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Sentenza

Militare di leva mentre si trovava comandato all'addestramento all'utilizzo della pistola, viene ferito dall'arma di uno dei suoi superiori che ne stava mostrando il funzionamento, da dove accidentalmente partiva un colpo.
Militare di leva mentre si trovava comandato all'addestramento all'utilizzo della pistola, viene ferito dall'arma di uno dei suoi superiori che ne stava mostrando il funzionamento, da dove accidentalmente partiva un colpo.
Cassazione civile  sez. lav.   24/06/2015 ( ud. 04/02/2015 , dep.24/06/2015 ) Numero:    13114
                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                               SEZIONE LAVORO                            
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. LAMORGESE Antonio                            -  Presidente   - 
    Dott. TRIA      Lucia                              -  Consigliere  - 
    Dott. DORONZO   Adriana                            -  Consigliere  - 
    Dott. LORITO    Matilde                            -  Consigliere  - 
    Dott. GHINOY    Paola                         -  rel. Consigliere  - 
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso 20924-2013 proposto da: 
                   B.P. C.F. (OMISSIS), domiciliato  in  ROMA, 
    PIAZZA   CAVOUR,  presso  la  CANCELLERIA  DELLA  CORTE  SUPREMA   DI 
    CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato BAVA ANDREA,  giusta 
    delega in atti; 
                                                           - ricorrente - 
                                   contro 
    MINISTERO  DELLA  DIFESA  C.F. (OMISSIS), MINISTERO  DELL'INTERNO 
    C.F.   (OMISSIS),   in   persona  dei   Ministri   pro   tempore, 
    rappresentati e difesi dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso  i 
    cui  Uffici  domiciliano ope legis in ROMA, ALLA VIA DEI  PORTOGHESI, 
    12; 
                                                     - controricorrenti - 
    avverso  la  sentenza n. 190/2013 della CORTE D'APPELLO  di  BRESCIA, 
    depositata il 29/04/2013 R.G.N. 433/2012; 
    udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del 
    04/02/2015 dal Consigliere Dott. GHINOY PAOLA; 
    udito l'Avvocato BAVA ANDREA; 
    udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott. 
    CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso. 
                     


    Fatto
    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    B.P., avviato al servizio di leva, il 19.10.1981 si trovava comandato all'addestramento all'utilizzo della pistola, quando dall'arma di uno dei suoi superiori che ne stava mostrando il funzionamento, accidentalmente partiva un colpo che lo feriva.

    Soccorso ed operato, egli si ristabiliva ed otteneva i benefici consistenti in una pensione privilegiata di 7 categoria.

    Successivamente, essendo entrata in vigore la normativa sulle vittime del dovere e soggetti equiparati (della L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 563 e 564), egli ritenne di avere diritto all'indennità ivi prevista, ed inoltrò apposita istanza, che l'Amministrazione respinse per difetto dei presupposti di legge.

    Il B. propose allora ricorso al Tribunale di Brescia che accertò il suo diritto alle provvidenze richieste.

    La Corte d'appello di Brescia andò tuttavia di contrario avviso e rigettò il ricorso proposto dal B., argomentando che il fatto era avvenuto in assenza di un qualsiasi contesto di compiti operativi, rivelatisi nocivi per particolari condizioni ambientali o operative, non risultando l'esposizione del soldato a rischi maggiori di quelli propri dell'addestramento militare.

    Il B. ha proposto ricorso contro tale sentenza, articolando quattro motivi, illustrati anche con memoria ex art. 378 c.p.c., cui hanno resistito il Ministero della Difesa e dell'Interno con controricorso.
    Diritto
    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1. Come primo motivo di ricorso B.P. lamenta violazione dell'art. 329 c.p.c. e art. 2909 c.c.. Riferisce che la sentenza di primo grado aveva evidenziato la sussistenza dei due requisiti richiesti per i benefici in oggetto della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564, ossia, da un lato, l'essere il fatto avvenuto in occasione di una "missione" e, dall'altro, quello delle particolari condizioni ambientali od operative. L'impugnazione del ministero si era incentrata solo ed esclusivamente sull'insussistenza del primo presupposto, sostenendo che l'attività di addestramento all'uso delle armi non costituisse un compito rientrante nel concetto di missione; la sentenza della Corte d'appello per contro aveva respinto la domanda soltanto sulla base dell'insussistenza del secondo requisito, in tal modo violando il giudicato interno che si era formato.

    2. Come secondo motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 24 Cost. e sostiene che il vizio già illustrato a fondamento del primo motivo determinerebbe la violazione del diritto di difesa.

    3. Come terzo motivo lamenta il vizio di motivazione nel quale sarebbe incorsa la Corte laddove non ha rilevato l'intervenuta acquiescenza del Ministero rispetto al capo di sentenza che aveva accertato la sussistenza del requisito di cui al D.P.R. n. 243 del 2006, art. 1, comma c).

    4. Come quarto motivo lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564, dell'art. 1, comma c) e del D.P.R. n. 243 del 2006, art. 1, comma b) e sostiene che la Corte di merito avrebbe erroneamente negato che sussistessero le particolari condizioni ambientali od operative richieste dalla norma .

    5. Al fine dell'esame della fattispecie occorre premettere il quadro normativo di riferimento.

    La L. 23 dicembre 2005, n. 266, (Legge Finanziaria 2006), all'art. 1, comma 564 prevede che sono equiparati alle vittime del dovere "coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative".

