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Sentenza

E' motivo ostativo alla consegna dello straniero all'autorità richiedente il mandato di arresto europeo la commissione, in tutto o in parte, nel territorio italiano del reato oggetto del mandato, con la conseguenza che la consegna richiesta dall'autorità giudiziaria straniera deve essere rifiutata allorquando almeno una parte della condotta, anche se consistente nel
E' motivo ostativo alla consegna dello straniero all'autorità richiedente il mandato di arresto europeo la commissione, in tutto o in parte, nel territorio italiano del reato oggetto del mandato, con la conseguenza che la consegna richiesta dall'autorità giudiziaria straniera deve essere rifiutata allorquando almeno una parte della condotta, anche se consistente nel "frammento di un unico e inscindibile iter delittuoso.
Cassazione penale  sez. II   
Data:
    03/12/2014 ( ud. 03/12/2014 , dep.09/12/2014 ) 
Numero:
    51155

Classificazione

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                           SEZIONE SECONDA PENALE                        
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. ESPOSITO         Antonio -  Presidente   -                     
    Dott. IANNELLI         Enzo    -  Consigliere  -                     
    Dott. CAMMINO          Matilde -  Consigliere  -                     
    Dott. DE CRESCIENZO    Ugo     -  Consigliere  -                     
    Dott. CARRELLI PALOMBI Roberto -  Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
    Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di  appello  di 
    Firenze; 
    avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Firenze in  data 
    22  settembre  2014  nel  procedimento per la consegna  all'Autorità 
    giudiziaria  romena  in  esecuzione di  mandato  di  arresto  europeo 
    riguardante          I.C. n. (OMISSIS); 
    Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; 
    udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino; 
    udita  la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. 
    RIELLO Luigi, che ha chiesto l'annullamento con rinvio. 
    Osserva: 
                     


    Fatto
    CONSIDERATO IN FATTO

    1. Con sentenza in data 27 gennaio 2014 la Corte di appello di Firenze, nel procedimento per l'esecuzione del mandato di arresto europeo emesso dal Tribunale di Suceava il 24 marzo 2013 nei confronti di I.C. in ordine al reato di associazione per delinquere e ad alcuni reati informatici, rifiutava la consegna del cittadino romeno all'autorità giudiziaria del suo paese di origine e revocava la misura degli arresti domiciliari gravante sull' I. e applicata in sostituzione della custodia in carcere, disposta a seguito di convalida dell'arresto eseguito il 15 novembre 2013 di iniziativa della polizia giudiziaria ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 11.

    2. La Sesta sezione penale della Corte di cassazione, su ricorso del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Firenze, in data 1 aprile 2014 annullava con rinvio la predetta sentenza affermando il principio che costituisce preciso onere della Corte territoriale, nel caso come quello in esame in cui vi fosse incertezza sul luogo in cui i reati oggetto del mandato di arresto europeo (artt. 416, 615-ter e 640-ter cod. pen.) fossero stati consumati ed al fine di stabilire la sussistenza o meno della causa ostativa di consegna di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. p) acquisire in primo luogo il provvedimento giudiziario all'origine dell'emissione del mandato e, in secondo luogo, tutte le informazioni integrative del caso provvedendo, nel caso di permanente incertezza, alla consegna all'autorità giudiziaria richiedente.

    3. La Corte di appello di Firenze, pronunciandosi in sede di rinvio dopo aver acquisito il provvedimento cautelare posto a fondamento del mandato di arresto europeo, ha nuovamente rifiutato la consegna dell' I. all'Autorità giudiziaria romena e ha disposto la trasmissione di copia integrale degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia per quanto di sua competenza in ordine ai reati di cui agli artt. 615-ter, 640-ter e 416 cod. pen., ritenendo che i reati di accesso abusivo a sistema informatico (art. 615-ter cod. pen.) e di frode informatica (art. 640- ter cod. pen.), commessi principalmente ai danni di clienti di Poste italiane s.p.a., fossero stati commessi almeno in parte in territorio italiano e che anche per il reato associativo una parte non trascurabile dell'azione si fosse perfezionata in Italia, ove l' I. risiede stabilmente dal novembre 2011 e in cui comunque dal 2003 vive la sua famiglia composta da moglie e cinque figli.

    4. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso nuovamente il Procuratore Generale deducendo la violazione di legge e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al rifiuto di consegna in virtù del divieto di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. p). La Corte territoriale aveva infatti omesso di esaminare i singoli reati nella loro specificità e concretezza al fine di stabilirne il luogo di consumazione, limitandosi a considerazioni di carattere generale relative alle fattispecie astratte di reato e dando quindi immotivatamente per scontate, quanto al reato di accesso abusivo a sistema informatico, la collocazione in territorio italiano del server che aveva controllato le credenziali di autenticazione dei clienti e, quanto al reato di frode informatica, l'esecuzione in Italia dell'attività manipolatoria del sistema di elaborazione dei dati. Inoltre, relativamente al reato associativo, la residenza in Italia dell' I. (al quale era stato attribuito il ruolo direttivo e di reclutamento degli associati) non aveva nel caso di specie alcuna rilevanza posto che l'associazione criminale risultava composta esclusivamente da romeni, sul cui reclutamento in Italia da parte dell' I. nel provvedimento impugnato non era stato indicato alcun concreto elemento. La commissione in Italia almeno in parte dei reati- fine era stata, secondo il ricorrente, oggetto di affermazione solo generica e apodittica da parte della Corte territoriale che non aveva segnalato specifiche condotte in danno di una individuata persona offesa, i cui dati sarebbero stati acquisibili anche a distanza.

