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Sentenza

Sentenza penale del giudice di pace: motivazione fuori termine. L'impugnazione sana la nullità dell'omesso avviso di deposito.
Sentenza penale del giudice di pace: motivazione fuori termine. L'impugnazione sana la nullità dell'omesso avviso di deposito.
Cass. Pen., Sez. V, 12 novembre 2015 n. 45230
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                        SEZIONE QUINTA PENALE                        
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
Dott. LOMBARDI      Alfredo    -  Presidente   -                     
Dott. BEVERE        Antonio    -  Consigliere  -                     
Dott. DE BERARDINIS Silvana    -  Consigliere  -                     
Dott. MICCOLI       Grazi -  rel. Consigliere  -                     
Dott. CAPUTO        Angelo     -  Consigliere  -                     
ha pronunciato la seguente:                                          
                     sentenza                                        
sul ricorso proposto da: 
        M.L. N. IL (OMISSIS); 
avverso  la  sentenza  n. 80/2011 GIUDICE DI PACE  di  SANT'AGATA  DI 
MILITELLO, del 07/03/2014; 
visti gli atti, la sentenza e il ricorso; 
udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 29/04/2015 la  relazione  fatta  dal 
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI; 
Il  Procuratore Generale della Corte di Cassazione, nella persona del 
dott.  Gioacchino  IZZO,  ha concluso chiedendo  la  declaratoria  di 
inammissibilità del ricorso. 
                 


Fatto
RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 7 marzo 2014 (depositata in data 25 marzo 2014) il Giudice di Pace di Sant'Agata Militello affermava la responsabilità di M.L. per il reato di lesioni in danno di Ma.Gi., che aveva colpito con una testata al volto.

2. Con atto sottoscritto dal suo difensore, l'imputato ha proposto ricorso (depositato in data 14 maggio 2014) affidato a due motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge processuale, giacchè il giudice di pace si è assegnato un termine per la motivazione della sentenza superiore rispetto a quello di 15 giorni previsto dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 32 e non si è provveduto alla notifica dell'avviso dell'intervenuto deposito della sentenza.

2.2. Con il secondo motivo è stato dedotto vizio di motivazione in relazione alla valutazione della prova. Evidenzia il ricorrente che il giudice di pace avrebbe travisato la prova, ritenendo attendibili le dichiarazioni della persona offesa e trascurando la loro contraddittorietà con le altre risultanze processuali.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non può essere accolto.

1. Infondata è la prima doglianza.

1.1. Questa Corte in alcune pronunzie ha avuto modo di affermare che, "in tema di impugnazioni, la previsione di cui al D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 32 - per la quale, il giudice di pace deve depositare la motivazione entro 15 giorni qualora non la detti a verbale - non impedisce che quest'ultimo possa autoassegnarsi un termine diverso e maggiore, stante il disposto normativo di cui all'art. 2 del citato D.Lgs., con la conseguente applicabilità dei termini di impugnazione previsti dall'art. 585 cod. proc. pen. per le sentenze del Tribunale e della Corte di appello" (Sez. 5, n. 40037 del 10/07/2014, Petrella, Rv. 260301; Sez. 5, n. 9832 del 08/01/2014, P.C. in proc. C, Rv. 262737).

In numerose altre sentenze, anche di questa sezione, si è invece condivisibilmente affermato che "la previsione di cui al D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 32 - per la quale il giudice di pace deve depositare la motivazione entro 15 giorni qualora non la detti a verbale - preclude la possibilità che quest'ultimo si autoassegni un termine diverso e maggiore ai sensi dell'art. 544 cod. proc. pen., con la conseguenza che la motivazione depositata oltre il quindicesimo giorno deve ritenersi depositata fuori termine e che il termine per impugnare è comunque quello di giorni trenta, decorrenti dal giorno della notificazione dell'avviso di deposito, ai sensi dell'art. 548 c.p.p., comma 2 e art. 585 c.p.p., comma 1, lett. b) e comma 2" (Sez. 2, n. 10057 del 19/02/2015, Franchi, Rv. 262755; Sez. 4, n. 15697 del 19/02/2015, Soriani, Rv. 263142; Sez. 5, n. 43493 del 28/05/2014, Zampetta, Rv. 262955; Sez. 4, n. 21243 del 11/04/2014, Comi, Rv. 260297; Sez. 5, n. 9832 del 08/01/2014, P.C. in proc. C, Rv. 262737; Sez. 5, n. 11656 del 24/02/2012, Muto, Rv. 252963).