    Con D.P.R. 07 luglio 2006, n. 243 è stato dettato il Regolamento concernente termini e modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, a norma della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 565. All'art. 1 del Capo 1^ prevede che "Ai fini del presente regolamento, si intendono:

    a) per benefici e provvidenze le misure di sostegno e tutela previste dalle L. 13 agosto 1980, n. 466, L. 20 ottobre 1990, n. 302, L. 23 novembre 1998, n. 407, e loro successive modificazioni, e L. 3 agosto 2004, n. 206;

    b) per missioni di qualunque natura, le missioni, quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall'autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente;

    c) per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti l'esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto".

    6. Ciò posto, i primi tre motivi di ricorso, che possono essere valutati congiuntamente, non sono fondati.

    La Corte d'appello ha riferito nella propria motivazione che il Ministero appellante aveva censurato la decisione del Tribunale di applicare alla fattispecie la norma di cui della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564, affermando l'inesistenza dei relativi presupposti.

    Ha aggiunto che, in particolare, il Ministero aveva dedotto che per i benefici in questione si richiedeva che l'evento fosse occorso nell' espletamento di missioni, sia pure di qualunque natura, effettuate dai corpi militari, ma pur sempre durante operazioni svolte su decisione degli organi competenti in situazioni diverse da quelle di un' ordinaria esercitazione.

    Con l'atto di gravame il Ministero contestava quindi la sussistenza di entrambi i requisiti per il riconoscimento dei benefici, sia nelle premesse, laddove il riferimento veniva fatto indistintamente alla previsione dell'art. 1, comma 564, sia laddove sosteneva che l'evento debba esorbitare da un'ordinaria esercitazione, così prospettando la necessità di quel quid pluris di rischio specifico esplicitato dalla lett. c) del regolamento sopra riportata. Nessun giudicato si era quindi formato in relazione agli elementi costitutivi del diritto azionato come ritenuti dal Tribunale, essendo l'appello relativo ad entrambi i presupposti.

    La motivazione della Corte è stata quindi coerentemente sviluppata nel senso di valutare se ricorresse nella specie un contesto operativo caratterizzato da particolari condizioni, implicante l'esistenza di circostanze straordinarie che avevano esposto il militare a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni dei compiti di istituto.

    L'ampia portata del contenuto del ricorso in appello esclude poi che il B. non sia stato posto in condizione di difendersi adeguatamente in ordine alle circostanze poi valorizzate dal giudice di merito, nè la censura è sul punto sufficientemente specifica, non riportando il contenuto della memoria di costituzione.

    7. Il quarto motivo è parimenti infondato, avendo la Corte fatto corretta applicazione della normativa sopra richiamata.

    Le ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti d' istituto del militare di leva portano infatti da un rischio tipico, che comprende il rischio di incidenti nello svolgimento delle ordinarie attività di addestramento all'utilizzo delle armi. Le provvidenze attinenti alle invalidità contratte per causa di servizio, che sono state riconosciute al B., hanno propriamente la funzione di indennizzare tali accadimenti.

    Per il riconoscimento dei benefici previsti per i soggetti equiparati alle vittime del dovere è però necessario, in base alla normativa sopra richiamata, che i compiti rientranti nella normale attività d'istituto, svolti in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, si siano complicati per l'esistenza o per il sopravvenire di circostanze o eventi straordinari, ulteriori rispetto al rischio tipico sopra indicato.

    Nel caso in esame, l'esplosione anche accidentale di un proiettile nel corso della normale attività di addestramento all'utilizzo delle armi è il frutto della sottoposizione al rischio che l'ambiente militare comporta. Non risulta peraltro, nè sul punto sono formulate specifiche deduzioni, che nel caso si siano verificati fattori legati alle persone, ai luoghi o alle armi utilizzate, che abbiano determinato in concreto un maggiore rischio rispetto a quello insito nell'attività ordinaria cui il militare era addetto.

    La difesa del B. peraltro conferma l'ordinarietà dell'occasione, laddove riferisce a p. 14 delle note autorizzate che il militare stava assistendo ad un'esercitazione alla quale era stato comandato, che doveva addestrarlo all'uso dell'arma, e che la sua presenza nel raggio di azione del proiettile era giustificata dalla necessità di assistere alle spiegazioni che il sottotenente stava fornendo di fronte ad uno dei suoi commilitoni, e dunque nel corso di una tipica attività addestrativa comandata.

    6. Segue il rigetto del ricorso. Considerata l'assenza di un'elaborazione della giurisprudenza di legittimità sull'applicazione della normativa in esame, può essere disposta la compensazione tra le parti delle spese processuali del presente giudizio.

    7. Il ricorso è stato notificato in data successiva a quella (31.1.2013) di entrata in vigore della L. 24 dicembre 2012, n. 228, il cui art. 1, comma 17, ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, aggiungendovi il comma 1 quater, del seguente tenore:

    "Quando l'impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1 bis. Il giudice da atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l'obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso". Essendo il ricorso rigettato, deve provvedersi in conformità.
    PQM
    P.Q.M.

    La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

    Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello citato art. 13, comma 1 bis.

    Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2015.

    Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2015
Avv. Antonino Sugamele

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