    Peraltro sarebbe stato logico ritenere che la forzatura del sistema informatico o la richiesta truffaldina fossero partite dalla Romania, nel cui territorio venivano accreditate le somme illecitamente ottenute che risultavano riscosse da cittadini romeni. La Corte di appello di Firenze, attraverso una motivazione inconsistente, che non eliminava i profili di incertezza già rilevati nel precedente provvedimento annullato, aveva pertanto, secondo il Procuratore Generale ricorrente, violato il principio di diritto affermato nella sentenza di annullamento con rinvio secondo il quale, in caso di permanente incertezza sul luogo di commissione dei reati oggetto del mandato di arresto europeo, dovesse essere disposta la consegna richiesta dall'autorità giudiziaria straniera.

    In ogni caso, si osserva nel ricorso, non poteva essere rifiutata la consegna relativamente al reato associativo e ai numerosi reati-fine che certamente erano stati commessi nel territorio di altri Stati diversi dall'Italia in cui l'attività del sodalizio criminale si era manifestata e per i quali non ricorreva il problema della doppia giurisdizione; trattandosi di reati collegati, la giurisdizione e la competenza avrebbero dovuto seguire il reato più grave, quindi il reato associativo; la stessa conclusione sarebbe stata da prendere, per evitare di scindere reati evidentemente connessi, anche per i reati asseritamente commessi in tutto o in parte in Italia (i reati previsti dall'art. 615-ter c.p., comma 1 e art. 640-ter c.p., comma 1 sono del resto perseguibili a querela di parte, che nel caso in esame non risultava essere stata proposta).
    Diritto
    RITENUTO IN DIRITTO

    4. Il ricorso è fondato.

    La L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. p) prevede come motivo ostativo alla consegna la commissione, in tutto o in parte, nel territorio italiano del reato oggetto del mandato di arresto europeo, con la conseguenza che la consegna richiesta dall'autorità giudiziaria straniera deve essere rifiutata allorquando almeno una parte della condotta, anche se consistente nel "frammento di un unico e inscindibile iter delittuoso" (Cass. sez. 6 11 febbraio 2009 n. 12142, P.G. in proc. Pocacchia; in termini analoghi Cass. sez. 4 11 ottobre 2012 n. 4837 e sez. 5 9 luglio 2008 n. 39025; cfr. anche Cass. sez. 6 10 dicembre 2007 n. 46843, Mescia; 18 dicembre 2007 n. 47133, Lichtenberger), si sia verificata nel territorio dello Stato.

    Nella sentenza di annullamento con rinvio la Corte aveva riaffermato il principio che, nel caso previsto dalla L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. p) la giurisdizione italiana deve risultare con certezza, sulla base del quadro fattuale incontrovertibilmente desumibile dagli stessi elementi offerti dall' autorità di emissione o da quelli forniti in sede di sollecitazione integrativa L. n. 69 del 2005, ex art. 16 non potendosi ritenere sufficiente la mera ipotesi che il reato sia stato commesso in tutto o in parte in Italia (Cass. sez. 6 18 aprile 2014 n. 17704, Araujo Gomez; sez. 6 12 novembre 2013 n. 45914, Uglava; sez. 6 29 dicembre 2010 n. 45669, Llanaj; sez. F. 21 agosto 2008 n. 34299, Ratti; sez. F. 28 agosto 2008 n. 34576, Maloku;

    sez. F.21 agosto 2008 n. 34295, Zanotti, non mass. sul punto). Il rinvio era stato quindi disposto affinchè la Corte territoriale adempisse all'onere di eliminare i rilevati elementi di incertezza sul locus commissi delicti ("...per espressa ammissione della stessa Corte nè dal mandato di arresto nè dai documenti trasmessi originariamente e successivamente dall'autorità giudiziaria romena era dato ricavare con esattezza il locuus commissi delicti dei reati ascritti allo I."), acquisendo in primo luogo il provvedimento giudiziario all'origine del mandato ed in secondo luogo tutte le informazioni integrative del caso e provvedendo "ove l'incertezza permanga...alla consegna all'autorità giudiziaria richiedente".

