Un dirigente della P.A., utilizza, per finalità personali, un'autovettura in uso alla P.A., restituendole, immediatamente dopo ogni utilizzo alla pubblica amministrazione proprietaria. L’uso dei veicoli era avvenuto alcune volte con il servizio di autista, per percorrere distanze di una certa rilevanza. E' peculato d'uso.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 27 maggio– 25 settembre 2014, n. 39770
Presidente Garribba– Relatore Di Salvo
Ritenuto in fatto
1. L'A.DI.SU, in persona del legale rappresentante, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Salerno, in data 23-11-2012,che ha dichiarato non doversi procedere, per intervenuta prescrizione, nei confronti di G.V.A. , qualificata l'originaria imputazione ex art. 314,comma 1, cod. pen. in quella di peculato d'uso, in relazione a plurime condotte di utilizzo di tre autovetture in dotazione all'ADISU, di cui il G. era direttore generale, per recarsi presso la propria abitazione sita in Ottaviano,X sia guidando le vetture personalmente che fruendo dell'autista.
2. Il ricorrente censura, con il primo e il terzo motivo, la derubricazione dell'imputazione da peculato in peculato d'uso, anche per la reiterazione delle condotte e per l'elevato numero di chilometri percorsi, avendo l'imputato ammesso di essersi servito della macchina di servizio, in tre circostanze con l'autista e,in una decina di occasioni, senza autista, allorquando si trovava impossibilitato a utilizzare le proprie auto.
2.1. Con il secondo motivo, si deduce travisamento della prova poiché, mentre il Tribunale si è correttamente basato sull'analisi dei registri autovetture, confortata dalla deposizione del teste Pi. , autista dell'imputato, la Corte d'appello erroneamente ha attribuito rilevanza centrale alla fattura Telepass, il cui utilizzo era cumulativo per le diverse autovetture, private e di servizio, utilizzate dal G. , giungendo a una conclusione incompatibile con l'impiego prolungato e indiscriminato che l'imputato ha fatto delle auto dell'ADISU. Va dunque ripristinata l'originario nomen iuris ex art. 314, comma 1, cod. pen., reato che non è estinto per prescrizione.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.
Considerato in diritto
1. Il primo e il terzo motivo sono infondati. Ricorre la figura del peculato d'uso allorché il colpevole abbia agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, restituendola immediatamente dopo. Ciò che connota il peculato d'uso - che non è una circostanza attenuante ma un titolo autonomo di reato (Cass. Sez. 6, n. 8156 del 29-4-1992, De Bortoli, Riv. Pen 1993, 444; Cass. 27-1-1994, Liberatore, Cass. pen. 1995, 2894) - è dunque, in primo luogo, la preordinazione dell'appropriazione ad un uso momentaneo della cosa. Uso momentaneo non significa istantaneo ma temporaneo, ossia protratto per un tempo limitato, si da comportare una sottrazione della cosa alla sua destinazione istituzionale tale da non compromettere, in misura considerevole, la funzionalità della pubblica amministrazione (Cass., Sez. 6, n. 4651 del 10-3-1997, Federighi, Cass. pen. 1998, 1118) e da non arrecare alla stessa un notevole danno. In secondo luogo, occorre l'immediata restituzione della cosa, dopo l'uso momentaneo. In presenza di questi requisiti è pertanto configurabile il delitto di cui all'art. 314 comma 2 cod. pen. e non quello di peculato,ex art. 314, comma 1, cod. pen.. La reiterazione delle condotte vale ad ascrivere all'agente una pluralità di reati di peculato d'uso, eventualmente avvinti dal vincolo della continuazione, ma non a trasformare il peculato d'uso in peculato ordinario. Il nomen iuris deriva infatti dalle caratteristiche strutturali della condotta e dal peculiare atteggiarsi dell'elemento soggettivo e non dalla reiterazione dell'azione delittuosa, essendo quest'ultimo requisito estraneo alla fattispecie astratta delineata sia dall'una che dall'altra norma incriminatrice. Quanto al numero di chilometri percorsi, esso, qualora inerisca ad un'unica circostanza, potrà rilevare, sotto il profilo probatorio, come indice di un utilizzo dell'auto di non breve durata (Cass. Sez. 6, n. 299 del 30-11-1994, Baldi, Cass. pen. 1996, 1809) e di entità tale da incidere concretamente sulla funzionalità della pubblica amministrazione e da arrecarle un danno patrimoniale apprezzabile,ad esempio, per l'usura del mezzo (Cass., Sez. 6, n. 10233 del 10-1-2007, Rv. 235941), sì da imporre una qualificazione giuridica ex art. 314 comma 1 cod. pen.. Ma, ove il numero dei chilometri percorsi derivi da una pluralità di utilizzazioni dell'auto, non è possibile considerare le percorrenze globalmente al fine di sostenere che l'uso del mezzo non può essere considerato momentaneo e che dunque alla fattispecie concreta va attribuito il nomen iuris di peculato ordinario. Laddove infatti, per ogni singola circostanza in cui il veicolo è stato utilizzatola riscontrabile una limitata percorrenza chilometrica, questo dato non potrà essere trascurato nell'ottica delle valutazioni inerenti alla ravvisabilità del requisito della momentaneità dell'uso e del correlativo atteggiarsi della volontà criminosa.
2. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato. Costituisce infatti ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, che, anche alla luce della novella del 2006, il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attenga pur sempre alla coerenza strutturale della decisione, di cui saggia l'oggettiva "tenuta" sotto il profilo logico-argomentativo e quindi l'accettabilità razionale del provvedimento, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass., Sez. III, 27-9-2006 n. 37006, Piras, Rv n. 235508; Cass. Sez. 6, 6-6-2006, n. 23528, Bonifazi, Rv. n. 234155). Ne deriva che il giudice di legittimità, nel momento del controllo della motivazione, non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento, atteso che l'art. 606 co. 1 lett. e) cod. proc. pen. non consente alla Corte di cassazione una diversa interpretazione delle prove. In altri termini, il giudice di legittimità, che è giudice della motivazione e dell'osservanza della legge, non può divenire giudice del contenuto della prova, non competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento probatorio. Questo controllo è riservato al giudice di merito, essendo consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l'apprezzamento della logicità della motivazione (cfr, ex plurimis, Cass. Sez. 3 n. 8570 del 14-1-2003, Rv. 223469; Sez. fer., 3-9-04 n. 36227, Rinaldi, Guida al dir., 2004 n. 39, 86; Sez. 5 5-7-04 n. 32688, Scarcella, ivi, 2004, n. 36,64; Sez. 5, 15-4-2004 n. 22771, Antonelli, ivi, 2004 n. 26, 75).
2.1. Nel caso in disamina, la Corte d'appello ha evidenziato che il Tribunale si è basato su mere deduzioni, non fondate su nessun dato certo, laddove ha ravvisato la compatibilità tra l'utilizzo prolungato della vettura di servizio e la permanenza fuori sede dell'imputato; ovvero la possibilità di portare l'apparecchio Telepass su diversa vettura. Ulteriori discrasie sono ravvisabili laddove il Tribunale ha ritenuto che l'imputato abbia utilizzato la sua auto privata solo al rientro dall'ufficio, accedendo ad una ricostruzione che avrebbe comportato il contemporaneo utilizzo, da parte del G. , di due vetture per il suo arrivo in sede, onde poter restituire la macchina di servizio e rientrare con la propria auto; ovvero allorquando il giudice di primo grado ha annesso credibilità alle risultanze dei registri, da cui emerge la restituzione dell'auto di servizio in una giornata domenicale. È pertanto ragionevole ritenere che l'autista non annotasse in tempo reale i movimenti delle macchine di servizio, per cui, nell'aggiornamento dei relativi servizi, veniva a riportare dati in contrasto con la situazione reale, ossia con i chilometraggi segnati sul contachilometri, con i giorni di ferie del G. , con le festività di calendario.
2.2. Come si vede, l'impianto argomentativo a sostegno del decisum si sostanzia in un apparato esplicativo puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità.
3. Il ricorso va dunque rigettato, poiché basato su motivi infondati, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
27-09-2014 17:41
Richiedi una Consulenza