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Sentenza

integra la fattispecie di omicidio volontario per dolo eventuale la condotta tipica posta in essere da un soggetto, il quale aveva sia previsto l’evento morte, sia accettato la sua verificazione.
integra la fattispecie di omicidio volontario per dolo eventuale la condotta tipica posta in essere da un soggetto, il quale aveva sia previsto l’evento morte, sia accettato la sua verificazione.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 10 febbraio – 11 giugno 2015, n. 24699
Presidente Giordano – Relatore Casa

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 20.11.2013, la Corte di Assise di Appello di Catanzaro confermava la pronuncia dell'11.12.2012 con la quale la Corte di Assise di Cosenza aveva assolto G.G. , ritenuto persona non imputabile per vizio totale di mente, dai reati di danneggiamento aggravato e omicidio volontario ascrittigli, escluse, in relazione all'omicidio, le aggravanti di cui all'art. 61 c.p..
Al G. veniva applicata la misura di sicurezza della libertà vigilata per cinque anni.
Secondo la ricostruzione operata dai Giudici di merito, verso le ore 0.40 del 20.4.2011, il G. , in preda a un forte spavento, si lanciava dalla finestra del bagno di casa, scappando via. Dopo aver chiesto aiuto a un vicino, iniziava a danneggiare delle piante in vaso e a battere con una pietra contro il portone d'ingresso dell'abitazione dei fratelli L.R. e M. , i quali reagivano, colpendo l'imputato con un bastone.
Sopraggiungevano sul posto, a bordo di un'autovettura Toyota Yaris, la sorella e la compagna del G. , le quali cercavano di convincere l'uomo a salire in auto con loro. Ancora in stato di forte agitazione, l'imputato si poneva alla guida del veicolo e, proprio mentre la sorella si sporgeva all'interno dell'abitacolo nel tentativo di spegnere il motore, partiva, effettuando una repentina manovra per allontanarsi dal piazzale, in cui si trovava parcheggiato anche un furgone Fiat Doblò.
In conseguenza della manovra, la Toyota Yaris andava a urtare contro il furgone; nell'impatto, G.A. rimaneva schiacciata dallo sportello della Yaris e cadeva riversa in terra, prima che la vettura condotta dal fratello, eseguita una rapida retromarcia, ripartisse allontanandosi.
La G. decedeva alcune ore dopo presso l'ospedale di (…) con diagnosi di "grave shock emorragico secondario a grave politrauma con fratture costali multiple, emitorace e lesioni epatiche; emoperitoneo; ematoma mammella destra; ematoma escoriato fianco destro".
Secondo le conclusioni rassegnate dal perito medico-legale Dott. B. sulla dinamica dei fatti, quando la vettura Toyota Yaris avanzò in normale direzione di marcia e la sua parte anteriore sinistra venne in contatto con l'angolare posteriore destro del furgone Fiat Doblò in sosta, G.A. si trovava in piedi, all'esterno dell'auto, nello spazio compreso tra la portiera anteriore sinistra, in posizione di apertura, e la parte laterale della scocca; in tale situazione, il corpo della donna venne ad essere compresso e schiacciato tra la parte interna della portiera e il montante centrale del veicolo.
Tale dinamica trovava sufficienti riscontri con la distribuzione e la conformazione delle lesioni rilevate in sede di ispezione del cadavere e risultava, nella sostanza, coincidente con la descrizione resa dal teste C. , presente al fatto.
Secondo la Corte di secondo grado, le emergenze processuali non consentivano di affermare, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, che l'imputato avesse investito la sorella per imperizia nella guida dell'autovettura.
Egli, infatti, si era avveduto della presenza della donna che cercava, disperatamente, affacciandosi all'interno dell'abitacolo, di estrarre le chiavi del cruscotto; e, nonostante ciò, aveva deciso di avviare la marcia del veicolo, senza mai fermarsi, fino a quando la sorella, dopo aver impattato contro il furgone parcheggiato nei pressi del veicolo stesso, nella successiva manovra di retromarcia, era caduta a terra.
La dinamica dell'incidente evidenziava, quindi, la perfetta padronanza del mezzo da parte del G. , il quale, al fine di sbarazzarsi definitivamente della sorella che cercava, ad ogni costo, di arrestarlo, dopo essere finito addosso al furgone, provocando lo schiacciamento della vittima, anziché fermarsi e verificare le condizioni di costei, aveva effettuato una brusca retromarcia di quel tanto necessario a imboccare il cancello e fuggire ad alta velocità.
Con tali azioni, l'imputato aveva integrato la condotta tipica nella previsione dell'evento morte e accettando la sua verificazione (dolo eventuale e non colpa cosciente); rispondeva, infatti, alla comune esperienza che il sospingere una persona aggrappata - come era la G.A. - ad un'autovettura contro un ostacolo e fino a impattare con questo potesse determinare la morte della persona stessa.
Escludeva la Corte di Catanzaro l'esimente dello stato di necessità, osservando, da un lato, che nella specie la situazione di pericolo (la reazione dei fratelli L. che colpirono il G. con un bastone e lanciarono una batteria di auto contro il parabrezza della Yaris) era stata causata esclusivamente dall'improvvisa aggressione dell'imputato presso l'abitazione di L.M. e, dall'altro, che nel momento in cui il G. salì in macchina, nessuna situazione di pericolo era più attuale, posto che i presenti stavano tutti discutendo dell'accaduto.
2. Ha proposto ricorso per cassazione G.G. per il tramite del difensore di fiducia, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione sulla sussistenza dell'omicidio volontario con dolo eventuale.
