Un ragazzino con una pallonata infrange una vetrina di un commerciante che per la rabbia lo schiaffeggia. Condannato per lesioni.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 aprile – 30 maggio 2014, n. 22849
Presidente Lombardi – Relatore De Marzo
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 14/01/2013 il Tribunale di Ragusa ha confermato la decisione di primo grado che aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile A.D.N. avendolo ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 582 cod. pen. perché colpendo con uno schiaffo il minore S.P. aveva cagionato a quest'ultimo lesioni personali consistite in sindrome ansiosa post-traumatica.
Il Tribunale ha posto a fondamento della decisione le deposizioni dei testi R. e G.L.F. rispettivamente madre e zio del minore nonché di R.Z. ritenendo che le contrarie affermazioni dei testi F.S. ed E.B. potessero spiegarsi con la mancata percezione della condotta derivante dalla repentinità del gesto.
2. Nell'interesse del D.N. è stato proposto ricorso per cassazione affidato ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali in relazione alla ritenuta attendibilità dei testi G.L.F. e R.Z.
In particolare con riferimento al primo si sottolineano: a) i vincoli di legame familiare ed affettivo con il minore e i genitori dello stesso; b) l'interesse personale del teste alla condanna dell'imputato dal momento che i figli del primo stavano giocando con il P. quando il pallone da loro usato era finito sulla vetrina del negozio del D.N. provocandone la reazione; c) il fatto che lo stesso L.F. aveva espressamente richiesto alla P.S. un intervento che ponesse fine alla condotta del D.N.; d) l'acredine di rapporti e l'evidentissimo rancore esistente con l'imputato derivanti da burrascosi precedenti ammessi dal teste nel corso della sua escussione. Con riguardo al teste Z. il ricorrente rileva: a) che era il padre di altri bambini che avevano infastidito l'imputato e che era il firmatario dell'esposto con il quale unitamente al L.F. aveva chiesto l'intervento della P.S; b) che lo Z. si era contraddetto quanto aveva negato di avere avuto discussioni o lamentele con il D.N. per tali episodi; c) che illogicamente il Tribunale aveva sottovalutato tale profilo ritenendolo al contrario indice di genuinità e di spontaneità e valorizzando l'argomento secondo cui l'affermazione dello Z. poteva spiegarsi coi fatto che altri genitori avessero discusso con il D.N.
Sempre nella prospettiva della inattendibilità dei testi sopra indicati il ricorrente aggiunge: a) che la motivazione del Tribunale secondo cui tra i testi e la parte civile (P.D.) non erano state predisposte deposizioni identiche collide con il dato che non il P. era stato sentito come teste ma la madre del minore ossia R.L.F.; b) che era stato sottovalutata la assoluta identità tra la querela proposta dai genitori del minore e il testo del precedente esposto rivolto alla P.S. dai genitori dei ragazzi coinvolti nell'episodio. Per altro aspetto il ricorrente critica la sentenza impugnata per avere sminuito la portata delle deposizioni dei testi B. e S. completamente estranei ai fatti e all'imputato i quali avevano escluso che il D.N. avesse colpito con uno schiaffo il minore; in particolare il Tribunale avrebbe fatto ricorso ad argomentazioni congetturali tra l'altro trascurando di considerare che i due testi avevano anche riferito che i bambini si erano rifugiati dietro il bancone del bar gestito dal L.F.
2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali criticando la valorizzazione dei certificato del pronto soccorso redatto non nell'immediatezza dell'episodio ma il giorno successivo e comunque esclusivamente sulla base di quanto riferito dalla madre del minore.
2.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali criticando la contraddittorietà tra l'affermazione di responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio dell'imputato e la formula ipotetica adoperata per sminuire la rilevanza probatoria delle dichiarazioni dei testi a discarico formula che peraltro nella sentenza di primo grado investiva la stessa realizzazione della condotta contestata.
2.4. Con il quarto motivo valorizzando le stesse considerazioni si lamenta inosservanza o erronea applicazione dell'art. 533 cod. proc. pen.
