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Sentenza

Effettua una ricarica telefonica di € 250,00 utilizzando un conto corrente online a lui cointestato e del quale, tuttavia, non era più titolare.
Effettua una ricarica telefonica di € 250,00 utilizzando un conto corrente online a lui cointestato e del quale, tuttavia, non era più titolare.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 ottobre – 21 dicembre 2015, n. 50140
Presidente Esposito – Relatore Verga

Ritenuto in fatto

Con sentenza in data 27 febbraio 2014 la Corte d'Appello di Salerno confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Vallo della Lucania che il 26 ottobre 2011 aveva condannato R.G. in ordine al reato di cui agli articoli 12 legge numero 197/91 e 55 n 9 decreto legislativo numero 231/2007 perché, al fine di trarne profitto per sé o per altri, non essendo più titolare del conto corrente on-line numero 1257259 della Banca della Campania, cointestato a lui e a B.D., ma solo fino al dicembre del 2007, utilizzava detto conto effettuando una ricarica telefonica, per la somma di euro 250,00.
Ricorre per Cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in:
1. violazione di legge. Contesta l'applicabilità nel caso di specie della normativa contestata. Sostiene che la censura già sollevata in grado di appello non ha trovato né accoglimento né adeguata motivazione; che la corte territoriale ha ritenuto di liquidare il motivo affermando che la condotta accertata a carico dell'imputato integra gli estremi del reato poiché, come affermato da consolidata giurisprudenza di merito, l'utilizzazione sine titolo od oltre i limiti della delega ovvero dopo la revoca delle delega (opportunamente e formalmente comunicata) dei codici di accesso al conto corrente, anche indipendentemente dal possesso della relativa carta di credito era sufficiente a realizzare la condotta sanzionata dalla normativa contestata. Ritiene che la norma incriminatrice utilizzata è ispirata ad una ratio che nulla ha a che vedere con il caso in esame. Rileva che comunque non gli era stata comunicata la revoca della delega ad operare sul conto e gli user e la password per compiere transazioni sul conto non vennero mai modificati rispetto a quelli lecitamente e legittimamente in possesso dell'imputato con la conseguenza che l'utilizzo dello strumento di acquisizione di servizi telefonici in argomento è stato effettuato in perfetta buona fede e con assenza di dolo. Sostiene che il reato che doveva essere contestato al più , qualora fossero stati ritenuti sussistenti gli artifici e i raggiri, doveva essere la frode informatica di cui alla 615 ter c. p.
2. violazione di legge in relazione all'articolo 192 codice di procedura penale. Travisamento della prova sostiene che la deposizione dei direttore della banca è diametralmente opposte a quelle ritenuta dai giudici di merito. Rileva che sul punto non vi è stata solo una interpretazione erronea delle risultanze probatorie bensì proprio un'errata lettura delle dichiarazioni del teste che ha affermato di non essere sicuro di avere comunicato per telefono la revoca all'imputato e di non essere al corrente del fatto che qualcun altro abbia fatto questa comunicazione, così come non vi è traccia nell'incartamento processuale del fatto che il prelievo sia stato fatto per ricaricare il telefono cellulare del ricorrente;
3. vizio della motivazione. Sostiene che la motivazione del giudice d'appello è apparente perché non ha dato risposta alle censure difensive
II ricorso è fondato.
II fatto così come contestato ed accertato ( utilizzazione sine titulo o comunque oltre i limiti o dopo la revoca della delega, dei codici di accesso al conto corrente della B.) deve essere meglio qualificato come violazione dell'art. 640 ter c.p.
La norma prevede infatti due distinte condotte: la prima consiste nell'alterazione, in qualsiasi modo, dei funzionamento di un sistema informatico o telematico; la seconda - ed è quella che qui interessa - è costituita dalla condotta di chi interviene "senza diritto" con qualsiasi modalità, su "dati, informazioni o programmi". In questa ipotesi dunque, attraverso una condotta a forma libera, si "penetra" abusivamente all'interno del sistema, e si opera su dati, informazioni o programmi, senza che il sistema stesso, od una sua parte, risulti in sè alterato. Ebbene, nella specie, come emerge dalla descrizione dei fatti offerta dalle sentenze di merito, risulta che, attraverso l'utilizzazione dei codici di accesso telematici della B. che gli aveva revocato la delega ad operare sul suo conto on-line, l'imputato sarebbe penetrato abusivamente, e, dunque, senza diritto, all'interno dei sistema bancario, mediante un ordine (abusivo) di ricarica di un'utenza telefonica .
Come già indicato da questa Corte ( Cass n.17748 dei 2011 Rv. 250113 richiamata anche da Cass n. 11699 del 2012 rv. 252797 e n. 6816 dei 31/01/2013) l'elemento specializzante, rappresentato dall'utilizzazione 'fraudolenta' del sistema informatico, costituisce presupposto 'assorbente' rispetto alla 'generica' indebita utilizzazione dei codici d'accesso disciplinato dall'art. 55 n. 9 D.Lgs. n. 231/2007, approdo ermeneutico che si pone "in linea con l'esigenza (...) di procedere ad
Avv. Antonino Sugamele

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