Il ricorrente non era consapevole che nello spostamento dell'autovettura questa avrebbe impattato contro l'autocarro parcheggiato a qualche metro di distanza, provocando lo schiacciamento della persona offesa.
La presenza dell'autocarro non era prevista e, dunque, l'azione dell'imputato non era finalizzata a creare l'occasione dell'evento morte, ma solo a liberarsi della sorella e ad allontanarsi dal luogo dove era stato aggredito.
La sua condotta, pertanto, non poteva considerarsi dolosa, ma colposa (colpa cosciente).
2.1. In data 23.1.2015 il difensore del G. ha depositato memoria, con cui si ribadiscono gli argomenti già svolti in ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato.
2. La questione centrale posta dal ricorrente attiene alla configurazione dell'elemento soggettivo del reato, che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente delineato in termini di dolo eventuale.
2.1. Questione presupposta è quella dei rapporti tra imputabilità e dolo.
In sintesi, richiamando l'insegnamento tradizionale di questa Corte, ancora oggi occorre ribadire che l'indagine sui due elementi va tenuta distinta, essendo il dolo un elemento costitutivo del delitto, la cui sussistenza o meno va in ogni caso accertata secondo le regole generali, e cioè con riferimento all'ipotesi di un soggetto agente dotato di normale capacità di intendere e di volere, mentre l'imputabilità, come noto, costituisce semplicemente il presupposto per l'affermazione della responsabilità in ordine al reato commesso, il quale dovrà, pertanto, essere già stato compiutamente qualificato, nelle sue connotazioni oggettive e soggettive.
Ciò significa che anche nei confronti di soggetto non imputabile - come nel caso in esame - o parzialmente imputabile, dovrà, comunque, essere stabilito, alla stregua delle regole di comune esperienza, se l'evento prodotto sia stato "secondo l'intenzione", "contro l'intenzione" o "oltre l'intenzione" (giusta le varie ipotesi previste dall'art. 43 c.p.), per poi passare a verificare se e come il soggetto debba penalmente rispondere di tale evento, in ragione del suo stato di mente (Sez. 1, n. 507 del 7/12/1993, dep. 19/1/1994, Rv. 196112; Sez. 6, n. 16260 del 10/3/2003, P.G. in proc. Cesarano, Rv. 225645; Sez. 6, n. 47379 del 13/10/2011, Dall'Oglio, Rv. 251183; Sez. 6, n. 4292 del 13/5/2014, dep. 29/1/2015, Corti, Rv. 262151).
2.2. Tanto premesso, ritiene il Collegio che la Corte territoriale sia correttamente approdata alla definizione dell'elemento soggettivo del reato di omicidio ascritto al G. in termine di dolo eventuale, disattendendo la tesi difensiva della colpa cosciente.
Secondo la recente e autorevole decisione emessa da questa Corte a Sezioni Unite (n. 38343 del 24/4/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261104), il dolo eventuale ricorre quando l'agente si sia chiaramente rappresentata la significativa possibilità di verificazione dell'evento concreto e ciò nonostante egli, dopo aver considerato il fine perseguito e I1 eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l'evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi; ricorre, invece, la colpa cosciente quando la volontà dell'agente non è diretta verso l'evento ed egli, pur avendo concretamente presente la connessione causale tra la violazione delle norme cautelari e l'evento illecito, si astiene dall'agire doveroso per trascuratezza, imperizia, insipienza, irragionevolezza o altro biasimevole motivo (vedi, nella giurisprudenza precedente: Sez. 4, n. 24612 del 10/4/2014, Izzo, Rv. 259239; Sez. 2, n. 7027 del 23/10/2013, dep. 13/2/2014, Lafleur, Rv. 259064; Sez. 4, n. 39898 del 3/7/2012, p.c. in proc. Giacalone, Rv. 254673; Sez. 1, n. 832 dell'8/11/1995, dep. 27/1/1996, Rv. 203484; Sez. 1, n. 5527 del 28/1/1991, Rv. 187590; Sez. 1, n. 4912 del 12/1/1989, Rv. 180978).
Nella pratica è possibile individuare il discrimine tra le due forme di elemento soggettivo del reato attraverso l'analisi approfondita della condotta dell'agente, nel contesto delle circostanze del caso concreto (vedi, quanto agli indicatori da verificare, ancora Sez. U, n. 38343 del 24/4/2014, Rv. 261105).
3. La Corte di Catanzaro si è puntualmente attenuta ai principi suenunciati, ricostruendo, in coerenza con le risultanze processuali (perizia medico-legale; distribuzione delle lesioni sul corpo della vittima; testimonianza C. ), la sequenza delle azioni dell'imputato, il quale, pur essendosi avveduto che la sorella era rimasta aggrappata allo sportello anteriore sinistro della vettura da lui condotta - dopo aver tentato invano, sportasi all'interno dell'abitacolo, di sfilare le chiavi dal cruscotto - egualmente aveva proseguito nella marcia andando violentemente ad impattare contro un furgone parcheggiato sul posto, così provocando lo schiacciamento del corpo della congiunta tra lo sportello dell'autovettura e il furgone.
Con argomentare logicamente plausibile e legato alla comune esperienza, la Corte di merito ha ritenuto che, con tali azioni, l'imputato si fosse rappresentato e avesse accettato il rischio dell'evento morte e l'evento stesso, altamente prevedibile se si spinge una persona aggrappata, come la G. , allo sportello di una vettura ad impattare con violenza contro altro veicolo fermo.
La deduzione difensiva circa la mancata previsione, da parte del ricorrente, della presenza del furgone parcheggiato assume valore meramente assertivo ed appare decisamente smentita dalla ricostruzione della dinamica dei fatti operata dal Giudice a quo, che colloca il furgone Fiat Doblò sulla scena del crimine già dal momento iniziale dell'azione delittuosa.
4. Al rigetto del ricorso consegue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Avv. Antonino Sugamele

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