1.2. Nel caso in esame, tuttavia, è irrilevante il fatto che giudice di pace si sia assegnato un termine per la motivazione della sentenza superiore rispetto a quello di 15 giorni previsto dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 32 e non si sia provveduto alla notifica dell'avviso dell'intervenuto deposito della sentenza.

Infatti, tale omissione non può aver rilievo nell'ipotesi in cui sia stata proposta ritualmente impugnazione, in quanto l'eventuale nullità deve ritenersi sanata, considerato che l'interessato si è avvalso della facoltà al cui esercizio l'atto omesso ed eventualmente nullo era preordinato. Orbene, nel caso in esame risulta che l'imputato era presente nel giudizio di primo grado e ha presentato il ricorso in cassazione con atto sottoscritto da difensore di fiducia appositamente nominato.

2. Il secondo motivo è inammissibile, per genericità e in quanto essenzialmente finalizzato ad una rivalutazione di elementi di fatto.

Va in proposito rammentato il principio di diritto secondo il quale la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, che comporta, a norma dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), l'inammissibilità (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 4, 18.9.1997 - 13.1.1998, n. 256, rv. 210157; Sez. 5, 27.1.2005 - 25.3.2005, n. 11933, rv. 231708; Sez. 5, 12.12.1996, n. 3608, p.m. in proc. Tizzani e altri, rv. 207389).

Va ricordato, inoltre, che a questa Corte non possono essere sottoposti giudizi di merito, non consentiti neppure alla luce del nuovo testo dell'art. 606 c.p.p., lett. e); la modifica normativa di cui alla L. 20 febbraio 2006, n. 46 lascia inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di cassazione, che può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di merito. Il nuovo vizio introdotto è quello che attiene alla motivazione, la cui mancanza, illogicità o contraddittorietà può essere desunta non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma anche da altri atti del processo specificamente indicati; è perciò possibile ora valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorchè si introduce nella motivazione un'informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronunzia. Attraverso l'indicazione specifica di atti contenenti la prova travisata od omessa, si consente nel giudizio di cassazione di verificare la correttezza della motivazione. Più approfonditamente, si è affermato che la specificità dell'art. 606 c.p.p., lett. e), dettato in tema di ricorso per Cassazione al fine di definirne l'ammissibilità per ragioni connesse alla motivazione, esclude che tale norma possa essere dilatata per effetto delle regole processuali, attraverso l'utilizzazione del vizio di violazione di legge di cui al citato articolo, lett. e). E ciò, sia perchè la deducibilità per Cassazione è ammessa solo per la violazione di norme processuali stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, sia perchè la puntuale indicazione di cui al punto c) ricollega ai limiti in questo indicati ogni vizio motivazionale;

sicchè il concetto di mancanza di motivazione non può essere utilizzato sino a ricomprendere ogni omissione od errore che concernano l'analisi di determinati, specifici elementi probatori (Sez. 3, n. 44901 del 17/10/2012, F., Rv. 253567).

Tanto premesso, occorre rilevare che i motivi dedotti dal ricorrente si limitano a censurare proprio la sussistenza di prove a suo carico.

Quanto dedotto è però - come si è detto- del tutto generico e le censure sono formulate senza alcuna effettiva considerazione degli elementi evidenziati e degli argomenti spesi nella sentenza impugnata.

L'assenza di un collegamento concreto con la motivazione della sentenza impedisce di ritenere rispettati i requisiti di forma e di contenuto minimo voluti per il ricorso di legittimità, che deve rivolgersi al provvedimento e non può invocare una mera rilettura dei fatti. Peraltro, l'esame del provvedimento impugnato consente di apprezzare come la motivazione sia congrua ed improntata a criteri di logicità e coerenza, anche nella valutazione dell'attendibilità della persona offesa.

A tal proposito, va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno definitivamente chiarito che "le regole dettate dall'art. 192 c.p.p., comma 3 non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U., n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte ed altri, Rv. 253214).
PQM
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2015.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2015
Avv. Antonino Sugamele

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