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Sentenza

Salmonella nella salsiccia luganega. Condannato il titolare del supermercato: doveva fare i controlli per garantire al consumatore la genuinità del prodotto.
Salmonella nella salsiccia luganega. Condannato il titolare del supermercato: doveva fare i controlli per garantire al consumatore la genuinità del prodotto.
Cassazione penale  sez. III   12/02/2015 ( ud. 12/02/2015 , dep.17/03/2015 ) Numero:    11258
                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE TERZA PENALE                         
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. TERESI    Alfredo        -  Presidente   -                     
    Dott. AMORESANO Silvio    -  rel. Consigliere  -                     
    Dott. SAVINO    Mariapia       -  Consigliere  -                     
    Dott. GAZZARA   Santi          -  Consigliere  -                     
    Dott. ANDRONIO  Alessandro Mar -  Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
    1.                D.F.A., nato a (OMISSIS); 
    avverso la sentenza del 12/2/2014 del Tribunale di Brindisi; 
    visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; 
    udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. AMORESANO Silvio; 
    udito  il P.M.,in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. POLICASTRO Aldo, 
    che ha concluso, chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso; 
    udito  il  difensore,  avv. CITRINITI Emanuele,  in  sost.  dell'avv. 
    CAROTA  Patrizia,  che  ha  concluso  chiedendo  l'accoglimento   del 
    ricorso. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. Il Tribunale di Brindisi, in composizione monocratica, con sentenza del 12/2/2014, condannava D.F.A. alla pena di Euro 15.000,00 di ammenda per il reato di cui all'art. 6, comma 2, in riferimento alla L. n. 283 del 1962, art. 5, comma 1, lett. c).

    Rilevava il Tribunale che non sussistessero dubbi in ordine alla materialità dei fatti di cui alla contestazione. Dalla deposizione dei testi R. e D.T. dell'ASL di (OMISSIS) e dalla documentazione acquisita agli atti emergeva, infatti, che in data 4/12/2010, nel corso di un ordinario controllo, era stato prelevato dal bancone frigo dell'ipermercato Conad-Leclerc, sito in (OMISSIS), un campione di salsiccia luganecca; dalle analisi effettuate presso l'Istituto Zooprofilattico di (OMISSIS), alla presenza del Direttore dell'ipermercato, era emersa la presenza nel campione di salmonella.

    Dai successivi accertamenti risultava che il legale rappresentante della "Sogiper srl", che gestiva l'ipermercato, era il D. F. e che la salsiccia in questione era stata fornita dalla Conad Adriatico di Pescara e prodotta dalla Adriatica Salumi srl.

    Riteneva, poi, il Tribunale infondata la tesi difensiva:

    l'organizzazione societaria che attribuiva ad altri la scelta dei prodotti da commercializzare e dei rifornitori non esimeva il titolare della società che in concreto commercializzava il prodotto di effettuare tutti i controlli necessari per garantire la genuinità del prodotto medesimo. Nè rilevava l'esistenza di controlli, che evidentemente non erano idonei, essendo stata rinvenuta la presenza di salmonella nel prodotto; altrettanto irrilevanti erano i certificati di analisi prodotti (antecedenti e successivi).

    Quanto alle deleghe delle funzioni di sicurezza ed igienico sanitario, rilasciate dal D.F. al direttore dell'ipermercato di (OMISSIS), esse non riguardavano il controllo sugli alimenti. Peraltro il vizio riscontrato non era verificabile dal direttore dell'ipermercato, ma solo da chi gestisce il sistema di approvvigionamento degli alimenti.

    Secondo il Tribunale, infine, non potevano essere riconosciute le circostanze attenuanti generiche in assenza di elementi positivamente valutabili; comunque per la non eccessiva gravita del fatto e il non elevato grado di colpa poteva essere irrogata la sanzione pecuniaria.

    2. Ricorre per cassazione il D.F., eccependo, con il primo motivo, la nullità della sentenza per violazione dell'art. 223 disp. c.p.p..