Considerato in diritto
1. Il primo il terzo e il quarto motivo di ricorso esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione logica sono inammissibili.
Al riguardo va ribadito che gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell'apprezzamento dei significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa con la conseguenza che sono inammissibili in sede di legittimità le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del materiale probatorio (di recente v. Sez. 5 n 18542 del 21/01/2011 Carone Rv. 250168 e in motivazione Sez. 5 n. 49362 del 19/12/2012 Consorte).
Ora i profili valorizzati dal ricorrente per sostenere l'inattendibilità dei testimoni sono stati considerati dal giudice di merito il quale ha dato conto sia del legame di parentela tra il minore e i testi R. e G.L.F. sia del fatto che quest'ultimo e lo Z. avevano depositato un esposto nel quale lamentavano l'atteggiamento ostile del D.N. nei confronti dei loro figli. Così come è stata presa in considerazione l'identità testuale di siffatto esposto con la querela presentata dai genitori dei minore in relazione all'episodio da cui è scaturito il presente procedimento.
E tuttavia tali dati con motivazione che non palesa alcuna manifesta illogicità sono stati ritenuti privi di specifico significato alla luce della lineare deposizione testimoniale in ordine ai fatti.
In realtà il mero legame parentale non esprime di per sé solo un elemento idoneo a fondare un giudizio di non credibilità delle deposizioni così come del tutto irrilevante è il fatto che per ragioni di economia espositiva vengano predisposti atti di contenuto identico nell'interesse di persone che si assumano destinatarie di comportamenti pregiudizievoli.
In tale contesto valutativo si colloca il ragionevole avviso espresso dalla sentenza impugnata in ordine all'affermazione dello Z. di non avere discusso con il D.N. di tali episodi in quanto il chiarimento del teste ("anche perché non è mai capitato di incontrarmi con il sig. D.N. durante queste situazioni") rende evidente che il riferimento è a confronti verbali e non alle doglianze manifestate per iscritto. Ne discende che coerentemente tale profilo è apparso indice di genuinità e spontaneità del teste e dell'assenza di una artefatta predisposizione di dichiarazioni orientate ad ottenere la condanna dell'imputato.
Solo per completezza va aggiunto che non si coglie nella sentenza impugnata un (peraltro irrilevante alla luce dell'ampio corpo motivazionale) erroneo riferimento ad una deposizione di D.P. padre del minore giacché il giudice di merito sì limita ad escludere che vi sia stata la predisposizione di deposizioni identiche tra i testi e la "parte civile" (quale certamente va qualificata R.L.F. ossia la madre del minore).
Inoltre deve essere sottolineato che il convincimento del giudice di merito si fonda altresì su un elemento ulteriore: tutti i testi ascoltati hanno confermato che il D.N. è stato "buttato fuori" dal locale circostanza che rimarrebbe priva di logica giustificazione se lo stesso fosse stato piuttosto vittima del gruppo di ragazzini.
Con riferimento poi alle deposizioni dei testi S. e B. le considerazioni probabilistiche della sentenza impugnata lungi dal rivelare un'affermazione di responsabilità fondata su elementi incerti mirano ad escludere la certezza del mendacio sottolineando che il gesto per la sua repentinità poteva essere sfuggito a quanti secondo l'incontestata deposizione della medesima B. avevano seguito il D.N. dentro il ristorante del L.F.
2. Inammissibile è del pari il secondo motivo giacché la non immediatezza del ricorso alle cure dei sanitari si spiega al contrario con l'assenza di una specifica volontà di strumentalizzare un episodio le cui conseguenze si sono apprezzate solo con la constatazione del permanere del disagio del minore anche durante il giorno successivo. D'altra parte proprio la natura psicologica di tali conseguenze non può che emergere dalle dichiarazioni - sulla cui attendibilità si è detto nel punto che precede - della L.F. e dalla constatazione certo non priva di obiettivi elementi di riscontro della sussistenza di uno stato ansioso.
3. Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che in ragione delle questioni dedotte appare equo determinare in euro 1.00000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.00000 in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del d.lgs. n. 196 del 2003.
30-05-2014 21:31
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