    La Corte rileva che nella sentenza impugnata, emessa in sede di rinvio dalla Corte d'appello di Firenze che ha provveduto all'acquisizione in lingua italiana del provvedimento giurisdizionale sul quale il mandato di arresto europeo era fondato, il rifiuto della consegna di I.C. all'Autorità giudiziaria romena è fondato sulla ritenuta certezza della commissione in tutto o in parte in territorio italiano dei reati ascritti all' I., le cui condotte sarebbero quindi penalmente rilevanti anche in Italia. Tale certezza è tuttavia fondata su una valutazione priva, per i singoli reati oggetto del mandato di arresto europeo, di riferimenti fattuali specifici e rilevanti, e quindi su una valutazione tale da non consentire di ritenere eliminati gli elementi di incertezza sul locus commissi delicti che doveva necessariamente essere individuato sulla base della verifica in concreto delle condotte penalmente rilevanti poste in essere dall' I., anche solo in parte, in Italia.

    Dalla motivazione della sentenza impugnata si desume infatti che, per i reati previsti dagli artt. 615-ter e 640-ter cod. pen., la "sussistenza sicura" della causa ostativa di cui alla L. n. 69 del 2015, art. 18, lett. p) non deriva dall'esame della condotta concretamente posta in essere dall' I. quale emerge dagli atti esaminati, ma sulla base del mero richiamo ai criteri giurisprudenziali indicati in via astratta e meramente esemplificativa nella sentenza di annullamento con rinvio come utilizzabili come per l'individuazione del luogo di consumazione dei predetti reati (luogo in cui è collocato il server che elabora e controlla le credenziali di autenticazione del cliente per il reato previsto dall'art. 615-ter cod. pen. e luogo di esecuzione dell'attività manipolatoria del sistema di elaborazione dei dati per il reato di frode informatica).

    Analogamente, quanto al reato associativo, la certezza che almeno una parte, non trascurabile, dell'azione criminosa si sia svolta in Italia è stata desunta da un elemento non direttamente riferibile alla condotta criminosa, quale la dimora stabile in Italia dell' I. e del suo nucleo familiare, e da deduzioni argomentate genericamente, senza riferimenti concreti, utilizzando le categorie della "plausibilità" e dell'"impensabilità". Si è infatti affermato che, essendo le persone offese delle frodi informatiche soprattutto clienti di Poste italiane s.p.a., erano stati "plausibilmente" utilizzati "dati informatici segreti acquisiti nel nostro paese (con skimmer e quant'altro)", senza tener conto che l'intrusione in un sistema informatico e l'acquisizione di dati personali possono essere realizzati anche in luogo diverso da quello in cui si trovino il sistema e le persone. Quanto al ruolo di direttivo e di reclutamento degli associati attribuito a I., si è osservato che era "assolutamente impensabile che tutta questa attività non si sia svolta almeno in parte in Italia dove gli ...aveva certamente il centro principale dei suoi affari e interessi", senza considerare che per il reato associativo è indispensabile verificare il luogo in cui è operativa, in tutto o in parte, la struttura organizzativa e che, comunque, ha un'importanza secondaria il luogo in cui sono stati realizzati i singoli delitti commessi in attuazione del programma criminoso, a meno che essi, per numero e consistenza, rivelino il luogo di operatività della societas sceleris (Cass. sez. 2 25 febbraio 1999 n. 933, Cohan; sez. 6 19 gennaio 2011 n. 10088, Albanese ed altri). Non si radica, del resto, la giurisdizione italiana e deve dunque essere eseguito il mandato d'arresto europeo allorchè i fatti posti in essere in Italia si esauriscano nel proposito, generico e privo di concretezza e specificità, di perpetrare all'estero fatti delittuosi, poi effettivamente realizzati per intero nel territorio di un altro Stato (Cass. sez. Fer. 4 settembre 2008 n. 34956, Fuoco).

    La Corte ritiene pertanto che gli elementi indicati dal giudice di rinvio, per la loro astrattezza e inconsistenza, non possano giustificare la conclusiva affermazione in termini di certezza, contenuta nel provvedimento impugnato, della commissione almeno in parte in Italia dei reati oggetto del mandato di arresto europeo.

    Si ritiene indispensabile per le ragioni sopra indicate un ulteriore approfondimento da parte della Corte territoriale che dovrà - sulla base degli atti acquisiti e dell'eventuale acquisizione di informazioni integrative (anche in ordine all'eventuale sussistenza di altre cause ostative alla consegna, a seguito della trasmissione di copia degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia) - indicare gli elementi concreti dai quali sia possibile desumere, con specifici riferimenti fattuali, la commissione da parte dell' I. in territorio italiano, anche solo in parte, dei fatti per i quali il mandato di arresto europeo è stato emesso.

    Si impone, pertanto, l'annullamento, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze, della sentenza impugnata. La cancelleria dovrà provvedere agli adempimenti previsti dalla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
    PQM
    P.Q.M.

    annulla il provvedimento impugnato con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per nuovo giudizio. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22.

    Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2014.

    Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2014
Avv. Antonino Sugamele

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