    A norma dell'art. 180 c.p.p., veniva tempestivamente eccepita, all'udienza del 12/2/2014 prima della deliberazione della sentenza, l'inutilizzabilità delle analisi per mancata osservanza delle garanzie difensive.

    Essendo il prodotto di produzione esterna, non riconducibile alla "Sogiper srl", interessato alla regolarità delle analisi era altro soggetto.

    Con motivazione contraddittoria il Tribunale ritiene responsabile la società che commercializzava il prodotto, ma esclude poi che vi potesse essere responsabilità del direttore del punto vendita.

    Con il secondo motivo denuncia l'erronea applicazione della legge penale ed il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed alla determinazione della pena.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Il ricorso è manifestamente infondato.

    2.Quanto all'eccezione di nullità delle analisi, il Tribunale ha accertato che esse si erano svolte con le garanzie del contraddittorio di cui all'art. 223 disp. att. c.p.p..

    A parte la genericità dei rilievi, non specificandosi in che cosa sia consistita la violazione del contraddittorio (dal verbale in forma riassuntiva risulta solo che veniva eccepita la nullità delle analisi), dalle stesse prospettazioni contenute nel ricorso sembra piuttosto che la doglianza riguardi altri soggetti (vale a dire i produttori).

    Ma, evidentemente, della violazione delle garanzie difensive nei confronti di tali soggetti non ha interesse a dolersi il ricorrente.

    Altra questione è se la eventuale responsabilità di costoro possa escludere quella dell'imputato.

    3. Per escludere la responsabilità nelle contravvenzioni è necessario che l'imputato provi di aver fatto quanto era possibile per osservare la legge e che quindi nessun rimprovero possa essergli mosso neppure per negligenza o imprudenza.

    La buona fede acquista giuridica rilevanza solo se si risolva, a causa di un elemento estraneo all'agente, in uno stato soggettivo che sia tale da escludere anche la colpa.

    Sicchè la buona fede può esentare da responsabilità penale soltanto se il soggetto abbia violato la legge per cause indipendenti dalla sua volontà: la violazione della norma deve apparire, cioè, determinata da errore inevitabile che si identifica con il caso fortuito o la forza maggiore.

    Ne consegue che, in presenza di un reato, completo in tutti i suoi elementi costitutivi (come nel caso di specie), incombe all'imputato l'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per osservare la norma violata senza che ciò integri alcuna inversione dell'onere della prova (cfr. ex multis Cass. sez. 1^ n. 13365/2013).

    3.1. Il Tribunale ha fatto corretta applicazione di tali principi, evidenziando che era onere del responsabile della società che commercializzava il prodotto effettuare tutti i controlli necessari per garantire la genuinità del prodotto medesimo. Ha sottolineato, poi, il Tribunale che tali controlli evidentemente non erano stati effettuati, essendo stata rinvenuta la presenza di salmonella, e che irrilevanti erano i certificati di analisi prodotti.

    Ha infine evidenziato che la delega al direttore dell'ipermercato non escludeva la responsabilità del D.F., sia perchè essa non riguardava il controllo degli alimenti, sia perchè, comunque, il vizio riscontrato era verificabile solo da chi gestisce il sistema di approvvigionamento degli alimenti.

    Tale motivazione risulta, inoltre, coerente e logica, per cui si sottrae alle censure che le vengono mosse con il ricorso.

    4.In ordine al trattamento sanzionatorio, a parte il fatto che, in sede di conclusioni, non veniva avanzata espressa richiesta in proposito, il Tribunale ha rilevato che non emergeva alcun elemento favorevole per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e, nella determinazione della pena, ha fatto riferimento a tutti i criteri di cui all'art. 133 c.p..

    5.Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in Euro 1.000,00 ai sensi dell'art. 616 c.p.p..
    PQM
    P.Q.M.

    Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

    Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2015.

    Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2015
Avv. Antonino Sugamele

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