di ricorso per cassazione consistente nella deduzione di mancata assunzione di una prova decisiva può essere proposto solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l'ammissione a norma dell'art. 495 c.p.p., comma 2, sicchè esso non può essere validamente invocato quando il mezzo di prova non sia stato dedotto in primo grado, ovvero, sollecitato dalla parte attraverso l'invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all'art. 507 stesso codice, non sia stato dal giudice ritenuto necessario ai fini della decisione (Cassazione penale, sez. 1^, 15/04/2010, n. 16772). Nella specie, il ricorrente non ha nemmeno dedotto di aver chiesto l'assunzione della prova al giudice di prima cura, nè di aver chiesto, inutilmente, l'esercizio dei poteri officiosi attribuiti al giudicante dall'art. 507 c.p.p..
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
PQM
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2015
08-02-2015 17:48
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